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Autore: Nihil_    05/02/2013    2 recensioni
Salve a tutti! Questa storia parla dell'amore che nasce tra due ragazzi: Giuliano e Alessandro! Spero vi piaccia, buona lettura!
"Tu mi avevi scelto, ed io ti appartenevo incondizionatamente. Nulla era nei piani, ma hai avuto la forza di trasformare un giorno ordinario in qualcosa di sublime."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Questa storia è ispirata dall'amore che lega il mio migliore mico al suo ragazzo. Grazie a lui ho capito che se una persona riesce ad amarti quanto nessun'altro riuscirà mai, allora è l'amore della tua vita.  
Consiglio di ascoltare QUESTA canzone durante la lettura :D

Questa non è una storia facile.

Ho sempre saputo che fossi tu l'amore della mia vita. 
Tu mi avevi scelto, ed io ti appartenevo incondizionatamente. Nulla era nei piani, ma hai avuto la forza di trasformare un giorno ordinario in qualcosa di straordinaria. Quel 2 Giugno 2010 poteva essere anonimo come tanti altri anonimi giorni, invece, tornando a casa e accendendo il pc, avevo trovato un messaggio inaspettato: "Ciao, ho notato che abbiamo molti interessi in comune. Se ogni tanto ti va di fare quattro chiacchiere, a me farebbe piacere".  Anche in quello avevi ragione. Abbiamo tanto in comune: libri, film, musica. Anche i sogni abbiamo messo in comune: i tuoi desideri sono diventati i miei ed i miei sono diventati tuoi. Quel 2 Giugno ti risposi: "Hei, è vero che ci piacciono le stesse cose! Credo che andremo d'accordo".  La giornata la trascorsi pensando a te e mi parve strano. Ancora non ti conoscevo e avevo un enorme desiderio di farlo. Quasi mi dimenticai che proprio quel giorno fosse il mio compleanno. Uscii con i miei amici per festeggiare e forse bevvi un po' troppo, come sempre. Di sera mi misi nel letto; non accesi la televisione, ma mi girai dalla parte opposta, verso la parete viola chiaro e ripetevo in mente il tuo nome: Alessandro.

Per un paio di mesi abbiamo parlato del più e del meno, di me e di te, forse di noi. Ci siamo raccontati un po' delle nostre vite e abbiamo imparato a conoscerci. Abbiamo capito che, al di là delle cose che avevamo in comune, c'erano tante cose che non potevamo capire l'uno dell'altro, quasi come fossimo due facce della stessa moneta. 
Io: Giuliano, 17 anni, quasi 18. Lecce. Quarto anno di liceo, aspirante scrittore. Nonostante fossi la persona più svampita del mondo, mi regolavo con una fredda razionalità, ma tu avevi capito che non sempre era sincera, che lo facevo solo perché non mi piaceva espormi, perché nessuno doveva sapere che poteva farmi del male. Talvolta le persone avevano paura della mia irascibilità, e a me quasi faceva piacere. Solo Chiara, la mia migliore amica, era al corrente di tutta la verità, e tu ormai conoscevi Chiara senza averci mai parlato, perché io e te parlavamo di tutto e di tutti. 
Tu: Alessandro, 22 anni. Roma. Studente di medicina, aspirante neurochirurgo. Sei sempre stato passionale e solare. Non ti sei fatto mai travolgere da qualcosa in pieno, concedendoti del tutto, ma hai sempre preferito prendere le cose alla leggera, perché neanche a te piace soffrire. Siamo un po' gli opposti io e te, ma a me non ha mai spaventato questa cosa. Tu parlavi di me a Martina e Diego, tuoi inseparabili amici. Martina era una promettente ballerina, Diego un fumettista emergente. Ti sono sempre stati vicini, da quando eri piccolo e perdesti tuo padre. 
Sapere l'uno la vita dell'altro diventò quasi indispensabile, e ogni sera bisognava assolutamente scambiarsi quattro parole almeno per non farmi sentire la tua mancanza. Eri diventato indispensabile: tutto quello che mi accadeva in una giornata era irrilevante se non potevo condividerlo con te, e per questo il mio migliore amico diventò lo schermo del pc e la cosa che più mi interessava era la tua immagine formata dai pixel. In  questo clima, dopo un'estate passata tra di noi, iniziai il mio ultimo anno di liceo che non mi sembrava tanto diverso da tutti gli altri. Tu partisti per Londra. Ricordo ancora che per due mesi non parlammo, non ti era permesso usare internet. Dovevi tenere degli esami sulla tecnologia microchirurgica, o qualcosa del genere. Non mi interessava molto quello che stavi facendo, ma mi interessava che per quei due mesi non potevo parlarti. Mi disabituai del tutto ad usare il pc, poiché non mi serviva più di tanto. In quei due mesi le mie giornate procedevano tutte allo stesso modo: scuola, casa, bar. Dopo la seconda settimana dalla tua partenza, salii in soffitta e ritrovai una vecchia macchina da scrivere impolverata. La rimisi a nuovo e fu proprio con quella macchina da scrivere che intrapresi la stesura del mio primo romanzo. Volevo scrivere una storia d'amore originale, che fosse sofferta ma appagante. Ogni giorno che passava i miei personaggi prendevano forma e carattere e la storia sembrava intraprendere la giusta strada. Dopo due mesi ero contento dei miei primi 6 capitoli. Tu ovviamente fosti il primo a leggerli,dopo averli ricevuti per posta, e mi incoraggiasti a continuare. Mi dicesti che avevo trovato la mia strada, che il mio lavoro sarebbe stato quello di raccontare storie.

