I'll never fall in love again
3# 10 Giorni
Tornai
a scuola il giorno seguente:
Kris era entrata in camera mia come una furia, intimandomi di
alzarmi. A questo proposito: quando mai Kristine si era svegliata
prima di me? Da quando la conoscevo, ero sempre stata io, quella che
la chiamava al cellulare certa del fatto che non avesse sentito la
sveglia.
“Muoviti, il sole è già alto,
splendore!” aveva urlato accendendo la luce. Io avevo
sbadigliato e
avevo afferrato il mio cellulare per guardare l'ora: segnava le sei.
“Kris, ma sei impazzita? Sono le sei,
a quest'ora le persone normali sono ancora nel mondo dei
sogni”
avevo protestato io: di solito ci svegliavamo alle sette, alle volte
sette e mezza, dato che l'università di Ingegneria
elettronica a cui
eravamo iscritte tutte e tre distava solo un paio di fermate di
metro.
“Le persone normali non hanno due
migliori amiche e non devono andare da quella mancante per fare
colazione”
“Cazzo Kris, sono le sei! Le sei! E
io non ho affatto fame”
“Vuoi diventare anoressica? No,
dimmelo. Anche se dovresti sapere che io e Spe non te lo lasceremo
mai fare, è inutile che provi a ignorare questa
realtà. Quindi,
alza il tuo bel culetto che Spe ha fatto la torta al cioccolato
morbida che ti piace tanto”
“Quella in realtà piace tanto a te”
“Vero. Ma in ogni caso l'ha fatta per
te, quindi che senso ha se non vai a mangiarla? Lo sai che ci tiene.
E tu non deluderesti mai Spe, vero?”
Grugnii qualcosa in risposta, e a
malincuore mi alzai dal letto, afferrando le mie All Star mezze
consumate dall'usura, un paio di pantacollant e una maglia lunga.
Tutto rigorosamente nero.
Kristine scosse la testa con forza e
spalancò il mio armadio, lanciandomi un abitino di maglia
rosso.
“Non puoi uscire di casa come se tu
stessi andando ad un funerale” esplicò.
“Apprezzo la tua premura, davvero. Ma
da quando in qua non sono padrona di vestirmi come voglio?”
“Il nero ti sta male”
“Non è vero!”
“Senti, quando ti vesti di nero è
perchè sei dannatamente depressa, e non ho voglia di vederti
così,
non ci riesco. Quindi fallo per me, okay?”
sussurrò abbassando lo
sguardo: da quando la conoscevo, era raro che esprimesse i propri
pensieri ed emozioni, le piaceva mostrarsi forte.
“Spe fa anche il caffè?”
“Sì, credo si sia decisa ad usare la
macchinetta con le cialde che le abbiamo regalato per Natale lo
scorso anno”
Rimasi ferma su quel pensiero:
Natale... Peter era morto il 21 Dicembre, da quella data erano
trascorsi tre giorni per l'esposizione della salma, uno per il
funerale, cinque in cui non ero uscita, e ieri era stato il giorno in
cui mi avevano costretta ad alzarmi. Per un totale di dieci giorni.
“E' già passato Natale – constatai
– oggi è l'ultimo dell'anno. E noi non abbiamo
lezione” conclusi
lasciando cadere la borsa con tutto il necessario per
l'università a
terra.
Kristine si voltò verso di me.
“Lo so. Ma so anche che il tuo Natale
non è stato proprio il massimo: insomma, avere proprio in
quel
giorno il funerale di Peter – mi guardò titubante
non appena
pronunciò il suo nome, piccole lacrime stavano tornando a
formarsi
sui miei occhi – meriti di svagarti, Annie. Meriti di fare
qualcosa
che ti permetta di lasciarti andare, di non pensare. E dato che non
hai festeggiato il Natale, e sai bene che noi sappiamo quanto tieni a
questa festa, abbiamo deciso di regalarti un Natale posticipato,
ecco. E stasera poi siamo fuori per i fuochi, anche quelli ti
piacciono, no? Dopotutto questo è il tuo periodo preferito,
durante
tutto l'anno. E invece quest'anno non hai nemmeno fatto
l'albero”
Lentamente, osservai l'enorme salotto
che si apriva davanti a me all'uscita delle stanze da letto, il
camino era spento, c'erano solo piccoli rimasugli di carbone e
ciocchi in parte bruciati, residui di prima della partenza dei miei
genitori, che erano andati in Russia per trascorrere le vacanze alle
quali io avevo rinunciato per poter passare del tempo con Peter.
