East and West High Story

Era probabile che nessuno ricordasse più i motivi che avevano portato tanta discordia tra le due scuole della città di Alberqueque, ma stava di fatto che tale discordia esisteva, ed esisteva da molto, molto tempo.

Generazioni e generazioni di studenti della West High e della East High erano passate, da quando quella inimicizia era nata… in effetti, pochi erano quelli che dicevano di ricordare quando questa situazione era iniziata, e probabilmente nemmeno loro erano certi del motivo. Dissapori durante una partita di basket o qualcosa di simile, probabilmente.

Ad ogni modo, i dissapori erano frequenti, praticamente continui, e non era raro che sfociassero in risse o almeno in situazioni per nulla pacifiche.

-Avete visto Troy, oggi?- domandò Jason Stiles al resto del gruppo.

Erano della East High, come lo erano stati i genitori, i genitori dei loro genitori e almeno altre due o tre generazioni prima di loro. Erano "il meglio" della East High, e si facevano chiamare Wildcats.

Il loro capo era Troy Bolton, anche se da qualche giorno ai suoi amici sembrava un po’ strano.

-No… non l’ho visto…- rispose Chad Danforth riflettendo per qualche secondo. Era il migliore amico di Troy, quasi un fratello, in effetti –Non c’era nemmeno a scuola, e ha persino saltato gli allenamenti, è strano… beh, penso che passerò da lui a vedere che succede, se non vi disperate per la mia assenza.-

-Oh, no Chad, non lasciarci, stiamo già piangendo!- rise Zeke Torrenson –salutacelo, se riesci a scovarlo!-

Chad rivolse agli amici un rapido cenno di saluto e svoltò in Hide Street. I suoi compagni continuarono a camminare in W.E. Avenue. Era una strada decisamente poco sicura, lo sapevano tutti, poiché era a metà tra i due distretti scolastici. In pratica divideva la parte est della città dalla parte ovest.

Era una terra di nessuno di cui molti reclamavano il dominio.

-Oh, ma guardate chi c’è qui!-

Zeke fu il primo a voltarsi, senza bisogno di vedere il volto del ragazzo biondo che si trovava a poca distanza da lui per riconoscerne la voce –Ryan Evans.- più che un saluto o una sfida, il suo tono faceva pensare a una constatazione carica di rassegnazione. Come se già sapesse come sarebbe andata a finire quella situazione.

E in effetti lo sapeva. Tutti lo sapevano.

-Zeke Torrenson.- ribatté Ryan con un sorrisetto sulle labbra, osservando la situazione compiaciuto: il suo tono non era affatto simile a quello del Wildcats, anzi pareva che lui pregustasse ciò che sarebbe di certo accaduto di lì a poco.

Si scambiò uno sguardo d’intesa con il suo gruppo, gli Knights, che stavano dietro di lui, poi si rivolse agli avversari –Che bella situazione, non trovate? Qui ci siamo noi, compresi me e Danny. E lì… lì ci siete voi, ma senza né Bolton né Danforth che, anche se restano degli inetti, sono gli unici a potersi definire quasi dei vertebrati, tra voi Wildcats.- Danny dietro di lui esplose in una risata sprezzante. Era piuttosto alto e robusto, ed era stato bocciato due volte, perciò aveva due anni in più rispetto agli altri.

-Non ti conviene cercare rogne, Evans!- ringhiò Jason facendo un passo verso il gruppo avverso. Zeke tese un braccio per fermarlo –Non dargli corda, vogliono solo provocarci.-

-Ma che bravo, Torrenson… tu si che capisci tutto al volo!- rise Ryan –In effetti avremmo potuto essere più chiari solo sventolandosi sotto il naso dei cartelli con scritto Vogliamo provocarvi, ma d’altronde che altro ci si può aspettare da un Wildcats?- aggiunse in tono sbeffeggiante.

-Quindi cerchi la rissa, Evans!-

-Il tuo intuito non smette mai di stupirmi.- ringhiò Ryan, e fu il primo a scagliarsi contro gli avversari, verso Zeke, buttandolo a terra. Ripresosi, Zeke reagì con un pugno.

E la rissa si scatenò.

In pochi secondi tonfi, urla ed epiteti spinsero senza alcun dubbio qualcuno a chiamare la polizia, che infatti fu lì in pochi secondi.

E gli agenti non erano soli.

-Fermi! Fermi tutti, smettetela!-

Tutti si bloccarono, improvvisando una pacifica quanto falsa partita di basket per fare in modo che la polizia non avesse nulla di cui incolparli.

Ryan, che aveva iniziato a fingere di chiacchierare con Zeke come se fossero stati grandi amici, si rivolse all’uomo che aveva gridato, come se fosse stupito da quell’interruzione –Che succede, capitano Nielsen?-

Il capitano Nielsen era sempre il primo ad intervenire nelle loro risse.