Più tempo passava e più mi rendevo conto che non eri più semplicemente 'il mio amico' Alex, ma eri molto di più: eri diventato forse l'unico di cui mi importasse qualcosa. Ogni tanto mi sentivo un pazzo perché cominciavo a pensare che tu non esistessi, che io avessi bisogno di qualcuno come te e che quindi l'avessi inventato. Poi trovavo un tuo messaggio con scritto "Ciao piccolo. Cosa mi dici di bello? Se qualcuno ti ha fatto arrabbiare anche oggi, dimmelo e ti sistemo io tutti i problemi" e sapevo che eri solo dall'altro lato del pc e che forse anche tu avevi smesso di considerarmi come un semplice amico, ovviamente non mi dispiaceva. 

Io avevo quasi finito il liceo quando mi dicesti "Sai, credo che dovremmo vederci. La settimana prossima sarà il 2 Giugno e credo sarebbe carino se ci incontrassimo". Il giorno dopo andai in stazione, comprai dei biglietti diretti per Roma. Quei sei giorni di attesa furono i più lunghi della mia vita. Mi sentivo come un bambino che vede i regali sotto l'albero, ma non può aprirli finché non arriva il giorno di Natale. Bene, anche io avevo il mio regalo e non dovevo far altro che aspettare Natale. Il 2 Giugno arrivò e io mi misi nel treno, arrivai a Roma e davanti le porte della stazione ti vidi e senza controllarmi ti corsi in contro e ti abbracciai tanto forte come se avessi dovuto recuperare tutti gli abbracci che non avevo potuto darti per tutto l'anno precedente. La giornata fu intensa e stancante. Girammo tutta la città e desideravo che quei momenti durassero in eterno, ma la sera arrivò e il mio treno partiva a mezzanotte e venti. Allora ci avviammo verso la stazione e mentre camminavamo mi prendesti la mano. Mi girai dalla parte opposta per non fati notare il rossore delle mie guancie, ma quando mi voltai di nuovo notai il tuo sorriso compiaciuto che quasi mi prendeva in giro. Arrivammo al binario e il treno era già lì; c'erano troppe cose che non ci eravamo detti. La voce metallica annunciava che il treno era in partenza. I miei occhi verdi rimanevano piantati nei tuoi neri. Ancora la voce registrata mi sollecitava a salire sul treno. Anche tu volevi dirmi troppe cose e non sapevi da dove cominciare. Capimmo entrambi quale fosse il modo per dirsele tutte in dieci secondi: chiusi gli occhi e mi ritrovai le labbra sigillate nel bacio più morbido e caldo che avessi mai ricevuto. "Alex, io ti..." non terminai la frase. "Anche io, Giù", sorridesti mentre quasi mi spingevi nel treno. Per tutto il viaggio rimasi con gli occhi spalancati a fissare il vuoto, felice. 

Quella frase interrotta non è stata mai più ripresa in nessuna delle nostre conversazioni, ma i toni erano diventati più intimi, i colori più caldi e l'aria più profumata: eravamo diventati come i personaggi del mio libro che ormai volgeva quasi al termine, eravamo innamorati e questo ci faceva stare bene, ma lo eravamo troppo per rimanere separati. Sopportavo la lontananza e sopportavo il tuo far finta di nulla quando provavo a ricordarti di quello che volevo dirti in stazione. Ci eravamo scambiati i ruoli: io ero diventato impulsivo e passionale, tu pensieroso e razionale. 

