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Autore: elrohir    22/08/2007    16 recensioni
La musica, la scuola, i sogni. La vita. L'amore. Ma come è difficile quando hai diciott'anni e hai perso la testa per il tuo migliore amico. Come è difficile se tutto sembra assurdo, come una lastra di vetro nero che, improvvisamente spezzandosi, rivela tanti, minuscoli frammenti bianchi...
Genere: Generale, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Respiro il suo odore prima di aprire gli occhi

Una nota per iniziare, diversamente dal solito.

Innanzitutto, mi scuso per il ritardo. In questi tempi ho lavorato a troppe altre storie – e per il Nero si avvicinava la fine. Avevo, forse, paura di scrivere questo capitolo, cui credo seguirà soltanto ancora un epilogo.

Ho letto molte fictions, soprattutto inglesi, che perdevano mordente verso il finale. Spero che questo non sia accaduto – non accada – alla mia. Nel caso, mi scuso di nuovo. Con tutti.

(Fata, so che adesso starai facendo una smorfia inorridita, ma sai come sono fatta.  Sopportami. Per favore^^).

In ogni caso, ecco il capitolo. Spero, con tutto il cuore, che possa piacervi. Un bacio, Roh

 

 

Blue – Come morire

 

C'è qualcosa di sacro, in un letto condiviso. L'ho sempre pensato, ogni volta che mi svegliavo e sentivo il materasso incavato dal peso di un altro corpo – ogni volta che mi voltavo per scontrarmi con un volto, una schiena, una spalla. Ogni volta che sentivo un'altra vita addormentata a fianco della mia.

L'odore di Nico è caldo – come pelle cotta dal sole, come l'erba in una giornata d'estate. Tutto in lui è inebriante, perfino il profumo: ti entra dentro il cervello con facilità spaventosa, fino ad intagliarti nell'anima solchi profondi, sentieri astratti sbiaditi all'orizzonte.

Lentamente, con cautela, apro gli occhi. E lascio che si riempiano di lui.

Dorme dandomi la schiena, il bacino nudo coperto appena dal lenzuolo. La spina dorsale scende serpeggiando, nascondendosi sotto il cotone. Allungo la mano a sfiorarla.

Sospira.

Mi sporgo in avanti e gli bacio la spalla. Lui volta un poco la testa all'indietro, e io gli bacio la bocca.

Sorride. "Che ore sono?"

L'aria è ancora scura. Non ho chiuso le imposte ieri sera, e adesso posso guardare il cielo. (Buio. Cielo notturno. Cielo freddo, e distaccato. Cola dentro il mio sangue come veleno, presagio dell'alba che ancora deve venire).

"Presto. Dormi pure."

Scivola un po’ più indietro, sotto le lenzuola, fino ad incollare la schiena al mio petto. Pelle contro pelle – è un brivido che puoi solo stringere.

"Tu che fai?" bisbiglia.

La menzogna mi sorge spontanea, mentre spingo la carezza lungo il suo torace. "Dormo anche io."

"Bravo." Nico sbadiglia, e dentro il suo sbadiglio rivivo. Si fa più vicino ancora, sussurrando: "Sei caldo."

"Ti dà fastidio?"

"Che domanda idiota."

Guardo le sue ciglia abbassate – fitte e scure. Adoro la maniera in cui incorniciano l'iride. La maniera in cui fanno risaltare il verde. E le adoro adesso. Abbassate, scure e fitte.

Lascio scorrere due dita sul suo viso; lo sfioro con le nocche, mento labbra guancia zigomo tempia. E labbra. Lui intanto respira tranquillo, regolare, forse già riaddormentato.

In questo momento, potrei quasi convincermi che tutto sia reale. Che Nico sia veramente qua.

E vorrei dire a Lily che si sbagliava, che averlo tra le braccia è davvero come stare appollaiati sulla cima della montagna più alta e guardare giù. Dirgli che osservando il mondo da quell'altezza ti viene voglia di non tornare mai.

Non tornare più.

Il cielo fuori dalla finestra schiarisce in fretta; una pennellata più chiara ogni istante, fino a cambiare colore. Resto a guardarlo sbiadire.

