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Autore: Nunki    04/02/2013    0 recensioni
Roberto è un piccolo naturalista che nel corso di questo breve racconto, tra piccole avventure e grandi scoperte, si renderà conto di quanto profondamente ami la natura e la sua magia.
Tre capitoli scritti in uno stile semplice, pensati per essere letti da un bambino (in età o anche solo nel cuore) appassionato di avventure nella natura.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Totalmente diversa dal mio solito stile di fan fiction, questo breve racconto è nato un anno fa come regalo di compleanno per una persona speciale che mi ha insegnato ad amare la natura. E' a te, quindi, che la dedico anche qui, in un tentativo di far riaffiorare alla memoria tutti i bei momenti che abbiamo vissuto insieme e che non torneranno più.

Mentre a voi che la leggerete per la prima volta auguro Buona Lettura, sperando che possa piacervi e farvi sorridere!

 

 

Sand Walk.

 

1.

 

 

La sua curiosità aveva ironicamente seguito il cammino dell’evoluzione in versione leggermente riassunta.

A quattro anni aveva scoperto che sulle sue mani vivevano centinaia e centinaia di esseri microscopici e che questi andavano lavati via tutte le volte che era pronto in tavola. L’idea di tante piccole famiglie che popolavano tante piccole casette invisibili sulle sue dita lo affascinò così tanto che pensò bene di evitare qualsiasi movimento brusco con le mani nel caso in cui potesse causare loro qualche disturbo. Ebbe anche la clemenza di non inondarli costantemente prima di ogni pasto, almeno fino a quando la madre non gli spiegò che avevano bisogno anche loro di un bel bagno come minimo cinque volte al giorno. Per mesi, comunque, continuò a camminare con i palmi all’insù e quando doveva stringere qualcosa lo faceva con la massima delicatezza.

L’anno successivo scoprì la magia delle piante. In un esperimento scolastico aveva seguito, giorno dopo giorno, la trasformazione di una lenticchia piccola e marrone in una piantina lunga, sottile e verde. Ovviamente decise di riprovare l’esperimento in casa con tutto ciò che riuscisse a trovare: dai fagioli all’aglio, dalle patate ai semi d’arancia fino ad alcuni bulbi di tulipano. Questi erano stati un regalo della madre come disperata richiesta di pace per il suo povero cortile disseminato di vasi e terreno e ormai non più praticabile da alcun essere umano che desiderasse mantenere i propri abiti puliti. Non tutti i tentativi di germinazione risultavano in un successo però e molto presto il suo rapporto con le piante mutò da puro amore a semplice interesse scientifico.

Arrivò poi l’ingresso nel regno degli animali e fu un’esplosione di novità e curiosità. Iniziò con le lumache che circolavano tra le sue piante e che attiravano la sua attenzione mentre piantava qualche nuovo seme o controllava la salute delle foglie tutto intorno. Passò ai lombrichi che lo aiutavano ad aerare il terreno come aveva letto in qualche guida al giardinaggio che gli aveva portato il padre e poi alle formiche che in lunghe file marciavano ordinatamente ovunque guardasse. Le trovava piuttosto divertenti soprattutto quando, lungo la fila zigzagante che procedeva in un’unica direzione, qualche formica si avventurava controcorrente. Poteva scommetterci che, dopo un iniziale saluto cortese ed educato, tutte le altre formiche si riunissero per deriderla. Ma lui era sempre pronto a sostenere quelle avventurose rivoluzionarie con qualche mollica di pane come incoraggiamento.

Venne poi il periodo del mondo marino quando, in gita con la classe, andò a visitare il suo primo acquario. Era veramente un mondo mostruoso ed affascinante, pieno di forme tra le più varie per colori e dimensioni. Rimase particolarmente affascinato dalle tartarughe marine e dagli squali che per lui risultavano molto più eleganti che spaventosi. Inutile dirlo, il giorno stesso chiese ai genitori se poteva avere un piccolo pesciolino rosso tutto per sé: arrivò in breve tempo con la sua boccia di vetro e nel giro di pochi anni altre specie acquatiche giunsero a tenergli compagnia in una teca molto più grande.

Anfibi, rettili, uccelli e mammiferi si ritrovarono tutti insieme ad interessare la sua curiosità quando scoprì i documentari televisivi e gli furono regalati i primi libri in materia. C’era così tanto da imparare e scoprire che si ritrovava spesso a trascurare i compiti per poter leggere di qualche nuovo affascinante vertebrato che con la sua sola esistenza gli rubava tutto il tempo. Per non parlare delle obbligatorie osservazioni sul campo che facevano correre le lancette dell’orologio a più non posso. Fortuna che il suo migliore amico era un portento in matematica ed insieme riuscivano a superare le varie prove scolastiche con risultati accettabili.

