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Autore: Leyton_Nenny    31/01/2013    1 recensioni
21 Dicembre 2012
Sono passati ore, giorni, settimane, mesi.
Ho perso la cognizione del tempo, quando Giusy mi ha chiamata.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I'll never fall in love again

3# 10 Giorni

 

 

 

 

 

 

Tornai a scuola il giorno seguente: Kris era entrata in camera mia come una furia, intimandomi di alzarmi. A questo proposito: quando mai Kristine si era svegliata prima di me? Da quando la conoscevo, ero sempre stata io, quella che la chiamava al cellulare certa del fatto che non avesse sentito la sveglia.
“Muoviti, il sole è già alto, splendore!” aveva urlato accendendo la luce. Io avevo sbadigliato e avevo afferrato il mio cellulare per guardare l'ora: segnava le sei.
“Kris, ma sei impazzita? Sono le sei, a quest'ora le persone normali sono ancora nel mondo dei sogni” avevo protestato io: di solito ci svegliavamo alle sette, alle volte sette e mezza, dato che l'università di Ingegneria elettronica a cui eravamo iscritte tutte e tre distava solo un paio di fermate di metro.
“Le persone normali non hanno due migliori amiche e non devono andare da quella mancante per fare colazione”
“Cazzo Kris, sono le sei! Le sei! E io non ho affatto fame”
“Vuoi diventare anoressica? No, dimmelo. Anche se dovresti sapere che io e Spe non te lo lasceremo mai fare, è inutile che provi a ignorare questa realtà. Quindi, alza il tuo bel culetto che Spe ha fatto la torta al cioccolato morbida che ti piace tanto”
“Quella in realtà piace tanto a te”
“Vero. Ma in ogni caso l'ha fatta per te, quindi che senso ha se non vai a mangiarla? Lo sai che ci tiene. E tu non deluderesti mai Spe, vero?”
Grugnii qualcosa in risposta, e a malincuore mi alzai dal letto, afferrando le mie All Star mezze consumate dall'usura, un paio di pantacollant e una maglia lunga. Tutto rigorosamente nero.
Kristine scosse la testa con forza e spalancò il mio armadio, lanciandomi un abitino di maglia rosso.
“Non puoi uscire di casa come se tu stessi andando ad un funerale” esplicò.
“Apprezzo la tua premura, davvero. Ma da quando in qua non sono padrona di vestirmi come voglio?”
“Il nero ti sta male”
“Non è vero!”
“Senti, quando ti vesti di nero è perchè sei dannatamente depressa, e non ho voglia di vederti così, non ci riesco. Quindi fallo per me, okay?” sussurrò abbassando lo sguardo: da quando la conoscevo, era raro che esprimesse i propri pensieri ed emozioni, le piaceva mostrarsi forte.
“Spe fa anche il caffè?”
“Sì, credo si sia decisa ad usare la macchinetta con le cialde che le abbiamo regalato per Natale lo scorso anno”
Rimasi ferma su quel pensiero: Natale... Peter era morto il 21 Dicembre, da quella data erano trascorsi tre giorni per l'esposizione della salma, uno per il funerale, cinque in cui non ero uscita, e ieri era stato il giorno in cui mi avevano costretta ad alzarmi. Per un totale di dieci giorni.
“E' già passato Natale – constatai – oggi è l'ultimo dell'anno. E noi non abbiamo lezione” conclusi lasciando cadere la borsa con tutto il necessario per l'università a terra.
Kristine si voltò verso di me.
“Lo so. Ma so anche che il tuo Natale non è stato proprio il massimo: insomma, avere proprio in quel giorno il funerale di Peter – mi guardò titubante non appena pronunciò il suo nome, piccole lacrime stavano tornando a formarsi sui miei occhi – meriti di svagarti, Annie. Meriti di fare qualcosa che ti permetta di lasciarti andare, di non pensare. E dato che non hai festeggiato il Natale, e sai bene che noi sappiamo quanto tieni a questa festa, abbiamo deciso di regalarti un Natale posticipato, ecco. E stasera poi siamo fuori per i fuochi, anche quelli ti piacciono, no? Dopotutto questo è il tuo periodo preferito, durante tutto l'anno. E invece quest'anno non hai nemmeno fatto l'albero”
Lentamente, osservai l'enorme salotto che si apriva davanti a me all'uscita delle stanze da letto, il camino era spento, c'erano solo piccoli rimasugli di carbone e ciocchi in parte bruciati, residui di prima della partenza dei miei genitori, che erano andati in Russia per trascorrere le vacanze alle quali io avevo rinunciato per poter passare del tempo con Peter. Ricacciai le lacrime con forza a quel pensiero: non ero ancora riuscita a razionalizzare l'evento, quindi era più che comprensibile che le mie emozioni fossero ancora così in subbuglio. Erano una bomba sul punto d'esplodere, ecco.
“Sai, qualche giorno fa c'era anche la neve, se solo fosse venuta un po' prima avremmo avuto un bianco Natale” sussurrò lei mentre scendevamo le scale: afferrai il portafoglio dal tavolino che si trovava all'ingresso e controllai di avere la mia Oyster*.
Mi strinsi nel mio cappotto e avvolsi la sciarpa coprendo anche il naso, nascondendo poi le mani in tasca: il freddo era davvero pungente, a quell'ora.
“Sai – ruppe nuovamente il silenzio Kristine – io e Spe abbiamo deciso di fare un brunch di Natale, più che un pranzo. Anche se sarebbe meglio chiamarla colazione abbondante – io storsi il naso, sapeva che odiavo mangiare appena sveglia, spesso la mia colazione era misera, costituita da un caffè e un paio di biscotti, che spesso venivano tralasciati. Ovviamente lei ignorò la mia espressione – e poi Spe ha fatto un albero gigante quest'anno, sono certa che ti piacerà”
“Già, dovrei farlo anche io, anche se Natale è passato”
Kristine rise debolmente.
“Perchè ridi?”
“Niente, pensavo che non l'avresti mai detto, di fare l'albero”
“Che c'entra, è pur sempre Natale – brontolai io – e non è un Natale che si rispetti, senza un albero degno di questo nome, con tanto di luci e palline colorate”
“Sono contenta: anche se non te ne accorgi, piano piano stai reagendo” sussurrò lei, mentre salivamo sulla metropolitana e il chiacchericcio confuso dei passeggeri pose fine ad ogni nostra conversazione”

