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Autore: moira78    20/08/2007    23 recensioni
La tua vita si sta spegnendo poco a poco come una candela. (....) I tuoi capelli una volta azzurri come il mare ora sono grigi e senza vita, sparsi come fili d’argento sul cuscino, i tuoi occhi blu come il cielo ora sono chiusi. I lineamenti una volta gentili del tuo volto sono contratti in una smorfia di dolore.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA PRIMA STELLA DELLA SERA

 

 

La tua vita si sta spegnendo poco a poco come una candela.

 

Accidenti a voi esseri umani che avete una vita così breve!

 

I tuoi capelli una volta azzurri come il mare ora sono grigi e senza vita, sparsi come fili d’argento sul cuscino, i tuoi occhi blu come il cielo ora sono chiusi. I lineamenti una volta gentili del tuo volto sono contratti in una smorfia di dolore.

 

La vecchiaia, puhà! Che debolezza inutile! Eppure credevo foste un popolo evoluto. E tu, proprietaria della Capsule Corporation ereditata dai tuoi genitori, non sei riuscita nemmeno tu a sconfiggerla. Hai costruito per me una camera gravitazionale, aggeggi incredibili per volare, viaggiare nel tempo, addirittura rassettare casa e non sei stata in grado di impedirti una cosa insulsa come un difetto cardiaco.

 

Infarto lo chiamate, ed è naturale soprattutto quando l’età umana è intorno ai 70 anni. Mentre io, principe dei sayan, che ne ho 72, sono ancora giovane e forte, tu te ne stai andando.

Razza di stupida! Qualche giorno fa ti sei accasciata come una bambola di pezza lasciando cadere rumorosamente l’attrezzo che stavi usando e scatenando il caos. L’ambulanza, l’ospedale, il ritorno a casa per lasciarti finire i tuoi giorni nel tuo letto. Te l’avevo detto che era inutile continuare a lavorare su quel coso infernale per viaggiare più velocemente nello spazio; che te ne fai di una cosa del genere quando tutto quello che ti serve è qui, su questo dannato pianeta che ho imparato ad amare come se fosse la mia casa da sempre?!

.

 

I nostri figli sono là, al tuo capezzale. Trunks ha la tua abilità, la tua intelligenza e quasi tutta la mia forza, eppure eccolo là, disperato, che ti tiene una mano inerte. Bra è diventata una donna e non me ne sono nemmeno reso conto: mi ricorda te quando eri giovane. Così vitale, impudente… e bella. Ho ancora davanti la tua figura avvolta in un vestitino rosso, il volto incorniciato da quella fascia che ti teneva indietro i capelli; ricordo come vibravi la notte fra le mie braccia, come il tuo corpo così perfetto da stupire addirittura me, Vegeta, vibrava mentre facevi l’amore: ti davi senza riserve, amandomi anche quando ti trattavo male, restandomi accanto in ogni momento.

 

“Vegeta…” E’ la voce di Goku. E’ fortunato, lui, sua moglie è vecchia ma ancora viva nella sua casa, al suo fianco.

 

“Che vuoi?!” Gli sbatto in faccia senza tanti complimenti.

 

“Non credo le manchi molto… dille qualcosa, almeno tienile la mano.” Sussurra, addolorato.

 

Io mi volto dall’altro lato, con un grugnito. Lui si avvicina ai nostri figli e li fa uscire dalla stanza dolcemente: secondo lui sono troppo distrutti per vederti morire, così l’incombenza di starti accanto ora tocca a me. Quelle due femminucce si stanno sciogliendo già in lacrime, e pensare che ero certo che almeno Trunks fosse un uomo!

Mi avvicino: i tuoi occhi si aprono. Non sono spenti come qualche minuto fa… mi stai osservando come se fossi la cosa più bella che tu abbia mai visto in vita tua. Allunghi una mano tremante e rugosa e mi sfiori una guancia. Io non mi sottraggo, chiudo gli occhi al tuo tocco e qualcosa mi annoda la gola dolorosamente quando sussurri il mio nome.

 

 

“Vegeta…” La voce che esce dalla mia gola è solo un filo, ma so che tu mi hai sentita.
Guardo il tuo viso: sei bello come il primo giorno che ti ho conosciuto, con i capelli indisciplinati e la faccia atteggiata ad un ghigno minaccioso.

