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Autore: heygiuls    02/02/2013    3 recensioni
Tratto dal capitolo 13:
“Ma non pensi che sia difficile? Cristo, io vorrei ripartire da zero ma ormai questa cosa mi segnerà per sempre, temo! Tu non capisci...” urlò ancora lei. Avrei solo voluto abbracciarla e dirle che tutto sarebbe andato bene, ma non era così. Sarebbe stato difficile. E doloroso. Ma io avevo bisogno di ricominciare.
“Si che capisco! Sai quante cazzo di volte nella mia vita ho dovuto ricominciare da zero?!? Sai quante cazzo di volte il mondo mi è crollato addosso?! E sai che non c'era nessuno a risollevarmi?!” mi ritrovai ad urlare ed a riaprire tutte le mie vecchie ferite, con milioni di immagini che mi balenavano nella mente “Ma tu non sei sola. E anche se mi odi, anche se solo una brutta influenza, anche se non sono il fidanzato dell'anno... io sono qui, e ti amo. E ho cercato più volte di nascondermi dietro maschere e bugie, ma io ti amo. E basta.” conclusi mentre ero in preda a risate isteriche.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Chapter 1 - The beginning.

Tutto era successo in modo così veloce che neanche io sapevo come potevo trovarmi in camera sua, nuda, nel suo letto, abbracciata a lui.

Ma cerchiamo di partire dall'inizio.

Vacanza, sole, mare, crociera. Bel contesto. Lo avevo conosciuto il giorno stesso in cui ero imbarcata nella nave con i miei genitori e il mio piccolo fratellino ficcanaso. E fin da subito avevo sentito non solo le farfalle, ma tutto lo zoo nello stomaco. Il suo sorriso da film hollywoodiano, il suo fisico scolpito, i suoi capelli castani... era troppo per me, fin dall'inizio. E forse sapevo già come sarebbe andata a finire.

Si chiamava Riccardo. E paradossalmente avevo sempre odiato quel nome, fin da piccola. Il fatto è che io odiavo la sua sostanza. Il suo essere così bello e dannato, l'aria da playboy, i pettorali sempre in mostra, le occhiate ammiccanti... incarnava tutto ciò che da sempre avevo cercato di evitare.

Non sono una tipa facile, lo ammetto. Anzi. Ho sempre detto che si deve sapermi prendere, ma in più casi della mia vita mi sono autosmentita. La verità è che non so neanche io come sono fatta. Ci sono casi in cui un paio di cuffie mi salvano la giornata, e altri in cui odio tutto e tutti senza un motivo preciso.

Ma torniamo a lui. La mia prima impressione era stata di odio, quasi palpabile. Ma poi.. poi non so che cazzo di ha fatto.

Piacere.” mi aveva detto. Senza neanche dire come si chiamava. Mi aveva fatto un sorriso che era tutto un programma. E io ero stata li ferma come una statua di cera (ci mancava poco che mi sciogliessi infatti) a sorridere inebetita.

'Brava Giulia, fatti incantare dalla falsità in persona.' mi ero detta. Ma se lui era incantevole io in effetti non ne avevo colpa.

Avete mai provato odio misto ad attrazione fisica mista ad amore? Beh, io si. E mi odiavo per questo. Ma se l'amore è spesso cieco, i miei occhi ci vedevano benissimo.

Piacere.” gli avevo risposto dopo forse cinque minuti, o cinque ore non ricordo bene.

Fatto sta che la mia timidezza cronica quel giorno decise di nascondersi sotto il letto, per lasciarmi sola con una spudoratezza che mi era più che estranea. Ma ancora non sapevo che quei giorni di crociera mi avrebbero cambiata. Se non per sempre, almeno a lungo termine.

Tutto procedeva così velocemente che avevo voglia prendere ogni orologio a portata di mano e spaccarlo, per fermare quel tempo che scorreva così inesorabilmente veloce, senza darmi possibilità di capire cosa mi stava succedendo. A momenti mi accorgevo di essere seduta sopra di lui e di avere tante persone mie coetanee attorno, ridendo per qualche stupida battuta detta da qualcuno. Poi mi accorsi che ero simpatica a tutti. Io? Simpatica? Il mio cervello stava andando a farsi fottere.

