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Autore: Ria-chan    30/01/2013    2 recensioni
Paul aveva pianto per tutta la vita: dal momento in cui era venuto al mondo a quello in cui aveva deciso di uccidere le sue emozioni.
Aveva versato lacrime su lacrime fino a piangere, frammento alla volta, tutta la sua anima.
...
Ma, almeno, aveva scoperto una verità assoluta della quale non era riuscito più a liberarsi e, grazie a quella, è diventato ciò che è adesso: le lacrime lavavano via il dolore, potevi piangere fino alla stanchezza fisica e mentale, piangere via tutte le preghiere e le speranze e, dopo, ti saresti sentito meglio, più leggero, più “felice”.
E così Paul, adesso, non piange più, l’ha fatto per troppo tempo e, dopo aver trovato la sua risposta, non ne ha più bisogno.
Ora sorride.
E diventa messia per l’umanità.
...
-Io sono il collezionista di lacrime, Sarah.-
E stringe.
Stringe sorridendo finché Sarah non si dimena più, non mugola più e non sussulta più.
Finché le lacrime non scendo più, lungo il suo bel viso.
-Ora sei libera, Sarah; dal dolore, dal tormento, dal destino. Sei libera di trovare la pace.-
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  Salve!!
E' la prima volta che scrivo qualcosa di simile e che mi avventuro in questo genere e, per questo, non credo di avere molto da dire riguardo alla "storia".
Cercando di essere un tantino più specifica potrei dire che, più che una Storia, è una raccolta di tre momenti, immagini, riprese: scene limitate al solo attimo descritto e che, riunite tra loro, formano il racconto che vi propongo.
Come ho già detto, essendo il mio primissimo tentativo, sarei seriamente contenta di sapere cosa ve ne è parso. E ciò ovviamente include commenti positivi quanto più critiche che mi aiuteranno a migliorare.
Non parlo oltre, allora, vi lascio alla lettura e vi ringrazio qualora abbiate davvero di proseguire oltre questa presentazione.



Il collezionista di lacrime
 

Wendell Berry ha detto:
"Il passato è quello che ci definisce. Possiamo cercare a torto o a ragione di sfuggirgli, o di sfuggire alle brutture che contiene, ma ci riusciremo solo se gli aggiungeremo qualcosa di migliore."

 
Paul aveva pianto per tutta la vita: dal momento in cui era venuto al mondo a quello in cui aveva deciso di uccidere le sue emozioni.
Aveva versato lacrime su lacrime fino a piangere, frammento alla volta, tutta la sua anima.
All’inizio aveva pianto per puro dolore fisico quando, per esempio, sua madre aveva deciso che urlargli contro, ubriaca fradicia, non era più abbastanza per lei, ed aveva così sostituito alle parole taglienti e dolorose una mazza di legno vecchia trovata nella cantina buia del seminterrato.
Quelle lacrime erano state le più “leggere”, le più “sopportabili”, ripensandoci ora.
Poi, insieme a lui, il pianto era cresciuto, evolvendosi: da espressione del dolore fisico era divenuto manifestazione del pizzicante dolore interiore alle prime cotte non ricambiate, al pungente dolore della solitudine a quello, lacerante, della morte dell’anima.
Aveva pianto lacrime di sangue, inerme sotto il corpo di suo padre, ed aveva perso allora anche l’orgoglio.
Ma, almeno, aveva scoperto una verità assoluta della quale non era riuscito più a liberarsi e, grazie a quella, è diventato ciò che è adesso: le lacrime lavavano via il dolore, potevi piangere fino alla stanchezza fisica e mentale, piangere via tutte le preghiere e le speranze e, dopo, ti saresti sentito meglio, più leggero, più “felice”.
E così Paul, adesso, non piange più, l’ha fatto per troppo tempo e, dopo aver trovato la sua risposta, non ne ha più bisogno.
Ora sorride.
E diventa messia per l’umanità.

