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Autore: Cat_and_Rabbit    02/02/2013    4 recensioni
Lontani dalla guerra, nel maniero della famiglia Stewart in Cornovaglia, inizia la nuova vita di James e Jamie. La riabilitazione, le speranze per il futuro e una magica notte di Natale.
Sequel di "War is over"
[Maggiore Stewart/Capitano Nicholls]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il film "War Horse" non ci appartiene. Questo è il sequel della storia "War is over". E' possibile capire la fanfiction anche senza averla letta, ma vi consigliamo di darci lo stesso un'occhiata.
Buona lettura!



oooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

Arrivarono a Sterling Manor all'inizio di settembre.

Jamie Stewart e James Nicholls, con i pochi bagagli che non si erano premurati di spedire prima della partenza, si erano recati in Cornovaglia in treno. Il viaggio era stato lungo ed entrambi erano esausti quando finalmente arrivarono alla stazione. Due uomini al servizio della famiglia Stewart li aspettavano, e non appena la carrozza fu ferma entrambi salirono a bordo. Dopo aver salutato in fretta ma rispettosamente sia il maggiore che il suo ospite, uno si occupò delle loro valigie, mentre l'altro aiutò Nicholls ad alzarsi e a scendere, offrendosi di portarlo fino alla macchina che li aspettava a pochi metri dai binari.

Ci vollero ancora lunghe ore prima di arrivare al maniero, e in quel tempo alla nebbia che li aveva accompagnati per gran parte del viaggio, si aggiunse anche una pioggia torrenziale.

Il volto di Nicholls era tirato per il dolore sordo che sentiva al ginocchio, dovuto a quel clima freddo e umido. Stewart lo guardò, e un pensiero cupo si insinuò nella sua mente: che forse il clima della Cornovaglia non era adatto allo stato di salute del suo compagno.

Tuttavia ci pensò proprio James a scacciare le sue preoccupazioni con il suo carattere solare. - Non essere imbronciato Stewart, avanti, siamo quasi a casa!

Sentire James chiamare casa la residenza verso la quale si stavano dirigendo gli scaldò il cuore. - Certamente Nicholls, e finalmente potremo levarci di dosso questo maledetto tanfo.

Risero di gusto e si appisolarono l'uno contro l'altro, mentre la macchina procedeva spedita verso Sterling Manor.

Una volta arrivati alla grande casa, che si trovava in mezzo a diversi ettari di parco, i bagagli furono scaricati e Miles, uno degli uomini di fatica della tenuta, si occupò di trasportare Nicholls nelle sue stanze.

L'espressione dell'uomo era alquanto imbarazzata e mortificata.

Stewart immaginava come dovesse sentirsi ad essere trattato come un invalido, ma non c'erano alternative: tutte le camere da letto padronali erano al secondo piano, e il medico si era raccomandato con Nicholls di non provare ancora a camminare. Miles fu molto attento con lui, si passò un suo braccio intorno alle spalle senza tuttavia dire una parola per non metterlo ancor più in imbarazzo. James, per quanto alto, sembrava una bambola tra le sue braccia muscolose.

Una volta rimasto solo nell'ingresso, il maggiore Stewart si guardò attorno. Non tornava al maniero da quando aveva dodici anni e un po' si era scordato della ricchezza degli arazzi e del lusso dei lampadari elettrici (erano stati tra i primi ad averne avuti di simili).

Le pareti di legno rubavano molta luce all'ambiente, ma pensò che probabilmente era anche colpa dell'ora tarda e del clima avverso. Le scalinate in ogni caso erano magnifiche, di marmo bianco lucidato. La servitù si era data un gran daffare per fare trovare tutto pulito e in ordine ai padroni di casa.

Si sgranchì le spalle e andò al piano di sopra, a raggiungere James.

I tappeti persiani attutirono i suoi passi, e quando entrò nella camera da letto lo trovò ignaro che guardava fuori dalla finestra.

Miles lo aveva lasciato seduto sull'ampio letto matrimoniale, e la sua valigia era posta per terra proprio accanto alle sue gambe. Si voltò quando finalmente una vecchia asse di legno scricchiolò segnalandogli la presenza di Jamie.