Fare sesso con Nico è stato diverso da tutto quel che pensavo. Più intenso, più doloroso. Più bello. Di una bellezza commovente e pericolosa.

Toccarlo. Sentire la sua carne sotto le dita – i suoi tratti contro la pelle. La sua bocca, la sua saliva. Il suo odore.

Toccarlo. E sotto il mio tocco vederlo muoversi, sotto il mio tocco vederlo arcuarsi. Respirare. Raccoglierne i gemiti e affrettarmi per strappargliene altri. Chiudere i denti sulla sua gola e sentirlo sobbalzare. Poi le sue dita aggrappate ai miei capelli, parole rovesciate nelle orecchie. Paura e piacere e paura e gioia e paura e.

Paura. Uno spillo di dolore conficcato nell'anima. Un bacio che lava via il sangue ma non può toglier l'infezione.

Lentamente, mi allontano da lui. Scendo dal letto, senza far rumore; raggiungo la finestra e chiudo le tende.

La stanza sprofonda nel buio. E la fronte di Nico nel sonno si distende.

Accucciato sul tappeto, il pugno stretto sul lenzuolo - con il peso delle palpebre sugli occhi; con gli arti pesanti per il troppo languore, e caldi - per un attimo resto a guardarlo dormire.

Pensando che non ho mai provato tanto piacere nel guardare qualcosa. Qualcuno.

Spillo di dolore e lana calda per avvolgere la stanchezza. Paura che resta – resta sempre, non sa sbiadire – e un sorriso lento aperto tra la nebbia.

Nico. Nel mio letto.

E l'impronta del mio morso sulla sua spalla sinistra.

Tutto quel che posso volere. Adesso. E nella vita.

 

Seduto sul divano fisso gli occhi sul muro; ne studio le crepe sottili, invisibili quasi, i colori. L'ombra dei quadri staccati, il colore sbiadito intorno alle cornici. Le foto.

Ale sorride in quella più vicina. Tiene un pallone stretto al petto e agita una mano in alto, verso chissà chi. Incollato al suo fianco Nico dice qualcosa, lo sguardo lontano dall'obiettivo e gli occhi verdi bassi.

Il giorno che l'ho scattata avrei voluto baciarlo. Prima che tutto succedesse, prima che lui mi entrasse sottopelle, avrei voluto baciarlo. Semplicemente per sfizio. Perché era bello e strambo e provocante. Perché immaginarmelo seduto addosso – immaginarlo sdraiato in un letto – me lo faceva venire talmente duro che quasi non riuscivo a pensare.

Alzandomi in piedi raggiungo la cucina; apro l'anta della credenza, trovo il caffè. Comincio a riempire la caffettiera, impegnando il cervello in azioni consuete.

Il telefono squilla che ho appena acceso il gas. Abbandonando i preparativi della colazione a metà, mi affretto a rispondere.

La voce di Jen risuona stupita: "Eri già sveglio?"

"Hm."

"Ma stai bene?"

Scrollo le spalle, tornando indietro lentamente. Fa quasi strano spezzare il silenzio d'intorno con una conversazione. "Che volevi?"

"Oh cretino, guarda che me l'hai detto tu di chiamare. Che sennò dormivi fino a mezzogiorno, e… ma perché parli sottovoce?"

Cerco il latte nel frigo. "Non voglio svegliare Nico."

"Nico? Il tuo Nico? È lì?"

Afferrando una scatola di biscotti, mi siedo al tavolo. "Già."

"Avete… dormito insieme?" chiede Jen esitante.
Annuisco anche se non può vedermi. "Decisamente."

Un sospiro. "Sei contento, almeno?"

Nico sceglie quel momento per comparire sulla porta, assonnato. Immobile mi guarda - labbra piegate in un mezzo broncio - poi si sfrega un occhio con il pugno chiuso. "Buondì," dice, stiracchiandosi piano.

"Dormito bene?" gli chiedo, coprendo il ricevitore con la mano.

Lui esita. "Abbastanza."

Io mi sforzo di non cambiare espressione. "Biscotto?" propongo invece, allungandogli il pacchetto.

"Blue? Ci sei?"

"Sì Jen… ti chiamo dopo, ok?"

