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Autore: Fed    02/02/2013    3 recensioni
"La stanza ride, ride di te. Ride perché lo sa che non puoi urlare, se nessuno ti sente.
- Come si fa ad essere? [...]
- Ti ucciderei, se potessi."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Litanialatria 


 
 
-         Ah! Che sole enorme!
Sedevamo vicine stringendo tra le mani ciuffi d’erba.
 



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Cos’è successo? Chi è là?
Qui balla tutto.
 
Nonostante l’ansia che ti svuota lo stomaco e ti fa gracchiare la voce, sei piuttosto certa che si tratti di un compito facile da terminare.
Ti guardi intorno, trasognata e lucida ad un tempo, studiando con poca attenzione la luce che ti cade addosso nel biancore gelido di quella stanza vuota. Tutto è fermo e si muove insieme – qui balla tutto! – e sei già certa che le vertigini non si calmeranno quando ti metterai a sedere.
 
Ma ti metti a sedere lo stesso.
Qui c’è una certa logica – ti dici – se non la segui va a finire che dura tutto più a lungo.
 
Ed è quando capisci che il tuo vestito bianco si sporcherà che le finestre cominciano a chiudersi.

 

 
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-         Dov’era il tempo quando ero certa che esistesse?
-         Dipende da cosa vedevi.
-         Dormivo, mi dissero, tra soffi di vento di una radura nel bosco.
-         Il bosco. Il bosco. Era lì il tempo.
 
Non mi davi l’impressione di sapere davvero di cosa stessi parlando. Scossi la testa sconsolata prima di iniziare a fischiare una nenia da balia; tu mi sbirciasti di sottecchi e sbuffasti, contrariata.
 
-         Però era un bel sogno, quello.
-         Non ne eri convinta.
-         Nessuno lo è mai, di fronte al bello. Eppure sapevo sarebbe stato importante, ne ero così certa che al risveglio chiusi gli occhi e ripercorsi il sentiero al contrario per poterlo ricordare più a lungo.
-         Non stai parlando del bosco.
-         Ma, in fondo, cos’è un bosco?
 

 
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Qui balla tutto e ti lasci trascinare.
È come una danza con un compagno scoordinato e vivace, che salta e gira e salta e gira. Si preoccupa per te mentre ti prende in giro, vorresti cullarti nel senso d’abbandono per vedere se è poi così terribile sbagliare.
 
Ma non sbaglieresti, non c’è nessuno qui. Sai che gli errori sono tali solo se arrivano a sfiorare il prossimo.
 
Cos’è il prossimo?
Qui balla tutto.
 
L’aria adesso s’è fatta pesante ed il tetto scricchiola di disappunto, come schioccando la lingua per redarguirti sulla tua scarsa operosità. Chini il capo e parli alla stanza.
 
-         Smetterai mai di ballare?
 

 
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-         Ascolta, ascolta!
-         Ti ascolto, se parli.
-         No, ascolta il resto! Non senti? Non senti che c’è un’energia tutt’intorno? Un canto unico, un’unica danza che percorre il mondo e ne lega le creature con un nastro rosso!
-         Ti piace davvero quella leggenda.
-         Perché no?
 
Perché no? – ripete la mia mente per me.
Che strana la voglia che va via quando si comincia ad andare!
 
-         Ma tu sei mai andata?
Ti ucciderei, se potessi.
-         Sei mai andata?
 


 
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-         “Io crederei solo ad un dio che sapesse danzare.” 1
Dice la stanza ed ora hai paura.
 
Non hai mai saputo ballare e qui balla tutto.
Chieditelo, dov’eri quando gli altri imparavano? Dov’eri quando gli altri ridevano?
Le mani ti tremano, muovi una gamba sempre più velocemente, in un tic nervoso che sa di quella follia che tanto idealizzavi quando il cielo si riempiva di ricordi.
 
-         Ricordi di cosa, poi!
Ti sputa addosso la stanza e ride, ride di te. Ride perché lo sa che non puoi urlare, se nessuno ti sente.
 
-         Come si fa ad essere?
Chiedi allora alzandoti di colpo e pestando i piedi., sperando che il pavimento ne soffra.
-         Come - si - fa!? Dimmelo! Che tu sia dannata, tu e le tue pareti bianche, tu e le tue finestre chiuse! Cosa ne sai tu della nostalgia che provoca la rabbia?
 
-         Cosa vuoi che ne sappia.
Dice lei dopo aver sghignazzato. Ti senti osservata e stupida, mentre tutto balla.
-         Io sono solo una stanza.
 


 
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Ora so dove penso di essere.
Mi chiedo se mi sentiranno cadere, ma la tua espressione turbata mi risponde che non accadrà.
 
Cosa sei tu?
Perché te ne stai aggrappata al mio stomaco? Non mi piace affatto doverti inseguire pur di farti felice, non mi piace affatto ascoltarti e consentirti di farmi cadere ogni volta.
 
-         Ma ti è necessario.
-         Cosa non lo è?
-         Non giocare con me, so che usi le parole per fingere empatia e distacco. Le usi per dirti bugie così grandi che hai smesso di conoscerti prima di capire che ero io a guidare questo gioco per te.
-         Alcune cose le ho scelte.
-         Sei sempre stata troppo fortunata.
-         Alcune cose le hai scelte tu.
-         Smettila di lagnarti. Prima o dopo dovrai pur crescere.
 
Ti osservo, curiosa.
 
-         Crescere? Così?
-         Crescere, andare. È indifferente il come.
-         Ti ucciderei, se potessi.

 

 
_____________________________ 

 

La stanza smette a poco a poco di ballare e già ti accorgi di rimpiangere il movimento, in tutta questa stasi.
 
Hai terminato il tuo compito ed il pizzicore si è impadronito delle tue dita sporche.
Di nuovo.
Ti lasci andare ed i rumori ti entrano dentro lentamente, fino a diventare suoni comprensibili per il tuo cervello annegato dal biancore.
 
È sorridendo che ti accorgi che il vestito è quasi da buttare.

 


_____________________________ 

 

-         Ti ucciderei.
 
Scoppi in una risata di schegge e corteccia. Se non sapessi chi sei, ti scambierei per un Yggdrasill malato e crudele.
-         Ci hai provato. Ci provi in continuazione. Più tu ci provi, più io ti divoro.
 
 
 
Mi piacerebbe abbandonarmi al vento e agli steli d’erba ruvida ed umida che mi riempiono le mani, ma so che basterebbero dei passi a strapparmi via di qui ed ho paura di quanto riusciresti a ridere di me.
 
-         Ah! Che sole enorme!
Fai tu con una voce da ragazzina, scoprendo i denti da Ermione.
-         Ti fa ancora paura?
 
 
 
 
 
 

1 F. Nietzsche

  
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