Negli anni, nonni, zii e genitori, gli avevano regalato quello che adesso poteva definirsi un vero e proprio zoo domestico e all’età di 12 anni, Roberto, poteva ritenersi piuttosto soddisfatto di gestire quell’interessante piccolo estratto del mondo animale. Se ne stava disteso per ore a pancia in giù sul tappeto, a fissare i movimenti della fauna locale e a prendere appunti sulle relazioni che intercorrevano tra una specie e l’altra e sui particolari che costituivano i singoli individui.

Quel giorno, annotava osservazioni sugli occhi del gatto.

Se faccio movimenti veloci, le pupille diventano subito più grandi.

Era l’unico appunto di rilevante interesse che aveva preso prima che con un verso innervosito il grosso felino dal pelo nero si alzasse e uscisse dalla stanza tutto impettito.

“Meo, dai! Fatti guardare per almeno dieci minuti!” gridò spazientito Roberto, voltandosi supino sul tappeto e rimanendo a braccia aperte; taccuino e matita ancora stretti tra le mani.

Charlie arrivò subito. Iniziò ad annusargli i piedi e salì velocemente fino al viso sulla cui guancia lasciò una generosa leccata.

“Grazie, ma oggi non ho bisogno di studiare te” gli disse, rimettendosi in piedi in un lampo e regalandogli una grattatina dietro l’orecchio. “MEO!” urlò poi, inseguendo il gatto.

Charlie, un cane dal pelo lungo e rossiccio, gli trotterellò dietro facendo sobbalzare la lingua al di fuori del muso.

“Roberto, organizza le tue ultime cose che tra mezz’ora partiamo”

“Ok, mamma” arrestò la caccia al felino e rientrò nella sua cameretta.

Questa era una sorta di museo naturale. Su di una parete erano appese delle teche contenenti insetti delle specie più disparate, ognuna etichettata con il proprio nome scientifico. Il suo pezzo preferito era un punteruolo rosso che era contento di possedere per la semplice soddisfazione di aver contribuito alla salvaguardia delle palme, prelevando l’esemplare dalla natura.

Su di un’altra parete piena di scaffali, sostavano decine di libri suddivisi a seconda dell’interesse che suscitavano in lui: in alto, più difficilmente raggiungibili, erano posizionati disordinatamente i libri scolastici, sul ripiano inferiore c’erano storie d’avventura frapposte a piccole riproduzioni in plastica di animali della savana, ed in basso l’ultimo scaffale era invaso da raccolte enciclopediche e fotografiche di zoologia poste alla rinfusa. Ciò che però denotava maggiormente il suo spirito naturalistico era la scrivania: come ogni altro bambino della sua età possedeva un computer ma nel suo caso questo era abbondantemente ricoperto da adesivi di associazioni ambientaliste e da guide naturalistiche poste in una pila al di sopra dello schermo. Inoltre, tra vari fogli scribacchiati e strappati, si poteva intravedere un vecchio microscopio ottico e una valigetta che conteneva un set per la conservazione degli insetti comprendente una lente di ingrandimento, barattoli e spilli entomologici.

Roberto riversò sul letto il contenuto del suo zaino e lo sostituì con una paio di guide al riconoscimento di artropodi e alberi, la lente d’ingrandimento e un libro che gli aveva regalato il padre come lettura estiva e che raccontava le avventure di un giovane futuro naturalista. Prese poi il taccuino e lo inserì in una tasca anteriore dello zaino insieme ad una penna e ai pastelli colorati: in questo modo poteva tenerli pronti all’uso se avesse dovuto appuntare qualche osservazione durante il viaggio. Mise la cartella in spalla e andò nel cortile dove prelevò Oscar dall’habitat che era stato la sua casa per quell’ultimo anno e lo spostò in un contenitore più piccolo che ricreava pressappoco le stesse condizioni di umidità.

Oscar era una Rana esculenta, o almeno questa era la nomenclatura che aveva trovato essere corrispondente alla foto più somigliante all’anfibio. L’aveva prelevata l’anno precedente da un piccolo stagno nei pressi della casa al mare con l’intenzione di studiarla comodamente durante il periodo scolastico e di riportarla poi nel suo ambiente naturale quando sarebbe ritornato in vacanza.

Dopo essersi assicurato che la vicina si sarebbe presa cura di Pallino (il suo criceto) e che sarebbe andata a versare una manciata di mangime per pesci nell’acquario almeno una volta al giorno, si avvio all’auto dove avrebbe dovuto sistemare per il trasporto il suo piccolo zoo.

