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Autore: Allegra_    03/02/2013    4 recensioni
Questa OS è ambientata dopo la fine del terzo libro.
Nell'ultima parte Katniss accenna ad un elenco di cose da ricordare che ha intenzione di scrivere, ed io ho provato ad immaginare proprio cosa possa esserci scritto in questo elenco.
- La mia prima fan-fiction in questa categoria, spero davvero che vi piaccia.
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Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ciò Che Ho Bisogno Di Ricordare

Di Katniss Everdeen

 
1) Il sorriso di Prim il giorno in cui tornai dai miei primi Hunger Games, contenta ed emozionata come non la vedevo da tempo.

2) Il profumo del pane nel negozio del padre di Peeta, pronto ad entrarti dentro e a lasciarti un ricordo positivo, cosa che nel Distretto 12 non avveniva così facilmente.

3) La collinetta dove io e Gale sostavamo per ore a parlare, a mangiare, ridere, scherzare, prima di scendere per andare a caccia, insieme ogni giorno.
Adesso non ne rimane che un rilievo qualunque, sul quale ogni tanto i bambini saltano e giocano, mentre la tristezza s’insinua cattiva dentro di me.

4) L’orgoglio di Marge quando decise di regalarmi la sua spilla da ghiandaia imitatrice prima di entrare nell’arena, sicura che c’e l’avrei fatta.
La mia unica amica, spiazzata via dal fuoco nemico di Capitol City.

5) La frase di Cinna, l’unica che mi diede la forza di lottare fino alla fine e di sopravvivere per ben due volte a quegli spietatissimi giochi.
<< Io continuo a scommettere su di te >>

6) La prima volta che gli Strateghi mi videro all’opera, quando conficcai una freccia proprio nella mela in bocca al maiale bruciacchiato di Seneca Crane.

7) La seconda volta che gli Strateghi mi videro all’opera, impegnata com’ero a impiccare l’ormai morto Seneca Crane davanti ai loro vigili occhi.

8) La zuppa obbrobriosa di Sae La Zozza che io, Gale e Darius mangiavamo con gusto durante le fredde domeniche d’inverno fingendo che ci piacesse da morire, quando in realtà minacciava di risalire su ogni secondo di più.

9) Il momento in cui, guardando la senza-voce dai capelli rossi fissarmi sul treno diretto a Capitol City, il ricordo di averle fatto fare io quella fine mi aveva invaso la mente.

10) Le notti passate sul treno durante il Tour Della Vittoria, quando Peeta rimaneva per ore ad abbracciarmi nel mio letto, cercando con me di dimenticare ciò che ci era accaduto, senza neppure sapere cosa invece ancora ci aspettava.

11) L’esuberanza di Eiffe Trinket con i suoi capelli sempre super colorati e il suo sorriso sgargiante, capace di farti ridere anche nei momenti peggiori con le sue stupidaggini.

12) Le bottiglie di alcool che io e Peeta ci ostinavamo a nascondere ad Haymitch, pur sapendo che in qualche luogo nascosto ne aveva sempre qualcuna di riserva, sperando che da sobrio avrebbe potuto esserci per lo meno utile.

13) L’intelligenza di Beete che era sempre stato dalla mia parte, almeno fino all’invenzione della bomba che aveva ucciso mia sorella.

14) Le parole dure che dissi a mia madre prima di partire per i miei Hunger Games, e l’abbraccio spassionato che invece le donai appena tornata vincitrice.

15) Il canto dolce e melodioso di Rue, la sua allegria, la sua fiducia ed il suo affetto donatomi senza riserve.

16) La clemenza di Tresh e le lacrime silenziose che versai venendo a conoscenza della sua morte, perché nonostante ci fossimo parlate si e no due volte, avevo avuto modo di capire la bella persona che si nascondeva dietro quel corpo grosso e robusto.

17) L’astuzia di Faccia Di Volpe che aveva spaventato dall’inizio me e Peeta facendocela temere più di tutti gli altri.

18) Il bagliore negli occhi di Clove mentre stava per tagliarmi la gola, luce di voglia di vivere e non di dover lasciare questo mondo, soprattutto sapendo che a vincere sarebbe stata la persona che meno sopportava: io.

19) La bellezza irruente di Cato, il suo orgoglio fiero di essere tributo prima, e la sua delusione capendo di essere solo uno delle tante vittime di quei giochi senza senso poi.
Le sue urla strazianti quando gli ibridi lo torturavano lentamente, mentre io e Peeta ce ne stavamo sulla cima della Cornucopia attendendo la sua fine.