- Questo posto è magnifico. - disse sorridendo, e sforzandosi di nascondere una vaga tristezza che gli pesava sul viso. - E questa camera è perfetta. Ti ringrazio.

- Non c'è niente per cui ringraziare, è una stanza come tutte le altre.

Nicholls indicò la finestra. - Quando si sarà diradata la nebbia, da qui potrò vedere il parco. Finché non potrò alzarmi, avrò qualcosa di bello da guardare, e da disegnare.

Stewart gli si sedette di fianco e gli sfiorò i capelli. Nicholls non disse nulla. Si abbandonò a quel contatto, godendosi la gentilezza delle mani di Jamie.

- Avrei voluto esserci io al tuo posto, James. - disse infine Stewart. - E' stata colpa mia, quel giorno. Vorrei poterti risparmiare questo dolore.

James si voltò infine verso di lui e il suo sguardo turchese celava un lieve rimprovero. - Non scherzare, Jamie. Eravamo soldati, e la guerra porta dolore. Se io, o te, fossimo stati al posto di uno qualunque degli altri, a quest'ora non saremmo qui, in questa bellissima casa, insieme. Presto potrò rialzarmi e passeggiare per il parco, ci vuole solo pazienza. Immagino che con te mi servirà. - concluse sorridendo per diradare il malumore.

Anche Jamie sorrise, e strofinò il pollice su quel bel viso.

- Vado a informare la servitù di farci servire la cena in camera. Non mi va che mangi da solo.

James inclinò il capo. - Non è rischioso per noi?

Stewart capì subito a cosa si riferiva e scosse il capo. - Non diranno nulla. Non dobbiamo preoccuparci per loro, è gente di cui mi fido ciecamente, e qui non viene mai nessuno. Siamo al sicuro.

- D'accordo. - annuì Nicholls rassicurato. Fin da quando si erano conosciuti, dentro di lui, insieme alla gioia dei momenti passati con Jamie, aveva sempre convissuto la paura. Paura di essere scoperti e, di conseguenza, divisi. Nessuno avrebbe mai accettato la loro relazione, e se i soldati, le loro famiglie, la società, ne fossero venuti a conoscenza, gli avrebbero portato via tutto, portato via Jamie, per sempre.

Stewart fece ancora un mezzo sorriso mentre varcava la porta. - E comunque - disse tranquillamente - è solo una cena.

Nicholls ascoltò i suoi passi ovattati lungo il corridoio finché riuscì a udirli, poi con un po' di fatica si chinò ad aprire la valigia. Voleva prendere almeno le cose essenziali, quelle che avrebbe tenuto accanto al letto: un libro, le matite, il suo quaderno. Per il resto si sarebbe fatto aiutare dalla servitù.

Quando Stewart tornò, lo vide intento a schizzare qualcosa sul suo taccuino. Si avvicinò e vide che si trattava della stazione, con un treno fermo dal cui camino uscivano nuvole di vapore. James alzò il capo e gli sorrise, mettendo via il materiale da disegno.

- Non volevo interromperti. - disse subito Stewart.

- Non l'hai fatto. Stavo solo controllando di non aver dimenticato nulla.

- Direi che non l'hai fatto. - disse Stewart, orgoglioso di lui. - In mezz'ora dovrebbe essere pronta la zuppa. Non so te, ma io sono esausto.

Crollò sul letto accanto a lui e chiuse gli occhi quando Nicholls gli carezzò il viso. - Più di quanto tu possa immaginare. - sospirò lui.

 

In poche settimane, Nicholls era venuto a conoscenza di qualunque cosa riguardasse la famiglia Stewart: era necessario se voleva aiutarlo con i suoi affari. Jamie aveva un patrimonio immenso da gestire. James sapeva da sempre che era ricco, ma non immaginava quanto.

Lavoravano nella camera di James, perché lui non dovesse spostarsi, a volte per ore di seguito, interrotti solo dalla servitù che di tanto in tanto veniva a portare il tè o, all'ora designata, il pranzo e la cena.

Due mesi passarono in fretta, nella massima tranquillità, l'autunno cedette il passo ad un inverno burrascoso, e James vedeva avvicinarsi il momento in cui avrebbe potuto finalmente rialzarsi da quel letto e provare a muoversi.

I dolori dovuti all'umidità erano alleviati da tisane e da una casa ben isolata, e di questo era infinitamente grato. Sarebbe impazzito se fossero continuati come quelli del primo giorno.

