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Autore: Lennyk192    04/02/2013    1 recensioni
Quinn lo studiò atterrita per qualche secondo, prima di urlare e riprendere a muoversi, tirando i ceppi con strappi violenti, con l'unico risultato di provare ancora più dolore.
Sentì la sua guancia bruciare quando uno dei demoni le assestò uno schiaffo da rivoltarle la faccia.
La testa vorticò e quasi svenne per la violenza dell'impatto, ma prima di scivolare nell'oblio qualcosa pizzicò i suoi polsi e gli avambracci e uno stupido pensiero le sfiorò la mente.
Il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From beneath you it devours'
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Capitolo 1: Ignorance is your new best friend





Corridoio in fondo a destra.
Sesto scaffale da sinistra.


I suoi passi risuonavano nella biblioteca silenziosa e l'impressione che tutti i presenti alzassero il proprio naso dai libri per lanciarle occhiate di fuoco non faceva che aumentare ad ogni metro.
Quinn Taylor cercò invano di spostare il peso sulle punte dei piedi, sentendosi allo stesso tempo goffa e ridicola e pensando che al più presto avrebbe dovuto presentare una lettera di protesta al proprietario dell'edificio, il quale pretendeva che le dipendenti miseramente stipendiate portassero la divisa color avio arricchita dalle schifosissime scarpe col tacco.
Neanche si trattasse dell'aeroporto JFK!
Certi accessori avrebbero dovuto giovarle, dato che la sua altezza raggiungeva miseramente il metro e sessantacinque, a differenza di tutte le altre donne della sua famiglia, ma in quel frangente non rappresentavano altro che un fastidio.

La studentessa minuta che le aveva domandato dove trovare il libro di Storia dell'arte volume 3, attendeva nell'atrio contorcendosi le dita per l'agitazione. Tipica reazione di chi si riduce a studiare all'ultimo minuto.
Quinn conosceva dannatamente bene quella sensazione, aveva passato così tanto tempo a lavorare per pagarsi la retta universitaria, che ormai era diventata una vera esperta in materia.


L'espressione disperata sul suo viso la costrinse ad affrettare il passo, per quanto possibile.
Imboccò lo stretto corridoio e sbirciò tra i milioni di titoli esposti.
Il tomo che cercava ovviamente si trovava in alto e Quinn guardò con aria sconsolata la ripida scaletta di legno affiancata allo scaffale. Pretendere che la gente salisse su quei mostri traballanti senza rischiare di rompersi l'osso del collo era una pazzia, ma decise di sacrificarsi per una buona causa.
"Coraggio Quinn, puoi farcela" disse a se stessa, pregando di non sbagliarsi.
Salì lentamente un gradino cigolante alla volta, rabbrividendo nella leggera camicetta bianca, quando un spiffero di vento la sfiorò dalla grande finestra in alto. Finalmente la sua mano agguantò il libro di finta pelle e la ragazza emise un sospiro di sollievo.
Mentre si apprestava a trascinare la scala al suo posto, un sibilo sferzò l'aria alle sue spalle e la fece voltare di scatto, con lo strano presentimento di essere osservata. Le succedeva spesso ultimamente.
Inoltre, più di una volta si era svegliata di soprassalto nel mezzo della notte, terrorizzata da qualcosa che non sapeva spiegarsi.
Qualcosa di oscuro che la riportava alla realtà strappandola al sonno.
Tuttavia il resto della biblioteca sembrava immobile e immutato nella sua tediosità, e la sua fastidiosa frequenza cardiaca raggiunse nuovamente i normali standard. 
Quinn scosse la testa, dandosi mentalmente della visionaria.


