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Autore: freak Nation    23/08/2007    5 recensioni
L'amore fa male a volte... e ci sono momenti in cui bisogna smettere di tenersi tutto dentro... bisogna lasciarsi andare e piangere... Alec/Max/Logan... spero vi piaccia. Mi farebbe tantissimo piacere se commentaste, anche critiche... giusto per avere opinioni.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alec, Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rose nere Prologo

La cantina era immersa nel buio; l’oscurità a tratti squarciata dalla luce dei lampioni che , debole, penetrava dalla grata sopra la scaffaliera di metallo. La stanza era avvolta dal silenzio, il solo rumore che sentiva di poter sopportare.
Casa, Rifugio, questo era per lui quella cantina umida e sporca: ogni volta che si sentiva vuoto e perso e stanco scendeva le scale, sedendosi sul freddo pavimento di metallo e lasciando che il suo senso di smarrimento fluisse nel buio.
Lì, nell’ombra di una parete, una pianta di rose rampicanti correva verso la luce, verso la vita. Com’era strano che dai veleni che ristagnavano nel terreno di Terminal City fosse nata un così stupefacente, meraviglioso essere.
I fiori neri erano solcati nell’interno da sottili striature di bianco vivido e non avevano spine; eppure il loro profumo risultava mortale per qualsiasi umano normale, per qualsiasi persona che non abbastanza forte da sopportare la loro inebriante bellezza.
Lo squillo del telefono fu come un tuono sul fiume dei suoi pensieri.
-Qui Alec, dimmi tutto…MAX?!Cosa?Si, bene, arrivo subito.


                                              Rose Nere

L’ospedale era sporco, affollato. Le luci al neon creavano un’atmosfera statica, surreale e i lamenti dei malati in sottofondo non rendevano di certo più piacevole quella visita. La stanza era alla fine del corridoio, l’unica al momento riservata ad una sola persona, un lusso che solo le potenti amicizie di Logan Cale potevano giustificare. Lei era in piedi, dava le spalle alla porta ma Alec non pensava di poter entrare  senza che lei se ne accorgesse, non ci avrebbe provato neppure. Nel centro della camera c’era un lettino e lì era disteso lui, pallido e incosciente, come morto. Lei lo fissava senza lasciarlo un secondo, non sembrava nemmeno respirare, quasi pensasse che solo l’intensità di quello sguardo potesse mantenerlo in vita. Alec rimase solo un momento vicino al vetro della parete, ad osservarla; poi decise di entrare.

I suoi occhi lo assalirono con  mille domande diverse , lui sapeva esattamente cosa volevano chiedergli.
- E’ tutto apposto, non preoccuparti!Verranno tra poco a fargli la trasfusione e il dottorino lì fuori dice che siamo ancora in tempo- un sorriso forzato, per calmarla. Leggerezza sul viso, solo per lei.
Max sembrò sollevata, la calma, la sicurezza tornavano al loro posto.
-Grazie…davvero Alec, io…
-Tu non sai che dire, tu mi sei debitrice eccetera eccetera. Si, lo so evitiamo di perdere tempo.- la fissò un attimo, poi distolse gli occhi- Ora ti lascio al tuo lui, non contagiarlo troppo che il mio sangue non è infinito sai??Io non sono la vostra cura miracolosa.
Si girò verso la porta, doveva andarsene di lì: aveva detto troppe cose, aveva esposto troppo di se.
-Perché dici questo??-la voce di lei era rovente e gelida al contempo, mille pugnalate nella sua schiena
Non si voltò.
-QUESTO cosa Max??
Lei gli venne vicino, appoggiandogli una mano sulla spalla.
- Non toccarmi!!Non farlo!-come era difficile scostarsi da lei
-Cosa c’è che non và in te?- un sussurro alle sue spalle, il fragore di mille tempeste nella sua mente.
-Vuoi davvero sapere cosa non và in me??-rabbia, e ancora, e ancora –No, non credo tu lo voglia.
Lei sembrava sorpresa… toccata.
- Tu non capisci, vero Max??
Una lacrima, poi due e i suoi occhi non volevano smetterla, una mano gli stringeva in pugno il cuore, che sembrava voler smettere di battere.
-No…non riesci proprio a capire…-e così era arrivato il momento,  la sua anima non sosteneva più quel peso  -perché hai detto a Logan che avevamo una storia Max??
Fu come se l’ avesse colpita con un pugno.
-Che stai dicendo Alec?Credevo di avertelo detto…non posso più rischiare che…
Parole parole parole, non poteva più ascoltare, la sua anima gridava BASTA!
-    Ma perché me??Perchè me?Diavolo, non capisci quanto questo mi faccia…
La comprensione si accese negli occhi di Max e con essa …dolore?Rimpianto?
-Ti faccia soffrire…è questo che stai tentando di dirmi non è vero?
Solo un sorriso, perché non riusciva più a parlare; Un sorriso, perché avrebbe voluto ridere di se stesso.
-Alec…
-Perché mi fai questo Max? Quando sono con te  mi viene voglia di fuggire, eppure ogni attimo in cui ti sono lontano sto male.
Adesso non poteva più fermarsi.
-Ogni secondo è gioia pura e dolore profondo; ogni momento è velato di una malinconia che uccide.
Lei sembrava voler parlare ma lui non poteva permetterglielo, non poteva sentire la sua voce.
-No, non dire niente, non ora ti prego!!Non posso sentirti, non posso vederti, non ce la faccio capisci?La tua sola presenza…
Ora le lacrime erano un fiume incessante sul suo volto, il suo cuore tremava, il suo spirito era crollato .
Il suo sguardo si posò sul lettino,dove Logan respirava lentamente, silenzioso, come se fosse stato davvero cosciente di quanto gli accadeva intorno. Ancora una volta, l’amarezza che gli trapelava dalla voce era più forte del dolore.
-Lui- e quanta forza c’era in quella singola parola- lui è davvero così importante per te?Anche ora, disteso incosciente su quel letto?
E la fisso negli occhi, profondamente, fino a scrutarle il cuore.
- Soprattutto ora Alec!E se non riesci a capire questo…-lei non finì la frase, ma non ce n’era bisogno.
-Se non capisco questo,Max-e in questo nome c’era tutta la sua rabbia- non posso capire altro non è vero?
Silenzio…per un attimo solo il silenzio riempì quella stanza illuminata al neon, poi…
La porta non sbatté alle sue spalle, e le scarpe non sembrarono fare rumore, mentre camminava calmo per i corridoi dell’ospedale, ma i segni delle lacrime erano chiari sul suo volto, come ferite ancora fresche.

