UN GIOCO... MORTALE
CAPITOLO
1°
FACCIAMO
UN GIOCO?
«Allora, papà, io vado. E
mi raccomando: vedi di non bere troppo come tuo solito!»
salutò Ran sulla
porta.
«Ah... ma di che di
preoccupi, Ran?» le rispose Kogoro con sorrisino, le guance
arrossate e l’ennesima
lattina di birra in mano «Vai piuttosto, se no farai
tardi!»
«Certo...» commentò Ran
senza parole, poi si voltò verso Conan seduto sul divano
«E tu invece fai il
bravo e non disturbare papà. Sai che deve chiudere
quelle pratiche del suo caso.» la ragazza
sottolineò queste ultime parole
guardando seriamente il padre.
«Sì, sì... lo so!» fece
seccamente Kogoro ricordandosi il lavoro che doveva ancora svolgere.
«Va bene. Ciao a tutti!»
esclamò infine Ran uscendo.
«Ciao Ran.» salutò Conan
affacciandosi dallo schienale del divano, abbandonando così
per un istante il
libro che stava leggendo.
Quando la porta si fu
richiusa Kogoro sospirò felice di essersi tolto dai piedi
per qualche ora
quella pignola della figlia.
«Uff... nemmeno si può
sorseggiare una birretta in pace!» e bevve un altro sorso.
«A dir la verità quella è
la sesta che mandi giù.» gli fece notare Conan
indifferente, continuando a
leggere il suo libro.
«Mah...» Kogoro lanciò un
veloce sguardo alle altre cinque lattine appoggiate lì sul
tavolo «Comunque,
cosa c’è di male? Non posso nemmeno
festeggiare?»
«E cosa?» domandò annoiato
Conan senza alzare nemmeno gli occhi dalla pagina.
«Ma come “cosa”? Sono
riuscito a chiudere brillantemente il caso! Ed era pure un caso
difficile...
eh, eh! Sono proprio in gamba!» e giù un altro
sorso di birra per brindare alla
sua bravura.
«Già...» fece Conan
inespressivo, ricordandosi fin troppo bene il caso “chiuso
dal detective Kogoro
Mori”... o meglio, da lui: Shinichi. Era successo sei giorni
fa. Un uomo sulla
cinquantina, un certo Hintashi Kusomai,
proprietario di una nota azienda, si
era presentato lì, all’agenzia investigativa,
dicendo di essere ricattato da un
uomo da alcuni giorni. Il ricattatore, infatti, era venuto in possesso
di
certe... foto compromettenti per Kusomai, che, nonostante avesse
chiesto aiuto
a Kogoro, non voleva a tutti costi rivelare di quali scatti si
trattassero.
Kogoro aveva deciso quindi, saggiamente (almeno per una volta...), di
non
accettare il caso, a meno che Kusomai non gli avesse fornito qualche
altro
dettaglio... ma niente, l’uomo se n’era infatti
andato subito, sbattendo
violentemente la porta e urlando furioso. Quella sera stessa, Kusomai
era stato
trovato morto nella sua stanza; ucciso da una pugnalata in pieno petto.
Il
cadavere era stato rinvenuto da un postino, che era arrivato per
consegnare una
busta e aveva trovato la porta di casa aperta e l’uomo morto.
Kogoro aveva poi
spiegato all’ispettore Megure, che era risalito al detective
per via di un
bigliettino da visita trovato sulla scrivania di Kusomai, la faccenda
del
riscatto, così, il detective (Conan, sarebbe meglio dire) e
Megure si erano
messi sulle tracce del ricattatore. L’indagine era stata e
complessa, ma alla
fine la cerchia dei sospettati si era ristretta notevolmente. Indagati
erano la
segretaria di Kusomai, la moglie di quest’ultimo e un suo
vecchio amico
d’infanzia, ora dipendente per la sua azienda: tutti e tre
con un movente, sia
per ricattarlo, sia per ucciderlo.
Conan, riunendo tutti i
tasselli, era giunto
alla soluzione qualche giorno più tardi: dopo aver
addormentato Kogoro e aver
riunito nella stanza del delitto tutti i tre indagati e
l’ispettore Megure,
aveva indicato l’assassino... era la segretaria del
dirigente. La donna, una
trentenne affascinante di nome Kishin, aveva avuto una relazione con
Kusomai.