♦♦♦

 

La luce crede di viaggiare più veloce di ogni altra cosa, ma si sbaglia.
Per quanto veloce viaggi, la luce scopre che l’oscurità arriva sempre prima, ed è lì che l’aspetta. 
Terry Pratchett

 
-T-ti prego.-
La sua voce è un sussurro, così flebile che anche lei fa fatica ad avvertirla chiaramente.
-La-lasciami andare. Ti prego.-
Piange.
Il mascara colato come inchiostro lungo le guance.
Si dispera.
I capelli spettinati e attaccati al viso bagnato.
Prova ad urlare ma i singhiozzi le bloccano le parole nella gola.
Si dimena.
Ma non serve a nulla.
Paul le si inginocchia davanti, le sorride.
-Sta’ tranquilla. Io posso aiutarti.-
Sarah lo guarda supplichevole, disperata.
-Liberami allora. I-io voglio tornare a casa.-
Paul solleva il sopracciglio: sa che spesso chi è vittima diventa schiava del proprio carnefice e lo sa perché ha rischiato che capitasse anche a lui. Per fortuna però lui è riuscito a fermare quel malsano ciclo, a spezzare quelle catene prima che fosse troppo tardi.
Ed i suoi carnefici, abbandonati in una vecchia casa, nella cantina di un buio seminterrato, non posso più minacciarlo.
-A casa? Dal tuo fidanzato che ti massacra di botte? Flagellandoti corpo e spirito?-
Paul sospira comprensivo: potrebbe apparire sarcastica, la sua domanda, ma in realtà è seria, preoccupata, ed è per questo che Sarah trema. Ha paura.
-L-lui non-non mi ha mai toc-
-Non mentirmi, Sarah.-
La sua voce è ancora ferma, dolce; con una mano Paul le accarezza il viso e lei cerca di ritrarsi ma, le corde che la bloccano alla sedia, non le permettono alcun movimento.
-Non mentirmi. Io sono qui per aiutarti a stare bene, ad abbandonare il dolore. Piangi, piangi perché poi starai meglio. Credimi.-
E le sorride ancora.
E Sarah piange. Con tutta l’anima.
Non perché sia lui a dirle di farlo ma, perché, non sa’ in quel momento fare altro.
-Brava, così.-
Paul si allontana da lei, le si siede di fronte.
-Non ti senti meglio, adesso?-
Sarah annuisce: se sta meglio? No.
Se ha cicatrizzato con un pianto tutte le ferite che porta nel cuore? No.
Se ha dimenticato tutto e si sente più leggera, felice? No.
Ma che altro può fare, se non assecondarlo?
-Le lacrime portano via il dolore, goccia a goccia eliminano ogni tormento e ti rendono forte- Paul serra le mascelle –ti restituiscono a te stesso- il suo labbro si solleva in un’espressione rabbiosa, controllata ma rabbiosa –ti fanno dimenticare tutto- il suo volto si deforma come una maschera di plastica mal indossata –tutta la merda che hai subito! Il male che hai patito!- la sua voce si fa più alta –Le ingiustizie della vita- le parole più veloci –Il destino che si accanisce contro di te- schizzi di saliva vengono sputati fuori dalle sue labbra, la testa si muove a scatti, tremando:
-Tutto! Puoi liberarti di tutto!-
E infine sorride. Ghigna. Recuperando la calma.
-Lo senti, Sarah? Questa è la pace. E io sono colui che ti ha insegnato come raggiungerla.-
Sarah non risponde, non singhiozza più, piange in silenzio: ormai ha capito.
-Io sono il messia della pace.-
Prega.
L’uomo le si avvicina ancora.
-Colui che ha sofferto per scoprire come eliminare il dolore.-
Prega per lui.
Perché possa capire che le cicatrici dell’animo  non vanno mai via e che, il solo modo per coprirle alla vista del proprio spirito e rendere la loro esistenza più sopportabile è accettarle ed andare avanti.
Paul l’aggira e le si apposta alle spalle, le scosta una ciocca di capelli dal volto e le libera il collo lasciandolo scoperto.
-Colui che aiuterà chi ha bisogno a trovare nuova vita.-
Prega per se stessa.
Non è così che voleva ottenere la pace e, non è questa, la pace che lei desiderava.
L’uomo fa scorrere un foulard rosa sulla sua pelle,  glielo pone come un amante affettuoso che le sta facendo indossare la più bella collana mai regalata.
-Io sono il collezionista di lacrime, Sarah.-
E stringe.
Stringe sorridendo finché Sarah non si dimena più, non mugola più e non sussulta più.
Finché le lacrime non scendo più, lungo il suo bel viso.
-Ora sei libera, Sarah; dal dolore, dal tormento, dal destino. Sei libera di trovare la pace.-
 
Paul abbandona lì quel corpo ormai vuoto, pallido come cera ma per lui splendido, bellissimo poiché, sul viso della donna, non ci sono più tracce di smorfie di dolore o nei suoi occhi segni di sofferenza.
Prima di dirle addio le piega le labbra in un timido sorriso, perché funga da testimone della felicità ritrovata.
Ancora una volta ha compiuto la sua missione, la sua legge divina.
Ha donato la pace ad un’altra anima.
E, l’espressione scorgibile sul quel volto di donna, conferma che lei gli è grata.
 