Una mattina di inizio dicembre, Jamie arrivò (già sbarbato e vestito, era sempre stato un uomo mattiniero) con in viso un'espressione di quieta contentezza.

- Oggi dovrebbe arrivare il medico per iniziare la riabilitazione. Per Natale penso che potremo mangiare nella sala da pranzo.

Nicholls lo guardò stupefatto e contento. - Ecco cos'erano tutte quelle telefonate. Temevo mi stessi già tradendo! - disse ridendo.

Si sentiva il cuore gonfio di felicità e affetto verso quell'uomo che considerava un marito.

- Sai che non potrei mai. - rispose Jamie. - E in ogni caso non dobbiamo farci prendere da troppo entusiasmo. Dobbiamo fare le cose con calma, non voglio che tu ti faccia del male.

- Ora ho capito perché ci siamo incontrati. - disse Nicholls in tono giocoso. - Ti manda mia madre, ammettilo!

Stewart rise di gusto, sedendosi sul letto accanto ai suoi piedi. James si spostò appena per fargli spazio.

- Hai già fatto colazione?

- No, contavo di farla con te. Poi ti lascio in pace, a riposarti, devi essere in forma per questo pomeriggio.

- Mi sto riposando anche troppo. - sospirò Nicholls - Nell'ultimo anno non ho praticamente fatto altro che riposarmi.

Jamie gli diede una leggera pacca sulla gamba, quella sana. - Rimpiangerai quel riposo, maggiore Nicholls, quando vedrai come ti metterò al lavoro!

James fremette all'idea. - Mi mancano i cavalli.

Stewart si fece pensoso. - Temo che per quelli dovrai aspettare ancora. Ma vedremo cosa si può fare.

James non pensava che ci sarebbe stata anche solo la speranza di tornare a cavalcare, ma le parole di Jamie riaccesero l'aspettativa.

- Pensi che potrò tornare a cavallo?

L'altro lo guardò. - Chiederemo al dottore. - disse infine. - Lo spero per davvero.

 

Non si può dire che James Nicholls rimpianse tutto il tempo passato a letto a guardare fuori da una finestra, ma la riabilitazione fu lunga e dolorosa. Ora di sera, la gamba ferita gli doleva insopportabilmente e quella buona tremava dalla sforzo. Le parole del dottore erano incoraggianti (- Lei è un uomo giovane e forte, maggiore, e in buona salute!), ma nonostante questo la fisioterapia lo sfiancava. Tempo di toccare il letto, crollava esausto in un sonno profondo.

- Non sono di molta compagnia in questo periodo. - disse mortificato a Jamie una mattina prima dell'inizio della passeggiata giornaliera.

- Mio caro, non devi scusarti! E' necessario, e sapere che un giorno potremo stare assieme in giardino mi riempie di gioia. Non pensare a me, pensa a rimetterti in sesto.

Questo gli dava forza. Sperava davvero che un giorno sarebbero potuti andare assieme a cavallo per quella meravigliosa campagna. I prati che circondavano il maniero erano magnifici, perfetti per galoppare. A Joey sarebbero piaciuti.

Magari quando fosse arrivata la bella stagione…per allora era quasi certo che sarebbe stato in grado di camminare decentemente. Se non a cavallo, avrebbe potuto almeno passeggiare. Purtroppo, temeva che non si sarebbe mai liberato della stampella che gli permetteva di stare finalmente in piedi, nonostante tutto il tempo passato da quando era stato ferito, continuava a non riuscire praticamente a muovere la gamba destra.

Il medico, un inglese sulla sessantina, di aspetto gioviale e carattere allegro, era stato assunto da Jamie a tempo pieno: per evitargli lunghi ed estenuanti viaggi giornalieri dalla città alla tenuta, gli aveva fatto preparare una camera personale, e gli aveva offerto un vero e proprio stipendio per tutto il tempo in cui fosse restato, ossia fino alla fine della riabilitazione di Nicholls.

Entrambi gli uomini apprezzavano molto la sua compagnia e le allegre chiacchierate durante i pasti, che si svolgevano in sala da pranzo ora che James era in grado di muoversi.

