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Autore: Ale_kiss_    02/02/2013    2 recensioni
-NON SONO UN MOSTRO! NON UCCIDO CHIUNQUE MI CAPITI DINANZI!
-TIENI A FRENO LA LINGUA, LUKE!- Luke? Quel nome … no! Non poteva essere quel Luke. Il cuore mi salì in gola. Quelle furono le ultime frasi che udii, poi venni condotta sino alla XIII casa e lasciata lì senza una parola. Così entrai.
-Cosa diamine ci fai qui?- sbottò senza muoversi dalla sua posizione.
Non posso dire di essere stata cacciata ...
-Papà mi ci ha mandata ...-
-Benvenuta tra i semidei normali!-
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Che razza di posto era quello? Cosa ci facevo lì? Perché mio padre mi ci aveva spedita? Mi aveva sempre amata al di sopra di ogni altra cosa … e ora mi diceva che dovevo andarmene dall’Inferno e trasferirmi al “Campo Mezzosangue” era forse uno scherzo? Non potevo crederci … ero sempre stata la figlia “perfetta”, la perfezione assoluta incarnata in un corpo di semidea.
Forse è meglio che vi spieghi la mia storia: sono diversa dagli altri, molto diversa. Al contrario di tutti i semidei, io non ho mai vissuto con mia madre mortale poiché rifiutò di tenermi con lei. Vissi sempre con mio padre, Ade, dio dei morti. Se ne sono fiera? Sì! Sono cresciuta in un’idea di perfezione, come se fossi dea al completo. Mia madre ebbe poi altri due figli sempre con Ade, Nico e Bianca. Bianca morì in una missione con Percy Jackson. Può sembrare strano che io sia ancora viva dopo tutto questo tempo, sapendo che nacqui prima della Seconda Guerra Mondiale. Nico e Bianca rimasero chiusi nell’Hotel Lotus ed in questo modo non invecchiarono mai. Ora Nico ha circa tredici anni. Io sedici. Rimanendo nell’Inferno la mia crescita è diventata molto lenta. Ha rallentato circa di sette volte.
Nessuno ha mai saputo della mia esistenza sino a qualche settimana fa. Ade mi tenne nascosta a tutti per proteggermi. A tutti gli dei, semidei o qualsiasi altro genere di creatura. Durante la guerra di Crono rimasi rinchiusa in una camera creata appositamente da mio padre per tutto il tempo. Mio padre mi ha amata come niente altro, e aveva occhi solo per me. Dal risveglio sino al momento in cui chiudevo i miei occhi per lasciarmi andare al sonno, lui mi sorvegliava, dandomi il meglio, solo il meglio. Ma un giorno arrivò una lettera dall’alto … sì, dall’Olimpo … e mio padre mi disse che dovevo andarmene, che quel posto non mi apparteneva più. Lo fece in modo rude, mi trattò come non aveva mai fatto prima. Preparai la valigia in velocità, e lui mi condusse sino all’entrata di questo suddetto Campo Mezzosangue. Quando entrai invece che stupirmi di tutto ciò che mi circondava … sentii solo una profonda malinconia … e una vorace nostalgia che mi inghiottì. Ma decisi di andare avanti, di proseguire. Dovevo trovare Chirone e il signor D. Non nominavo mai i nomi degli dei, eccetto quello di mio padre. Sbuffai e mi diressi tra le distese di verde e costruzioni greche. Non mi guardai molto attorno ma notai un campo da pallavolo, dove dei ragazzi si divertivano gridando e correndo. Il sole splendeva alto nel cielo ed il caldo era quasi soffocante. Non ero abituata a quelle temperature ma soprattutto … odiavo la luce. Avevo sempre vissuto nelle tenebre assolute ed era splendido. Era la mia natura, ciò che desideravo. Mio padre era irato verso i suoi fratelli per la punizione che gli avevano inflitto ma io amavo gli inferi, e non avrei cambiato la mia casa con nulla al mondo. Eppure … ne ero stata costretta.