Ricacciai le lacrime con forza a quel pensiero: non ero ancora
riuscita a razionalizzare l'evento, quindi era più che
comprensibile
che le mie emozioni fossero ancora così in subbuglio. Erano
una
bomba sul punto d'esplodere, ecco.
“Sai, qualche giorno fa c'era anche
la neve, se solo fosse venuta un po' prima avremmo avuto un bianco
Natale” sussurrò lei mentre scendevamo le scale:
afferrai il
portafoglio dal tavolino che si trovava all'ingresso e controllai di
avere la mia Oyster*.
Mi strinsi nel mio cappotto e avvolsi
la sciarpa coprendo anche il naso, nascondendo poi le mani in tasca:
il freddo era davvero pungente, a quell'ora.
“Sai – ruppe nuovamente il silenzio
Kristine – io e Spe abbiamo deciso di fare un brunch di
Natale, più
che un pranzo. Anche se sarebbe meglio chiamarla colazione abbondante
– io storsi il naso, sapeva che odiavo mangiare appena
sveglia,
spesso la mia colazione era misera, costituita da un caffè e
un paio
di biscotti, che spesso venivano tralasciati. Ovviamente lei
ignorò
la mia espressione – e poi Spe ha fatto un albero gigante
quest'anno, sono certa che ti piacerà”
“Già, dovrei farlo anche io, anche
se Natale è passato”
Kristine rise debolmente.
“Perchè ridi?”
“Niente, pensavo che non l'avresti
mai detto, di fare l'albero”
“Che c'entra, è pur sempre Natale –
brontolai io – e non è un Natale che si rispetti,
senza un albero
degno di questo nome, con tanto di luci e palline colorate”
“Sono contenta: anche se non te ne
accorgi, piano piano stai reagendo” sussurrò lei,
mentre salivamo
sulla metropolitana e il chiacchericcio confuso dei passeggeri pose
fine ad ogni nostra conversazione”
Arrivammo
da Spencer che erano le otto
del mattino.
La nostra migliore amica ci aprì la
porta con un sorriso e un vassoio carico di biscotti alla cannella in
mano.
“Siete in perfetto orario – ci
accolse lasciando che Triscot, il suo barboncino, uscisse in giardino
– ho appena sfornato i biscotti, sono ancora caldi. E senti
come
profumano – aggiunse poi passando il vassoio sotto i nostri
nasi –
ma prego, accomodatevi, i miei genitori sono usciti qualche ora fa,
ma non credo tornino. A quanto ne so vanno dai nonni, oggi”
concluse facendosi da parte e lasciandoci entrare per poi chiudere la
porta alle nostre spalle.
L'ampio salotto era occupato da un
tavolo basso con dei cuscini intorno, i muri erano pieni di luci
colorate che si illuminavano a intermittenza, mentre, appese sopra il
camino accesso, c'erano le classiche calze. Accanto ad esso, c'era un
enorme albero di natale, decorato con palline di ogni genere ed altri
piccoli oggetti, era davvero splendido. Ero incantata, davanti a
tutto quello sfarzo natalizio.
“Ti piace?” mi chiese Spencer
mentre afferrava la mia giacca e la mia sciarpa.
Io annuii con un sorriso.
“E' il più bell'albero di Natale di
sempre!” esclamai avvicinandomi ad esso.
Potevo sentire i sorrisi dipingersi sui
volti delle mie migliori amiche, mentre l'entusiasmo per il Natale
prendeva il sopravvento sul mio dolore: forse stavo davvero guarendo,
anche se il pensiero di quello che era successo era comunque impresso
a fuoco nel mio cervello, ma questa cosa aveva avuto il potere di
arginarlo almeno un po'.
“Buon Natale, Annie!” avevano
sussurrato consegnandomi un piccolo pacchetto. Io le avevo osservate
leggermente imbarazzata.
“Ma io non ho i vostri” avevo
sussurrato.