Aveva aperto addirittura un centro giovanile, proprio in W.E. Avenue, nel tentativo di riappacificare le parti.

In effetti, oltre che per rendere la città più sicura, lo faceva per rendere più sicura la vita di sua figlia Kelsie. Lei studiava a casa, e non era perciò coinvolta in quelle zuffe, ma come poteva farsi degli amici se gli adolescenti di quella non facevano altro che pestarsi tra loro?

-Certo, Evans. Fingi di non capire. Ma sappiate che so benissimo cosa succedeva qui. E vi consiglio di stare attenti e di dividervi immediatamente, altrimenti alla festa di mia figlia ci saranno parecchi invitati in meno, stasera!- avvertì il capitano.

Sbuffando e protestando, Wildcats e Knights si divisero, e tornarono ognuno nella "propria zona". Non volevano certo smettere gli scontri, ma avrebbero rimandato tutto a dopo la festa che si sarebbe tenuta quella sera al Centro Giovanile West-East.

*-*

-Non vorrai parlarmi ancora di quella Emma!- sbottò annoiato Chad tirando il pallone verso il cerchio di metallo appeso sulla porta del garage di casa Bolton –Ho capito, i suoi occhi blu sono profondi come un mare in tempesta, i suoi capelli color del grano lucenti come il sole e la sua pelle diafana è brillante come la neve!- riassunse, con un buffo atteggiamento pomposo che gli si addiceva poco.

-Descrizione davvero poetica, non ti facevo così romantico.- commentò Troy Bolton lanciando a sua volta il pallone e facendo canestro. Era un ragazzo biondo, di sedici anni come l’amico, con gli occhi verdi e il fisico abbastanza scolpito dal basket, lo sport che loro come gli Knights amavano di più al mondo –Davvero, un’ottima descrizione, se non fosse che i suoi occhi sono verdi, non blu. Sai, ha degli occhi così belli, così luminosi, sembra che…-

-Oddio Troy, basta!- esplose Chad –Non sei assolutamente sopportabile nella versione di amante disperato, e io in queste tre ore ho decisamente adempito al mio dovere di amico, perciò ora ti lascio a bollire nel tuo brodo, me ne vado e ti passo a prendere alle otto con Zeke.- Troy lo guardò confuso e Chad sbottò –Per la festa, ricordi?-

-Festa… Chad, davvero, non credo che sia il…-

-Taci Troy, se dici un’altra parola giuro che mi trasferisco alla West High e divento il migliore amico di Ryan Evans.- lo interruppe Chad, facendolo scoppiare a ridere –Mi spiace, non sento ragioni: ti passiamo a chiamare stasera, ciao.-

Troy lo salutò scuotendo la testa e tirò a canestro. Il pallone entrò nel cerchio di metallo e lui, recuperandolo, emise un sospiro.

Dopotutto, come poteva aspettarsi che Chad capisse?

Chad, con le sue mille avventure da pochi giorni ciascuna, come poteva comprendere cosa significasse per lui non essere ricambiato da Emma, non avere l’amore dell’unica ragazza che avrebbe mai potuto amare?

*-*

-E dai, stai benissimo!- sbuffò Taylor McKassy, seduta a gambe incrociate sul letto della stanza della sua migliore amica.

Gabriella Montez, una ragazza dai lunghi capelli neri mossi e gli occhi scuri, era in piedi davanti allo specchio, e si studiava con sguardo critico –Non so… rosa? Non mi convince.-

-Convince me. Non puoi vestirti sempre di azzurro, Gabry! E comunque, Ryan avrà altro da guardare che il colore del vestito.- aggiunse ridendo Taylor. Gabriella le lanciò un’occhiataccia e con un sorrisetto di scherno ribattè –Tu hai poco da prendere in giro, non hai diritto di parola finché esci con mio fratello.-

-Ma è diverso, io e Danny usciamo solo insieme, tu e Ryan ormai fate coppia fissa, no?-

-Certo, ci sposeremo a luglio.- scherzò Gabriella: per qualche ragione, non riusciva ad immaginarsi cosa si potesse intendere con "storia seria". Non sapeva se quella di lei e Ryan si poteva definire come tale… dipendeva da quanto tempo erano stati assieme? Dalla frequenza con cui si vedevano? O c’era qualcosa… qualcosa di più?

-Beh, ora vado, meglio… ci vediamo stasera, a che ora passate?- domandò Taylor alzandosi.

-Alle otto.- rispose l’altra soprappensiero.

Quando l’amica si chiuse alla porta dietro, uscendo, lei scosse le spalle liberandosi dal pensiero di Ryan.