Facevano molta attenzione con il dottore nei paraggi, ma in fondo sentivano di poter stare tranquilli.

Nonostante la fatica della riabilitazione, le loro giornate scorrevano comunque placide.

Dopo una breve passeggiata dopo colazione, i due si ritiravano in uno studio al piano terreno, in cui amministravano il denaro dell'azienda della famigli del padre di Jamie. Dopo pranzo, c'era un'altra passeggiata, più lunga, che poi lasciava Nicholls stanco e coi muscoli indolenziti. Si faceva accompagnare nella biblioteca, dove si sdraiava su un divanetto imbottito fino all'ora di cena a disegnare o a sfogliare qualche libro. Se Jamie non era impegnato con il lavoro burocratico lo raggiungeva. Si sedeva su una poltrona davanti a lui, e leggeva fumando la pipa.

Era un uomo silenzioso e riservato, cresciuto da una famiglia severa. Quando James lo aveva conosciuto, non era uno dei ragazzi più popolari dell'accademia. Pareva costantemente imbronciato, e la sua voce così profonda e l'altezza notevole lo facevano sembrare troppo autorevole, cosa che, ovviamente, a dei ragazzi di vent'anni non andava a genio.

Solo James Nicholls, figlio di banchieri della City, era riuscito a vedere oltre.

Ci era voluto tempo, certo, e non ci sarebbe mai riuscito senza la collaborazione di Jamie, che aveva deciso a sua volta che quel ragazzetto biondo e dagli immensi occhi azzurri, per qualche motivo a lui stesso sconosciuto, meritava fiducia. Ma con l'aiuto del tempo, il loro legame era diventato saldo e profondo, tanto da durare ancora ora, a distanza di dieci anni. James era convinto che sarebbe durato anche in futuro.

Il medico seguiva Nicholls durante tutte le passeggiate, e gli faceva fare qualche passo dopo cena, ma per il resto del tempo era tutt'altro che invadente, e preferiva stare a sua volta a leggere, o a chiacchierare con i domestici quando erano a riposo. A volte andava addirittura di persona a portare da mangiare a Tuxon, il cane da guardia della tenuta, perché amava gli animali.

Mancavano ormai pochi giorni a Natale quando avvenne l'incidente.

James stava percorrendo un corridoio accompagnato sia dal medico che da Jamie. Si stava sforzando di camminare senza l'aiuto di nessuno tranne che del bastone, per iniziare ad abituarsi a muoversi autonomamente, quando il mastino corse loro incontro. Non era assolutamente un cane cattivo con chi gli era familiare, era solo giovane ed entusiasta. Gli arrivò alle spalle e gli fece perdere l'equilibrio. Quando batté il ginocchio, Nicholls pensò per una frazione di secondo che sarebbe svenuto dal dolore.

Il cane, che era stato fatto entrare eccezionalmente in casa solo per sottrarlo alla neve che cadeva da giorni, e che Jamie non aveva fatto in tempo ad afferrare per il collare prima che raggiungesse James, si accucciò immediatamente sul pavimento, senza capire né il perché di quell'urlo tanto forte all'improvviso da parte dell'uomo che aveva appena toccato, né perché il suo padrone subito dopo l'avesse allontanato a calci da loro.

Mentre il maggiore Stewart insultava l'animale a voce tanto alta che avrebbe comunque fatto accorrere tutti i domestici, se già non ci avesse pensato il lamento disumano di Nicholls, il medico si era subito chinato accanto a James per aiutarlo a tirarsi su.

L'uomo tremava, e dalle palpebre serrate per il dolore una lacrima gli scese lungo la guancia. Gli veniva da vomitare per l'intensità del fitte che sentiva partirgli dall'arto ferito, ma non voleva far allarmare ancora di più gli altri.

- Ca… calmati Jamie, va tutto… bene… - mormorò quando Stewart si chinò su di lui a sua volta, evidentemente preoccupato.

Sapeva che la sua bugia non sarebbe mai stata creduta, anche perché si sentiva il corpo ricoperto di sudore freddo e doveva essere impallidito. Quando cercò di muovere un passo una volta calmato il respiro, avvertì la terra mancargli sotto i piedi. Non ce la faceva, il dolore era troppo forte. Fece per accasciarsi sul pavimento, quando si sentì prendere in braccio.

