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Autore: Nimel17    02/02/2013    7 recensioni
Il prezzo che bisogna pagare per salvare Avonlea dagli orchi... è lui. Così vuole la Signora Oscura
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Gli orchi non sono esseri umani.”
“Dobbiamo fare qualcosa.”
“Dobbiamo fermarli.”
“Sono inarrestabili.”
“Potrebbe essere qui a momenti, padre!”
“Troppo tardi. È semplicemente troppo tardi.”
Dei colpi improvvisi alla porta fecero calare il silenzio nel salone. I soldati sguainarono d’istinto le spade, mentre il re si alzava e andava verso l’entrata.
“È qui! Deve essere…”
“Come ha fatto a superare le mura? Aprite!”
La trave venne tolta, ma il corridoio aldilà del portone era deserto: tutti si guardarono, sconcertati.
“Le mura non sono state un problema.”
Seduta sul trono del sovrano, c’era una figura incappucciata, da cui erano visibili solo gli occhi. La Signora Oscura sorrise.
“Mi avete mandato un messaggio. Qualcosa che rassomigliava a ‘Aiuto, aiuto, stiamo per morire, potete salvarci?’ “
Una guardia le puntò contro una spada, che lei allontanò con un’unghia appuntita e smaltata di rosso scuro, la cui tinta sembrava indicare il colore del sangue.
“La risposta è sì, posso salvare la vostra piccola città. Per un certo prezzo, ovviamente.”
Il re parve riacquistare l’uso della parola. Era vecchio, con i capelli canuti e gli occhi scuri e infossati.
“Vi è già stato promesso dell’oro.”
Con un gesto della mano, lei fece comparire una piccola montagna di danaro e pietre preziose.
“Vedete, io creo l’oro.”
Si guardò intorno. Tutti erano spaventati, ad eccezione di un uomo, che doveva aver passato da qualche anno la quarantina: aveva i capelli castani, screziati da una ciocca grigia, più lunghi rispetto a quelli degli altri uomini. Il viso aveva lineamenti spigolosi, ma gli occhi scuri erano profondi e intelligenti. Si stava appoggiando palesemente ad un bastone dal pomo argentato ed era l’unico a guardarla con curiosità.
“Ciò che voglio, è qualcosa di un po’ più… speciale.”
Fece scorrere lo sguardo tra i presenti. Cosa poteva offrire quel sovrano, di speciale? Non aveva un regno da dare, era vedovo, le ricchezze non significavano nulla per lei. Gli occhi blu e gelidi come il mare ghiacciato brillarono quando le venne in mente una cosa importante. Ci doveva essere, un erede, maschio o femmina che fosse, o sarebbe stata sicuramente invocata prima per rendere fertile la regina. Osservò la donna che era poco più indietro rispetto al re, ma poi si dovette ricredere: era bella, con i capelli neri dai riflessi rossastri e gli occhi chiari, ma il suo portamento non era certo quello di una principessa.
Sorrise, tutto d’un tratto: era certa di aver intuito giusto.
“Il mio prezzo… è lui.”
“No!”
Il pallore e il grido d’angoscia del sovrano confermarono i suoi sospetti: l’uomo che la stava squadrando senza paura era il principe di Avonlea. La sconosciuta esaminata poco prima si fece avanti, rigida per l’irritazione.
“Lui è fidanzato… con me.”
Lei emise un verso di derisione.
“Non ho chiesto con chi fosse fidanzato! Non sto cercando l’Amore. Sono in cerca di un fedele servitore, per la mia vasta dimora.”
Si piazzò davanti a re Maurice, a pochi passi di distanza.
“È lui, o non ci sarà nessun accordo.”
Il volto del regnante diventò paonazzo.
“Uscite. USCITE!”
“Come desiderate.”
La Signora Oscura si girò e si diresse lentamente verso l’uscita, per niente scontenta: sapeva riconoscere a prima vista un’anima disperata e, nonostante la sua espressione fosse impassibile, sapeva che il principe era sufficientemente disperato da fare qualsiasi cosa per salvare il regno.
Il sovrano poteva anche pensare di sacrificare il suo popolo per salvare il figlio, ma certamente quest’ultimo sapeva anche che, se non avesse accettato, sarebbero stati tutti perduti.
“Aspettate!”
Lei rallentò fino a quasi fermarsi. Il passo frettoloso e zoppicante dietro di lei era musica per le sue orecchie.
“Andrò con lei.”
“Lo proibisco!”
I lineamenti dell’erede s’irrigidirono a quel comando.
“Nessuno decide per me, padre. Verrò con voi.”
Gli volle dare un’ultima possibilità per rifiutare, colpita da quella volontà ferrea.
“Stiamo parlando dell’eternità, caro. Ne sei sicuro?”
“La mia famiglia, i miei amici, vivranno tutti?”
Lei abbozzò un inchino.
“Hai la mia parola.”
“Allora voi avete la mia. Verrò con voi, per sempre.”
La risata della Signora Oscura riecheggiò per la sala, acuta e fredda.
“Abbiamo un accordo!”
Il re avanzò, barcollando, il colorito cinereo.
“Rumpelstiltskin, Rumpelstiltskin per favore, non farlo! Per favore, non andare con questa… bestia!”
La creatura emise un esagerato singulto d’indignazione e sorpresa, sgranando gli occhi e premendo una mano sulla bocca.
“Padre, Milah… è stato deciso.”
Gli occhi di Maurice si riempirono di lacrime, mentre quelli della donna – Milah, era il suo nome dunque – rimasero asciutti e duri. Avanzò, posando una mano sulla spalla del suo nuovo servitore.
“Sapete, ha ragione. Il patto è stato sigillato.”