Arrivammo da Spencer che erano le otto del mattino.
La nostra migliore amica ci aprì la porta con un sorriso e un vassoio carico di biscotti alla cannella in mano.
“Siete in perfetto orario – ci accolse lasciando che Triscot, il suo barboncino, uscisse in giardino – ho appena sfornato i biscotti, sono ancora caldi. E senti come profumano – aggiunse poi passando il vassoio sotto i nostri nasi – ma prego, accomodatevi, i miei genitori sono usciti qualche ora fa, ma non credo tornino. A quanto ne so vanno dai nonni, oggi” concluse facendosi da parte e lasciandoci entrare per poi chiudere la porta alle nostre spalle.
L'ampio salotto era occupato da un tavolo basso con dei cuscini intorno, i muri erano pieni di luci colorate che si illuminavano a intermittenza, mentre, appese sopra il camino accesso, c'erano le classiche calze. Accanto ad esso, c'era un enorme albero di natale, decorato con palline di ogni genere ed altri piccoli oggetti, era davvero splendido. Ero incantata, davanti a tutto quello sfarzo natalizio.
“Ti piace?” mi chiese Spencer mentre afferrava la mia giacca e la mia sciarpa.
Io annuii con un sorriso.
“E' il più bell'albero di Natale di sempre!” esclamai avvicinandomi ad esso.
Potevo sentire i sorrisi dipingersi sui volti delle mie migliori amiche, mentre l'entusiasmo per il Natale prendeva il sopravvento sul mio dolore: forse stavo davvero guarendo, anche se il pensiero di quello che era successo era comunque impresso a fuoco nel mio cervello, ma questa cosa aveva avuto il potere di arginarlo almeno un po'.
“Buon Natale, Annie!” avevano sussurrato consegnandomi un piccolo pacchetto. Io le avevo osservate leggermente imbarazzata.
“Ma io non ho i vostri” avevo sussurrato.
“Sbagli invece – mi aveva risposto Spencer – il più bel regalo che tu possa farci, è vederti sorridere, vederti combattere proprio come stai facendo ora”
Dentro il pacchetto, c'era un piccolo braccialetto, con un cuore e una piccola incisione “Ricordati chi sei, Hannah Wilson”
Ma dietro quelle parole c'era molto di più, c'era il restare fedele a chi ero, il ricordarmi di combattere contro le avversità. Proprio come quando, da piccola, combattevo contro gli stupidi bambini dell'asilo perché non toccassero il mio peluches a forma d'orso e non lo rovinassero. Io ero quella persona, io ero Hannah Wilson, la ragazza forte e determinata, la ragazza che era stata amata da Peter Sullivan.

