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Autore: DrStein    02/02/2013    1 recensioni
Finnick Odair, membro della squadra 451, ovvero la Squadra delle Stelle, morì in un'eroica battaglia contro gli ibridi, nelle fogne di Capitol CIty, per difendere i suoi compagni: e se, invece di andare incontro al suo tragico destino, ci fosse stato qualcuno in grado di salvarlo?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Finnick Odair, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ok, questa è la mia primissima FanFiction, spero di non avere scritto troppo da cani, commentate numerosi, datemi tanti consigli su come migliorare, e non siate avari di critiche, accetterò tutto quello che mi direte.
Che dire...buona lettura, spero di essere stato, se non bravo, almeno decente. Finisco ringraziando moltissimo l'utente rosaspina7, che mi ha convinto ha iscrivermi e a trasformarmi da lettore in autore: grazie mille, senza di te oggi non sarei qui.


Vita, morte e dolore

 
Stiamo correndo solo da pochi minuti, eppure mi sembrano un eternità: nonostante stia correndo con tutte le mie forze, mi sento rallentato, appesantito, come se stessi cercando di spostare una casa.
Ma non posso smettere di correre, non dopo tutto quello che ho visto: Messalla ormai ridotto ad uno scheletro, la carne liquefatta che lasciava le ossa scoperte; La Jackson e una delle sorelle Leeg rimaste al Tritacarne per darci un po’ più di tempo, a costo della loro vita.
Le sorelle Leeg…non ho mai imparato a distinguerle, neanche dopo che abbiamo capito che Leeg1 aveva delle pagliuzze dorate negli occhi…o forse era Leeg2? Come volevasi dimostrare…
Basta, devo smetterla: non è questo il momento per certi pensieri, dobbiamo solo trovare un modo per uscire di qui, prima che quei cosi ci facciano a pezzi.
Io non posso morire qui.
Devo tornare da Annie, a qualunque costo.
Seguiamo Pollux lungo un condotto che ci porta fino a quella ch deve essere la fogna principale della città: un disgustoso e puzzolente fiume di scorie, umane e non, che con tutta probabilità è più tossico di una sbarra di uranio.
Attraversiamo un piccolo ponte, inseguiti dal sibilo degli ibridi, che continuano a correre e a fare strage di ogni cosa trovino dietro di noi: Gale fa saltare il ponte, e per un attimo, solo per un attimo, credo che potremo essere salvi, che gli ibridi non oseranno avanzare in quella tomba gorgogliante che ci separa da loro.
Poi li vedo: creature nauseanti, metà uomini e metà lucertole, e anche qualche cos’altro devono averci infilato, in quei corpi contorti e bestiali, corpi creati per uccidere.
Il loro odore è disgustoso, e, assieme al sibilo, a quell’agghiacciante sibilo che altro non è il nome di Katniss ripetuto fino alla nausea, crea una combinazione che mi terrorizza, mi riempie di orrore, disgusto, raccapriccio pensare che la mente contorta i Snow abbia potuto creare un’intera specie animale solo per uccidere una persona, una razza di assassini programmata per sterminare ogni cosa, fino a quando non avranno portato a termine la loro missione.
Dobbiamo scappare, dobbiamo salvarci, dobbiamo vincere: non posso permettere che questi…cosi arrivino da Annie...non lo permetterò; non mi importa se quella di Katniss è solo una bugia; ma uccideremo Snow, fosse anche l’ultima cosa che faremo, premeremo il grilletto e gli faremo scoppiare quel cuore marcio e malato che possiede.
Mentre fisso gli ibridi, questi cominciano ad avanzare, incuranti della tossicità della fogna, addirittura sbranandosi fra di loro e scavalcandosi per poterci raggiungere.
Tutta la squadra, o almeno, quello che ne resta, apre il fuoco, e nei corpi dei mutanti fatti di scaglie bianche e lucide cominciano ad aprirsi buchi scarlatti, segno che i nostri colpi vanno a segno.
E allora, perché non cadono? Perché continuano ad avanzare, anche con le pallottole che gli bucano la carne? Sono forse invincibili? No..alcuni cadono, ma troppi pochi, ci vogliono troppi colpi per abbatterli, e noi siamo troppi pochi, e mentre quella lenta onda bianca ha ormai superato la metà della distanza che ci separa, ecco che comprendo: noi non possiamo vincere.