20) Tutti i tributi dei miei primi Hunger Games, senza distinzioni tra buoni e cattivi.
Perché li eravamo tutti buoni, pieni di voglia di andare avanti, animati dal solo desiderio di non lasciarci la pelle in quell’Arena.
E tutti cattivi, disposti ad ucciderci l’un l’altro per raggiungere quello scopo.
Loro e tutte le scuse che non ho mai potuto porgergli per essere sopravvissuta al loro posto, per essere andata girando nei loro distretti riuscendo addirittura a guardare negli occhi i loro genitori, fratelli, amici.

21) Cinna che era stato con me dall’inizio alla fine, la sua fine, per colpa mia.
Lui che non aveva mai perso le speranze e mi aveva sempre dato la forza per continuare, che aveva ideato vestiti meravigliosi, che mi aveva reso l’emblema della rivolta, la Ghiandaia Imitatrice, in cui tutti avevano creduto.
Le lacrime che non avevo avuto il tempo di versare nell’istante in cui l’avevo visto morire davanti ai miei occhi, e quelle di troppo che avevano accompagnato le mie notti quando ormai era troppo tardi.
Tutto quello che avrei potuto fare per aiutarlo, che forse in concreto non era nulla, se non lasciarlo fuori dalla mia vita e soprattutto dal mio cuore, fuori dal pericolo insomma.

22) Lo splendore di Annie nel suo bianchissimo vestito da sposa nei sotterranei del Distretto 13, quando il suo matrimonio con Finnick aveva messo di buon umore un’intera popolazione.

23) Il sindaco del mio distretto e il suo non essere rigido e schematico come gli veniva imposto, ma anzi ragionevole e consenziente al volere popolare.

24) Il filo spinato che io e Gale saltavamo aiutandoci l’un l’altro, consapevoli del fatto che avrebbe potuto ucciderci, ma per nulla preoccupati al riguardo.

25) La mia immensa capacità di pensare in modo pratico senza perdermi nelle riflessioni e soprattutto lasciando isolata la sfera del sentimento, attitudine che ormai ho perso da un bel po’.

26) Le siringhe di morfamina che nel Distretto 13 erano le uniche a tenermi invita quando tentavo di suicidarmi, o ancora quando la natura lo stava facendo al posto mio.

27) La mia bocca spalancata a mo di un’incredula “o” quando, durante i giorni antecedenti all’Edizione Della Memoria, Johanna si era spogliata in ascensore rimanendo nuda di fronte a me e Peeta.

28) Il mio patto con Haymitch, quello che non aveva mai rispettato, di proteggere Peeta per tutta l’Edizione Della Memoria, sapendo che quella volta vincere in due non sarebbe stato possibile, consapevole del fatto che lui ne avesse stretto uno uguale, pensando solo ed esclusivamente a me.

29) La chiacchierata nel cuore della notte di Gale e Peeta quando durante la guerra fummo costretti a rintanarci nel negozio di pellicce di una stramba donna con tratti felini, mentre sentendoli parlare sembravano quasi gli amici che un po’ per i loro distintissimi caratteri, un po’ per colpa mia, non erano mai potuti essere.

30) Le parole di Gale che mi avevano offesa nel profondo, ma che alla fine si erano rivelate più vere che mai.
<< Tra noi due Katniss sceglierà colui che ritiene indispensabile per la sua sopravvivenza >>

31) L’acidità della mamma di Peeta ogni qual volta mi vedeva, talvolta accompagnata anche da qualche brontolio e frase burbera, e il sorriso amaro che mi passa sul volto ogni giorno pensando che se fosse sopravvissuta al bombardamento del 12, oggi sarebbe mia suocera.

32) Il lago dove mio padre mi portava da piccola, il nostro posto segreto dove mi rifugiavo quando volevo che nessuno mi vedesse o trovasse, l’unico posto nel mondo dove davvero riuscivo a sentirmi a casa: immersa nei boschi, accanto al suo ricordo.

33) L’odore di rose miste a sangue del presidente Snow, tutta la paura e i brividi che provava al solo ricordarlo, e che continuo a provare tutt’ora.

34) L’arroganza e l’aria da finta tollerante della presidentessa del Distretto 13, la Coin, che avevo ucciso con un colpo a sorpresa dopo la fine della guerra, quando in teoria avrebbe dovuto essere un altro il presidente a cui avrei dovuto sparare.

