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Autore: _rainbow_    05/02/2013    13 recensioni
Edward e Bella non potrebbero essere più diversi tra di loro, eppure come spesso avviene sin dal loro primo incontro qualcosa li unisce.
Un legame che li accompagnerà lungo una strada tortuosa, quella dell'amore negato.
Perchè Edward ha combattuto molte guerre, ma la più grande deve ancora affrontarla: fidarsi di Bella e lasciarla entrare nella sua vita.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buongiorno ragazze!

Introduco questo piccolo prologo, dicendo alle lettrici che già mi conoscono di non preoccuparsi, che non sto trascurando la mia storia "Un amore tra le onde". Ho quasi terminato di scrivere il nuovo capitolo e a breve lo posterò. Purtroppo mi sto riappropiando un pò alla volta della storia, e non volendo "sciuparla" preferisco impiegare più tempo per la sua stesura, ma farlo bene.
Questa nuova storia, invece, nasce da un tipo di lettura che ultimamente è approdata in casa mia grazie a mio marito: la narrativa di guerra. Devo dire che ne ho letti solo un paio di romanzi, ma è bastato perchè la mia fantasia iniziasse a lavorare per coniugare il genere con il mio preferito: ossia il romantico.
A mio marito è venuto da ridere, ma nello stesso tempo mi ha assicurato che non si esimerà dal leggerla anche se sa già che alla fine prevarrà la parte che si addice meglio al mio spirito. Io ho giurato di non esagerare... ma credo che mi conosca davvero troppo bene e sa che è una battaglia già persa in partenza!
Alle nuove lettrici, do un caloroso benvenuto e spero di poter eventualmente conoscere un vostro giudizio.
Se avrete delle domande da pormi, sarò ben lieta di rispondere.
Un bacio.
Roberta





Questa storia è per te, Leo, che la tua battaglia l'hai combattuta da vero eroe.
Con amore
Roberta

 










28 Dicembre 2007 - Hamilton - Montana



- Domani riparto per Seattle.
Sganciata la bomba, Bella era rimasta immobile a fissare la linea sempre più scura dell'orizzonte.
Edward aveva guardato furtivamente la ragazza di fianco a lui appoggiata allo steccato: per la prima volta da quando era arrivata, tre settimane prima, Bella aveva evitato il suo sguardo. Gli aveva dimostrato un chiaro interesse da subito, cioè da quando si erano conosciuti a Seattle tre mesi prima, in occasione del matrimonio di Emmett con sua cugina Rosalie.
- Ah, non lo sapevo.
Aveva sollevato un piede sullo steccato, chiedendosi perchè mai quell'informazione lo avesse gettato nel panico. Sapeva che prima o poi Bella sarebbe andata via, ma perchè così all'improvviso? L'ultima settimana che aveva trascorso con lei, quella di Natale, era stata la più felice che ricordasse da... da sempre, forse.
Per lui, Natale era sempre stato un giorno come gli altri: una festa di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Che l'avesse trascorsa con sua madre nel loro misero appartamento, o nella topaia in cui aveva vissuto con altri disperati come lui, non aveva mai saputo cosa significasse trascorrerlo piacevolmente come era stato quell'anno.
Era sopravvissuto trent' anni senza provare certe sensazioni, perchè quindi all'improvviso era triste all'idea che fosse passato così velocemente?
Per Isabella Swan, ecco perchè.  
Perchè era mille volte più bella di qualsiasi ragazza avesse incontrato prima e perchè c'era in lei molto di più rispetto a quello che dava a vedere. C'era il suo modo di essere sensibile, o di guardarlo dritto negli occhi senza paura di nascondere le sue emozioni, o di apprezzare la sua compagnia anche se lui aveva da offrirle solo dei lunghi silenzi.
Lo aveva conquistato, nonostante lui avesse cercato di negare che fosse stato così.
Edward era fortemente attratto da lei, e quel che era peggio, non solo fisicamente.
Aveva sperato che il suo soggiorno dalla cugina si prolungasse fino a Capodanno, o magari per sempre, anche se sapeva essere un'idea assolutamente folle.