La mattinata trascorse in fretta, verso le tre del pomeriggio, Kristine si stiracchio per alzarsi da quei cuscini su cui eravamo rimaste a parlare per tutte quelle ore.
“Beh, è ora di andare da Annie, dopotutto quest'anno sta a lei, cucinare la cena di capodanno”
Io avevo sbattuto gli occhi incredula un paio di volte.
“Temo di non avere niente in frigo” sussurrai imbarazzata.
Spencer sorrise.
“Abbiamo fatto noi la spesa ieri. Nel caso ti venisse fame. Ma comunque sapevamo che non ti saresti mai ricordata che stava a te cucinare, quest'anno”
Scossi la testa con un sorriso: alle volte dimenticavo quanto le mie migliori amiche mi conoscessero bene, riuscivano a prevenire ogni mia mossa. E finivano comunque per lasciarmi sempre di stucco, facendo più del dovuto, o del necessario.
Tempo un paio d'ore, comunque, e fummo a casa mia – Spencer si era dovuta prendere i vestiti, dato che a quanto pare avevano organizzato un pigiama party a casa mia a mia insaputa. La cosa rasentava l'incredibile, sul serio. Riuscivano ad insediarsi a casa mia con troppa facilità, ma in fondo sapevo di doverglielo: in due giorni avevano fatto talmente tanto per me che non sarei mai riuscita a sdebitarmi, nemmeno in tutta una vita. Sopratutto se contiamo che, nonostante i miei avessero saputo dell'accaduto, non si erano degnati di fare nemmeno una telefonata. Non che me la aspettassi, ma sarebbe stata carina, una tale premura.
Sospirai dissolvendo il pensiero e infilai le chiavi nella serratura; un mezzo giro e la porta si aprì.
“Kris, non avevo chiuso a chiave?”
La mia migliore amica alzò le spalle “Non ci ho fatto caso, Annie. Comunque hai avuto fortuna, se nessuno ti è entrato in casa”
Spencer spalancò la porta ed entrò in casa. La osservai interrogativa: di solito era molto più delicata, nei gesti.
“Siamo a casa, e siamo disarmate. Quindi se c'è un ladro è pregato di andarsene dalla finestra: siamo troppo giovani per morire” urlò, al che Kristine scoppiò in una fragorosa risata.
“Voi siete tutte matte” constatai chiudendo la porta dietro di noi.
“Parla quella che non si ricorda che lascia la casa aperta” risero loro. Io scossi la testa e raggiunsi le scale.
“Devo rifare il letto, magari anche cambiare le lenzuola, dato che avete intenzione di insediarmi da me.
“Ti diamo una mano” risposero loro all'unisono. Sospirai, e continuai a salire le scale fino a raggiungere il piano di sopra.
Una volta raggiunto l'ampio salotto, mi trovai davanti tantissime persone, la stanza era irriconoscibile, rispetto a come l'avevo lasciata: un albero di Natale era stato montano vicino al camino su cui ora ardeva un fuoco. Le calze erano appese, e decori e luci erano stati attaccati alle pareti. Osservai il tutto con le lacrime agli occhi per l'emozione.
“Buon Natale Annie, ti vogliamo bene” esordirono delle voci.
“Non arrenderti” risposero altre, mentre io restavo affascinata da quello spettacolo: non mi sarei mai aspettata una cosa simile.
“Grazie – sussurrai per poi voltarmi verso le mie due migliori amiche – voi ne sapete qualcosa?”
Loro ostentarono una faccia angelica. Come se non le conoscessi. Scoppiammo a ridere tutte insieme, mentre ci stringevamo in un abbraccio.
“Il minimo che puoi fare adesso, è offrire a tutti dello spumante” esclamò Spencer.
Ovviamente, avevano già pensato a tutto, dato che una volta scesa al piano di sotto avevo trovato sette bottiglie nel frigo. Scossi la testa e afferrai i bicchieri di plastica dalla dispensa.
“Mi serve una mano con le bottiglie” urlai diretta al piano di sopra.
Spe e Kris comparvero sull'uscio visibilmente contrariate dal mio tono di voce.
“Ci hai quasi assordate” m'informò la prima.
“Quante storie, voi vi siete illecitamente introdotte in casa mia, potrei farvi causa per questo”
“Primo, noi non ci siamo introdotte da nessuna parte, siamo entrate con te; secondo, non potranno mai provare che qualcuno sia entrato illecitamente: non ci sono segni di scasso”
Constata quell'evidenza, un dubbio attanagliò la mia mente. “Come hanno fatto ad entrare allora?”
In quel preciso istante, Giusy varcò la soglia, lanciando qualcosa a Kristine, che lo afferrò al volo.
“Grazie per le chiavi” esplicò congedandosi.
Fulminai la mia migliore amica con lo sguardo “Hai dato le mie chiavi di casa! Ma che cavolo ti è passato per la testa?”
“Quante storie, sono tutte persone che conosci”
“Ma non è questo il punto! E se si fossero fatti delle copie?”
“Dio Annie, sei paranoica!” mi rimbottò lei. Io alzai gli occhi al cielo, ponendo fine a quella discussione.