Avevo così paura di te! Non mi sarei mai sognata che un giorno mi sarei innamorata proprio del testardo e sanguinario principe dei sayan. Ne hai combinate davvero tante nella tua vita, hai spezzato delle vite innocenti, eppure…

 

Eppure dentro di te ho trovato un cuore che batteva, in grado di soffrire e di amare. Hai perso tutto nella distruzione del tuo pianeta ed eri come una tigre ferita a cui mi sono avvicinata pian piano, finché… finché non ti ho raggiunto. Ti ho amato senza riserve alla luce del sole e della luna. Tra le tue braccia ho passato delle notti indimenticabili, scolpendo con le mani i tuoi muscoli e accarezzando le tue cicatrici, dandoti il mio amore e avvertendo il tuo, così ben nascosto e perciò così prezioso. Ho raccolto con dovizia ogni singola goccia dei tuoi momenti migliori, quando combattevi per una giusta causa o facevi  un gesto carino per me, per i nostri figli, per la tua famiglia.

 

So quanto ci hai amato, anche se non lo hai mai espresso a parole.

 

Trunk e Bra sono meravigliosi, soffro intensamente vedendoli star male per me.

Ma la vita, per noi deboli terrestri come diresti tu, è così: ad un certo punto finisce. Al loro fianco però hanno un padre che li amerà e veglierà su di loro ancora per molti anni.

 

Lo stesso uomo meraviglioso che ho amato io.

 

Respiro a fatica ormai, la mia mano scivola ma tu l’afferri e mi guardi allarmato: “Non te ne andare Bulma… ti prego!”

Avverto il tuo dolore. Mi dispiace amore mio, non posso farci nulla, vorrei dirti tante cose ma non ne ho la forza, così rimango a fissarti per imprimere nella mia mente la tua immagine, per portarla con me ovunque andrò.

 

Prendo quello che forse è il mio ultimo ansito: Bulma Brief non morirà prima di fartelo sapere, principe dei sayan, sarà testarda fino alla fine, come la conoscesti tanti anni fa.

Così strappo alla vita ancora un attimo per svelarti quello che non è mai stato un segreto ma che, conoscendoti, non ti ho mai detto a parole.

 

“Ti amo.”

 

 

Afferro la tua mano e la maledetta debolezza degli umani ha il sopravvento su di me: “Non te ne andare Bulma… ti prego!”.

Cerchi di parlare e io rimango impalato a guardarti, pendendo dalle tue labbra ceree. Accidenti a te donna, cos’avrai di così importante da dirmi proprio adesso?!

 

“Ti amo.”

 

Dannazione, che ti salta in mente?! Non hai mai fatto smancerie del genere! Quando state per morire voi terrestri diventate sempre così sentimentali?! Mi bruciano gli occhi, non capisco più niente, scuoto la testa e mi escono dalla bocca solo quattro semplici parole. Non so nemmeno se sono io che le sto dicendo o se qualcun altro si è impossessato di me.

 

“Anche io ti amo, Bulma.”

Che diamine…?! Il mio respiro è così affannoso, il mio cuore batte così forte! Che la tua malattia mi abbia contagiato? Chiudi gli occhi e so che ora è per sempre. Dovrei sentirmi sollevato, finalmente quest’evento spiacevole è terminato e tu riposerai in pace per l’eternità e invece…

 

Una goccia, due…tre, cadono sul tuo viso, sul tuo cuscino. Sorridi anche nella morte, forse di me e della mia debolezza. Dalla gola mi esce un verso strozzato e improvvisamente mi passano davanti le immagini di te che mi inviti a stare alla Capsule Corporation, che mi tocchi con un dito sulla tuta sporca obbligandomi a fare una dannata doccia e mettermi degli stramaledetti abiti umani. Ti rivedo ridere, correre, venirmi incontro con nostro figlio appena nato sulle braccia.

 

E mi accorgo che sto singhiozzando, che sto piangendo DAVVERO. Non è una singola lacrima di frustrazione che mi esce dagli occhi, ma un vero e proprio fiume in piena che ha il suo centro nel mio petto là, dove c’è il cuore che a te ha ceduto così presto… troppo presto per me. Non ho mai sentito un dolore così grande, neanche quando ho perso il mio pianeta, e di certo nessuno mi aveva insegnato a piangere. Non avevo mai visto nessuno farlo e i sayan, si sa, non hanno né motivo né diritto di farlo: sono nati per distruggere.

 

Ora però mi sento distruggere io stesso, da dentro, scosso dai singulti, col volto invaso da lacrime talmente amare che possono essere solo quelle di un sanguinario principe come me.