Come potremmo, contro Capitol City? Come potremmo, contro una città ch può vantare decine di anni di dominio? Alla fine di tutto, questi non sono altro che un’altra edizione degli Hunger Games, e alla fine, sarà Capitol City a vincere, non i Distretti.
E allora? Perché continuo a fare fuoco? Perché? Per chi combatto io? Questa è un causa persa, e tutti noi siamo già morti: Katniss, Peeta, Gale, Pollux, perfino la Coin, al sicuro nel suo Distretto.
E allora, perché?
Annie…per lei?
Forse…forse per lei ne vale la pena: forse per lei vale la pena di fare di tutto, anche se la cosa che sto per fare non mi permetterà mai più di vederla.
Però mi permetterà di salvarla.
-Ragazzi…voi andate: qui resto io-
Le parole mi escono di bocca con un tono strano, spento: com’è facile decidere di morire, com’è facile rinunciare alla vita.
Ovviamente, qualcuno ha delle obiezioni: Peeta e Pollux stanno già per protestare, ma io li anticipo.
-Andate: non ce la faremo mai altrimenti, e noi dobbiamo farcela, capito?! Niente avrà avuto senso se moriremo in questa fogna, a due passi da Snow! quindi muovetevi e scappate, prima che arrivino qui!-
Sul finale ho urlato: non avrei voluto, non mi piace urlare alla gente, neanche in situazioni del genere.
Mentre l’onda bianca avanza, vedo che Gale ha già capito tutto: Gale…così geniale, eppure così freddo e calcolatore...però stavolta la sua freddezza è utile, perché credo che abbia già capito perché lo voglio fare: dice solamente una parola, “andiamo”, ma è sufficiente perché gli altri lo ascoltino.
Mentre guardo i mie compagni andarsene, vengo assalito da una tristezza e una paura incredibile; le parole che ho pronunciato con tanta leggerezza sono diventate la mia tomba.
Mi giro,e, mentre sento le prime lacrime rigarmi gli occhi, torno a sparare, fino a quando un ibrido non supera la mia difesa e raggiunge la riva, seguito da molti altri.
Continuo a sparare, centro le teste, gli ibridi muoiono: ma non sono abbastanza veloce, e alcuni cominciano ferirmi: ora li vedo bene, i lunghi artigli rapaci che mi graffiano la carne, i musi allungati e squamosi che si aprono, rivelando denti da topo che mi infliggono ferite piccole ma profonde.
Sono sempre di più quelli che mi sfuggono, ed è sempre di più il sangue che mi cola dal corpo, sento che manca poco: addio Annie, mi dispiace di non avertelo detto prima, ma ti amo, ti amo con tutto il mio cuore, per me sei sempre contata solo tu; avrei voluto esserti accanto, stringerti fa le braccia quando avevi uno dei tuoi incubi, poterti stare vicino e sussurrarti che andava tutto bene.
Avrei voluto essere il tuo sole, la tua ragione di vita.
Tu sei stata la mia.
Addio.
Vedo un ibrido che mi si avvicina, spalanca la bocca e si avvicina alla mia gola.
So che non farò in tempo.
Che modo stupido e inutile di morire: altro che salvare Annie, non riuscirò neanche a essere lì quando morirà.
Ecco, le fauci mi hanno già inghiottito, deve solo chiuderle, e sarà tutto finito.
Sento uno sparo.
Il sangue mi schizza addosso.
Altri spari.
Gli ibridi cominciano a cadere.
Ma che diavolo…?
Apro gli occhi, non mi ero neanche reso conto di averli chiusi, ed eccola là, la vedo, ma non riesco a crederci: è la Jackson!
Intanto, gli ibridi sono rimasti attoniti, ma solo per un istante, e poi hanno preso a correre verso la Jackson, che si è appoggiata ad un muro: quelli che mi stavano assalendo si ritirano, seguendo i loro fratelli, mentre io, ancora troppo stupito per capire cosa è successo, mi rendo finalmente conto che la Jackson non è affatto messa bene: la pelle è tutta gonfia e ci sono diverse ferite da cui cola un denso pus color giallo veleno, causato probabilmente dall’essersi immersa in quella schifezza che scorre nella fogna.