Proseguii e passai dinanzi ad un bosco che pareva tranquillo ma avvertivo che non era così. Avevo i sensi molto acuti. Sorpassai dodici casette, ognuna dedicata ad un dio diverso. Lo capii dai simboli e dagli ornamenti che ognuna portava. Zeus, Era, Poseidone … e via così. Capii di essermi persa quando giunsi ad un fiume. Ade mi aveva detto che la Casa Grande era dalla parte opposta al fiume di canottaggio. Lasciai cadere i bagagli a terra con noncuranza e mi sedetti prendendo la testa tra le mani. Chiusi gli occhi ed iniziai a riflettere nonostante la temperatura elevata mi desse qualche difficoltà. Sentii dell’acqua arrivarmi sulla nuca e bagnare i miei capelli. Mi voltai di scatto e vidi una splendida ragazza seminuda appoggiata con i gomiti sulla riva, osservarmi. Aveva dei fiori aggraziati che le ornavano i fluidi capelli. I suoi occhi parevano diademi brillanti alla luce del sole. Mi salutò dolcemente con la mano. Mi voltai completamente verso quell’incantevole ninfa che in base alle mie conoscenze doveva appartenere alle Naiadi. Lei mi fece un cenno d’avvicinarmi ed io obbedii. Non appena le fui abbastanza vicina mi sussurrò con voce melodiosa:
- Stai cercando la Casa Grande?- non mi stupii che lo sapesse. Le voci volavano rapidamente tra le ninfe di terra, d’acqua o d’aria. Annuii. Lei senza smettere di sorridere si sporse un po’ al di fuori del fiume ed indicò un sentiero che passava parallelo al poligono di tiro.
- Qui sei dalla parte opposta, ma se segui quella stradina ci arriverai presto. Riconoscerai subito l’abitazione che stai cercando. Si differenza molto dalle altre!-. Scattai in piedi, lieta di non dover ripercorrere nuovamente tutto il campo. La ringraziai e dopo aver raccolto i bagagli, iniziai ad avviarmi a passo spedito lungo il viottolo. Come descritto dalla Naiade, arrivai sino ad un gruppo di casette. Ne individuai una un po’ spoglia, una normalissima abitazione stile greco, ma molto diversa da come mi sarei immaginata la casa di Chirone e Dioniso. Decisi quindi di entrare senza esitazione ma … i miei calcoli erano sbagliati.
Non appena vidi un ragazzo biondo, abbronzato con l’aspetto da surfista, m’irrigidii e sperai che non mi avesse notata, così feci qualche passo indietro, ma lui si voltò di scatto e alzò un sopracciglio adottando un sorriso sghembo, ma amichevole e non canzonatore.
- Mmh … credo di non averti mai vista … tu sei?- deglutii e mi costrinsi a sorridere, nonostante le mie labbra e le mie guance si rifiutassero di contrarsi. Poi mi strinsi nelle spalle.
- Devo aver sbagliato casa …- fu tutto ciò che riuscii a dire. Solo allora notai una cicatrice bianca che gli prendeva verticalmente quasi tutto il lato destro del viso. Lui accortosi del mio sguardo fisso, sorrise abbassando lo sguardo. Cercai immediatamente di volgere l’attenzione a qualcos’altro. Non mi piaceva essere invadente.
-  Mi chiamo Frieda …- non mi lasciò terminare che domandò:
- Determinata o indeterminata?-
- Determinata- mi arrotolai attorno all’indice una ciocca dei miei ricci corvini. Lui si sedette sopra una scrivania piena di libri scritti in greco antico. Diedi un’occhiata alla stanza. Era piuttosto vuota, con una branda per letto, quella scrivania, un comodino, un armadio con una sola anta e qualche mensola. Diversamente da tutto quello che avevo sentito dire sul campo, quel ragazzo non aveva neanche un’arma nella sua camera. Forse erano nascoste.
- Figlia di …?- domandò alzandosi e venendomi più vicino. I suoi occhi erano azzurri, d’un azzurro verso il verde acqua. Per un attimo il mio cuore perse un battito. Poi però mi ripresi e mi resi conto di dovergli rispondere.
- … di Ade-. Annuì e si allontanò di nuovo. Guardò un orologio appeso al muro. Erano circa le cinque e mezza del pomeriggio. Il sole sicuramente stava iniziando a scendere, non eravamo più nel pieno dell’estate e si avvicinava ottobre.
- Chirone e … il signor D ti hanno già conosciuta?- pronunciò il secondo nome pressappoco come uno scherzo, quasi fosse ridicolo.  Beh, in effetti, soprannominare Dioniso a quel modo era un po’ assurdo.
- No … credevo che questo fosse il loro abitacolo … ma a quanto pare …- a quelle parole lui abbassò il capo ed iniziò ad ammirare il pavimento, quasi con rimpianto.
-  ... a quanto pare … non è così- terminò lui con un sospiro.
- Perché non sei in una casa simile a quella di tutti gli altri semidei?- lui fece uno scatto veloce e allo stesso tempo qualcuno entrò alle mie spalle. Mi voltai velocemente e vidi un centauro e un putto riccioluto con una T-shirt tigrata entrare con un’indole nervosa e, sul volto del centauro affiorò una vena di preoccupazione.
