Vuoto.
Tutto quello che sentivo, era il vuoto.
Quando camminavo, quando respiravo, quando dormivo: il vuoto mi perseguirava, riempiva la mia vita.
E io non reagivo, mi scioglievo dentro quel vuoto; volevo cambiare, ma non cambiavo. Volevo riempire, ma non riempivo.
Era tutto di un grigio smorto, quasi biancastro. Non era come il grigio
che piaceva a me, quello era vivo, e pur essendo grigio pulsava di
vita, sembrava sempre sul punto di scoppiare e rilasciare miliardi e
miliardi di colori. Quella ero io: dento ero così piena di
colori, di sfumature, di particolari, ma non riuscivo ad esplodere.
Ed ecco il vuoto, il grigio smorto e stagnante. Che quasi ti
deprime a vederlo. Ti entra nella pelle, e ti impedisce ancora di
più di esprimerti.
Mi sentivo così sola, così abbandonata a me stessa: a
nessuno piace il grigio, il grigio mette tristezza. Eppure racchiude
così tante cose,quel grigio che voi odiate.
Forse è per questo che nessuno mi parlava, la sciarpa che
indossavo era grigia, tutto intorno a me era grigio. Entrando nella
loro vita avrei colorato tutto di un triste grigio, ed erano spaventati
dal monocromo.
Nessuno aveva mai provato a portare un po' di colore nella mia vita.
Mia madre era troppo impegnata col suo importante lavoro, aveva fatto
carriera nel suo ufficio, era quello che desiderava: io non avevo
nessun diritto di rovinarle il sogno, ma a me chi ci avrebbe pensato?
Mio padre se n'era andato tempo prima, mia madre non aveva bisogno di
nessun'uomo: le bastava se' stessa. Mio padre si sentiva solo, e aveva
pensato bene di andarsene e lasciare me in balia di quel grigio. Ora
lui aveva una bella famiglia ed era felice.
Ma ancora una volta: a me, chi avrebbe pensato?
Non condividevo niente con nessuno, io non sapevo niente di mia madre e
lei non sapeva niente di me. Mi decolorai diversi ciuffi di capelli e
li tinsi di rosso, lei nemmeno se ne accorse. Non c'era mai.
Mi ci rassegnai, alla fine perchè avrei dovuto rovinare il suo bel multicolor col mio monocromo.
Mi sentivo come un fantasma, non avevo uno straccio di ambizione,
niente. Anche la voglia di vivere mi era passata, oramai era tutto
così.... vuoto.
Camminavo con le cuffie alle orecchie, sentivo la musica ma la musica
non riusciva a penetrare fino in fondo: forse perchè un fondo
non c'era, dentro non c'era niente.
Camminai fino al fiume. Era un buon posto dove ritrovare se' stessi, ma
io non ci ero mai riuscita, e ci rinunciai dopo un po'. Mi piaceva
comunque andarci, era l'unico posto che davvero mi faceva sentire
qualcosa e mi ridava un po' di speranza. La tranquillità, il
verde degli alberi e l'acqua cristallina, scavavano nel mio grigio e
per un po' mi facevano sentire umana. Poi l'effetto svaniva, e
bisognava ricorrere alle maniere forti, lo dimostravano tutti i tagli
sul mio corpo. Ognuno di quei tagli era una piccola conquista in un
certo senso, voleva dire che ancora riuscivo a sentire qualcosa. Ma il
loro efferro lentamente svaniva, come quello delle chiome smeraldine e
l'acqua: il grigio invadeva, devastava ogni dannata cosa.
Quel giorno era più grigio del solito.
Mi sedetti sulla riva del fiume, vi immersi i piedi. Quando lo facevo mi sentivo sempre rinascere, fresca. Ora niente.
Mi sdraiai, e sentivo che le forze mi abbandonavano. Non ero sicura se
fosse il sonno oppure la morte, ma non mi importava. Niente più
importava, ma non era colpa mia. Io avrei tanto voluto sopravvivere, ma
nessuno mi ha salvato.
Mi avete ucciso.... quasi.