Nico spezza il biscotto con i denti, mastica un poco e poi inghiotte. Si sporge a prenderne un altro. Io lo guardo mangiare, con piccoli morsi misurati. Concentrati. Come se stesse pensando febbrilmente.

Vorrei spegnergli il cervello, riportarlo indietro a ieri sera. Quando non ragionava e non si spaccava la testa con chissà quali trituramentti e sentiva soltanto, godeva soltanto, accettava ogni cosa. Ogni gesto.

"Blue, rispondimi solo. Sei contento?"

"Non lo so."

Nico si alza in piedi e va a spegnere il caffè. Ne versa un poco in una tazza – senza aggiungere zucchero. L'altra l'annega di latte e poi me la passa.

"Vuoi sapere come la vedo?" chiede Jen al telefono.

Io guardo Nico e penso che non ho mai avuto tanta voglia di baciarlo. Mai avuto tanta voglia di trascinarlo a letto come adesso che dal mio letto è appena uscito, spettinato e stanco.

"Dimmi," rispondo, mentre lui si appoggia col sedere al piano della cucina e sorseggia lento il suo caffè.

"Sei fottuto, amico. Completamente."

Io annuisco, e la saluto. Poi, delicatamente, chiudo la comunicazione.

Nico alza gli occhi verso di me ed io abbozzo un sorriso. "Allora mi accompagni a comprare le scarpe?"

Lui distoglie lo sguardo. "Non lo so." Si lecca le labbra, alza una mano a tormentarsi una treccia. "Ieri sera non l'ho detto a nessuno, che venivo qua."

"Cazzo. Ale avrà dato di matto."

"Già." Nico indurisce la mascella e posa la tazzina nel lavandino. "Me lo puoi dare uno strappo a casa? Così vede che sono ancora vivo, e magari mi lascia uscire."

Annuisco. "Certo. Mangi con me, dopo?"

Lui mi regala il primo sorriso della giornata. "Se Ale non mi chiude in casa a chiave, sì."

Ed io penso che basta poco per farmi felice. Basta poco davvero.

 

"Hai finito?"

Sollevo un sorriso verso Nico. "No. Non riesco a decidere."

Lui sospira, alza gli occhi al cielo e allunga una mano – distratta – per infilarmi dietro l'orecchio una ciocca di capelli. Io trattengo il fiato, e lui si inginocchia davanti a me. Piega la testa su un lato. "Blue. Ti prego. Mi sta venendo mal di testa."

Approfittare così spudoratamente delle debolezze altrui mi sembra scorretto davvero, ma preferisco non puntualizzare. Temo che, se Nico sapesse precisamente l'effetto che i suoi occhi hanno sul mio cervello, non mi darebbe pace.

"Ancora un attimo, bimbo. Un attimo solo."

"L'hai detto anche mezz'ora fa."

Nico si rialza in piedi e afferra una scarpa. Se la rigira in mano per qualche momento, poi me la porge. "Toh. Questa non va?"

"No."

Il braccio gli ricade lungo il fianco. Chiude gli occhi. "Non ce la faccio più. Ti aspetto in strada, ok?"

"Nico…"

"Davvero Blue. Ho bisogno di uscire. Tu fa con comodo, sono solo qua fuori."

Quando esco dal negozio – dieci minuti dopo – lo scopro seduto su una panchina, occhi chiusi e testa rovesciata all'indietro.

Decidendo di non combattere l'impulso, mi chino e gli bacio le labbra.

(Quante ore sono passate dall'ultima volta che l'ho fatto?)

Nico sobbalza e apre gli occhi di scatto.

Io sorrido e gli carezzo la guancia. "Ehi. Sono io."

"Lo so."

C'è una gravità strana nella sua voce, che pesa sulle parole e le veste di un significato nuovo. Rabbrividisco. "Come stai?"

"Blue. Dobbiamo parlare."

Annuisco. Poso il sacchetto con le mie scarpe chiuse nella scatola al suo fianco, sulla panchina. E smetto di toccargli la guancia. "Lo so."

Intorno a noi la gente cammina. La gente chiacchiera e ride e si guarda – ci guarda.

Colgo alcuni sguardi rivolti a Nico, alla sua bocca; un altro paio fissati sulla mia schiena.