- Non puoi trattenerti fin dopo Capodanno? Il 31 organizzano dei fuochi spettacolari, varrebbe la pena vederli...
Che cosa cretina da dire, ma era la prima che gli era venuta in mente e che non fosse la verità scomoda appena scoperta.
Sei patetico, Edward Cullen.
Lei aveva  scosso la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli scuri raccolti in una semplice coda.
- No, purtroppo.
Si era ravviata una ciocca sfuggita a causa del leggero vento che aveva preso a soffiare.
- Ho ricevuto una telefonata da mio padre che mi chiedeva di rientrare. Pensa che abbia avuto abbastanza tempo per riflettere...
Edward si era sforzato di non ribattere egoisticamente che qualche giorno in più non avrebbe fatto differenza, perchè sapeva quanto Bella fosse poco propensa a contraddire quel padre un pò troppo autoritario per i suoi gusti.
- E se parlassi con Emmett? Lui, magari, potrebbe mettere una buona parola con tuo padre...
Il suo migliore amico e Charlie Swan si erano conosciuti durante una battuta di caccia, e si erano trovati reciprocamente simpatici. Era grazie a lui se Emmet aveva conosciuto Rose, innamorandosene all'istante. Quando avevano deciso di sposarsi, era stato molto entusiasta che entrasse a far parte della famiglia Swan.
Bella si era girata di scatto, fissandolo con uno sguardo preoccupato.
- Meglio di no, Edward. Emmett è già stato molto gentile ad ospitarmi anche se sapeva che Charlie non era d'accordo con la mia permanenza qui... non vorrei farli litigare del tutto.
Si era interrotta, mordendosi il labbro e abbassando le spalle. Aveva assunto un'aria leggermente smarrita ed era stato tentato di prenderla tra le braccia per confortarla.
- E poi... anche se non mi avesse chiamato lui, avevo già pensato io di rientrare. Scappare come ho fatto non è la soluzione giusta per risolvere le nostre divergenze d'opinione. L'ho solo fatto preoccupare ingiustamente.
Edward era affascinato dalla sensibilità che spingeva Bella a preoccuparsi sempre prima degli altri rispetto a se stessa. Era sempre pronta a perdonare gli errori del padre, ma era molto dura quando si trattava di giudicare invece i propri.
Si era allontanato dallo steccato e si era girato verso di lei.
- Sei troppo dura con te stessa.
Lei aveva accennato un timido sorriso.
- Mi verrebbe da dire "senti da che pulpito viene la predica", ma non vorrei sembrarti troppo saccente.
Ipnotizzato da quegli occhi scuri, limpidi e sinceri, le si era avvicinato sfiorandole deliberatamente una guancia. In quel momento, non gli importava che lei fosse la figlia di un importante giudice o che Emmett sarebbe stato pronto a spaccargli la faccia se avesse osato far soffrire la cugina di sua moglie.
Adesso non c'era nessuno dei due lì con loro.
- Io ho tutti i motivi per disprezzarmi, ma tu assolutamente no, Bella. Sei troppo giovane per credere di aver commesso errori irreperabili...
In apparenza poteva sembrare un uomo migliore di quello che era, ma lui sapeva esattamente quale oscurità si celasse dietro quella facciata. Il suo passato era incancellabile, come il marcio che si portava dentro.
- Non credo proprio che tu sia un uomo da disprezzare, e non sei poi nemmeno così vecchio rispetto a  me...
C'erano dieci anni di differenza tra loro due. Dieci anni di vita in cui lui aveva visto e fatto molte più cose di quelle che avrebbe voluto.
- Comunque... mi mancherà questo posto e... anche tu.
Aveva distolto lo sguardo, arrossendo leggermente.
Lui si era dovuto trattenere dal dirle che sarebbe stato così anche per lui. Sapeva esattamente che non sarebbe stato l'uomo giusto per lei. Bella si meritava un ragazzo che potesse essere capace di amarla senza alcuna riserva.
Però, questo non gli aveva impedito di preoccuparsi per il suo futuro, anzi.
- E con James? Come pensi di fare? Devi convincere tuo padre che...
Ma lei lo aveva interrotto con un gesto deciso della mano.