Inoltre, subito non l’avevo notato, perché la carne è così gonfia che sembra grossa il doppio, ma alla Jackson manca un bel pezzo della gamba sinistra, ricordo probabilmente del Tritacarne.
Sono così sorpreso di rivederla che credo di stare per svenire, quando lei, fra una scarica di mitra e un’altra, mi fissa dritto negli occhi, cominciando a urlare.
-SOLDATO ODAIR! Cosa stai facendo lì impalato?! Vai! Salvati!-
Mi riscuoto, alzo il mitra per sparare agli ibridi, ma capisco che è inutile: non potrò mai ucciderli tutti, e se morissi qui renderei vano il sacrifico della Jackson.
Mi sembra di rivivere la scena di pochi istanti prima: lei si difende, è brava a sparare, ma alla fine quei mostri nauseabondi hanno il sopravvento, e non le resta che rinunciare.
Mentre l’ultimo ibrido le salta addosso, mi guarda come nessuno mi aveva mai guardato: in quello sguardo c’è l’invidia e la paura di chi sa che sta per morire, la felicità per avere salvato una vita, e mille altre sentimenti contrastanti fra di loro.
-Va a casa da tua moglie- mi dice.
-è un ordine-
Vedo la sua testa saltare via e atterrare qualche metro più in là, dritta nella fogna: a quel punto gli ibridi si girano e tornano a correre verso di me, sibilando rabbiosi.
Le mie gambe si muovono da sole, scatto su per la scaletta che Katniss e gli altri hanno preso: sento gli ibridi avanzare, sparo un paio di colpi alla cieca per prendere tempo.
Salgo su, su, sempre più su, sento i sibili dei mutanti dietro di me.
-KATNISS! GALE! AIUTO!- urlo, per cercare di farmi sentire: sento un artiglio penetrarmi nel tallone, e torno a salire ancora più velocemente, mentre una mano- spero amica –si sporge da un tombino appena aperto, a qualche metro da me.
La afferro, mi tiro su con tutte le mie forze, mi accorgo appena della voce di Katniss che urla “tic tac” e butta l’olo nel tombino, subito richiuso e bloccato con il chiavistello.
La parete metallica si deforma sotto la spinta di un ibrido, poi un altro: ho paura che sfonderanno il tombino, ho paura che, dopo tutti questi sacrifici morirò lo stesso, ma l’esplosione dell’olo non tarda ad arrivare, e io mi stendo sul pavimento, tirando un sospiro di sollievo.
Sento che Katniss mi abbraccia, mi dice che stava per gettare l’olo, ma che era sicura che sarei tornato; sento tutti chiedermi come ho fatto, come ci sono riuscito; sento Pollux che comincia a medicarmi le ferite, con l’aiuto di Katniss, mentre Peeta e Gale parlano.
Li sento, ma mi sembra di essere distante anni luce: non ho dimenticato la paura della morte, la paura di non poter essere con Annie, quando tutto questo fallirà.
Sì, noi falliremo, lo sento: come possiamo vincere? Oggi c’è stato un colpo di fortuna, ma domani? Cosa inventerà Capitol City domani? Come faremo a vivere?
Comincio a singhiozzare, a piangere, a urlare: mi rannicchio su me stesso, cercando di fuggire da questo mondo orribile, freddo e oscuro, un mondo che non ha niente da offrirmi, se non morte, distruzione e perdita.
Mentre la mia mente continua a sprofondare, sento che c’è una parte di me che dice che tutto questo non è vero: ci sono i miei amici, c’è una vita là fuori, e c’è Annie...Annie? Annie non basta, non basta più niente, non per chi si trova la morte in faccia, e dopo che gli è sfuggito capisce che la cosa è solo rimandata, e non si può vivere con un tale terrore nel cuore.
Tutto si sta facendo buio, e forse è meglio: non voglio più avere niente a che fare con questa mondo, credo che se mi sveglierò di nuovo impazzirò di dolore.
Non voglio svegliarmi.
Voglio dormire.
Voglio morire.
Ti prego, fa che non mi svegli.
   
 
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