L'improvviso movimento involontario che fece col ginocchio lo fece gridare ancora una volta.

Stavolta però, non cadde, e di questo ringraziò il Signore e tutti i santi. Con l'aiuto del medico, Jamie riuscì a sollevarlo e prenderlo in braccio. James automaticamente si avvinghiò al suo collo con la poca forza che gli era rimasta, terrorizzato all'idea di finire di nuovo sul pavimento, di provare di nuovo un dolore simile.

Qualcuno dei domestici, forse lo stesso Miles, disse al padrone che ci avrebbe pensato lui a portare Nicholls in camera, ma Stewart rifiutò, in parte per non fargli altro male passandolo nelle sue mani, in parte perché si sentiva dannatamente colpevole per l'accaduto.

Lo strinse a sé e si diresse verso lo scalone e quindi verso le camere, sfiorandogli una tempia con le labbra.

- Farò abbattere quell'animale. Dannazione, James, mi dispiace così tanto!

- Non dire sciocchezze, il cane non ha fatto nulla di male, non fare cose di cui ti pentiresti. - rispose lui debolmente, chiudendo gli occhi e lasciandosi calmare dall'odore di Jamie e dalla sua calda presenza. Sapeva che neanche lui avrebbe dovuto fare sforzi eccessivi, ma non aveva la forza di discutere.

Da parte sua, a Stewart non importava di portare il suo uomo su per delle scale. Fosse stato per lui lo avrebbe condotto fino in capo al mondo. Nonostante durante gli ultimi mesi avesse messo su un po' di peso, restava magro come un chiodo, decisamente sottopeso per la sua corporatura. Col tempo, si sarebbe rimesso in sesto.

Una volta arrivati in camera, James sospirò di sollievo a essere adagiato sul materasso morbido.

- Chiederò al dottore se un po' di ghiaccio potrebbe farti stare meglio. Magari mi farò prescrivere un analgesico. Come ti senti?

Il viso di Jamie era una maschera di preoccupazione.

- Va già meglio, caro, non ti preoccupare, è stato solo un momento. - James gli sorrise e gli carezzò una guancia. In effetti, le fitte lancinanti si erano ridotte ed un sordo pulsare più sopportabile.

La cosa peggiore era stata indubbiamente il colpo in sé, ora sperava che pian piano il dolore sarebbe diminuito e poi passato.

Jamie non poté trattenersi dal posargli un lungo bacio sulle labbra. Furono fortunati che si fosse già staccato da lui quando il medico spalancò la porta per entrare.

- Metta questo sul ginocchio, maggiore. - disse porgendogli un fagotto umido, probabilmente uno straccio con una manciata di neve o ghiaccio all'interno. James obbedì.

Il gelo iniziale lo fece sibilare, ma quando si fu abituato il sollievo fu notevole. Il freddo alleviò il dolore, anche se non si faceva illusioni del livido che sarebbe comparso e delle ripercussioni che avrebbe dovuto patire.

- Temo che non potrò assistere alla cena di Natale in sala da pranzo. - disse col dispiacere nella voce.

Jamie, che era rimasto lì con lui dopo che il dottore se ne era andato, scosse il capo. - Non preoccuparti di quello, di Natali ce ne saranno ancora molti altri. Ceneremo qui, sarà bello lo stesso.

Nicholls scosse la testa. - Non ti preoccupare… Non puoi portare qui in camera la cena e tutti i tuoi ospiti. Posso stare da solo, mi farò portare da mangiare dalla signora Shackleton. Sarà comunque meglio del Natale scorso, passato in ospedale.

Stewart alzò gli occhi al cielo. - Al diavolo gli ospiti: ti porterò giù di peso se sarà necessario, altrimenti il mio posto può prenderlo il dottore, sarà certamente più bravo di me a intrattenere la tavolata. Starò qui con te.

Il sorriso che gli regalò James fu talmente luminoso che Jamie ebbe paura di rimanerne accecato.

 

Il Natale, dunque, lo passarono insieme in camera di James. Alla fine Stewart aveva deciso di annullare la cena e aveva lasciato la grande sala alla servitù, che non si fece alcuna domanda (in fondo non ce n'era bisogno) sul fatto che il padrone avesse deciso di trascorrere la serata chiuso in camera col maggiore infortunato.