- Non devi preoccuparti. Ho intenzione di parlarne con mia madre, lei mi aiuterà a fargli capire le mie ragioni circa la rottura con lui.
Sapere che aveva deciso di affrontare la questione con l'aiuto di sua madre gli aveva dato un certo sollievo. Gli aveva raccontato che non era mai stata una donna molto forte, ma nelle occasioni in cui lo aveva ritenuto davvero necessario era stata capace di affrontare il marito.
Anche se, in realtà, doveva ammettere che più di tutto gli avrebbe dato sollievo se lei si fosse fermata ancora lì. Ma rientrava nel circolo vizioso del sapere che sarebbe stata la cosa più sbagliata da chiederle.
Lui non era nessuno, Charlie Swan non avrebbe mai visto di buon occhio una relazione tra lui e sua figlia. Non era Emmett, che nonostante il passato non proprio impeccabile, era riuscito ad uscirne pulito, mettendo in piedi un'attività che gli aveva consentito di guadagnarsi decentemente da vivere.
Edward Cullen era solo un numero a sei cifre su un modulo dei servizi sociali, il classico derelitto che se non avesse avuto un migliore amico disposto ad accoglierlo in casa sua, non avrebbe avuto nemmeno un posto dove stare.
Eppure... eppure, mai come in quel momento, avrebbe voluto avere una vita diversa, per avere una possibilità con la ragazza che era tornato a guardarlo negli occhi. Bella aveva posato una mano sullo steccato forse per sentirsi salda e trovare la forza di esprimere a voce quello che già gli stava dicendo con lo sguardo.
- Questa... ehm... quindi... forse è l'ultima volta che ci vediamo... mi sembra di aver capito che la tua idea al riguardo non sia cambiata.
Edward aveva deglutito per ricacciare il grosso nodo che gli stava stringendo la gola. Per quante volte avesse mentito, ingannato, tradito per portare a termine qualche sporco lavoro, ora gli riusciva dannatamente difficile nascondere i suoi sentimenti.
Non era riuscito a trattenersi dal coprirle una mano con la sua.
- Sì, hai ragione. Questa è l'ultima volta che ci vedremo. Non sono affatto la persona che credi di aver conosciuto, Bella.
Aveva visto le sue guance accalorarsi, questa volta non per imbarazzo, forse più per rabbia.
- Io credo proprio di sì, invece. O non mi saresti stato vicino come hai fatto in queste settimane!
Le aveva preso entrambe le mani, stringendole tra le sue.
- Sapere di esserti stato d'aiuto mi rende felice. A qualcosa, dopotutto, sono servito ancora.
Gli occhi di Bella si erano fatti più lucidi, mentre aveva liberato una mano per posargliela su una guancia.
- Oh, Edward.
Quel tocco delicato e affettuoso, era stato troppo da sopportare senza reagire. Spegnendo il cervello, le aveva passato un braccio intorno alla vita, stringendola a lui.
Almeno quello avrebbe potuto concederselo, per poi ricordarlo nei momenti bui che lo avrebbero accompagnato in futuro.
La guancia di Bella si era posata proprio in corrispondenza del  suo cuore, dove avrebbe potuto sentirlo battere distintamente molto più forte del normale.
- Dimmi addio, Edward.
Era stato lui a doversi controllare, perchè sarebbe stato così facile imprigionarla contro lo steccato e farle sentire quanto non avrebbe voluto vederla andare via.
- Ti prego...
Bella aveva insistito, premendosi contro di lui e abbracciandolo a sua volta.
Edward aveva dovuto fare uno sforzo incredibile, ma era riuscito a trattenersi dal baciarla.
- No... non posso...
Un colpetto di tosse li aveva indotti a separarsi immediatamente. Si erano girati entrambi verso la casa alle loro spalle. Rosalie stava venendo verso di loro stringendosi addosso un pesante scialle. I suoi occhi erano rimasti puntati su entrambi, finchè non li aveva raggiunti.
- Bella, ecco dov'eri finita.
Era stata cordiale, come se non li avesse appena sorpresi abbracciati stretti.
- Il tuo aereo parte domattina presto, e ancora non hai fatto i bagagli!
- Sì... hai ragione...
Era arrossita, mentre Rose prendendola sottobraccio aveva lanciato una lunga occhiata ad Edward che era rimasto immobile vicino alla steccato.