Intorno a noi la gente prosegue indifferente a tutto – tranne che, forse, alla nostra faccia. Intorno a noi la gente non sa niente. Nessuno sa.

Che Nico ha passato la notte poggiato al mio petto. Che dieci, dodici ore fa aveva le gambe allacciate alla mia vita, seduto sul tavolo della mia cucina. Che otto, dieci ore fa stavamo attorcigliati tra le lenzuola, il corpo stanco dal sesso, la pelle sporca di qualcosa che ripulisce gli incubi ed invischia i pensieri.

Nessuno sa che mentre lo scopavo pensavo di morire. (Pochi sanno che il dolore, quando esplode nel piacere, è ancora più assassino).

E nessuno sa quanto mi pesa questo silenzio. Quei suoi occhi che fissano la strada. E non guardano me.

Mi schiarisco la gola.

"Che dici. Andiamo a mangiare?"

Solleva la testa. "Blue. Dobbiamo parlare."

Gli poso una mano sulla spalla, la stringo appena; poi afferro la sua maglietta e lo strattono in piedi. "E sta scritto da qualche parte che per farlo dobbiamo essere digiuni?"

Lui si stropiccia gli occhi. "Blue…"

"Se vuoi parlare, parla. Ti ascolto."

Tirando fuori dal pacchetto una sigaretta, lo sbircio. Lui mi regala un'occhiata cattiva. "Sei uno stronzo."

Accendo la sigaretta, prendo la prima boccata. "Andiamo a mangiare, Nico. Poi parliamo."
Lui esita. Io espiro il fumo. "A meno che tu non voglia farlo in mezzo alla strada. Sia chiaro."

Mi dà le spalle. "Andiamo a mangiare. D'accordo."

Sorridendo lo affianco; gli poso un buffetto sulla guancia. "Bravo il mio bimbo."

Lui mi spintona via, soffiando un: "Fottiti Bluette."

Ma sorride anche lui. E l'importante – ora, ieri, domani, sempre – è questo.

 

Finiamo seduti in un locale affacciato sulla piazza, posacenere e tovagliolini messi di mezzo a dividerci, come per caso. Nico ha gli occhi fissi sui piccioni che becchettano qualche briciola, vicino ai marciapiedi; io guardo lui e penso che vorrei sapere cos'è che lo rende così schifosamente attraente. Così paurosamente intossicante.

Come una droga dolcissima, ti entra nel sangue a piccole dosi. E la prima volta pensi che sia uno sballo, e non vedi l'ora di riprovarla. E la seconda lo stesso, e poi la terza, la quarta.

Prima di rendertene conto sei dipendente. Solo l'idea di passare un giorno lontano ti mozza il fiato.

E lui continua a comportarsi uguale, alternando cautela e sfrontatezza e calore. Continua ad essere imprevedibile. E tu conosci ormai a memoria ogni singola sfumatura di quei suoi occhi sfuggenti.

"È stata una cazzata," sbotta d'improvviso.

Io faccio finta di niente, allungando una mano verso il cestino di grissini. "Se lo dici tu."

Stacca lo sguardo dai piccioni per fissarlo su di me, finalmente. "Tu non credi?"

Scrollo le spalle. "Dipende. Vuoi che ti dica cosa penso di stanotte?"

Non risponde. Proseguo, abbassando la voce. "Vuoi sapere se mi è piaciuto?"

Ha uno scatto d'insofferenza, subito trattenuto. Annuisce, gli occhi di nuovo persi alle mie spalle.

"Certo che mi è piaciuto, Nico. Credevo fosse evidente. È quel che viene dopo, a spaventarmi."

Si morde il labbro – fulminea arriva l'immagine di quella stessa bocca spalancata su un grido, il ricordo delle mie mani aggrappate alla sua schiena arcuata, e poi il recidersi netto di ogni suono mentre il mondo ci esplodeva intorno in frammenti troppo piccoli da radunare.

Affondo le unghie nel palmo, soffocando una risata. "Cristo Nico. Sei incredibile."

"Hm?"

"E il punto è che neanche te ne accorgi." Scuoto la testa, poi mi sporgo in avanti. Gli prendo la mano. "Ascolta. Ieri sera hai detto che toccava a me decidere. Che avresti fatto quel che ti dicevo io. Parlavi sul serio, o avevi soltanto voglia di farti scopare?"