Fu un'occasione stupenda: Jamie aveva tirato fuori alcune candele da un cassetto, il vino italiano era ottimo, e il cibo cucinato dalla cuoca anch'essa italiana era a dir poco eccezionale. Di certo una delle serate più belle della loro vita.

Jamie aveva fatto portare un tavolo, che aveva spinto contro il letto in modo che James potesse servirsi agevolmente senza doversi spostare, e una sedia dalla sala da pranzo per sé.

Il maggiore Nicholls sembrava molto divertito dal vociare allegro che giungeva dal piano di sotto. Evidentemente i domestici stavano approfittando appieno della serata di libertà e degli agi messi a loro disposizione. Nella camera invece la conversazione era scarna, Stewart e James discussero poco mentre mangiavano. La maggior parte del tempo la passarono a guardarsi di sottecchi sorridendo timidamente, in un'atmosfera che ricordava incredibilmente i tempi dell'accademia, quando il tempo di stare insieme era poco e rubato dagli impegni giornalieri. Era bello, finalmente, non dover contare le ore che avrebbero potuto condividere, o anche soltanto non dover vivere nella paura di venire scoperti da un professore o da un compagno di corso. Le leggi inglesi non erano dalla loro parte, ma qui, nel maniero, la vita sorrideva loro.

Quando finirono il pasto erano ormai le undici e mezza di sera. Un piccolo orologio d'ottone tintinnò l'ora, ed entrambi si guardarono. Rimasero a lungo in silenzio, tenendosi per mano senza distogliere lo sguardo l'uno dagli occhi dell'altro.

- Ti ho fatto un regalo. - disse infine James, continuando a sfregargli il dorso della mano col pollice.

- Davvero? - chiese Stewart sorpreso.

- Non è niente di che… Ma spero tu possa apprezzarlo comunque. Purtroppo come sai non sono potuto uscire a prenderti qualcosa, così…

Jamie scosse la testa, come a dire che non era importante. - Ti ringrazio… E confesso che sono molto curioso!

Nicholls si strinse nelle spalle allungandosi ad aprire il cassetto del comodino, dai cui estrasse un foglio spesso, arrotolato e fermato da un bel nastro. - E' solo una cosa che mi chiedevi da una decina d'anni. - disse porgendoglielo.

Stewart capì di cosa si trattasse prima ancora di aprirlo, e sorrise mentre lo faceva. Un sorriso quasi radioso, così strano sul suo viso sempre un po' scuro, anche quando era felice.

Disfece il nastrino e srotolò la carta e rimase a bocca aperta. Era consapevole del talento di James, lo aveva visto produrre paesaggi e ritratti così fedeli da assomigliare ai dagherrotipi e ai nuovi tipi di stampe su pellicola che da qualche anno stavano diventando di moda, ma questo era di più. Era un vero capolavoro.

Il disegno era fatto a matita, con un tratto leggero. Ritraeva il busto del maggiore Stewart con la sua alta uniforme, di tre quarti. L'espressione era serena ed austera, la composizione aveva un'aria solenne. E la somiglianza con il soggetto dal vivo era… strabiliante.

- Mio dio, James… Hai superato te stesso! - il suo volto era felice, e Nicholls si ritrovò ad arrossire.

- Allora ti piace?

- Se mi piace? In nome del cielo, Jim, mi fai sembrare molto più bello di quanto non sia! - Stewart disse, avvicinandosi a lui e baciandolo intensamente. - Lo adoro, grazie.

James rispose al bacio portandogli una mano sulla guancia per accarezzargli il viso e tenerlo contro di se un po' più a lungo di quanto non fosse necessario. Era felice che il suo misero regalo gli fosse piaciuto.

Jamie avrebbe voluto protrarre quel bacio in eterno, ma aveva due buoni motivi per interromperlo: il primo era il tavolo tra di loro, che gli premeva dolorosamente contro l'inguine. Il secondo…

- Ho anche io una cosa per te. Anche se non è minimamente paragonabile a questo. - disse riavvolgendo il disegno con cura. Lo avrebbe fatto incorniciare nella propria camera da letto. - Vado a prenderlo, dammi un secondo.