Meo li avrebbe raggiunti la settimana successiva con suo padre che a causa del lavoro non poteva partire con loro quel giorno. Charlie aveva il suo comodo giaciglio nel portabagagli e pigro com’era, se ne sarebbe lamentato solo in caso di urgenti necessità fisiologiche. Oscar, nella sua boccia, poteva viaggiare sulle sue gambe e Lorenzo nel suo solito posto, agganciato al cruscotto accanto alla madre. Lorenzo non faceva esattamente parte del suo zoo anche se era ciò che di più simile ad una scimmia avrebbe mai potuto ospitare tra la sua fauna ed era sempre interessato ad osservarlo interagire con gli animali di casa. È bene specificare che l’oggetto di questo studio era suo fratello nato da poco meno di un anno ma già co-direttore onorario del giardino zoologico di casa.

Il paesaggio filò velocemente al di là del finestrino per le successive cinque ore. Di tanto in tanto, lungo le zone alberate al ciglio dell’autostrada, scorgeva qualche uccello particolare e non si tratteneva dall’urlarne la scoperta. Presto l’individuazione dei volatili divenne una gara tra lui e la madre e questo contribuì a rendere il viaggio molto meno noioso. Si fermavano regolarmente per soddisfare le varie esigenze del gruppo e fu durante una di queste soste che vide qualcosa di particolare muoversi tra l’erba alta. Trascinò la madre ed il fratello via dalla lunga fila per i bagni e andò a controllare: alla ricerca di qualche nocciolo, un piccolo scoiattolo dal manto scuro saltellava tra le foglie cadute, rovistando nel mezzo. Sarebbe stato veramente difficile sbagliare a identificarne la specie dato che sapeva perfettamente che in quella zona d’Italia ne esisteva solo una e cioè lo scoiattolo comune che, tra l’altro, proprio lì al sud era caratterizzato dall’avere quel pelo fulvo.

La madre corse a prendere la macchina fotografica nell’auto mentre lui rimase ad osservarlo, cautamente nascosto dietro ad un bidone dell’immondizia. Ne aveva visti diversi in foto sui libri e in movimento su internet ma mai uno dal vivo nel suo ambiente naturale. Era affascinato dai suoi occhi vigili e dalle zampe anteriori con i loro movimenti buffi che sembravano quasi esageratamente teatrali come quelli di un personaggio dei cartoni animati.

“Tieni, ho trovato anche qualche nocciolina in macchina” sussurrò la madre, ritornando. “Anche se non dovremmo dargli da mangiare, lo sai. Ma quelle carte unte che sta annusando non sembrano molto salutari”.

Roberto rise piano. Prese una manciata di noccioline e prudentemente si avvicinò allo scoiattolo facendo meno rumore possibile, lasciando indietro la madre ed il fratello profondamente addormentato nel carrozzino. Sentì una serie di scatti provenienti dalla macchina fotografica ed il rumore sembrò interessare anche lo scoiattolo. Roberto si voltò e fece gesto alla madre di non fare tutto quel fracasso mentre teneva ancora d’occhio l’animaletto sospettoso. Si inginocchiò e protese una mano piena di noccioline verso di lui ma dopo cinque minuti di attesa lo scoiattolo non sembrava ancora fidarsi della sua presenza. Così gli lasciò il cibo sull’erba ed indietreggiò fino a ritornare al nascondiglio a ridosso del bidone. Aspettarono un altro po’ e finalmente il simpatico amico peloso decise che era sicuro avventurarsi, annusò le noccioline e ne provò una. La macchina fotografica scattò a ripetizione e mentre la guancia dello scoiattolo si gonfiava per la presenza della frutta secca, Lorenzo decise di svegliarsi e rilasciare un urlo.

“Direi che è ora di andare” decise la madre, mentre lo scoiattolo si ergeva sulle zampe posteriori per capire cosa stesse accadendo. Roberto lo salutò animatamente e ritornarono in fila per accedere ai bagni.

Mezz’ora dopo proseguiva la loro caccia agli uccelli mentre l’auto correva veloce sulla strada e, quando il viaggio si concluse, Roberto poteva contare quarantadue individui scorti, cosa che però non lo rendeva il vincitore dato che la madre lo aveva superato di ben otto esemplari. Ma se il premio per la numerosità era andato a lei, certamente quello per il riconoscimento delle specie era il suo con un punteggio di nove specie classificate contro zero. Nell’elenco che aveva compilato comparivano addirittura un gheppio ed un piccolo falco.

Si sistemarono velocemente in casa, fecero arieggiare le stanze e Roberto dovette cacciare diversi gechi che nel corso dei mesi in cui l’abitazione era rimasta chiusa avevano preso possesso delle camere con sommo disappunto della madre che ne era terrorizzata.

Charlie si sistemò sul suo bel cuscino accanto alla finestra e si addormentò nonostante non avesse fatto altro durante tutto il viaggio. Posizionò Oscar su di una mensola nella sua stanza, avendo promesso al suo amico che l’avrebbe aspettato prima di liberare nuovamente la rana nello stagno e si gettò sul letto, ripensando allo scoiattolo e alla fantastica casualità che li aveva fatti incontrare in un posto così poco naturale.

   
 
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