Poche ore più tardi, la ragazza lottava con se stessa per mantenere l'attenzione sul libro che aveva davanti. Fuori infuriava un forte temporale e i lampi illuminavano a intermittenza l'intero edificio, ormai quasi del tutto vuoto.
Se solo non ci fosse stato tutto quel rumore sarebbe riuscita a concentrarsi per cinque minuti sullo stesso paragrafo, invece continuava a distrarsi e a guardarsi intorno, neanche fosse una liceale svogliata.
Chiuse il pesante libro con un tonfo che riecheggiò tra le pareti ricolme di scaffali e sbuffò. Per terminare quei sei capitoli non avrebbe dormito per ameno due giorni, pensò risolutamente.
Le luci della biblioteca si spensero e riaccesero più volte e Quinn gettò un'occhiata confusa al suo orologio.
Oddio, le dieci e mezza!


Teoricamente avrebbe dovuto staccare dal lavoro tre quarti d'ora prima. Solo Mr Adams restava fino a tardi a controllare accuratamente tutti i corridoi e lei sapeva che tra poco l'avrebbe colta in flagrante. Fece per raccogliere le sue cose quando un rumore impercettibile alle sue spalle la immobilizzò sul posto.
In quell'istante ebbe la nettissima sensazione che ci fosse qualcuno dietro di lei, poteva sentirne il respiro contro il collo scoperto.
Se solo non si fosse fermata i capelli con quella penna...pensò irrazionalmente.
Cazzo, mettersi a riflettere su dettagli ridicoli e insignificanti è un chiaro sintomo di una crisi di panico!
Lo so, l'ho studiato.
"Ciao bambina" disse una voce gutturale alle sue spalle.
Le ginocchia le tremarono, mentre il resto del corpo s'irrigidiva lottando contro l'impulso di scappare.
Essere la figlia di un militare in certi casi dovrebbe aiutare, pensò deglutendo sonoramente.
Ora lo affronterò e...
Una mano callosa si poggiò sulla spalla, facendola voltare in malo modo. Il fiato le si bloccò in gola facendola quasi soffocare mentre alzava gli occhi sull'essere  mostruoso che aveva davanti.
Due spaventosi e vuoti occhi neri la fissavano come se fosse una succulenta bistecca di un chilo offerta ad un branco di cani affamati, la sua pelle era quasi color porpora con bizzarri simboli tribali, che sembravano incisi a fuoco più che tatuati, e la bocca era aperta in un ghigno diabolico da cui spuntavano un paio di canini decisamente troppo appuntiti per appartenere al genere umano.
Quinn liberò d'un colpo l'aria nei polmoni, cacciando un urlo acuto, mentre tentava di divincolarsi dalla stretta d'acciaio del mostro che ora rideva selvaggiamente...


La suoneria insistente del suo cellulare la fece sobbalzare e le note di I Can't Get Next To You le riempirono la mente.
Si era addormentata.
Era stato tutto un incubo.
Sollevò il capo dalla superficie dura del tavolo e diverse paia di occhi indagatori e scocciati le suggerirono che quel sonno non era stato dei più silenziosi. Ovviamente.
"Scusate" mormorò agli studenti seduti di fronte a lei.
Prese il telefono e uscì in fretta dalla porta d'ingresso, constatando soddisfatta che il temporale era stata tutta una sua invenzione e che fuori la sera era fredda, ma quieta.
"Sì, pronto?"
"Quinn tesoro, dove sei? Ancora al lavoro?" la voce serena e allegra della donna la tranquillizzò per un attimo.