- Allora andiamo, ti do una mano. Ah, Edward, ci sei a cena?
Non gli era sfuggito l'avvertimento implicito contenuto in quella domanda. Rose sapeva molte più cose di lui grazie ad Emmett.
- No, Rose. Stasera sono di turno alla tavola calda, pensavo di avertelo detto, scusami. Farò sicuramente tardi
Bella era intervenuta subito.
- Ma non potresti cambiare il turno con qualcun'altro?
La nota speranzosa nella sua voce gli aveva procurato una fitta, ma l'aveva ignorata, come avrebbe fatto ogni volta che avrebbe pensato a lei.
- No, impossibile. Bob è malato, dobbiamo coprire anche le sue ore.
Non era vero, sarebbe stata una lunga serata da trascorrere in qualche bar, bevendo e cercando così di dimenticare che Bella domani sarebbe partita.
Rose aveva tirato la cugina verso casa, ma lei era rimasta impalata lì dov'era.
- Domattina, però, ci sarai per salutarmi, vero?
L'aveva guardata negli occhi, un peso sul cuore, mentre pronunciava per la prima volta una menzogna che non avrebbe mai voluto dire.
- Certo, ci salutiamo domattina.
A quel punto, si era fatta portare via, non senza rivolgergli un'ultima lunga occhiata.
Immobile, aveva guardato le due donne allontanarsi ed entrare in casa.
Solo a quel punto si era concesso di buttare fuori il fiato, stringendo forte le mani sullo steccato.
Quell'addio con Bella, assomigliava troppo ad un altro che aveva segnato per sempre la sua vita, rendendolo quello che era.
Colpendo con un pugno il legno, aveva maledetto il destino che aveva deciso di fargli conoscere Bella, di metterla sulla sua strada, distruggendo quel poco della sua vita che era riuscito a tenere insieme.
Perchè di una cosa era sicuro Edward: se per qualche motivo le loro strade si fossero incrociate di nuovo, non sarebbe più stato capace di lasciarla andare via, anche a costo di vederla affondare insieme a lui.



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- Rose, perchè mi hai portato via così? Mi era parso di capire che Edward ti piacesse...
Nella camera degli ospiti che aveva occupato in quelle settimane, Bella aveva affrontato apertamente la questione con la cugina.
- Sì, è vero. Emmett crede ciecamente in lui e il giudizio di mio marito per me conta molto, ovviamente. Ma è un uomo, Bella. Oltretutto con un passato molto burrascoso alle spalle e una vita altrettanto incasinata tuttora.
Rose l'aveva guardata negli occhi senza nascondersi dietro ad assurde bugie. Il rapporto tra di loro era sempre stato più quello di due sorelle che non di cugine. Più grande di lei di sette anni, la bionda aveva sempre pensato di doverla proteggere proprio come avrebbe fatto in caso di bisogno una sorella maggiore.
- E io non sono più una bambina! Ho vent'anni, ho superato da un pò la maggiore età per saper decidere cosa è meglio per me! Avete tutti la tendenza a dimenticarvelo...
Lo sguardo ferito della cugina l'aveva fatta pentire quasi subito delle parole dette.
- Scusami. Lo so che non sei come papà... è che... però... insomma....
Rose si era seduta accanto a lei sul letto, posandole un braccio sulle spalle.
- Lo so cosa intendi. E' un uomo che ha tutte le potenzialità per fare breccia nel cuore di una donna. Ma il punto è proprio questo, Bella: Edward non è un cucciolo ferito da salvare. Non siamo in un film o in un romanzo, lui non è l'eroe bello e tenebroso. Avrebbe molte più probabilità di tirarti lui a fondo, piuttosto che tu di tenerlo a galla. Credimi, Bella, ti dico queste cose perchè ti voglio bene.
Bella si era sentita sull'orlo delle lacrime e aveva fatto uno sforzo per trattenerle.
Sapeva che in parte la cugina aveva ragione in quello che le stava dicendo, ma in parte era convinta di aver conosciuto un Edward che forse lei non era mai riuscita ad intravedere nonostante lo conoscesse da più tempo.