Nico arrossisce, abbassa gli occhi. Io stringo un po’ più forte la presa sulle sue dita. "Io ti dico le cose come stanno, se tu giuri di fare altrettanto. Vuoi la verità, o facciamo finta che non sia successo un cazzo e amici come prima?"

Si schiarisce la gola. "Ti ascolto."

Gli lascio andare la mano e torno ad appoggiare la schiena alla sedia. "Mi fai andare fuori di testa. Semplicemente, questo. Dalla prima volta che mi hai baciato, forse anche prima, non so. Basta che dici una parola, e sono pronto alla stronzata più colossale." Abbasso gli occhi anche io, improvvisamente imbarazzato, proseguendo. "Stare con te stanotte, è stato come morire. Non mi sono mai sentito così male in vita mia. Mai, stando così bene."

Lui tace. Sguardo piantato sui riquadri azzurri della tovaglia.

Mi alzo in piedi di scatto, spingendo indietro la sedia. Infilo in tasca la mano, tastando il profilo del pacchetto di sigarette; comincio ad estrarlo. "Non direi di no ad una scopata, Nico. Non lo farei con altri, figurarsi con te. Ma quando hai soltanto voglia di cazzo, faresti meglio ad andare da un'altra parte. Se di me ti frega almeno un poco."

Esco dal locale senza esitare, imbocco la prima via a casaccio. Mi muovo veloce, il cervello spento, senza contare i passi – e la fontana mi scoppia davanti inaspettata.

Gli occhi incantati dagli spruzzi d'acqua, resto fermo immobile a guardarla, piedi piantati a terra e mani affondate in tasca.

La presenza di Nico al mio fianco pare quasi naturale – come se dopo l'orgasmo dovesse condividere con me ogni altra morte, ogni altra rinascita.

La bellezza mi uccide sempre, tutte le volte che mi guarda.

Per questo il tramonto mi spaventa e non so fissare la notte negli occhi.

Per questo a Nico basta un respiro, per avermi già sotterrato.

Il silenzio tra noi si protende per minuti – dilatati in ore e giorni forse, mesi – mentre tutto resta immobile, teso ad ogni dove.

Poi lui si schiarisce la gola. "Se mi prendi per il culo ti ammazzo, lo sai."

Sorrido, senza distogliere lo sguardo dalla fontana. "Ma Nikita. Sarebbe davvero un delitto. Ne hai uno così bello."

Mi spintona bruscamente, urtandomi solo con la spalla. "Parlo sul serio, coglione."

"E io no?"

Resta zitto. Poi sussurra: "Allora non è stata una stronzata?"

"Non è stata una stronzata, Nico. Non se sei convinto."

Sento la sua mano sfiorarmi il braccio, accarezzarmi incerta attraverso la stoffa. Lasciandola scivolare intorno alla mia vita, si avvicina e mi abbraccia, appena impacciato.

Io lo stringo a me e gli bacio la testa, poi resto fermo con il naso appoggiato tra i suoi capelli.

Nico addosso – in testa e nella bocca – e davanti gli occhi lo scintillio del sole sopra l'acqua. L'aria piena del rumore delle gocce precipitate sulla pietra.

E uno spicchio di cielo pronto a sorridere, di mezzo alle case.

La felicità a volte è così breve e a portata di mano che rischi di passarle accanto senza vederla. Rifletto.

 

La felicità si ritaglia tra le lenzuola.

Nico me lo dice sorridendo, la bocca accostata al mio orecchio. Le dita intrecciate alle mie. Le gambe incrociate dietro la mia schiena.

La felicità la scavi a fondo, fino a trasformarla in un guscio vuoto. Bello da vedere, comodo da indossare. Quel che le hai tolto, te lo puoi sciogliere in bocca insieme alla saliva. E dentro i baci diventa caldo, speziato, intossicante – diventa sesso fatto con l'amore, scopata che perde nomi, parole, razionalità. Che perde tutto, a parte se stessa.

Alzandogli le braccia sopra il capo mi spingo in avanti, fino ad aprirgli le labbra e leccarle e prenderle davvero, senza pensare. Lui geme piano; io quasi non lo sento. Ascolto altre canzoni – i suoi brividi, i suoi movimenti, le sue paure.