Parlavo e la gente rideva. In effetti ora che ci penso era come se fossi ubriaca, anzi no, brilla. Perchè ricordo tutto, ma è come se a farlo non fossi stata io. Ricordo che insegnai ad alcune ragazze un balletto, che poi ballammo tutti insieme (maschi compresi) e ridevamo, ridevamo come scemi. Tutti. Ed era come se quelle ragazze fossero le mie migliori amiche d'infanzia.

Ricordo le foto, tante, troppe. E la cosa sorprendente è che ridevo in ogni fottuto scatto. Ridevo, e sembravo pure bella. Io? Bella? 'Ma dove vuoi andare?' mi diceva il mio cervello. Ma non ero io. Ero una io più estroversa e simpatica e bella e con un ragazzo che non faceva altro che starmi appiccicato. Una io rivisitata. Una io migliore. E lui mi rendeva così, lui mi rendeva migliore. E mi odiavo per questo. Mi odiavo per l'essere dipendente da un ragazzo. Io, che l'unica dipendenza che avevo era quella per il mio ipod.

Poi arrivò la sera, e mi sembrava che fossero passati solo cinque minuti da quel 'Piacere'.

Ricordo vagamente la discoteca, quel mondo che amavo. Ecco, c'è una cosa sola che dovete sapere su di me: io in discoteca mi trasformo. Divento la più scatenata versione di me stessa. E quando ero con lui era come se quella versione 'disco' si fosse impossessata di me costantemente.

Ragazzi, ci vediamo domani mattina, noi andiamo ora.” ricordo che disse.

'Noi?' pensai. Io e lui? Io e lui eravamo un noi?

Si, ci vediamo domani!” ricordo che urlai io per sovrastare la musica. Che cazzo stavo facendo? La vecchia me si sarebbe messa a ridere e si sarebbe passata con classe (ok, forse senza tanta classe).

Lui mi stava portando fuori dal posto dove mi trovavo più a mio agio in tutta la mia esistenza. Fuori dalla musica. Fuori dalla gente che balla. Per andare dove, poi?

Prendemmo l'ascensore, ricordo.

Lo sai, sei molto sexy.” disse.

Anche tu non scherzi.” dissi io. Ma era come se la voce uscisse dalla mia bocca senza che io dessi l'autorizzazione.

E poi ricordo i baci, passionali, tra il piano 12 e il piano 3 (dove suppongo ci fosse la sua camera). Ricordo le sue labbra che mi chiamavano con una voce suadente e muta. E ricordo che le mie non resistevano al richiamo. Ricordo le lingue intrecciarsi come in una danza provata mille e mille volte.

Ricordo che arrivati alla porta della sua camera chiesi se i suoi non c'erano.

Amano la vida loca, non torneranno prima delle 5.” disse lui fra un bacio e l'altro.

Ricordo che una volta dentro mi staccai dolcemente (almeno così mi sembra da lui) e diedi un'occhiata in giro. Cercavo una possibile traccia femminile, credo. Forse la mia parte razionale non era del tutto scomparsa, forse non era del tutto perduta. Il punto è che non trovai quest'ipotetica traccia.

Prima che potessi girarmi delle braccia mi avvolsero la vita e delle labbra si fiondarono sul mio collo.

No, il collo no.

Oh dio si, il collo si.

Aveva beccato il mio punto debole e anche la più piccola parte di me si rese conto in quel preciso istante che da quel momento in poi avrei fatto qualsiasi cosa lui mi avesse detto di fare. Ero sua, in ogni senso.

Mi girai e dal collo le labbra salirono fino ad incontrare di nuovo le mie, bramose come di una droga. Una droga che non fa male.