La cena trascorse tranquilla, e verso le undici decidemmo di uscire per passeggiare per Green Park, da lì si riuscivano a vedere i fuochi senza stare nella bolgia, come invece avveniva davanti a Buckingam Palace.
“Non so come ringraziarvi, ragazze” sussurrai mentre mi sdraiavo sull'erba piena di condensa: fortunatamente avevamo portato qualche coperta per proteggerci dal vento pungente, io me la avvolsi intorno al corpo, così che mi proteggesse anche dal suolo ghiacciato.
Le mie amiche mi imitarono, sedendosi al mio fianco: ora che le osservavo con attenzione, potevo dire con certezza che erano qualcosa del tipo la mia coscienza sotto forma di persona, Spencer era l'angelo, la mia parte buona, mentre Kristine era, senza ombra di dubbio, il piccolo diavolo, la parte decisamente poco incline a tutto ciò che si chiamava rispetto della privacy, e tutto il resto. Non che fosse cattiva, ma diciamo che aveva un carattere forte.
A pensarci, stavamo bene insieme, un trio ben assortito, nonostante tutto.
“Tre, due, uno” sussurrarono loro insieme.
“Buon anno!” ci augurammo mentre stappavo la bottiglia di spumante: era nostra abitudine che fosse quella che teneva la cena, a stappare la bottiglia.
Il tappo volò addosso a gruppetto di cinque ragazzi, colpendo quello che stava al centro.
“Che mira di merda, Annie!” rise Kristine.
“Vatti a scusare” si premurò Spencer, che probabilmente stava pregando tutti i santi che conosceva perché quei cinque non fossero cattive persone.
A malincuore, mi alzai dalla mia postazione, lasciando loro la bottiglia – “Non bevete senza di me, eh!” mi raccomandai – e mi avvicinai al gruppetto.
“Scusate, per sbaglio vi ho colpito col tappo della mia bottiglia” dissi rivolta al ragazzo riccio che si stava massaggiando la testa. Gli altri risero.
Sospirai.
“Se volete vi offro dello spumante per farmi perdonare”
Il riccio sorrise, smettendo di toccarsi.
“Okay, ma non mi basta” esordì.
“Scusa?” chiesi io sgranando gli occhi, convinta di non aver sentito bene.
“Ho detto che non mi basta: voglio anche sapere il tuo nome”
“Hannah Wilson, per gli amici Annie, ora sai a chi inviare il preventivo per eventuali danni”
Lui rise: non potei fare a meno di notare che la sua risata avesse un bel suono.
“Non è per quello, è perché volevo sapere il nome di una ragazza tanto sbadata da colpire qualcuno con un tappo di spumante: non ti hanno insegnato che ci sono modi migliori per cercare un approccio?”
Gli altri risero ancora più forte, io sgranai gli occhi incredula.
“Sinceramente, se mai dovesse arrivarmi una fattura a casa, provvederò a testimoniare che il tuo cervello era già danneggiato prima di conoscermi” sbottai infastidita.
“Per quello che ne sai, potresti averlo appena danneggiato tu” sussurrò lui.
Io evitai di ribattere: mi avevano insegnato a non dare spago ai palloni gonfiati, e lui mi sembrava appartenere a quella categoria, probabilmente ne era il massimo esponente.
“Guarda, ti offro lo spumante solo perché sono una donna di parola – biascicai tornando verso le mie amiche – abbiamo ospiti” le informai contrariata.
“Mi sembra il minimo, offrire loro dello spumante dopo avergli tirato un tappo in testa” esclamò Spencer, contenta della mia decisione.