- Perchè, allora, non me le hai dette prima? Ti sarai accorta che trascorrevo tanto tempo con lui...
Rose non aveva voluto rivelarle tutta la verità: si era accorta di come Bella si stesse affezionando ad Edward e ne aveva parlato con Emmett. Il marito l'aveva rassicurata sul fatto che avrebbe vegliato sull'amico per impedirgli di fare qualche cazzata di cui si sarebbe amaramente pentito.
E così era stato, Edward stesso aveva rassicurato l'amico sul fatto che oltre ad offrire una spalla su cui piangere, con Bella non si sarebbe spinto più in là.
- Perchè se te lo avessi impedito, probabilmente ti avrei spinto ancora di più verso di lui.
La veridicità di quelle parole non poteva essere smentita.
- Oh, Rose!
Si era buttata tra le braccia della cugina per cercare di colmare quella voragine che sentiva già aprirsi dentro di lei.
Si era irrimediabilmente innamorata di Edward.
Solo ora che aveva deciso di ripartire se ne era resa pienamente conto. E quel che era peggio, era stato che negli ultimi istanti trascorsi con lui aveva avuto la sensazione netta di non essere la sola a soffrire terribilmente per quella separazione.
- Cosa devo fare, adesso?
La cugina l'aveva stretta a sua volta, accarezzandole i capelli.
- Tornare a casa, aggiustare le cose con Charlie, parlare con James e poi cercare di dimenticare Edward Cullen. Lo so che sarà difficile, ma penso che in cuor tuo sapessi che non sarebbe potuta andare diversamente.
Forse era vero, ma non per questo faceva male.
Non lo avrebbe dimenticato così facilmente, di questo ne era davvero certa.


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Edward aveva capito esattamente cosa fosse sua madre all'età di nove anni. Prima, l'andirivieni di uomini nel loro piccolissimo appartamento lo aveva vissuto attraverso lo stordimento che gli procurava restare per ore davanti alla tv. Era stato un bambino che si faceva di cartoni animati, proprio come un drogato si faceva di eroina. A volte si dimenticava persino di andare in bagno e allora si ritrovava con i calzoni zuppi di pipì.
Sua madre, però, non lo rimproverava mai per questo. Lo rassicurava sul fatto che capitava a tutti i bambini e che quando sarebbe stato appena un pò più grande, non sarebbe più successo. Poi lo accompagnava in bagno, le cui pareti erano ricoperte di muffa, lo spogliava e lo faceva sedere nella vasca scrostata. Cantando qualche canzoncina buffa, lo insaponava delicatamente, gli lavava i capelli e poi lo sciacquava velocemente, prima che l'acqua calda finisse.
Aveva un grande asciugamano giallo, l'unica cosa che ricordasse sempre pulito nella loro casa, riservato solo a lui. Lo avvolgeva stretto nel tessuto morbido e poi lo abbracciava forte. Gli diceva sempre che non poteva farne a meno, perchè lui sapeva di buono e di pensieri puliti.
Elizabeth era stata una ragazza sfortunata, ma aveva cercato di fare il possibile per quel bambino a cui si era ritrovata a fare da mamma a soli diciassette anni.
Quasi tutti gli uomini che entravano in quella casa, infatti, pensavano che lui fosse suo fratello e non suo figlio.
Lei non si curava nemmeno della cosa, l'importante era che lo lasciassero in pace. Se qualcuno si azzardava a fargli qualche domanda in più, la sentiva esclamare immediatamente "ehi, bello, sei qui per me o per lui?". Invariabilmente finiva che l'uomo di turno la trascinava nella stanza di là grugnendo qualche frase sconnessa. Poi, iniziava il cigolio delle molle e i versi a cui era ormai abituato.
A dirgli per primo che sua madre era stata una puttana, era stato Jim Burton. Era un ragazzino un pò più grande di lui che incontrava spesso quando Elizabeth lo spediva a comprare il latte e i cereali. Tutti e due mangiavano montagne di cereali, tanto che a volte con le confezioni finite avrebbero potuto tappezzarci tutte le pareti di casa.
Solo che i cereali non ti facevano diventare un bambino forte, così il suo aspetto gracile era stato preso di mira da Jim. Prima si era limitato a qualche insulto, poi aveva attaccato ad insultare sua madre.
