I’ll come with
you
- Ci vediamo a mezzogiorno – disse il signor
Gold, prima di sparire oltre la soglia.
Henry strinse Emma ancora più forte, mentre
questa gli accarezzava distrattamente i capelli, persa nei propri pensieri e
conscia solo in quel momento di cosa significasse davvero stipulare un accordo
con Tremotino. Non aveva via di scampo; un patto era un patto e come tale
andava onorato, poco importava se una delle due parti contraenti non era
d’accordo.
Emma, infatti, era ben restia dal lasciare
Storybrooke, in quel momento; con Cora a piede libero,
Uncino e Greg ancora in convalescenza avrebbe di gran lunga preferito restare
in città per tenerli d’occhio e proteggere gli abitanti svolgendo i proprio
compiti di sceriffo, ma non aveva messo in conto che Gold sarebbe venuto a
riscuotere, irrompendo in casa sua come un cupo mietitore.
- Emma, non sei costretta ad andare con lui –
esordì David, mettendosi di fronte alla figlia e poggiandole una mano sulle
spalle. – Lo abbiamo già fermato in passato per aiutare Cenerentola, possiamo
farlo anche ora per aiutare te – aggiunse dunque, serio.
- Esatto – concordò Mary Margaret. –
Possiamo trovare un modo.
- No – ribatté Emma, decisa. – Andrò con lui,
manterrò la mia parola. Non dobbiamo sprecare le nostre forze per fermare Gold,
piuttosto dobbiamo usarle per fermare Cora. E Uncino
– aggiunse. – O meglio, dovete – si corresse poi amaramente. Sospirò, prima di
sciogliersi dalla stretta di Henry e andare nella propria stanza.
Estrasse un borsone da sotto il letto e
iniziò a riempirlo meccanicamente; del resto aveva fatto le valige tante volte,
prima di allora, per cui avrebbe fatto in fretta. A differenza delle altre
volte, però, avrebbe avuto un posto in cui tornare: quella non sarebbe stata
una partenza definitiva, bensì solo un’assenza temporanea da Storybrooke, un
incidente di percorso non previsto, proprio come la sua ultima trasferta nella
foresta incantata. Per lo meno sarebbe rimasta nello stesso mondo, forse
addirittura nello stesso continente; per viaggiare avrebbe usato i mezzi di
trasporto e le cartine stradali e non portali dimensionali o bussole magiche.
Questi pensieri un po’ la rincuorarono,
anche se non del tutto. Partire con il signor Gold la turbava, e non poco, dato
che questi era una delle poche persone in quella città che ancora non era
riuscita a inquadrare. Tante volte l’aveva aiutata, tante altre l’aveva
ostacolata, e in ogni occasione aveva sempre avuto un tornaconto personale. Di sicuro
doveva averlo anche in quel momento, se aveva scelto di riscuotere il debito in
sospeso con lei a quel modo.
Si chiese perché avesse scelto lei per
accompagnarlo, quando una rivelazione la colpì: lei, insieme ad Henry, era l’unica
che poteva lasciare Storybrooke e, a differenza di tutti gli abitanti di quella
città, non era stata confinata lì per ventotto lunghi anni. Aveva vissuto nel mondo là fuori, come gli abitanti della
città lo chiamavano e quindi sarebbe stata una buona guida per Gold.
Fu l’unica spiegazione che riuscì a trovare
a quella sua richiesta, o meglio, a quella sua imposizione.
Scosse la testa, per riscuotersi dai propri
pensieri, dopodiché osservò il borsone, gli diede un’ultima occhiata per
controllare se avesse preso tutto e lo chiuse. Si buttò poi sul letto, con l’intenzione
di dormire almeno un paio d’ore per recuperare una parte del sonno che quella
lunga notte in ospedale le aveva tolto.
Henry, però, non era dello stesso avviso
perché irruppe nella sua stanza con quel sorriso che aveva sempre quando stava
escogitando qualcosa. Non appena lo notò, Emma si mise a sedere e alzò gli
occhi al cielo.
- Che c’è, ragazzino? – lo apostrofò, incrociando
le braccia al petto. – Sono davvero esausta e vorrei dormire un po’ prima di
partire con Gold – aggiunse poi in tono più dolce, temendo di essere stata un
po’ troppo dura col figlio.
- Lo so che hai avuto una lunga nottata –
esordì Henry, come per scusarsi. – E so anche che hai molto sonno – proseguì. –
Però prima di dormire mi aiuti a fare le valige? Non so da dove partire –
chiese dunque, abbassando lo sguardo.