L'estate fu fiacca: dopo essermi diplomato andai in Spagna con Chiara per due mesi e diventammo un tutt’uno con la movida di Madrid. Tu avevi le sessioni estive di esami, quindi decisi di lasciarti un po' in pace per non distrarti dal tuo studio. A Settembre mi iscrissi alla facoltà di Lettere.

Non parlavamo quasi mai al telefono, ma quella notte di ottobre mi chiamasti. Io alzai il telefono dal comodino e lessi il tuo nome. Mi chiesi cosa potessi volere alle tre e un quarto. L'unico modo che avevo di togliermi il dubbio era rispondere. "Hei Alex" dissi con voce assonnata. "Sei impegnato?" mi dicesti tu preoccupato. "Che impegni posso avere a quest'ora?", seguirono dieci secondi di interminabile silenzio poi ti decidesti a parlare e quasi sussurrando dicesti "Giuliano, io ti amo". Sapevo che saresti stato il primo a dirlo, sapevo che mi avresti anticipato. "Anche io ti amo, Alex". Mi augurasti una buona notte e staccasti, ma ormai non avevo più alcuna voglia di dormire perché in quel momento la mia vita era diventata più bella. Mi misi a fissare il soffitto sorridendo. 

Nei mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio e Febbraio terminai il mio libro. Quando lo leggesti avevi paura che io potessi diventare ricco prima di te, che avevi ancora tanta strada da fare. Ricordo che quelli furono i mesi in cui desiderai vederti ogni giorno ed ogni giorno te lo facevo presente. Tu dicevi che per te era la stessa cosa, che soffrivi, ma di solito eri tu a consolare me. 

La seconda chiamata importante l'ho ricevuta un sabato sera di Febbraio. Ero in giro con Chiara, eravamo andati al bar a bere una birra, come al solito. Ancora una volta lessi il tuo nome e tranquillamente risposi. "Dobbiamo parlare". Come potevi aver detto quella frase? Sentivo nella tua voce un tono malinconico e straziato, allora mi preparai al peggio. "Giù, io non ce la faccio più, ci tengo troppo a te ed è proprio per questo che sto male. Non posso continuare così, quindi è meglio se per un po' non ci sentiamo. Ti prego, cerca di capire". La chiamata terminò così, io non ebbi né il tempo né il coraggio di rispondere. Rimasi con la bocca spalancata a fissare Chiara che mi chiedeva preoccupata cosa succedesse. La abbracciai e piansi. Passai la notte infilato nel suo letto. Lei mi accarezzava la testa e mi sorrideva. Mi addormentai. 

Nei mesi successivi sentivo una sensazione di vuoto che mi lacerava e Chiara mi aiutò ad andare avanti nonostante tutto. Le pagine del mio libro bruciarono e nonostante sapessi che prima o poi me ne sarei pentito, mi fece sentire meglio. Non ebbi più notizie di Alex. Le nostre vite si erano separate del tutto. Ed io avevo perso ogni speranza. 

Ma il 2 Giugno del 2012 mi resi conto che davvero la speranza è l'ultima a morire. Alle undici di sera ero seduto sulla poltrona a leggere un libro, quando sentii qualcosa che picchiettava contro la finestra. Mi affacciai ed incredulo vidi te, Alex, che come ogni amante che si rispetti mi lanciavi i sassolini alla finestra. Infilai di fretta e furia qualcosa addosso e scesi. Ti corsi incontro e, senza pensarci due volte, ti diedi un pugno in faccia. Tu non eri neanche sorpreso e ti limitasti a dire "Me lo merito". Litigammo, urlammo, ma ti amavo e tu mi amavi. Mi bastava questo. Ti baciai con passione e tu ti abbandonasti completamente al mio volere. Ti presi per una mano ed iniziai a correre per le strade notturne. Ti portai in spiaggia e ci mettemmo a guardare le stelle, ma come pretendere che la situazione non si scaldasse.. Dopo quello che fu il bacio più lungo della mia vita, fissai le stelle mentre mi abbandonavo al piacere. Chiusi gli occhi e mi concentrai solo sulle nuove sensazioni che provava il mio corpo. 

"Apri gli occhi, Giù", mi sussurravi.

"...", non rispondevo.

"Giuliano, dai, apri gli occhi"

"..."

"Aprili"

 

Aprii gli occhi, dal mio letto vidi il pc poggiato sulla scrivania e guardai l'orario: due e ventinove. Poi vidi la data: 2 Giugno 2010.

   
 
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