"Fermati un attimo," sussurra poco convinto.

"Perché?"

"Perché non riesco a pensare, cazzo."

Rido. Lo bacio. Mi ritraggo e rido ancora. "A cosa vuoi pensare adesso, bimbo?"

"Non lo so. A tutto, credo. A…"

Lo bacio. Rido. Mi sporgo e lo bacio ancora. "Pensaci dopo, Nico. Dammi retta, è meglio."

Poi è solo una carezza. Tutto il resto viene a mancare – resta solo un tocco unico, continuo, lungo minuti. Lungo ore, giorni, settimane. Lungo una vita.

Dalla fronte alle caviglie, e indietro di nuovo. Ancora ancora e ancora.

Poi è solo un bacio ininterrotto. Sbiadiscono gli affondi, le schermaglie, le parole. Si fanno lontani i suoni, lontani i nostri gemiti, gli affanni. Solo un bacio. Ininterrotto.

Labbra lingua denti e labbra. Le labbra di Nico.

Ed è felicità ritagliata e svuotata, è dolore che non sa mancare, paura e rabbia forse, illusione, incertezza e voglia e lui.

Lui.

Disteso sul letto, svestito, spettinato. Sporco di seme e saliva – di baci e d'amore. Sporco della mia impazienza, della cecità di ogni impulso. Sporco del momento perfetto che ci eleva al rango degli animali; dell'attimo perduto che quasi sai volare, che esplodi dentro e fuori e intorno non resta niente, e vedi tutto.

Nico sorride con quei suoi occhi assassini. Mi guarda con quelle labbra di angelo cattivo.

Mi tocca, con quelle dita di musicista zingaro e pittore – con quelle mani di puttana, di santo bevitore.

E parla, ma io non lo sto a sentire.

C'è musica e respiri mozzati, c'è aria pesante di sudore – sale sotto la lingua, pelle calda tra i denti. C'è lui nelle mie mani – per la prima volta, solo mio.

Ed averlo è come morire.

Come tenersi il veleno in bocca, rigirarselo piano piano. Incantato dal suo sapore. Sapendo che prima o poi scenderà in gola, si spanderà nelle vene fino a fermarti il cuore. Sapendo che sarà doloroso – sarà una fottutissima agonia – come fuoco e ghiaccio insieme e peggio ancora.

Sapendo tutto. E tutto ignorando.

Perché la felicità sta sotto le dita – disegnata su un ventre di ambra levigata – e fare un passo indietro adesso sarebbe peggio di ogni dannazione. Ti condannerebbe al cielo.

E quando guardi l'inferno negli occhi, solo la morte ti pare benedetta.

 

 

Come sempre, un grazie enorme a tutti quelli che hanno letto. Commentato. Speso un po’ di tempo con me. Grazie.

Aurora – So che sto trascurando Ale e Fra. In questo capitolo non compaiono nemmeno… (*Roh corre a nascondersi in qualche angolo buio*). Il fatto è che, ora come ora, mi pare di aver detto tutto, di loro. Riprenderli in mano significherebbe prolungare la vita di questa storia – qualcosa che non posso fare. Non ci riesco. Sta andando avanti da troppo tempo, è un'agonia. Mi spiace, da morire, ma… è così. Però sto pensando di riscriverla da capo, completamente: di scrivere un'altra storia, in realtà, solo con gli stessi personaggi. Illustrare la storia di Nico e Blue – e anche di Fra e Ale, ma con più calma – in maniera più consona ai diciannove anni che ho ora. Non sarà un doppione perché la trama sarà tutta diversa. Ma loro ci saranno ancora. E saranno più in linea con i protagonisti di Beating, che qua fanno una comparsa davvero sporadica e totalmente slegata alla storia principale. Poi, per ora è solo un'idea. Devo vedere come andrà a finire. Ma ti assicuro che, se succederà, di Ale e Fra si parlerà ancora. A lungo.