Non credevo che piangere fosse così doloroso, quasi più doloroso che essere colpiti da un nemico; mi sento spezzato in due, vulnerabile come mai nella mia vita… che diavolo mi hai fatto Bulma?! Vorrei gridarlo, ma di là ci sono Goku e gli altri e non voglio farmi trovare certo in queste condizioni!
Le gambe mi cedono, poggio la fronte sulla tua mano ormai inerte. Non ho più forze, addirittura questo pianto così assurdo e improvviso come una tempesta in piena estate sgorga da me contro la mia volontà.

 

Passano i minuti e in me qualcosa si allenta per sempre. Bene, ora ho tutti i requisiti per ritenermi un semplice terrestre io, il principe dei sayan, mi sono fatto il primo pianto liberatore alla veneranda età di 72 anni. Eppure è degno di nota come ci si senta meglio dopo, anche se sono sfiancato come se avessi combattuto contro Cell o Majinbu per ore.

 

Mi alzo e mi guardo allo specchio. Sorrido di me stesso: gli occhi gonfi e arrossati, il naso che cola come quello di un moccioso. Mi lavo la faccia nel bagno attiguo e traggo un sospiro.

Ora quando ti guardo mi sento sereno quasi quanto sembri esserlo tu. Mi avvicino e ti poso un bacio sulle labbra.

 

“E’ incredibile quanto tu mi abbia cambiato. Giuro che non ti dimenticherò mai. Addio, Bulma.”

 

Ancora un istante, poi distolgo gli occhi dal tuo viso e chiudo dietro di me la porta dove giaci addormentata per sempre. D’ora in poi, nulla sarà più lo stesso.

 

“Se n’è andata.” Dico in un soffio con la mia solita aria da duro.

 

Urla, passi concitati, il pianto sommesso di Trunks, le grida di Bra che ti chiama come se strepitando come una iena potesse riportarti indietro.

 

Poi Goku mi si avvicina e mi mette una mano sulla spalla; il suo volto è distrutto quando mi dice: “Mi dispiace tanto, amico.” Sul mio volto impassibile deve scorgere qualcosa, perché i suoi occhi si spalancano per un secondo, sorpresi, poi mi sorride. Che lui abbia capito? Che si sia accorto delle lacrime che ho versato? Dannazione!

”Domani voglio allenarmi con te, ti aspetto al sorgere del sole, puntuale!” Gli ordino quasi, voltandogli le spalle.

 

“Va bene, come vuoi. Io torno a casa per dire a Chichi…” Le parole gli muoiono sulle labbra.

Avverto la compassione nel suo silenzio, la consapevolezza di avere ancora la sua donna a fianco lo fa sentire in colpa forse?

Si volta, sento i suoi passi allontanarsi, e decido di dirglielo.

 

“Kaharot!”

 

“Cosa?”

 

“Stalle sempre accanto, non lasciarti sfuggire neanche un minuto della sua compagnia finché puoi.”

”Vegeta…!” Esclama con stupore. Non mi volto, non mi va di vedere la sua faccia in quell’espressione idiota nel comprendere che anche io ho dei sentimenti: il mio orgoglio me lo impedisce. Finisco comunque di fargli sapere quello che provo, poi può anche farsi cascare gli occhi fuori dalle orbite nel tentativo di riconoscermi.

 

“Non sai – abbasso la voce, il dolore mi impedisce di mantenere un tono fermo – non sai quanto male fa quando se ne vanno. Non lo sapevo neanche io fino a qualche minuto fa.”

 

Un’altra dannata lacrima si forma nel mio occhio sinistro, impedendomi di continuare, ma io tento di inghiottirla e, soprattutto, continuo a dargli le spalle.

 

Sento che non si muove, così gli urlo di andarsene, mi ha sentito? Deve tornare da lei, fare quello che io non ho mai fatto per Bulma, ricordarle spesso quanto la ami. Quando finalmente si allontana quella maledetta, ultima lacrima si stacca dalla mie ciglia e cade sul pavimento, asciugandosi lentamente, mentre anche i singhiozzi di là, nella stanza, si placano.

 

Guardo fuori: anche il sole tramonta con te, l’ultimo raggio mi sfiora la mano come una carezza e la prima stella della sera si accende brillando fieramente.

Sorrido pensando che forse, quella stella così sfacciata da sfidare addirittura la luna, forse sei proprio tu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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