35) Finnick in tutta la persona magnifica che era.
Nei suoi splendenti anni giovanili, bello come pochi, sia dentro che fuori.
Con tutte le ragazze che aveva dietro l’unica che era riuscito a conquistarlo era stata quell’adorabile isterica di Annie, lo si vedeva chiaramente nell’eccitazione che provava durante il giorno del matrimonio, vedendola con il suo bellissimo abito nunziale.
Il figlio che ha, ma non può vedere, non ha mai potuto, e tutto questo per colpa mia.
Mi chiedo se quando sarà più grande rivedrò in lui la schiettezza, la dolcezza, la simpatia e il carattere unico di suo padre, se avrò il coraggio di dirgli che è morto per proteggere me, se lui avrà la forza interiore di guardarmi negli occhi dopo averlo saputo.
Ho bisogno di ricordare le lacrime che non ho potuto versare per lui in quel momento, troppo presa a dover scappare, combattere, uccidere.
Ho bisogno di ricordare tutto il bene che gli volevo e tutto il dolore che ho provato nel perderlo.

36) Il ragazzo del pane, dolce e romantico, aperto e pronto ad affrontare tutto e tutti semplicemente parlando, l’unico consapevole del fatto che le parole fossero l’arma più nobile oltre che quella più dolorosa, che uccidere e utilizzare la violenza non servisse a niente.
Lui che pensavo di aver perso e poi è tornato ad investirmi con il suo amore, in un caldo abbraccio notturno dal quale non riuscirò mai più ad uscire, non vorrò.

37) L’albero degli impiccati, la canzone insegnatami da mio padre che mia madre mi ha sempre vietato anche di sussurrare, la quale ha accompagnato il mio ultimo periodo di guerra, quando cantare era l’unica cosa che mi riusciva nei momenti tristi, che riusciva a calmarmi almeno per un secondo.

38) Il sorriso di Gale.
Non ci saranno mai abbastanza parole per descrivere qualcosa che ho sempre avuto solo e soltanto per me, e che adesso non posso vedere se non tramite un televisore che inquadra i funzionari del Distretto 2.
Sorrisi sfornati  anche quando forse non ne avrebbe avuto voglia, solo per mettermi di buon umore.
Nessuna parola per esprimere quanto mi manca, in tutto il suo essere.
Ma so anche che la nostra relazione non avrebbe mai potuto essere più che amicizia, forse perché siamo sempre stati troppo simili, troppo forti entrambi, troppo carichi, intensi, temperati.
E si sa, il troppo storpia, perciò preferisco dire che mi manca, senza il troppo.

39) Prim.
Ogni giorno mi sveglio con il senso di colpa che forse tutto ciò che ho fatto per proteggerla non è mai stato abbastanza, che avrei potuto fare molto ma molto di più.
Peeta mi rassicura dicendomi che sono stata la sorella migliore che le potesse capitare ed io annuisco, ma non gli credo davvero, so che lo dice solo per farmi stare bene.
Avrei potuto fare tanto si, ma non l’ho fatto, e adesso tutto ciò che mi rimane è ricordare.
Ricordare il pizzo della sua camicia che non stava mai fermo nella gonna, i suoi capelli biondi e morbidi, la sua innocenza e dolcezza.
Ricordare la mia paperella non come la bambina-infermiera morta a causa delle bombe inviate da quel mostro della Coin, ma come la neonata che cullavo durante la notte perché non smetteva un attimo di piangere, la bambina modello che avrebbe fatto di tutto per me e per mia madre, la piccola che giocava con le erbe medicinali, che voleva diventare un medico, che disegnava triangoli buffi aventi me, Peeta e Gale come vertici.

40) Mio padre e la sua voce che riecheggia tutt’oggi nella mia mente.
Lui che mi è stato strappato via da un angosciante incidente tra le miniere, lui che in realtà non mi ha mai lasciato e mai lo farà.

41) Il dolore di mia madre che io non ho mai compreso fino a fondo, tutto ciò che avrei potuto fare per aiutarla ad uscire dalla depressione quando invece l’unica cosa a cui pensavo era attaccarla per non riuscire a passare oltre la morte di mio padre.

42) Peeta Mellark.
Potrei dire che non ho più parole dopo tutto ciò che è successo tra noi, ma la realtà è che per lui non ho mai avuto davvero qualcosa da dire.
Non ho mai avuto parole per dirgli quanto fosse infinitamente bello con i completi ideati da Portia.
Non ho mai avuto parole per dirgli quanto adorassi la dolcezza, la gentilezza e la premura che mi riservava.
Non ho mai avuto parole per dirgli che il suo sorriso era capace di farmi essere felice nonostante tutto ciò che stava accadendo intorno a noi.
Non ho mai avuto parole per dirgli quanto l’ho amato da subito senza neppure rendermene conto, di quanto lo amo con tutta me stessa e non smetterò mai.
Non ho mai avuto parole per lui, e non ce le ho neppure adesso.
Ma Peeta riesce ad ascoltare i miei silenzi.
   
 
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