“Sbagli invece – mi aveva risposto
Spencer – il più bel regalo che tu possa farci,
è vederti
sorridere, vederti combattere proprio come stai facendo ora”
Dentro il pacchetto, c'era un piccolo
braccialetto, con un cuore e una piccola incisione “Ricordati
chi
sei, Hannah Wilson”
Ma dietro quelle parole c'era molto di
più, c'era il restare fedele a chi ero, il ricordarmi di
combattere
contro le avversità. Proprio come quando, da piccola,
combattevo
contro gli stupidi bambini dell'asilo perché non toccassero
il mio
peluches a forma d'orso e non lo rovinassero. Io ero quella persona,
io ero Hannah Wilson, la ragazza forte e determinata, la ragazza che
era stata amata da Peter Sullivan.
La
mattinata trascorse in fretta, verso
le tre del pomeriggio, Kristine si stiracchio per alzarsi da quei
cuscini su cui eravamo rimaste a parlare per tutte quelle ore.
“Beh, è ora di andare da Annie,
dopotutto quest'anno sta a lei, cucinare la cena di capodanno”
Io avevo sbattuto gli occhi incredula
un paio di volte.
“Temo di non avere niente in frigo”
sussurrai imbarazzata.
Spencer sorrise.
“Abbiamo fatto noi la spesa ieri. Nel
caso ti venisse fame. Ma comunque sapevamo che non ti saresti mai
ricordata che stava a te cucinare, quest'anno”
Scossi la testa con un sorriso: alle
volte dimenticavo quanto le mie migliori amiche mi conoscessero bene,
riuscivano a prevenire ogni mia mossa. E finivano comunque per
lasciarmi sempre di stucco, facendo più del dovuto, o del
necessario.
Tempo un paio d'ore, comunque, e fummo
a casa mia – Spencer si era dovuta prendere i vestiti, dato
che a
quanto pare avevano organizzato un pigiama party a casa mia a mia
insaputa. La cosa rasentava l'incredibile, sul serio. Riuscivano ad
insediarsi a casa mia con troppa facilità, ma in fondo
sapevo di
doverglielo: in due giorni avevano fatto talmente tanto per me che
non sarei mai riuscita a sdebitarmi, nemmeno in tutta una vita.
Sopratutto se contiamo che, nonostante i miei avessero saputo
dell'accaduto, non si erano degnati di fare nemmeno una telefonata.
Non che me la aspettassi, ma sarebbe stata carina, una tale premura.
Sospirai dissolvendo il pensiero e
infilai le chiavi nella serratura; un mezzo giro e la porta si
aprì.
“Kris, non avevo chiuso a chiave?”
La mia migliore amica alzò le spalle
“Non ci ho fatto caso, Annie. Comunque hai avuto fortuna, se
nessuno ti è entrato in casa”
Spencer spalancò la porta ed entrò in
casa. La osservai interrogativa: di solito era molto più
delicata,
nei gesti.
“Siamo a casa, e siamo disarmate.
Quindi se c'è un ladro è pregato di andarsene
dalla finestra: siamo
troppo giovani per morire” urlò, al che Kristine
scoppiò in una
fragorosa risata.
“Voi siete tutte matte” constatai
chiudendo la porta dietro di noi.
“Parla quella che non si ricorda che
lascia la casa aperta” risero loro. Io scossi la testa e
raggiunsi
le scale.
“Devo rifare il letto, magari anche
cambiare le lenzuola, dato che avete intenzione di insediarmi da me.
“Ti diamo una mano” risposero loro
all'unisono. Sospirai, e continuai a salire le scale fino a
raggiungere il piano di sopra.
Una volta raggiunto l'ampio salotto, mi
trovai davanti tantissime persone, la stanza era irriconoscibile,
rispetto a come l'avevo lasciata: un albero di Natale era stato
montano vicino al camino su cui ora ardeva un fuoco. Le calze erano
appese, e decori e luci erano stati attaccati alle pareti. Osservai
il tutto con le lacrime agli occhi per l'emozione.
“Buon Natale Annie, ti vogliamo bene”
esordirono delle voci.
“Non arrenderti” risposero altre,
mentre io restavo affascinata da quello spettacolo: non mi sarei mai
aspettata una cosa simile.
“Grazie – sussurrai per poi
voltarmi verso le mie due migliori amiche – voi ne sapete
qualcosa?”
Loro ostentarono una faccia angelica.
Come se non le conoscessi. Scoppiammo a ridere tutte insieme, mentre
ci stringevamo in un abbraccio.
“Il minimo che puoi fare adesso, è
offrire a tutti dello spumante” esclamò Spencer.
Ovviamente, avevano già pensato a
tutto, dato che una volta scesa al piano di sotto avevo trovato sette
bottiglie nel frigo. Scossi la testa e afferrai i bicchieri di
plastica dalla dispensa.