Negli ultimi quattro anni, non potendosi occupare lei stessa della casa dei suoi genitori e con il Colonnello e sua madre sempre in giro per lo Stato, la loro domestica settantenne, nonché sua ex baby sitter, era l'unica custode della grande villa.
Vi si recava la mattina presto, arieggiava, spolverava e si dilettava ad utilizzare l'aspirapolvere in ogni angolo, prima di tornarsene nella casa in fondo all'isolato.
"Ciao Pamela, sì sono ancora alla biblioteca, ma stacco tra pochissimo. Qualcosa non va?"
"No, volevo solo invitarti a cena. Non provare a dirmi di no, signorina, perché so bene che quando sei sotto esame mangi si e no una barretta proteica al giorno" disse con tono di rimprovero.
Quinn sorrise.
Riusciva ad immaginarsela, con l'aria severa e quel cipiglio imbronciato, la mano sul fianco, nella posa che assumeva quando discuteva con qualcuno.
"In effetti ho ancora qualcosa da studiare..." qualcosa come sei capitoli "...ma credo di riuscire a passare. Grazie"
"Fantastico allora metto tutto nel forno e ti aspetto. Ci sarà anche mio nipote Cliff!" rispose entusiasta.
Con figlio e nuora in viaggio di nozze, il bambino le era stato affidato per un paio di settimane. L'ultima volta che Quinn l'aveva visto era piccolo come un fagiolo, sperduto fra le varie macchie chiaro scure dell'ecografia e sperava che crescendo non fosse diventato un diavoletto fastidioso come il figlio dell'amica Cassidy, il quale scambiava il sale con lo zucchero e il bicarbonato con la farina dando vita a disgustosi esperimenti culinari.
Riattaccò cercando di non ripensare a quell'incubo che l'aveva terrorizzata poco prima.
Aveva proprio una fervida immaginazione, cavolo!


                                                                                                                                       ***


La tremula luce della candela illuminava a stento la grande stanza, tra le cui pareti sembravano ancora riecheggiare gli ansiti e i sospiri, testimoni della passione appena consumata.
Una mano pallida e vellutata gli accarezzò il petto, prima che un paio di labbra gli catturassero maliziosamente il lobo dell'orecchio.
"Sei stupefacente" mormorò la donna stesa al suo fianco.
Un moto di repulsione improvvisa gli salì in corpo e s'irrigidì, pensando ancora una volta che l'essere blaterante nel suo letto non era altro che un succubo, la cui unica ragione di vita era appagare sessualmente uomini frustrati attraverso i loro sogni.
L'aveva sempre considerata piuttosto patetica, ma almeno in quanto ad esperienza Aud non mancava di nulla e lui trovava divertente la sua compagnia. Almeno quando teneva la bocca chiusa e non s'impicciava nei suoi affari.


"Alec? Mi stai ascoltando?"
La sua vocetta lamentosa lo riportò tra quelle quattro mura e il demone sospirò scocciato, prima di scostarla da sé in malo modo.
Solitamente si limitava ad annuire quando lei prendeva fiato, ma a volte le sue parole gli penetravano nella testa contro il suo volere.
"Purtroppo sì" mormorò più a se stesso che alla donna, che imbronciata si inginocchiò sul letto, facendo combaciare il suo petto all'ampia schiena di lui, intento a rivestirsi.
Per quanto sgarbato e bastardo fosse dopo il sesso, restava sempre il miglior partner avesse mai avuto e si reputava fortunata che le permettesse ancora di girargli intorno.
"Hai tempo per un altro round? Ho tutta la sera occupata dopo..." sussurrò, appoggiandogli mollemente la guancia sulla spalla.
Quasi si aspettava che la respingesse ancora, dato il suo caratteraccio, invece il demone si limitò a ghignare scuotendo la testa.
"Spiacente, se tutto è andato come previsto, tra poco sarò ad attaccare un covo" la informò soddisfatto, pregustando la sensazione di beatitudine che avrebbe seguito la battaglia.
Aud non commentò né domandò a cosa si riferisse, lo sapeva già.


Erano secoli che la guerra tra le due diverse fazioni di demoni creava scompiglio in tutti gli Inferi.
Ormai chiunque sapeva che in presenza di un demone della rabbia e uno della vendetta la cosa migliore da fare era defilarsi.
Come capitava sempre nel mondo degli umani, le cause di tale situazione erano attribuibili ad una donna, sebbene i Signori di entrambi i clan si fossero rifiutati categoricamente di riconoscerlo pubblicamente e il tutto fosse stato ricondotto alla politica.
Circa trecento anni prima Dahak, il capo dei demoni della rabbia, era riuscito a ferire a morte il suo nemico millenario.
Paranoico com'era, il comandante del clan avverso, si era precedentemente coperto le spalle rivolgendosi a potenti stregoni, praticanti di magia oscura.
Si diceva infatti che il suo corpo fosse stato accuratamente conservato da una sorta di maledizione a carico dell'assassino di turno, in attesa di qualcosa che potesse riportarlo in vita, nuovamente in forma e pronto a guidare i suoi figli in battaglia. Nonostante questo, i demoni della vendetta non si erano tirati indietro e avevano risposto colpo su colpo ogni agguato da parte degli altri.
C'era da concederglielo, pensò Aud, avevano fegato.