"Quanto vuole per un pompino?" oppure "Scommetto che te la puoi scopare per una confezioni di cereali?" o anche "Probabilmente ha preso così tanti cazzi che ormai non riuscirà nemmeno più a chiudere le gambe".
Se all'inizio tutte quelle frasi non avevano avuto un senso, perchè Edward pensava più ad evitare le botte che cercava di rifilargli, col passare del tempo lo aveva collegato a tutti quegli uomini che sembravano sempre molto ansiosi di chiudersi in camera con sua madre.
Un giorno aveva fatto l'unica cosa che Elizabeth gli aveva proibito di fare: aveva sbirciato in camera dopo che si era chiusa dentro con Tommy Lee, un uomo di colore dalla corporatura massiccia e lo sguardo minaccioso.
Quello che aveva visto lo aveva catapultato di botto in una dimensione dove le parole di Jim Burton avevano preso un significato ben preciso: sua madre era davvero una puttana.
Era sempre la stessa mamma che lo lavava e lo abbracciava forte, ma era anche la mamma che faceva tutte quelle cose con un sacco di uomini diversi.
Aveva iniziato a farsi meno di cartoni animati e più di vita vissuta in strada, pur di uscire da quell'appartamento. Essendo però la strada di un quartiere malfamato, le cose che gli aveva insegnato avevano avuto poco a che fare con la buona educazione: rubare, insultare, picchiare, bere erano le attività più gettonate. Crescendo le cose erano solo peggiorate, sino a che il colpo di grazia era arrivato con la morte di Elizabeth.
Quando aveva avuto tredici anni sua madre era morta in un incidente d'auto mentre andava ad una festa con dei balordi che aveva frequentato negli ultimi tempi.
Edward era rimasto solo al mondo, dal momento che Elizabeth stessa era stata figlia di una ragazza madre morta in seguito ad un' overdose.
La sua famiglia era diventata una gang di strada, dove ragazzi senza speranza come lui cercavano di sopravvivere senza farsi ammazzare o senza ammazzare, ma solo per non finire in galera a vita.
Gli assistenti sociali gli davano la caccia, come a tanti altri minorenni, ma la sola idea di finire in qualche casa famiglia gli sembrava anche peggio della  galera.
La sua unica famiglia era stata Elizabeth, e per quanto fosse stata molto lontana dall'essere una vera madre, Edward era certo che gli avesse voluto veramente bene.
L'unica cosa che possedeva di valore l'aveva depositata in una cassetta di sicurezza prima di arruolarsi ed era stato l'asciugamano giallo da cui non si era mai separato prima.
L'esercito, la sua seconda famiglia, era arrivato dopo il riformatorio. Perchè alla fine, era stato beccato insieme ad altri due mentre rapivano un benzinaio. Erano stati sfortunati, l'unico altro cliente era stato un poliziotto fuori servizio.
Il suo soggiorno in riformartorio era durato un anno e mezzo. Era stato qualche settimana prima del suo rilascio che l'esercito degli Stati Uniti gli aveva fatto visita. Sotto forma di programma di recupero, l'esercito illustrava i vantaggi di servire il proprio paese anzichè metterlo a ferro e fuoco rapinando gente onesta come aveva fatto anche lui.
Edward aveva ascoltato in silenzio, aveva ritirato il libricino illustrativo e il modulo per presentare domanda. Quando era uscito dal riformatorio aveva accettato di soggiornare in una casa famiglia e dopo sei mesi di permanenza, raggiunta la maggiore età, si era presentato al distretto militare.
Nell'esercito aveva continuato ad usare le armi, solo che in più aveva avuto anche la licenza di uccidere. Dopo due anni di leva volontaria, aveva firmato per prendere parte alle missioni di pace all'estero.
Lì, aveva visto e fatto cose che con la pace avevano avuto poco a che fare, ma da buon soldato le aveva eseguite al meglio che poteva e senza discutere.
Era stato al suo terzo anno in Medioriente  che aveva incontrato Emmett. Più grande di lui di cinque anni, erano usciti un giorno per un pattugliamento a quattro ed Edward si era ritrovato a salvargli la vita.
