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Autore: Sam Lackheart    04/02/2013    2 recensioni
Odiava molte cose dell' americano, e come avrebbe potuto essere altrimenti? Era così inutile, megalomane, egocentrico, casinista ... E così incredibilmente poco incline al socialismo da rasentare la follia.
Ma c' era una cosa che il russo odiava più di tutte, e non riusciva neanche a spiegarsene il motivo: non c' era niente di irritante in loro, ma non riusciva a sopportare la vista dei suoi stupidi occhiali.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Odiava molte cose dell' americano, e come avrebbe potuto essere altrimenti? Era così inutile, megalomane, egocentrico, casinista ... E così incredibilmente poco incline al socialismo da rasentare la follia. 
Ma c' era una cosa che il russo odiava più di tutte, e non riusciva neanche a spiegarsene il motivo: non c' era niente di irritante in loro, ma non riusciva a sopportare la vista dei suoi stupidi occhiali.
Li fissava ogni volta che era costretto ad ascoltare quelle noiose e inutili riunioni, anche se spesso e volentieri si ritrovava ad osservare gli occhi che distorcevano, azzurri come i pochi cieli sereni della sua capitale.
Ma tornando agli occhiali, non riusciva a sopportarne neanche l' esistenza.
Per questo decise di porre fine a quell' irritante problema in maniera piuttosto ... Pragmatica, ecco.
 
"America" lo chiamò, risoluto, dopo alcuni minuti che lo seguiva, quando cioè fu sicuro che tutte le altre nazioni fossero sparite.
"Uh?" Alfred si girò, con la faccia più beota che il russo gli avesse mai visto usare, eppure era sicuro di averle osservate tutte, di nascosto da tutti.
Si avvicinò velocemente, fermandosi quando fu abbastanza vicino da prendergli gli occhiali, sfilarglieli velocemente e sbriciolarli tra le mani. Sentì quasi subito il sangue colargli dalle lacerazioni causate dal vetro in frantumi che si ostinava a stringere sempre più forte, come se non fosse abbastanza.
Osservò attentamente il volto infantile dell' americano, come se non si capacitasse di tutto quello che era appena successo.
Si leccò le labbra, riuscendo finalmente a capire il senso della frase "godersi il momento", che tanto vanamente aveva sentito ripetere. 
"Perchè l' hai fatto?" chiese il biondo, con il tono più infantile che Ivan avesse mai sentito.
Non rispose, allargando il sorriso. Aveva messo il broncio? Una nazione! Aveva appena messo il broncio!
"E' davvero importante il motivo?" chiese serafico, trovando quasi l' apoteosi dei sensi nel suo sguardo confuso. Gli venne voglia di toccarlo e, siccome tutto ciò che voleva avveniva, gli afferrò il mento con una mano, senza staccare gli occhi dei suoi. Iniziò a stringere, ignorando le proteste che arrivavano deboli e deformate al suo orecchio: era totalmente focalizzato sulla sensazione di completo dominio sull' altro che, seppur fittizia, sentiva chiara rimbombargli nel petto. Sentiva vagamente le mani dell' americano graffiare sulla propria nel patetico tentativo di liberarsi. Era completamente in suo potere, completamente suo.
Con un gesto veloce gli lasciò il mento e gli afferrò una mano, trascinandolo verso di lui. Sentiva il suo respiro caldo cadergli sul collo, i suoi capelli solleticargli le labbra e vedeva gli occhi dell' americano poggiarsi vagamente terrorizzati sul suo volto. 
Gli sembrò lecito continuare. 
Sentì la sensibilità tornargli nella mano sinistra - quella dove teneva gli occhiali ormai sbriciolati - diede una rapida occhiata a ciò che ne era rimasto e poggiò quella che ormai era una montatura semidistrutta e rossastra sul suo naso, lasciandogli la mano e allontanadolo bruscamente.
L' americano ci mise un pò prima di rendersi conto di quello che era successo e, quando ritornò in sè, Ivan era sparito. Vide un lembo della sua sciarpa sparire velocemente dietro l' angolo.
"Aspetta un attimo!" urlò, correndogli dietro. Nonostante il vantaggio dell' altro, lo raggiunse con poche falcate.
"Cosa vuoi?" chiese aspro il russo, senza neanche curarsi di fermarsi.
"Questo dovresti dirmelo tu"
"Odio i tuoi occhiali, così come odio qualunque cosa ti appartenga vagamente, quindi li ho distrutti" spiegò semplice, alzando le spalle.
Alfred non riusciva a credere alle sue orecchie, e decise subito di vendicarsi, senza che il pensiero della sua infantilità o del pericolo imminente lo sfiorasse. Aveva imparato a conoscere abbastanza il russo per capire i suoi subdoli giochi di potere che gli donavano sensazioni sconosciute ai più, ma non lo conosceva abbastanza per comprenderne il pericolo, o forse in quel momento semplicemente non gli interessava.
Fatto sta che gli prese un lembo della sciarpa - quello che aveva visto sparire prima - e iniziò a tirarlo. Non ci volle molto per scatenare la risposta del russo, che lo prese per il bavero della giacca e lo sbattè violentemente al muro più vicino.
Alfred sorrise, nascondendo il dolore, conscio di aver trovato il suo punto debole. Senza staccare gli occhi da quelli violetti dell' altro continuò lentamente a tirare la sciarpa, fino a quando non se la ritrovò tutta tra le mani.
Ivan non riuscì ad impedirgli di farlo, paralizzato dalla rabbia e dall' istinto omicida che per tanti anni aveva cercato di reprimere, almeno formalmente. 
"Tu, stupido idiota di un americano, non puoi neanche lontanamente immaginare ch-" la sua vana minaccia si bloccò a metà: Alfred aveva inziato, senza alcun motivo apparente, a baciargli il collo nudo, provocandogli fastidiosi e piacevoli brividi. Come poteva la grande Russia tremare? Era insostenibile. Cercò inutilmente di divincolarsi, ma si ritrovò stranamente indifeso. Sentiva le mani dell' americano tra i capelli, e il dolore piacevole di questi mentre venivano tirati.
Se non poteva tirarsi indietro, avrebbe almeno contrattaccato, si disse il russo, bloccando come aveva fatto poco prima il mento dell' altro contro il muro, questa volta con la mano insangiunata. Lo osservò per un istante, fotografando lo sguardo indecifrabile che gli stava rivolgendo, l' azzurro dei suoi occhi, il sorriso beffado e il colore del suo sangue che sembrava chiaro a contatto della sua pelle. Senza pensarci neanche un attimo, leccò via dal collo dell' americano il suo stesso sangue fino ad arrivare alle sue labbra, morbide sotto le sue, stranamente calde. Il russo non era abituato a tutto quel calore, e lo trovò stranamente piacevole. 
Era lecito, normale, auspicabile, giusto?
Nessuno dei due lo sapeva, nè se ne curava particolarmente, reciprocamente impegnati a togliersi i vesiti di dosso, senza separare le loro labbra che, avide, cercavano di ferire le altre. 
Era una guerra, come lo era stato già in precedenza.
Solo, meno fredda. 
 
 
*** noticciuole ***
Da, amo la RusAme.
Colgo l' occasione per ringraziare pubblicamente SnowBlizard, che ancora continua a recensire i miei scleri. Sei adorabile, davvero!
  
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