Seduto sulla torre, con gli occhi immersi nelle mille luci di  una Seattle che faticava ad addormentarsi, Alec capiva finalmente cosa Max amasse di quel luogo – come fosse bello lasciare che i propri pensieri scorressero via nel vento, dando al cuore un po’ di riposo.
Avvertì i passi di lei sul ferro poco prima che il suo profumo gli stuzzicasse i sensi, ma rifiutò di voltarsi ;o forse era troppo debole per farlo. Max gli si sedette accanto senza dire una parola ma la sua presenza non era più abbastanza per consolarlo e l’odore dei suoi capelli gli faceva male più di mille parole roventi. Lei lo stava guardando, non  c’era bisogno di voltarsi per saperlo; lo fece lo stesso, non poteva fare a meno di incontrare i suoi occhi, il desiderio di perdersi nella profondità di quello sguardo, forse per l’ultima volta, era troppo forte e lui era un debole, lo era sempre stato.
In un angolo della città, qualcuno iniziò a suonare. Le note del piano, così dolce e delicato, difficilmente sarebbero arrivate alle orecchie di un normale umano, soccombendo ai rumori della notte; ma i due accovacciati sulla torre non erano certo normali, e il suono gli arrivò chiaro e pulito , come se il pianista stesse suonando per loro. Stranamente, proprio in quel momento Alec si ritrovò a pensare che erano più simili agli umani di quanto avesse mai creduto, almeno nella sofferenza…e nell’amore.
E, ancor più stranamente, Max scelse quel momento per iniziare a parlare
- Non so bene che dire ma…
Lui sorrise , forse davvero.-Allora non dire niente, non ce n’è bisogno.- girò la testa verso il vuoto- Sono uno stupido, questo l abbiamo sempre saputo.Semplicemente stasera  sono stato più stupido del solito, ecco tutto.
Lei gli venne più vicino, lentamente quasi avesse paura di scottarsi- Si sei stupido.
E i loro occhi si incontrarono ancora, così vicini, davvero vicini…Alec non potè fermarsi,e quando le loro labbra si toccarono gli sembrò di essere tornato a vivere per la prima volta da tanto, tanto tempo; ma poi la senti irrigidirsi tra le sue braccia e la realtà tornò a schiacciarlo più pesante di prima.Si stacco da lei con uno scatto e si fermò a fissarla: non c’era rabbia sul volto di lei, solo stupore e…pietà??Dio, fai che quella non fosse pietà.
- Mi dispiace io…-le parole gli uscirono a fatica dalla gola, tutta la forza se n’era andata insieme alla luce.
Ora lei guardava a terra, non più nei suoi occhi, ma non si aspettava di più e la voce che usci da quelle labbra era così dolce, dolorosamente dolce.
-Alec, io… vorrei che potesse esserci qualcosa ma…- lui si era seduto ancora una volta mentre lei era in piedi, lontana da lui ormai-Tu sei come un fratello per me sai?Avrai sempre un posto nella mia vita e..nel mio cuore.
Ora si era chinata vicino a lui e quando lo strinse tra le braccia, Alec non potè fare a meno di piangere, ancora una dannatissima volta.
-    Mi dispiace Max io…
-    Non fa niente Alec , non fa niente
Stettero così ancora per un po’, lui che piangeva sulla sua spalla, lei che lo stringeva a se. -Ti voglio bene Alec!- solo un sussurro nel suo orecchio, eppure riempì l’aria come il grido di una tempesta.
Lei si alzò lentamente e se ne andò, senza voltarsi indietro, lasciandolo seduto lì, a singhiozzare nella notte.

Epilogo

La notte di Terminal city non era tano buia per una volta, il fuoco di un palazzo in fiamme la illuminava a giorno. Seduto poco lontano, Alec osservava le fiamme consumare ciò che lui aveva chiamato casa: non aveva rimpianti, andava fatto; in fondo tutto ciò che era importante per lui era fuori da quella cantina, e non sarebbe bastato il fuoco a cancellarlo.
Mentre si allontanava dalle fiamme c’era un seme nella sua tasca, e ,ancora una volta, dal veleno sarebbe sbocciato qualcosa.
  
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