Ferito anche lui seppure in maniera meno grave, avevano condiviso la stessa stanza per più di un mese nell'ospedale militare. Si erano scoperti spiriti affini e la loro amicizia era nata spontanea. Altri due anni di stanziamento nello stesso battaglione li aveva resi indivisibili. Non c'era niente come condividere il pericolo e lo stress bellico tutti i giorni per rendere saldo e profondo un legame.
Alla fine dei due anni, però, Emmett aveva deciso di tornare a casa per congedarsi dall'esercito, mentre lui aveva rinnovato la firma per rimanere. A casa non lo aspettava niente e nessuno, ed Emmett lo avrebbe rivisto durante le licenze previste.
Era durato per altri quattro anni prima che una pallottola vagante trovasse il suo torace e gli perforasse un polmone. Era stato in pericolo di vita per una settimana, poi ce l'aveva fatta. Era stato rispedito a casa forzatamente per completare il periodo di convalescenza, ed inserito in un programma di sostegno per militari con disordini post bellici da gestire. Sarebbe dovuto finire in un Istituto militare, non avendo fissa dimora, ma il giorno del suo trasferimento si era presentato Emmett e si era fatto garante per lui. Aveva avuto il permesso di soggiornare da lui a patto che si sottoponesse a degli incontri psichiatrici con un medico che gli avrebbero indicato.
Nonostante la ripresa fisica fosse stata molto buona, quella emotiva era stato un vero e proprio disastro.
La sua vita era stata un gran casino prima, e continuava ad esserlo tuttora. Nonostante avesse avuto il sostegno di Emmett, Edward aveva continuato a sentirsi inadeguato ovunque si fosse trovato.
L'impressione che non ci fosse mai stato un posto per lui in questo mondo era tornata a scavargli dentro, lasciandolo vuoto, arido, freddo.
Il ragazzino disadattato era diventato un adulto solo più consapevole di quanto la vita fosse stato un cammino tutto in salita e privo di un vero senso.
Almeno fino a che non aveva conosciuto Bella.
Nonostante avesse assistito alla parabola scandalosamente melensa tra Emmett e Rose, era stato certo che niente del genere sarebbe mai potuto capitare a lui.
Differentemente da quanto si era sempre vantato ad ogni età, le ragazze che aveva avuto non erano state poi molte.
Il passato di sua madre lo aveva segnato in quel senso, il sesso e l'amore erano mondi che gli riportavano alla mente ricordi troppo dolorosi, quindi aveva cercato di evitarli il più possibile.
E se del sesso ne aveva avuto bisogno più per un'esigenza fisica, per l'amore non aveva avuto davvero molte occasioni per incontrarlo. Aveva vissuto più tempo in un accampamento militare tra soli uomini che non in un luogo frequentato da civili.
Forse, una volta, aveva creduto di provare qualcosa di più per un'infermiera, ma forse era stato più per un senso di protezione che altro.
Con Bella, invece, sin dal loro primo incontro qualcosa era scattato dentro di lui.
Si era avvicinata a lui senza finti convenevoli e lo aveva subito coinvolto in una chiacchierata allegra, ma non superficiale. La spontaneità con cui gli aveva rivolto delle domande tese a conoscere qualcosa di più su di lui, non erano state invadenti o prive di tatto, ma discrete ed intelligenti.
Probabilmente a grandi linee sua cugina gli aveva raccontato qualcosa di lui, essendo stato il migliore amico del suo neomarito, ed Edward non aveva trascurato di pensare che il suo passato, ma anche il suo aspetto fisico, avesse sempre esercitato un discreto fascino sulle donne.
Eppure, nonostante la giovane età, gli era sembrata sinceramente interessata a conoscerlo al di là del suo aspetto fisico o della sua storia.
Sembrava attirata da ciò che percipiva agitarsi dentro di lui, non dai suoi occhi verdi o dai suoi muscoli tonici.
Quando, poi, era giunta a casa di Emmett dopo aver litigato furiosamente con il padre, Edward si era sentito spacciato sin dal primo momento in cui Bella era andato a cercarlo nella parte di giardino dove si rifugiava sempre quando era in casa.