- Che ci fai qui?- domandò parandosi tra me e il ragazzo californiano. Non riuscii a rispondere che l’altro mi prese per l’avambraccio ed iniziò a trascinarmi fuori.
- Ti avevamo detto che non potevi vedere nessuno sin che non l’avremmo deciso noi!- udii dall’interno dell’abitazione.
- È entrata per sbaglio! Non … non è stata neanche dieci minuti! Non è accaduto nulla!- ribatté il ragazzo.
- Non è questo il punto! Non devi disubbidire agli ordini!-
- C … che succede?- domandai allibita da cos’avevo causato. Il putto sbuffò come se le mie domande lo scocciassero e mi lasciò il braccio.
- Urrà, un’altra adolescente con la lingua lunga. Benvenuta! Bene, finiti i convenevoli. Che ci facevi in quella casa? Non devi mettere piede lì! Perché non sei venuta da noi? Ah, di immortales! Meglio che taccia. Tuo padre non ci ha avvisati che saresti arrivata così presto! Bene! Raggiungi la tua abitazione e punto!- immediatamente quella voce mi ricordò Dioniso. Quello era il signor D! L’altro sicuramente era Chirone.
- NON SONO UN MOSTRO! NON UCCIDO CHIUNQUE MI CAPITI DINANZI!
- TIENI A FRENO LA LINGUA, LUKE!- Luke? Quel nome … no! Non poteva essere quel Luke. Il cuore mi salì in gola. Quelle furono le ultime frasi che udii, poi venni condotta sino alla XIII casa e lasciata lì senza una parola. Così entrai. Ci trovai mio fratello Nico di Angelo disteso sul suo letto che limava un pugnale con noncuranza. Non si accorse di me così feci cadere pesantemente le valige per terra. Lui trasalì e quando mi vide, mi fulminò con lo sguardo.
- Cosa diamine ci fai qui?- sbottò senza muoversi dalla sua posizione.
- Papà ha voluto spedirmi qui!- risposi senza guardarlo. Nico mi detestava poiché ero prima di tutto più grande di lui e poi, perché avevo più diritti.
- Benvenuta tra i semidei normali!- disse con il tono più acido che avessi mai udito uscire dalla sua bocca. Non gli diedi retta: era solo un marmocchio. Adocchiai un letto perfetto per me. Era parallelo a quello di Nico ma il materasso pareva più grande, così mi ci sedetti. Era abbastanza comodo. Mi distesi e chiusi gli occhi.
Luke … avevo appena conosciuto Luke
Da quel che avevo compreso, viveva in isolamento. C’era d’aspettarselo dopo il disastro che aveva combinato. Non ne sapevo molto. Mio padre me lo tenne nascosto poiché riteneva che tutta quella faccenda mi avrebbe turbato, ma Persefone mi aveva narrato la guerra a grandi linee. Ed io … io avevo fatto la mia entrata nel campo venendo trascinata via dalla “cella d’isolamento” di Luke Castellan. Guardai Nico continuare ad intagliare il suo pugnale. Avrei voluto chiedergli informazioni, sapere qualcosa sul campo ma soprattutto su Luke … eppure non ci riuscii, come se fosse un taboo. Non era solo l’orgoglio contro quella piccola peste a bloccare le mie parole, come se chiedergli qualcosa fosse stato abbassarmi ad un livello inferiore al suo. Bensì ero rimasta un po’ scioccata dal modo in cui mi avevano trascinata via da quel ragazzo dall’aria amichevole e beffarda. Era stato così ospitale con me … riservato … non invadente. Sospirai ed infilai una mano nella tasca. Ne estrassi il mio iPhone. Non aveva la sim. Papà mi aveva proibito di chiamare perché diceva che i mostri mi avrebbero trovata. Ce l’avevo solo per svago. Iniziai a dare un’occhiata alle foto. Ero al campo da meno di un’ora … e già me ne sarei voluta andare.

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Ciao a tutti! Sono felicissima di essere riuscita finalmente a scrivere la mia prima fic nel fandom di Percy Jackson. Ho scoperto questo mio amore per questo fandom da meno di due settimane e tre giorni fa ho avuto l'idea di scrivere questa fic. Spero che non faccia così pena come lo fa a me e ... spero che possa piacere a qualcuno! Dal fatto che ho fatto (scusate il gioco di parole) rinascere Luke, si può ben capire che è il mio pg preferito! Spero di ricevere un commentino, positivo o negativo che sia, eh! Un bacione a tutti quanti! Grazie di aver letto <3
Ale_kiss_




   
 
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