Ricordo che per un momento lui fermò il bacio prendendomi di sorpresa. Mi guardò negli occhi e io suoi mi apparsero così tristemente vuoti che soppressi un attacco di pianto. Poi guardò le mie labbra e si morse le sue. Sentivo il desiderio dentro di me che correva come un animale che caccia la preda, anzi forse più veloce. Mi guardò di nuovo negli occhi e un decimo di secondo dopo mi baciò.

Mi sentii morire, dentro e fuori. Non era un bacio come quelli a cui ero abituata, quelli che velavano la frase 'ti posso spogliare?'. Era un bacio lento, straziante. Era un bacio tenero, dolce, vero. Ma durò poco. Sentii una sorta di rimorso in lui che tentò di nascondere, ma io la percepii.

Ricordo che si tolse la maglietta e io persi dieci anni di vita. Mi si mozzò il fiato, neanche fossi una bambinetta arrapata che guarda le foto dei ragazzi nudi su internet. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che lui mi faceva provare cose che non avevo mai provato prima e che non avrei mai immaginato di poter provare. Gettò la maglietta per terra e scaraventò me sul letto.

Di nuovo affondò la testa sul mio povero collo e ricordo che pensai di essere in paradiso, pensai che quello non poteva essere vero, pensai che fosse una sorta di premio per tutto ciò che avevo passato nella mia vita.

Le scarpe..” sussurrai, così piano che credetti che non mi avrebbe nemmeno sentito.

Lui sorrise divertito e si chinò a togliermi le scarpe.

In quel momento credetti di stare per svegliarmi da un momento all'altro, perchè nessun elemento di sesso maschile presente sulla terra si sarebbe mai chinato a togliere un paio di tacchi ad una ragazza. Nessuno. Ma lui si. Fu lì che mi accorsi che forse non era umano, era un angelo.

Lanciò le mie scarpe via e in un altro momento lo avrei ucciso, perchè quelle scarpe costavano un culo di soldi, ma ora non me ne importava nulla.

Si riavventò su di me che non aspettavo altro.

Ricordo che le sue mani esploravano il mio corpo con dolcezza ma anche con desiderio, istinto. Ricordo il suo tocco sulle mie cosce. Ricordo che mi sfilò il vestito e che rimasi quasi nuda di fronte ai suoi occhi.

Non potevo più controllare nulla di me stessa, ne la voce ne tantomeno i movimenti. Per cui osservai impotente me stessa che gli slacciavo la cinta e i pantaloni che scendevano giù, per poi essere gettati anche loro nel pavimento.

Ricordo che da li in poi fu piacere. Immenso piacere. Ricordo che cercai di pronunciare il suo nome con tono sexy, ma l'unica cosa che ne uscì fuori fu simile ad un urletto da film porno.

Ricordo che mi slacciai da sola il reggiseno, ormai tessuto inutile e superfluo. Il suo tocco sui miei seni era come bollente e nonostante ci fossero 35° anche senza fare sesso, ricordo che ero dipendente dal suo tocco.

Ed ogni volta che affondava le labbra nel collo i brividi avvolgevano tutto il mio corpo, come se quelle labbra fossero state create solo per baciare il mio collo e nient'altro.

Ricordo che pian piano le labbra scendevano, percorrendo tutta la mia intera figura.

Spalle, seno, pancia e più giù...

Ricordo che pregai non finisse mai. Ricordo che gemetti di piacere, ricordo che gemette anche lui (non chiedetemi perchè), ricordo che sembrò una cosa infinita e che lui non smetteva mai di baciarmi, ovunque.

Ed ora ero lì. Nel suo letto, nuda, abbracciata a lui. Nessuno dei due dormiva ed entrambi lo sapevamo perfettamente. Ero accovaccia e gli davo la schiena e lui aveva un braccio a cingermi e l'altro sotto il cuscino con la mano intrecciata alla mia. Continuava a darmi baci occasionali nel collo (doveva aver capito che era il mio punto debole).

Qualcosa non va?” mi chiese con voce premurosa e per la prima volta lo sentii più vicino di quanto fisicamente non fosse già.

Va tutto bene.” risposi cercando di mantenere un tono deciso, senza successo.