Eppure, le lacrime scorse lungo le sue guance, sono rimaste, segno che il dolore non l’ha abbandonata.
 

♦♦♦

 

Nessun uomo sceglie il male perché è il male; lo confonde solo con la felicità, con il bene che cerca.
Mary Wollstonecraft Shelley

 
-Sta’ zitto.-
-Non vuoi ascoltare ciò che ho da dirti, Cristian?-
-Fanculo!-
Cristian gli sputa in faccia, riversando tutta la sua rabbia.
Paul si pulisce il viso paziente, esattamente sotto l’occhio destro, aiutandosi con la manica del suo maglioncino lilla.
-Non ti si ripresenterà un’altra occasione, lo sai?-
Ma il ragazzo non risponde, stringe gli occhi e serra le mascelle tentando di sopprimere la rabbia.
Paul sospira.
-Ricominciamo, Cristian.-
Gli sorride.
-Io sono Paul, sono un angelo del Signore. Sono qui per compiere una missione, diffondere il messaggio che mi è stato rivelato quando ero solo un ragazzo.-
-Non me ne frega un cazzo di chi tu sia, sporco bastardo. Non ho paura di te o di quello che mi farai, conosco dolori peggiori, tu non sei nulla, a confronto.-
-Lo so. Lo so.-
Paul gli si avvicina, aggiustandogli la collanina con il teschio che porta al collo.
-Conosco la tua storia, Cristian. E’ per questo che voglio aiutarti.-
-Va’ al diavolo.-
-Non vuoi essere felice? Sereno?-
-No.-
Paul lo guarda confuso, cercando di capire.
-Stai mentendo a te stesso.-
Conclude poi, duro, incrociando al petto le braccia.
-Crepa!-
Paul lo colpisce, uno schiaffo tanto forte da spettinargli i capelli e da spaccare il labbro al suo prigioniero.
Poi, come se nulla fosse, recupera la calma.
-Voglio darti un’altra occasione. Spiegami, spiegami cosa intendi.-
Cristian sputa a terra, sangue e veleno:
-Non voglio essere felice. La felicità mi fa schifo, non la merito. Questa vita di merda mi ha fatto capire che non c’è felicità per me ed io, allora, non voglio riceverla, né da te né tanto meno da Dio. Voglio tenermi il mio stramaledetto dolore ed ogni ferita, marchio a fuoco, graffio, pugno, sputo; ogni merda che ho provato sulla mia pelle. Non voglio dimenticare niente, accantonare niente né fingere di poterlo fare. Voglio rimanere ciò che sono. Mi vado bene così ed ho imparato a convincerci.-
-Ma io posso liberar-
-Pezzo di merda! Mi hai sentito? Non voglio uno stramaledetto cazzo da te!-
 La pazienza di  Paul comincia a vacillare: sono anni che segue e “lotta” per la sua missione e, un tipo simile, non lo aveva mai incontrato. Di solito tutti, donne, bambini o uomini che fossero, si erano facilmente abbandonati al pianto.
Di solito tutti lo pregavano di “aiutarli”.
Di solito, tutti “volevano essere salvati”.
Ma lui no.
Quel ragazzo lo stava mettendo a dura prova ma, per il bene del suo Dio, Paul non avrebbe ceduto.
-Mi dispiace, Cristian, vorrei poter rispettare ciò che dici ma sarebbe da egoista, meschino, e pazzo lasciarti vivere in questo modo. Dio mi ha chiesto di aiutare le persone come te. Aiutarle a trovare la felicità e la pace e liberarsi dei loro dolori. E’ Dio, che lo comanda. E’ Dio che lo vuole perché vi ama attraverso di me. Ed io devo seguire la sua volontà.-
-Fallo allora. Che aspetti.-
Cristian lo sa.
Sa’ bene cosa lo attenda ma, anche così, non riesce a versare lacrime per la sua miseria.
-Piangi, piangi e sfogati ed io, allora, ti accontenterò.-
Cristian ride, piuttosto.
Per sfida.
 E Paul scuote la testa, deluso.
-No, no, no. Dovrò aiutarti io allora, fino in fondo.-
 