Le foto provavano la relazione e Kishin, tradita dall’uomo
che, inoltre, lei
aveva scoperto essere anche un truffatore. Aveva provato quindi a
ricattarlo,
chiedendo in cambio no dei soldi, ma che lui si costituisse alla
polizia
rivelando quindi le sue truffe. Però Kusomai era stato
irremovibile. Quando
infatti aveva scoperto che era lei, la sua segretaria, la ricattatrice,
l’aveva
fatta venire a casa sua e le aveva appunto detto:
“Non mi interessano quelle
foto. Tanto presto avrei chiesto il divorzio con mia moglie e quindi
mostrarle
quegli scatti non cambierebbe nulla per me.”
Allora Kishin aveva
ribadito che sarebbe andata lei dalla polizia, se lui non voleva
costituirsi.
Ma Kusomai si era messo semplicemente a ridere, per poi dire:
“Non hai prove contro di
me. Non ti crederebbero mai. Io sono ricco e potente.. e tu... tu solo
una
sgualdrina!”
A questo punto Kishin non
aveva resistito. Aveva afferrato un coltello da collezione posato su di
una
mensola e lo aveva conficcato con forza nel petto dell’uomo,
uccidendolo. Non
erano state ritrovate impronte perché poi la donna aveva ben
ripulito
l’impugnatura ed era scappata. Quindi inizialmente per Conan
era stato molto
difficile trovare qualche prova, ma poi un piccolo dettaglio lo aveva
colpito:
Kusomai, sul petto, aveva un piccolo brillantino, una piccola perla,
che Conan
era riuscito a ricollegare con un bracciale di Kishin.
«Uhm... però,
ripensandoci, c’è qualcosa che non
porta.» ragionò improvvisamente Conan ad alta
voce, riscuotendosi dai ricordi del caso appena chiuso.
«E che cosa non dovrebbe
portare?» domandò Kogoro poco interessato,
stappandosi un’altra birra.
«Poi Kishin aveva
consegnato le foto del riscatto all’ispettore Megure...
però... però hai visto
anche tu che
angolazione avevano?»
Kogoro sputò
improvvisamente tutto il liquido che aveva in bocca vicino a Conan
seduto sul
divano davanti a lui, che quindi si spostò di scatto
disgustato.
«CHE COSA?!» strillò il
detective pulendosi la bocca «NON MI DIRAI CHE LE HAI VISTE
ANCHE TU QUELLE
FOTO!»
«Ehm... sì, per caso!»
confessò Conan diventando tutto rosso, ricordandosi le scene
fotografate.
«MA NON SONO COSE DA
BAMBINI!» urlò ancora Kogoro e Conan si fece ancor
più indietro.
«Eh... si, lo so...»
farfugliò Conan in imbarazzo «Ma... ti ricordi in
che modo erano state
fotografate? Cioè... si vedeva che non era stata Kishin a
farle, no?»
Kogoro sembrò calmarsi e
riflettere sulle parole del piccolo.
«Uhm... ma dove vuoi
arrivare?» chiese notando che il bambino aveva ragione.
«Insomma... chi l’ha
scattate quelle foto?» continuò Conan con
serietà «Che Kishin avesse un
complice?»
«Uffa,
Sonoko non è ancora
arrivata.» si lamentò spazientita Ran. Era ormai
un quarto d’ora che aspettava
a braccia incrociate la sua amica all’incrocio vicino
l’agenzia investigativa.
«Lo sapevo che sarebbe
arrivata in ritardo anche oggi!» continuò
guardando le macchine che passavano
nella strada di fronte a lei «Ma così ci perderemo
il film! Il Cinema ha già
aperto e tra poco ci sarà la proiezione! Uffa!»
Un’ombra, silenziosa, alle
sue spalle.
«Eh dai, Sonoko!» fece Ran
sbuffando, non accorgendosi del pericolo imminente dietro di lei.
Rapida, l’ombra le fu
addosso. Ran provò a dimenarsi, ma senza successo. Si
addormentò all’istante.
La figura vestita di scuro scansò la mano che premeva contro
la bocca di Ran
con il fazzoletto impregnato di sonnifero e si caricò bene
la
ragazza
addormentata in spalla. Poi corse alla macchina parcheggiata
lì vicino e partì.
«E no, Kogoro!» esclamò
Conan inseguendo il detective in cucina e piazzandosi davanti il
frigorifero.
«E togliti da lì!» si
arrabbiò Kogoro con le guance di un bel rosso acceso.
«No! Ho promesso a Ran che
non ti avrei fatto bere altre birre!» ribatté
Conan.
“Guarda te cosa mi tocca
fare...” pensò il bambino scuotendo la testa.
«Oh! Tra te e Ran non so
chi sia il peggiore scocciatore di questo mondo!» Kogoro si
voltò, diretto alla
sua scrivania. In quel momento suonò il campanello.
«Vado io!» annunciò Conan
e corse ad aprire.
Era Sonoko.