- Valige? – ripeté Emma, incredula. Si alzò
dal letto e gli si parò di fronte, le braccia puntate sui fianchi. – Che
diavolo hai in mente? Sono io a dover partire, non tu!
- Io vengo con te – ribatté Henry, risoluto,
rialzando lo sguardo per puntarlo in quello della madre.
- No, tu resti qui con Mary Margaret e David
– lo contraddisse Emma. Non voleva che il figlio la accompagnasse; Henry non c’entrava
nulla con il patto che lei aveva sancito con Gold e trovava ingiusto che lo
scontasse anche lui.
- Per favore – la implorò il ragazzino. Quando
Gold aveva fatto irruzione nell’appartamento, poco prima, dichiarando le proprie
intenzioni, Henry si era spaventato e si era sentito mancare la terra sotto ai
piedi. Non voleva credere alle proprie orecchie; gli sarebbe di nuovo toccato
passare chissà quanto tempo senza sua madre, vedere scorrere ogni giorno
sperando che fosse quello buono per poterla riabbracciare. Era tornata da poco,
e già doveva ripartire. – Non voglio che tu vada via di nuovo – le disse,
dunque, esternando ciò che provava. – So che non dipende da te, ma da quando
hai spezzato il sortilegio ho trascorso troppo tempo senza di te, non voglio
che accada di nuovo! Stavolta posso seguirti, perciò fammi venire con te, per
favore!
A quelle parole, Emma si addolcì,
sperimentando per la seconda volta in tutta la sua vita l’estranea sensazione
di essere importante per qualcuno. La prima volta quel qualcuno era sua madre,
in quel momento quel qualcuno era suo figlio. Era bello avere una famiglia,
dopotutto, anche se ancora non ci aveva fatto l’abitudine.
- Va
bene – cedette, con un sorriso, prima di dargli un buffetto sulla guancia. – Ti
aiuto a fare le valige.
Henry sorrise, felice, e d’impeto abbracciò
la madre. – Grazie – le disse poi, semplicemente.
- Aspetta a ringraziarmi – borbottò Emma,
ricambiando l’abbraccio. – Bisogna vedere se il signor Gold sarà d’accordo.
A mezzogiorno in punto, Emma andò al negozio
del signor Gold, accompagnata da Henry. Lo trovò ad aspettarla davanti alla
porta, cupo, ed Emma notò solo in quel momento quanto la perdita di memoria di
Belle lo aveva distrutto, così tanto da portarlo a cercare con disperazione suo
figlio, l’unica altra persona a cui teneva davvero, oltre all’amata.
- Vedo che è puntuale, signorina Swan – disse Gold, con voce spenta e con un sorriso amaro,
prima di notare Henry, che con una mano stringeva quella della madre e con l’altra
un borsone. – Lui che ci fa, qui? – chiese dunque, un po’ irritato.
- Viene con noi. Ha insistito tanto per
accompagnarmi – rispose Emma, facendo
spallucce. – Spero che non sia un problema.
Udendo quelle parole, qualcosa scattò, nel più
profondo dell’animo di Tremotino. Il fastidio provato poco prima svanì,
lasciando posto a quella parte di umanità che ancora albergava in lui. – No,
non è un problema – ribatté, addolcendo il tono di voce e accompagnando la
frase con un sorriso. – Il suo libro di fiabe può tornare comodo.
- Grazie, signor Gold – disse Emma,
sollevata.
- Già, grazie – ribadì Henry. Gold lo guardò
con gli occhi lucidi e si ritrovò a pensare che, se quel ragazzino era andato a
cercare la madre dopo che questa lo aveva abbandonato e l’aveva rivoluta nella
propria vita, forse c’era speranza anche per lui, forse anche Baelfire l’avrebbe
accolto senza rancore, forse anche per lui c’era la possibilità di riavere una
famiglia. Forse.
- Andiamo, ora – disse poi l’uomo, riscuotendosi
da quei pensieri. – Ci aspetta un lungo viaggio.
Note dell’autrice
Lo
so, mi odierete. Piano piano sto invadendo la
sezione. xD
L’attesa
per la 2x13 è ancora lunga, per cui mi sono ritrovata a scrivere questa one-shot. Ho letto dalla sinossi ufficiale che anche Henry
accompagnerà Gold e Emma in cerca di Baelfire, per cui mi sono ritrovata ad
immaginare come la cosa possa succedere ed ecco questa storia. Non so come sia
venuta, come al solito avevo in mente tutt’altro. Spero di aver mantenuto i
personaggi IC, specialmente Emma.
Non
esitate a farmi sapere cosa ne pensate, mi raccomando :)
A
presto^^
Sara