Fata. Non c'è niente da dire. Lo sai tu, lo so io. Quel che ti ho scritto ieri sera… era tutto vero. E scusa se mi sono fatta prendere dal panico (a rileggere il tuo mp, dopo, ho pensato che forse avevo equivocato un tantino il senso delle tue preoccupazioni) ma sul momento mi hai davvero spiazzata. Terrorizzata. Per il resto, grazie. Di ogni tua minima parola. E di ogni preziosissima emozione.

Siz – Sono contenta che il capitolo scorso ti sia piaciuto^^. Fra_idiota, ormai, non può essere altrimenti: altra differenza atroce dall'inizio, dov'era quasi il più posato dei quattro. (Anche se cretino lo era già allora, non dimentichiamo la dichiarazione di Ale…). Sono contenta anche che tu abbia apprezzato il ritorno di Dani. Mi sembrava che fosse tutto in sospeso, con Nico, e volevo saldare i conti. E, devo ammetterlo, quel bacio ha fatto piacere anche a me^^.

Animor – Hai ragione, in un certo senso, a dire che quel bacio dovrebbe incasinare tutto ancora di più. Ma in realtà è un po’ come un sigillo, per entrambi. Quel che provavano, non è stato dimenticato. Si sono chiariti, e hanno messo quei sentimenti in un angolo, in bella vista. Non ne hanno più paura, non devono più fare attenzione. Possono guardarsi in faccia senza problemi, ora. Sono felice che ti sia piaciuto! Quanto al seguito… temo che le cose saranno un po’ più complicate di così^^.

HP Mary – Risolutivo è la parola giusta^^. Così come hai perfettamente ragione a dare dello scemo a Fra. Nico ti ringrazia per averlo notato…

Ale_80 – Nico e Blue sono nati per stare insieme. Peccato solo che io l'abbia scoperto a metà fic…

Whity – Che Dani abbia fatto una scelta di comodo è indubbio. Però credo che voglia bene davvero a Cate, in una maniera meno passionale e dolorosa ma altrettanto intensa. E Nico da Blue va un po’ confuso (molto, in effetti). Credo che il suo stato d'animo fosse un miscuglio di voglia di vedere chi sapeva farlo stare bene, comprensione definitiva che Blue è Blue e Dani non c'entra niente, e soprattutto realizzazione del dolore sprecato per paura di parlare. Credo. Ma cosa giri per la sua testolina resta oscuro anche a me, il più delle volte!

Yuyu – Ti ringrazio profondamente per quel che hai scritto. Non importa se questo è il primo commento – per me conta tantissimo lo stesso. Sono contenta che la storia ti piaccia, che ti piaccia il mio stile, e che i personaggi risultino vivi. Non potevi farmi complimento migliore.

Nanoda – Il crossover con Beating è stato un po’ azzardato, a mio parere attuale. Ma ormai è fatta, non si può tornare indietro. Più che altro, lo trovo parte dei difetti di questa storia, insieme a tutto il senso di incompiutezza che si respira. Sono partita dal niente, da Ale soltanto, e non avevo minimamente calcolato di arrivare al 24 capitolo. Né di scrivere Beating nel frattempo o di creare Blue o di trasformare Dani in bi semi-sposato. Sono contenta che ti sia piaciuta comunque, e che tu sia riuscita a raccapezzarti, dopo lo spiazzamento inziale! Come sempre, ti ringrazio di aver perso un po’ di tempo per dirmi cosa ne pensavi… Kiss!

Melchan – Non so cosa dirti. Grazie mi sembra così banale… Premetto innanzitutto che non sono propriamente sicura di scrivere yaoi – il genere presuppone alcune caratteristiche di fondo che io non mi sento di rispettare particolarmente – ma sapere che qualcuno che solitamente non apprezza in maniera viscerale (come la sottoscritta, lo ammetto^^) questo particolare tipo di storie, è arrivato ad amare i miei personaggi lo stesso… beh, dire che mi fa sentire bene è poco! Quel che dici di Blue, poi… Lo adoro anche io (nel caso non si fosse capito) e metterlo insieme a Nico è stata l'unica cosa che potessi fare per rendergli giustizia. (Un po’ sadico, calcolando tutte le frustrazioni che il marmocchio gli ha fatto passare, ma credo che alla fine ne sia valsa la pena). Grazie ancora, quindi. Un bacio.

 

 

 

 

   
 
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