Qualcuno bussò violentemente alla porta e la voce imperiosa di Kegan irruppe nella stanza.
"Ehi, Raggio di Sole, muovi il culo e trascinati fuori. Ci sono delle novità!" esclamò dall'altra parte del legno robusto.
Alec ordinò alla donna di rivestirsi e continuò ad assicurarsi i pugnali al petto.
Immaginava che tipo di notizie avrebbe ricevuto e un sorrisetto gli si dipinse sulle labbra prima che uscisse, ignorando volutamente il sarcastico 'ci vediamo, eh' di Aud.
"Ti avevo detto di smettere di frequentare quella vipera rossa" lo accolse il gigante bruno fermo davanti al suo appartamento, indirizzando il suo sguardo verso la figura nella penombra.
Completamente vestito di pelle nera, Kegan sembrava uno di quei depravati fanatici della frusta, mentre la sua carnagione scura e i capelli rasta che gli ricadevano rigidi sulle spalle, gli ricordavano Bob Marley nella sua versione peggiore.


Il demone lo squadrò aggrottando la fronte "Da quando mi dai ordini aspettandoti che io li esegua?" rispose cercando di accantonare il fastidio procurato dal suo atteggiamento ostile.
Kegan era l'essere che più si avvicinava ad un amico che lui avesse al momento, ma era anche un soldato di suo padre e Alec sapeva che i suoi, in realtà, erano ordini 'dall'alto' che dovevano essere riferiti assolutamente.
"Non essere idiota, sai che dei succubi non ci si può fidare. Ti entrano nella mente e rubano informazioni..." 
"Dacci un taglio K, mi hai già stufato" lo interruppe bruscamente scuotendo la mano nervosamente.
"Ehi, fai come ti pare" riprese l'altro alzando gli occhi al cielo "Dico solo..."
"Niente. A meno che non si tratti di qualcosa di interessante"
Tra i due cadde un silenzio pesante e Alec vide gli occhi del demone farsi più scuri, segno che cercava di calibrare la rabbia per evitare di spaccargli la faccia.
In certi casi essere figlio del capo era una figata pazzesca!


"I miei uomini hanno seguito alcuni demoni della vendetta fino al Varco Dimensionale che si affaccia in Blaker St, davanti alla biblioteca umana, si recavano lì ad intervalli regolari, ad orari precisi" iniziò il demone, rilassandosi un po'. "Credo che siano interessati a qualcuno in particolare, ma non sono riuscito a capire perché" continuò rimarcando le ultime parole con tono rabbioso.
"Mmh" rispose distrattamente Alec, sinceramente annoiato.
"In ogni caso pare che sia una femmina. L'hanno presa verso mezzanotte, in un quartiere residenziale di Rhode Island"
"E' importante?" domandò l'altro scrollando le spalle.
"Dovresti sapere che nessuno di noi si preoccuperebbe tanto di un umano se non fosse collegato a qualcosa di importante"
"Nient'altro?"
"Ovviamente. Uno di loro ci ha gentilmente indicato il rifugio in cui lei si trova" ammiccò sorridendo maligno, e mostrando le zanne appuntite. Emanava quasi gioia all'idea di dover combattere.
"Perché non me l'hai detto subito, invece di rompere le palle con i dettagli inutili?"
"Perché sono davvero convinto che ci sia sotto..."
"Staremo a vedere. Intanto andiamo a divertirci!"
  
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