Uscì dalla camera e scese a passi veloci la scala di marmo. Nella vicina sala da pranzo, il dottore stava raccontando qualcosa di divertente alla sua platea di domestici, e nessuno fece caso a lui quando passò davanti alla porta, diretto ad un grosso armadio nell'ingresso, dove aveva nascosto il proprio regalo, fatto comprare in città da uno dei servi quando vi si era recato per comprare il necessario per il cenone, e nascosto in fretta prima che James, che in quel momento stava facendo la sua riabilitazione, lo vedesse.

Ritornò nella stanza con un grosso pacco avvolto in carta marrone, chiusa da uno spago. Gli occhi di James si spalancarono quando prese il pesante regalo dalle sue mani. - Santi numi, Jamie, mi hai comprato una città?

Lui si limitò a sorridere mentre guardava l'altro scartare la scatola. L'esclamazione di sorpresa e delizia di Nicholls lo soddisfecero.

- Cielo, Jamie…quanto hai speso per questi? - mormorò sfiorando con attenzione i tubetti di colore a olio sistemati ordinatamente nella scatola.

- Mi sentivo in vena di dilapidare il mio patrimonio. - rispose Stewart divertito della sua espressione sconvolta - Così avremo meno conti da fare l'anno prossimo.

- Sono stupendi…non dovevi, davvero…ti ringrazio. - scosse la testa James, tuttavia voltandosi verso la finestra, già intento a chiedersi quale di quelle meravigliose sfumature di blu sarebbe stata più adatta a rendere il cielo scuro della Cornovaglia, ora punteggiato dal bianco della neve.

- E' stato un piacere, amore mio. - disse arrossendo. James si voltò rapidamente verso di lui, sentendo lui stesso il calore invadergli le guance. - E non è comunque paragonabile alla bellezza del tuo ritratto.

Nel frattempo, il piccolo orologio batté la mezzanotte. La neve continuava a cadere.

Stewart si alzò, prese il pesante tavolo e lo spostò lontano dal letto quel tanto che bastava per consentirgli di passare e andare a sua volta a sedersi sulle lenzuola. Appoggiò la schiena sui cuscini ammassati contro la testiera, accanto al corpo di James, si tolse le scarpe e issò le gambe sul materasso. Infine, dopo aver soffiato sulle candele più vicine e fatto scendere una strana semioscurità nella stanza, passò un braccio intorno alle spalle di James, tirandolo contro di sé in modo che potesse appoggiare la testa contro l'incavo del suo collo. Nicholls sembrò apprezzare, e chiuse gli occhi appoggiando le labbra contro la sua pelle, in un contatto tanto casto quanto carico di affetto.

- Era da tempo che non mi chiamavi così. - considerò a mezza voce.

- Ti infastidisce?

- No, lo sai. Adoravo quando me lo sussurravi all'orecchio di nascosto, all'accademia.

Stewart sentì il cuore sfarfallargli nel petto. Al buio, insieme, la notte di Natale, con l'uomo che amava, dopo essere sopravvissuti ad un guerra terribile. Pensava che il petto gli sarebbe esploso.

- Ho parlato col dottore, oggi. Dice che migliori a vista d'occhio, nonostante l'incidente col cane. Pensa che, con i dovuti accorgimenti e precauzioni, potresti tornare a cavalcare.

Sentì James trattenere il respiro. Lo avvolse stretto in un abbraccio, e Jamie fu felice di lasciarlo fare.

- Se questo è un sogno, non svegliarmi.

- Dubito che un sogno potrebbe essere tanto bello. - rispose accarezzandogli i capelli.

Si sentiva in vena di romanticherie. Doveva essere l'atmosfera. Probabilmente era la felicità.

Lo baciò ancora, e ancora, stringendolo contro di se con una mano, mentre con l'altra gli accarezzava il lungo collo, quel viso perfetto, e quel morbidi capelli biondi.

Dal piano di sotto, all'improvviso, esplosero urla e risa, che quasi li spaventarono, interrompendoli. Mentre Jamie ne fu irritato, James scoppiò a ridere.

- Buon Natale, maggiore Stewart.

L'uomo sospirò calmandosi, e abbandonando l'idea di scendere a dire alla servitù che la festa era finita, di mettere in ordine e togliersi di torno. Non ne valeva davvero la pena.

- Buon Natale, Jim.

 

 

 

 

  
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