“Mi serve una mano con le bottiglie”
urlai diretta al piano di sopra.
Spe e Kris comparvero sull'uscio
visibilmente contrariate dal mio tono di voce.
“Ci hai quasi assordate” m'informò
la prima.
“Quante storie, voi vi siete
illecitamente introdotte in casa mia, potrei farvi causa per
questo”
“Primo, noi non ci siamo introdotte
da nessuna parte, siamo entrate con te; secondo, non potranno mai
provare che qualcuno sia entrato illecitamente: non ci sono segni di
scasso”
Constata quell'evidenza, un dubbio
attanagliò la mia mente. “Come hanno fatto ad
entrare allora?”
In quel preciso istante, Giusy varcò
la soglia, lanciando qualcosa a Kristine, che lo afferrò al
volo.
“Grazie per le chiavi” esplicò
congedandosi.
Fulminai la mia migliore amica con lo
sguardo “Hai dato le mie chiavi di casa! Ma che cavolo ti
è
passato per la testa?”
“Quante storie, sono tutte persone
che conosci”
“Ma non è questo il punto! E se si
fossero fatti delle copie?”
“Dio Annie, sei paranoica!” mi
rimbottò lei. Io alzai gli occhi al cielo, ponendo fine a
quella
discussione.
La
cena trascorse tranquilla, e verso
le undici decidemmo di uscire per passeggiare per Green Park, da
lì
si riuscivano a vedere i fuochi senza stare nella bolgia, come invece
avveniva davanti a Buckingam Palace.
“Non so come ringraziarvi, ragazze”
sussurrai mentre mi sdraiavo sull'erba piena di condensa:
fortunatamente avevamo portato qualche coperta per proteggerci dal
vento pungente, io me la avvolsi intorno al corpo, così che
mi
proteggesse anche dal suolo ghiacciato.
Le mie amiche mi imitarono, sedendosi
al mio fianco: ora che le osservavo con attenzione, potevo dire con
certezza che erano qualcosa del tipo la mia coscienza sotto forma di
persona, Spencer era l'angelo, la mia parte buona, mentre Kristine
era, senza ombra di dubbio, il piccolo diavolo, la parte decisamente
poco incline a tutto ciò che si chiamava rispetto della
privacy, e
tutto il resto. Non che fosse cattiva, ma diciamo che aveva un
carattere forte.
A pensarci, stavamo bene insieme, un
trio ben assortito, nonostante tutto.
“Tre, due, uno” sussurrarono loro
insieme.
“Buon anno!” ci augurammo mentre
stappavo la bottiglia di spumante: era nostra abitudine che fosse
quella che teneva la cena, a stappare la bottiglia.
Il tappo volò addosso a gruppetto di
cinque ragazzi, colpendo quello che stava al centro.
“Che mira di merda, Annie!” rise
Kristine.
“Vatti a scusare” si premurò
Spencer, che probabilmente stava pregando tutti i santi che conosceva
perché quei cinque non fossero cattive persone.
A malincuore, mi alzai dalla mia
postazione, lasciando loro la bottiglia – “Non
bevete senza di
me, eh!” mi raccomandai – e mi avvicinai al
gruppetto.
“Scusate, per sbaglio vi ho colpito
col tappo della mia bottiglia” dissi rivolta al ragazzo
riccio che
si stava massaggiando la testa. Gli altri risero.
Sospirai.
“Se volete vi offro dello spumante
per farmi perdonare”
Il riccio sorrise, smettendo di
toccarsi.
“Okay, ma non mi basta” esordì.
“Scusa?” chiesi io sgranando gli
occhi, convinta di non aver sentito bene.
“Ho detto che non mi basta: voglio
anche sapere il tuo nome”
“Hannah Wilson, per gli amici Annie,
ora sai a chi inviare il preventivo per eventuali danni”
Lui rise: non potei fare a meno di
notare che la sua risata avesse un bel suono.
“Non è per quello, è perché
volevo
sapere il nome di una ragazza tanto sbadata da colpire qualcuno con
un tappo di spumante: non ti hanno insegnato che ci sono modi
migliori per cercare un approccio?”
Gli altri risero ancora più forte, io
sgranai gli occhi incredula.
“Sinceramente, se mai dovesse
arrivarmi una fattura a casa, provvederò a testimoniare che
il tuo
cervello era già danneggiato prima di conoscermi”
sbottai
infastidita.