Voltò le spalle a tutti e uscì, rallentando il passo per stare al passo con quello di lui. Le porte si richiusero dietro di loro e lei gli afferrò una mano, senza preavviso.
“Tieniti forte e non lasciare la presa per niente al mondo, caro.”
La pelle di lui era ruvida, poco adatta a quella di un principe, calda contro quella fredda di lei.  Che strano… era da tanto che non badava a queste cose.
La magia li portò davanti alle porte del suo castello, quasi invisibile nell’oscurità.
“Casa dolce casa.”
La porta si aprì senza che lei dovesse alzare un dito e lo condusse all’interno, dove c’era un piacevole tepore. Lo spazio era riempito quasi interamente da una lunga tavola, di dimensioni inutili in quanto quando si ricordava di mangiare, lo faceva comunque da sola. L’esser nata povera la spingeva a mostrare agli altri la ricchezza e il lusso, anche se gliene importava poco sia dell’una che dell’altro.
“Dove mi state portando?”
“Chiamiamola… sì, la tua camera.”
Si fermarono davanti ad una stanza e lei percepì lo sguardo sorpreso di lui. Ridacchiò, divertita.
“Che c’è, ti aspettavi una segreta, caro?”
Senza aspettare risposta, gli indicò un’altra porta.
“Lì c’è la cucina. Portami del the fra mezz’ora e ti informerò dei tuoi compiti. Il vassoio è incantato, basta che gli dici di seguirti e non dovrai portarlo.”
Lo lasciò solo a guardarsi intorno. Le fece quasi tenerezza, con quell’aria un po’ sperduta.
“Come devo chiamarvi?”
La domanda le fece aggrottare le sopracciglia. Che gliene importava a lui di come chiamarla?
“Non ti va bene Signora Oscura, caro?”
“Quello è il titolo che vi danno. Voi sapete meglio di me che i nomi hanno importanza.”
Lei alzò le spalle.
“Il mio nome è Belle.”
Ancora una volta, sentì più che vedere la sua sorpresa. Certamente, si stava chiedendo come una creatura come lei potesse chiamarsi così. Era per questo che raramente si toglieva il suo mantello quando era in giro, per lasciare agli altri l’illusione che l’aspetto rispecchiasse l’anima delle persone. Una volta in camera sua, si tolse il cappuccio e si guardò allo specchio: ormai quasi trecento anni di maledizione non avevano lasciato traccia sul suo giovane viso. I lineamenti dolci e fini erano incorniciati dai boccoli castani, arricchiti dai naturali riflessi biondi e mogano, il naso era all’insù e la bocca era a forma di cuore, ma la caratteristica più notevole erano gli occhi: erano dello stesso colore del cielo estivo nelle giornate più serene, ma a seconda della luce potevano sembrare tendenti al verde, all’azzurro più chiaro del ghiaccio o al blu intenso degli zaffiri.
La sua pelle candida dalle sfumature rosate era il sogno di ogni donna, come il collo di cigno, le mani affusolate o la vita sottile a clessidra, ma era solo un involucro grazioso che al suo interno era vuoto, come un pacco bellissimo senza regalo dentro.
Si riscosse da quei pensieri e andò nella sala da pranzo, attendendo pazientemente che Rumpelstiltskin arrivasse con il suo the. Si chiese distrattamente se sarebbe rimasto scandalizzato dal suo abbigliamento in pelle di drago e sorrise.
Sentiva il suo passo zoppicante avvicinarsi, lentamente. Chissà perché lo aveva scelto proprio come servitore… un servo zoppo era poco utile.
Per la prima volta da quando era diventata la Signora Oscura, venne colta veramente di sorpresa: il principe stava portando il vassoio con la mano, senza magia, nonostante il bastone.
Lui mantenne lo sguardo basso e rispettoso fino a che non posò il suo carico sul tavolo, poi alzò gli occhi e la vide alla luce. Le pupille si dilatarono e sbatté due volte le palpebre, per accertarsi di non sognare. Belle ignorò la sua reazione.
“Mi servirai i pasti, metterai in ordine i miei pezzi da collezione, catalogherai e riordinerai i libri della mia biblioteca, mi servirai il the due volte al giorno, al pomeriggio e dopo cena…”
“Molto bene.”
“… E seppellirai i cadaveri dei bambini uccisi in giardino.”
Rumpelstiltskin si voltò bruscamente verso di lei e con la mano fece cadere la sua tazza. Strinse le labbra e si chinò a raccoglierla, appoggiandosi al bastone.
“Mi… mi dispiace molto, è scheggiata.”
Gliela porse, facendo un’ombra di un sorriso.
“Potete appena accorgervene.”
Lei considerò la faccenda. Chiaramente, lui si aspettava che si sarebbe infuriata e gli avrebbe strappato il cuore per insegnargli ad essere meno sbadato, ma la verità era che a lei poco importava di quell’errore. E quindi non le interessava punirlo.
“È solo una tazza.”
Le spalle di lui si abbassarono impercettibilmente e Belle continuò a guardarlo, incuriosita.
“Puoi andare, Rumpelstiltskin. La colazione me la porterai qui alle nove e mangerai con me.”
Gli fece un gesto con la mano e lo congedò, rivolgendo altrove il suo sguardo.
Perché gli aveva chiesto di dividere i pasti con lei? Cosa gliene importava se lui mangiava in cucina o in camera o dovunque?
Forse aveva a che fare con il vero motivo per cui lo aveva chiesto come prezzo: si sentiva sola.
 
 
 
Angolo dell’autrice: proviamo anche questa pazzia? Proviamola! Come cambierà la storia di Rumpelstiltskin e Belle, nel Castello Oscuro come a Storybrooke?
  
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