Mentre tiene ferma la testa di Cristian, Paul spinge con precisione chirurgica il chiodo arrugginito nell’occhio, una volta nero onice, del ragazzo.
Urla strazianti riempiono il magazzino vuoto e abbandonato.
Un altro fiume rosso, affiancando il suo gemello, scorre come una cascata sulla guancia del ragazzo.
Ma nessun altro liquido, nessuna goccia d’acqua salata o dolce, si mischia al sangue vermiglio.
-Non ti senti meglio? Ora che sei libero di piangere?-
Ma Cristian non risponde, non avrebbe senso farlo.
Piangendo?
No. Lui non sta piangendo. Non lacrime vere, almeno.
Tutto ciò che aveva da piangere l’ha già versato e, poi, si è ripromesso che non avrebbe più fatto scorrere lacrime inutili.
-Ora sei felice, sereno. Vero?-
Cristian abbandona la testa verso l’alto, lasciando che quei fiumi purpurei scorrano dal suo viso al suo petto, infrangendosi contro la stoffa della maglietta nera; si lascia cullare dal dolore che ha sentito dentro di sé per tutta la vita e, quasi, può davvero sentirsi libero, in qualche perverso modo.
Felice? No.
Sereno? No.
Ma libero sì. Dalla vita. Dal peso di questa.
-E tu sei sereno?-
E’ la sola ed ultima cosa che il ragazzo chiede.
-Sì, lo sono. Ho compiuto la mia missione, così come mi è stato chiesto.-
Cristian ride.
-Sereno. Certo, come no…-
 
Prima abbandonare quel luogo, che non rivedrà mai più, Paul si premura di accarezzare una volta ancora i capelli scuri di Cristian; lo osserva e sorride, quasi materno, compassionevole: l’ha aiutato, l’ha reso felice, ha ascoltato ciò che lui gli ha detto ed ha abbandonato il dolore piangendolo fuori dal suo corpo.
E’ stato bravo, Cristian.
Già. Quel ragazzo ha “scelto” di ascoltarlo ed ha fatto bene e, lui, ha salvato un’altra persona dal dolore, dall’infelicità.
Peccato solo che la realtà di Paul non esista, che il dolore non possa essere cancellato e che, quelle scie di sangue poste sul volto del povero ragazzo, non sono lacrime né pianto.

♦♦♦


"Alcuni dicono che il tempo sana tutte le ferite. Io non sono d'accordo. Le ferite rimangono. Col tempo, la mente, per proteggere se stessa, le cicatrizza, e il dolore diminuisce, ma non se ne vanno mai."
Rose Kennedy

 
Paul ha pianto per tutta la vita, soffrendo come non avrebbe mai creduto fosse possibile.
Ha pianto finché non ha scoperto la “sua verità”, finché il messaggio di Dio non l’ha raggiunto.
Ed allora ha smesso, dedicando la sua vita ad aiutare chi è come lui, anzi, chi non è riuscito a farcela come invece è riuscito lui.
Lui è scampato all’inferno.
Lui ha capito come cancellare il dolore ed eliminarlo dal proprio spirito.
Lui ha sconfitto il destino.
Eppure, lui, ha perso se stesso.
Ha perso la vera pace ed il mondo reale.
Ed anche, purtroppo, la possibilità di vedere la luce.
Forse un giorno capirà che non è possibile eliminare il dolore, che non si possono rimuovere le cicatrici dell’anima ed anche i ricordi dolorosi non posso essere cancellati.
Che ciò che chiama “la sua pace” non è altro, infondo, che dolore nascosto che si rifiuta di affrontare.
Che ciò che chiama “aiutare gli altri” non è altro che dolore inferto e non salvezza.
Che, ciò che sta facendo, è dettato da un Dio di incubo e tenebra che non esiste.
Forse prima o poi lo capirà, Paul.
Ma, fino ad allora, continuerà a collezionare lacrime come, la vita, ha collezionato per tanti anni le sue.
   
 
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