«Sonoko, ciao, cosa ci fai
qui?» chiese Kogoro vedendola entrare.
«Io cercavo Ran.» spiegò
lei «Dovevamo andare al Cinema e io sono in un ritardo
pazzesco...»
«Ma Ran dovrebbe essere di
sotto che ti aspetta!» intervenne Conan preoccupato.
«Oh, ma di sotto non c’è!»
disse Sonoko iniziando anche lei ad impensierirsi.
«Probabilmente, non
vedendoti arrivare, si è avviata al Cinema.»
ipotizzò Kogoro.
In quel momento suonò il
telefono. Tutti e tre si voltarono verso l’apparecchio, poi
Kogoro andò a
rispondere. Però non fece in tempo. Infatti si
azionò la segreteria telefonica.
«Accidenti...» fece Kogoro
andando dietro la scrivania e avvicinandosi al telefono. Stava per
alzare la
cornetta quando una voce profonda, di un uomo, e gelida, prese a
parlare:
«Detective Mori. Salve. Forse lei
non mi conosce, ma io so molte cose
sul suo conto...»
Kogoro si era fermato di
colpo appena udita quella voce che metteva quasi paura. Conan si era
avvicinato
all’apparecchio per sentire meglio, mentre Sonoko,
terrorizzata, si teneva in
disparte.
«Però, in compenso»
continuò la voce sconosciuta «lei
conosce la mia ragazza. Si chiama
Kishin, le è famigliare questo nome?»
Kogoro e Conan si lanciarono
degli sguardi inquieti, ma allo stesso tempo seri e attenti.
«Sì, penso che si ricorda
di Kishin. L’ha incastrata per ricatto e
omicidio. Ma lei non capisce... Kusomai meritava di morire!»
Kogoro non resistette più
e premette il tasto del vivavoce, prima che Conan potesse fermarlo.
«Ma lei chi è?!» esclamò
Kogoro e Conan scosse il capo.
“Stupido... sei solo uno
stupido, Kogoro.” pensò il bambino.
«Ah, detective, allora si trova nel
suo ufficio! Ma bene... chi sono io?
Oh, ma quanta fretta! Beh... non vorrebbe scoprirlo da solo?»
«La pianti di scherzare!»
si arrabbiò Kogoro. La voce si fece seria di colpo:
«E chi le ha detto che sto
scherzando?»
“Qui la faccenda mi piace
sempre meno...” rifletté Conan corrucciato.
«Che ne dice di fare un gioco,
detective Mori?» continuò la voce
«Un gioco con un premio,
naturalmente.»
«Di cosa stai parlando?!»
Kogoro fece appena in tempo a terminare la frase che la voce
continuò:
«E se il premio... fosse sua figlia?»
«RAN!» esclamarono
contemporaneamente Kogoro, Conan e Sonoko.
«Ah, sì... mi sembra si
chiami così.»
«Che cosa le hai fatto?!»
gridò Conan aggrappandosi alla scrivania con forza.
«E tu chi sei, piccoletto? Beh,
comunque, niente... l’ho semplicemente
invitata a fare un giro in macchina. Ora è qui con me...
addormentata. E devo
dire che è molto bella...»
«Non provare a toccare mia
figlia!» urlò Kogoro con rabbia.
«Ran...» continuava a
piangere Sonoko.
«Dacci una prova che sta
bene!» intervenne Conan.
«Ah, ora non posso. Sta dormendo. Ma
non si preoccupi. La chiamerò più
tardi... le darò qualche dettaglio in più. Ci
sentiamo alle cinque precise.
E... un’altra cosa. Se tiene davvero alla vita di sua figlia,
detective Mori...
beh, non chiami la polizia. Le assicuro che l’aiuto degli
agenti non le
servirà. A più tardi.»
«No, fermo, n...» Kogoro
si interruppe. L’uomo aveva riagganciato.
Conan lanciò subito uno
sguardo alla sveglia, dove lesse:
«Le tre e mezza.»
Salve! ^^
E’
vero, sono
nuova in questa sezione (in effetti vivo più che altro in
Dragonball...), ma
già da tempo avevo pensato a questa fanfiction... e ora mi
sono definitivamente
decisa a pubblicarla. Si ispira ad un sogno che avevo fatto qualche
mese fa...
e vi assicuro che sarà appassionante e ricca di colpi di
scena! Penso ci
impiegherò un po’ di tempo a scriverla... spero
comunque di non deludervi.
Di Conan seguo
solo, purtroppo, l’anime... certo, da molti anni... ma mi
piacerebbe comunque approfondirlo di più, perché
mi piace molto.
Sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento, vi do
appuntamento al prossimo. ;)