“Si può sapere almeno i loro nomi?” sussurrò Kristine acidamente: sicuramente non era dello stesso avviso della nostra amica.
“Harry – si presentò il riccio-pallone-gonfiato – loro sono Zayn – indicò il ragazzo alla sua desta, che aveva la pelle ambrata e gli occhi scuri – Liam – aggiunse indicando un ragazzo con una voglia di cioccolato sul collo – Niall – passò a indicare alla sua sinistra un ragazzo biondo, che non la finiva più di ridere – e Louis” concluse indicando l'ultimo, che stava accanto a Niall.
“Io sono Spencer, la rossa acida è Kristine è l'altra è....”
“Annie, lo sappiamo” la interruppe Harry.
“Annie per gli amici, e tu non rientri nella categoria” lo rimproverai io, guadagnandomi un'occhiataccia da parte di Spe, che prima sembrava entusiasta della mia premura nel presentarmi. Come se fossi maleducata, io!
“Io acida? – sussurrò a Kris, visibilmente oltraggiata – Io non sono acida, lo sono con chi se lo merita”
Almeno su questo, io e lei eravamo concordi: quei tipi di meritavano la nostra ostilità.
Spencer ignorò le occhiate d'intesa che io e Kristine ci stavamo rivolgendo, e verso lo spumante nei bicchieri di plastica, che poi passò a tutti; quando ognuno ebbe il proprio bicchiere, si alzò in piedi.
“Buon anno” esclamò alzando il proprio “Cin Cin”
Io e Kris ci rivolgemmo un'ultima occhiata d'intesa, prima di fingere di essere inciampate nelle coperte, e rovesciare il nostro spumante addosso ai ragazzi. Ovviamente, per rendere la cosa credibile, io spinsi anche Spe, costringendola a fare lo stesso.
“Ops, scusate – celiammo cercando di nascondere i nostri sorrisi soddisfatti – siamo inciampate in queste coperte”
Ostentammo un'aria dispiaciuta, sperando di far incazzare quei ragazzi, che invece non ci diedero soddisfazione.
“Può capitare – mormorò il primo osservando la chiazza sul proprio petto e riuscendo anche a stupirmi per la maturità dimostrata – se quelle coperte sono così ingombranti, dovreste toglierle, prima di fare altri danni”
Appoggiò il proprio bicchiere per terra e si avvicinò a me, guardandomi negli occhi: lentamente le sue mani si poggiarono sui miei fianchi, percorrendone il profilo, e lasciò scivolare la coperta, che cadde a terra.
“Ecco fatto, ora possiamo brindare” sussurrò sul mio viso, mentre un sorriso sghembo gli compariva sul volto.
Scossi la testa per reagire, i suoi occhi verdi mi avevano ipnotizzata.
“Potevo farlo anche da sola”
“Lo so, ma avevi le mani occupate”
Sbuffai, trattenendomi dal ribattere e versai nuovamente lo spumante nel mio bicchiere, facendo lo stesso con Kristine.
Spencer mi guardava interrogativa.
“Buon anno” esclamai io visibilmente infastidita da quegli sguardi indagatori, per poi bere dal mio bicchiere.
Ora sono undici giorni, un nuovo anno senza di te, pensai.





*è la tessera che funziona come un abbonamento settimanale o mensile per la metropolitana e/o gli autobus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve!
Ed ecco anche il nuovo capitolo. Sono in ritardo, lo so.
Non mi ucciderete per questo, vero? Il fatto è che sono stata mostruosamente impegnata. 
BTW, vi abbandono, perchè sinceramente non so cos'altro dire.

Un bacio,
-J

  
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