“Per quello che ne sai, potresti
averlo appena danneggiato tu” sussurrò lui.
Io evitai di ribattere: mi avevano
insegnato a non dare spago ai palloni gonfiati, e lui mi sembrava
appartenere a quella categoria, probabilmente ne era il massimo
esponente.
“Guarda, ti offro lo spumante solo
perché sono una donna di parola – biascicai
tornando verso le mie
amiche – abbiamo ospiti” le informai contrariata.
“Mi sembra il minimo, offrire loro
dello spumante dopo avergli tirato un tappo in testa”
esclamò
Spencer, contenta della mia decisione.
“Si può sapere almeno i loro nomi?”
sussurrò Kristine acidamente: sicuramente non era dello
stesso
avviso della nostra amica.
“Harry – si presentò il
riccio-pallone-gonfiato – loro sono Zayn –
indicò il ragazzo
alla sua desta, che aveva la pelle ambrata e gli occhi scuri
– Liam
– aggiunse indicando un ragazzo con una voglia di cioccolato
sul
collo – Niall – passò a indicare alla
sua sinistra un ragazzo
biondo, che non la finiva più di ridere – e
Louis” concluse
indicando l'ultimo, che stava accanto a Niall.
“Io sono Spencer, la rossa acida è
Kristine è l'altra è....”
“Annie, lo sappiamo” la interruppe
Harry.
“Annie per gli amici, e tu non
rientri nella categoria” lo rimproverai io, guadagnandomi
un'occhiataccia da parte di Spe, che prima sembrava entusiasta della
mia premura nel presentarmi. Come se fossi maleducata, io!
“Io acida? – sussurrò a Kris,
visibilmente oltraggiata – Io non sono acida, lo sono con chi
se lo
merita”
Almeno su questo, io e lei eravamo
concordi: quei tipi di meritavano la nostra ostilità.
Spencer ignorò le occhiate d'intesa
che io e Kristine ci stavamo rivolgendo, e verso lo spumante nei
bicchieri di plastica, che poi passò a tutti; quando ognuno
ebbe il
proprio bicchiere, si alzò in piedi.
“Buon anno” esclamò alzando il
proprio “Cin Cin”
Io e Kris ci rivolgemmo un'ultima
occhiata d'intesa, prima di fingere di essere inciampate nelle
coperte, e rovesciare il nostro spumante addosso ai ragazzi.
Ovviamente, per rendere la cosa credibile, io spinsi anche Spe,
costringendola a fare lo stesso.
“Ops, scusate – celiammo cercando
di nascondere i nostri sorrisi soddisfatti – siamo inciampate
in
queste coperte”
Ostentammo un'aria dispiaciuta,
sperando di far incazzare quei ragazzi, che invece non ci diedero
soddisfazione.
“Può capitare – mormorò il
primo
osservando la chiazza sul proprio petto e riuscendo anche a stupirmi
per la maturità dimostrata – se quelle coperte
sono così
ingombranti, dovreste toglierle, prima di fare altri danni”
Appoggiò il proprio bicchiere per
terra e si avvicinò a me, guardandomi negli occhi:
lentamente le sue
mani si poggiarono sui miei fianchi, percorrendone il profilo, e
lasciò scivolare la coperta, che cadde a terra.
“Ecco fatto, ora possiamo brindare”
sussurrò sul mio viso, mentre un sorriso sghembo gli
compariva sul
volto.
Scossi la testa per reagire, i suoi
occhi verdi mi avevano ipnotizzata.
“Potevo farlo anche da sola”
“Lo so, ma avevi le mani occupate”
Sbuffai, trattenendomi dal ribattere e
versai nuovamente lo spumante nel mio bicchiere, facendo lo stesso
con Kristine.
Spencer mi guardava interrogativa.
“Buon anno” esclamai io
visibilmente infastidita da quegli sguardi indagatori, per poi bere
dal mio bicchiere.
Ora sono undici giorni, un nuovo
anno senza di te, pensai.
*è la tessera che funziona come un abbonamento settimanale o mensile per la metropolitana e/o gli autobus.
Salve!
Ed ecco anche il nuovo
capitolo. Sono in ritardo, lo so.
Non mi ucciderete per questo, vero? Il fatto è che sono
stata mostruosamente impegnata.
BTW, vi abbandono, perchè sinceramente non so cos'altro dire.
Un bacio,
-J