Mi fece girare in modo da essere faccia a faccia. Era bellissimo. Più di quanto non mi fossi accorta durante tutto il giorno. E ad un tratto realizzai che ero andata a letto con un tipo conosciuto quella mattina. Era devastante per la mia dignità, ma non riuscivo a pentirmene.

Mi guardò di nuovo come per chiedere ancora spiegazioni.

Le nostre mani sotto il cuscino erano sempre incrociate, avevo una gamba su di lui e l'altra distesa nel letto. L'altra mano era sempre incrociata alla sua, senza intenzione di lasciarla andare. E i suoi occhi erano fissi nei miei.

È solo che io non sono così.” esordii “Io non vado a letto con un ragazzo conosciuto la mattina. Io non sono una ragazza così facile. Io non so cosa mi stai facendo. È come se da stamattina tutto corresse alla velocità della luce, io non ci sto capendo più nulla.” conclusi espirando rumorosamente e mandando indietro le lacrime. Ecco che la parte emotiva di me tornava a farsi sentire.

Non sostenni più il suo sguardo e abbassai la testa.

Perchè secondo te io sono così? Io non mi porto una ragazza a letto dopo poche ore. Non sono così. Ma tu sei strana. Tu mi guardi come se non fossi reale. E questa cosa mi fa uscire fuori di testa. E nonostante io sappia che ho fatto una stronzata, non riesco ad essere pentito.” rispose lui.

Sentivo il suo sguardo su di me, ma non riusciva ad alzare la testa, non riuscivo a guardarlo.

Io so solo che tu mi fai un effetto strano, su tutto.” riuscii solo a dire dopo un po'. Mi costrinsi a guardarlo negli occhi.

Lo sai cosa è strano? Che io non ho intenzione che tu te ne vada dal mio letto. Io voglio che tu resti. E non mi è mai successo.” mi sussurrò lui tristemente.

Io non me ne voglio andare.” credetti di averlo solo pensato ma realizzai di averlo anche detto, a lui.

Restò a guardarmi indeciso se sorridere o no, poi si chinò a baciarmi, ancora.

E riconobbi immediatamente quel bacio. Come quello prima di spogliarmi. Come quello prima di iniziare quella bellissima cosa chiamata sesso. Quel bacio dolce che non mi ero dimenticata. Solo che adesso non c'era rimorso. Non c'era il bisogno che ciò finisse.

Rimanemmo così per non so quanto tempo. Ore, minuti.. indifferente.

Poi ad un tratto guardai l'orario e mi resi conto che era tardi, troppo per i miei genitori.

Devo andare.” sussurrai impotente.

Immaginavo.” rispose lui sorridendo.

Mi alzai incurante del fatto che fossi nuda, mi rivestii cercando di mantenere un'aria dignitosa e andai in bagno per rinfrescarmi.

Quando uscii lo trovai intento a rifare il letto, con solo i pantaloni addosso. Mi guardò e smise di fare quello che stava facendo. Diedi una rapida occhiata in giro controllando di non avere dimenticato nulla e poi mi avvicinai alla porta con lui dietro.

Siccome nessuno dei due parlava, mi affrettai a trovare qualsiasi piccola stronzata per spezzare quel silenzio assordante.

Allora.. ci vediamo, domani?” dissi risultando fin troppo supplicante alle mie orecchie.

Certo.” rispose lui troppo in fretta.

Indecisa su cosa fare mi avvicinai a lui per baciarlo.

Lui ricambiò ma poi scosse la testa e mi disse: “Smettila, cazzo.”

Lo guardai più che sorpresa. Che cosa voleva dire quel smettila??

Di fare cosa?” sbottai.

..di essere così.. non voglio innamorarmi.” disse lui non sostenendo il mio sguardo.

Mhh, allora scusa. Ciao.” risposi acida come mio solito. Abbassai la maniglia della porta e uscii.

Percorsi la strada per la mia cabina come in trance.

Aprii la porta della mia stanza e trovai mio padre in piedi.

Ti sembra questa l'ora di tornare?”

  
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