Nonostante Rose gli avesse detto che la sua presenza lì era stata anche di suo gradimento, lui aveva cercato di restare il più possibile in disparte per non essere il terzo incomodo tra moglie e marito. Aveva anche rifiutato di lavorare nel negozio di Emmett, preferendo accettare il lavoro alla tavola calda.
L'indipendenza era qualcosa di troppo radicato nella sua natura per non agire diversamente da come aveva fatto. Gli era costato già un notevole sforzo accettare l'ospitalità dell'amico finchè non avesse avuto il lasciapassare per ritornare in servizio o decidere definitivamente di lasciare l'esercito, trovandosi un luogo stabile in cui vivere.
Nella parte di giardino dove uno steccato bianco delimitiva l'angolo più lontano dalla casa, Edward aveva fatto entrare Bella nel suo animo più di chiunque altro ci avesse mai provato. Forse, a dire il vero, non se ne era reso nemmeno conto. Per la maggior parte del tempo, infatti, era quasi sempre stata lei a parlare di sè. Eppure, gli sembrava che tutto ciò che gli aveva raccontato si fosse riversato dentro di lui, spingendolo a sua volta a rivelarle alcune cose di sè che aveva raccontato solo ad Emmett.
Si era domandato più di una volta se fosse stata l'innocenza di Bella ad attirarlo, quel suo sguardo limpido e pulito, una luce che lui non aveva mai posseduto, nemmeno da bambino.
Bella non era di certo una bambina, ma non era nemmeno una donna vissuta. Si era detto mille volte che non avrebbe dovuto incoraggiare quelle chiacchierate tra di loro, eppure non appena aveva scorto la sua figura avvicinarsi, ogni volta aveva sentito il cuore battere più forte e la gola seccarsi.
Aveva ucciso degli uomini, aveva compiuto azioni di guerriglia violenta, aveva stanato pericolosi terroristi, ma niente l'aveva fatto sentire impotente come il sorriso di Bella.
Niente l'aveva terrorizzato di più dell'idea che lei potesse scoprire quanto poco avesse avuto da offrirle. Lui era come un pacco regalo ben incartato, ma al cui interno si trovava solo merce in decomposizione.
Era un uomo dall'equilibrio fragile, a cui bastava sentir pronunciare la parola "puttana" con un tono di voce solo un pò più cattivo, per farlo scattare in una furia omicida o per ridurlo ad uno stato quasi catatonico.
O a cui bastava sentire la parola "stabilità" per fargli desiderare di ritrovarsi in qualche campo sperduto a cercare di dissinescare mine antiuomo piuttosto che doverci fare i conti.
Un uomo a cui la parola "futuro" sembrava incerta e spaventosa tanto quanto la parola "passato".
Cosa aveva da dare uno come lui, se non problemi e paure?
Aveva fatto la scelta giusta, per quanto fosse stata dura portarla avanti: Bella si meritava un'occasione migliore di quella che avrebbe rappresentato lui.
Era giovane, in parte ingenua, e in lui aveva voluto vedere più l'eroe tormentato che non l'uomo arido che era diventato.
Era stato meglio così, per lei e per tutti. Presto avrebbe avuto l'ultimo incontro per la valutazione finale circa il suo reintegro, allora avrebbe potuto riprendere la sua vita di sempre.
Quella parentesi con Bella sarebbe rimasta davvero un bel ricordo in cui avvolgersi, come in un asciugamano giallo, grande e morbido, nei momenti più difficili quando sarebbe stato solo ad affrontare le sue paure.






 




Note Autrice


Non preoccupatevi davvero, "Un amore tra le onde" continuerà. Il capitolo dovrei riuscire a postarlo entro la fine della settimana.
Questa nuova storia significa molto per me e ci tenevo quindi che vedesse la luce in questo periodo.

Approfitto di questo spazio per dirvi ancora una volta che siete state tutte meravigliose con me e che non potevo desiderare di più nel riaffiaciarmi qui in Efp.
Grazie, grazie e ancora grazie per tutta la pazienza che avete portato e che, magari, ancora un pochino vi dovrò chiedere prima di tornare a pieno regime.
Un abbraccio grandissimo.
Robi

















  
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