Hai solo bisogno d’affetto.
Il covo dell’Akatsuki è un luogo già li per
sé triste.
Già.
Triste e desolato, abbandonato,
buio…infelice.
Lo è già a sufficienza anche senza il
bisogno di un vuoto nel cuore, quel vuoto che Deidara si portava dentro ormai da
un pezzo.
Pensava che l’avrebbe divorato dall’interno,
prosciugando ogni sua emozione, distruggendolo.
Forse ci stava
riuscendo.
Il biondo parlava di rado, o non parlava
affatto.
Mangiava poco, appariva infatti scialbo e
debole, con il bel viso solcato da due profonde occhiaie.
Gli occhi azzurro cielo, solitamente vispi e
brillanti, erano opachi e vacui, inespressivi a tal punto da farlo sembrare un
essere inanimato, una bambola.
Già, una bambola.
Non era il Deidara che i suoi compagni
avevano conosciuto, attivo, fiducioso e spesso logorroico, quello stava
lentamente morendo, sprofondando lentamente nel tristo mare del suo
cuore.
Già, un cuore.
Sasori era morto da quasi un
mese.
O per meglio dire, aveva smesso di
funzionare, li per se era già morto da vent’anni.
Come un giocattolo rotto: lo si butta
via.
Ma lo si deve
rimpiazzare?
Deidara questo non lo
sapeva.
No.
Non poteva rimpiazzare
Sasori.
***
Un giorno noioso.
Ordinario.
Niente missioni, solo l’ennesima riunione
ordinata dal capo.
Per poi sentirsi dire, come al solito,
“mancano 7, 6, 4, 3 biju prima del kyuubi…”
E allora…?
È tanto importante
saperlo?
No.
Quindi: perché andare alla
riunione?
Conclusione: non andarci
affatto.
Deidara se ne stava spalmato sul letto,
semi-raggomitolato scompostamente su se stesso e con lo sguardo fisso dinnanzi a
se.
Cosa guardasse non lo sapeva nemmeno lui,
con esattezza.
Cosa cercasse non lo sapeva nemmeno lui, con
esattezza.
Perché diavolo era ridotto così non voleva
saperlo nemmeno lui. Con esattezza.
Deidara sentì le ginocchia molli, gli
bruciavano gli occhi, sentì un formicolio percorrerlo dalla schiena sino alla
nuca, gli bruciavano gli occhi, un brivido lo fece scattare in avanti, come
quando in sogno cadi nel vuoto…e ti risvegli con uno scatto conscio di essere
morto, in quel sogno…
Gli bruciavano gli
occhi.
Si mise seduto, portando le ginocchia
(ancora molli) al petto, e si strinse in un abbraccio solitario, incassando la
testa tra le spalle e nascondendola dietro le braccia
conserte.
Gli bruciavano gli
occhi.
Tirò su col naso, chiuse le palpebre più
volte, poi si morse il labbro inferiore.
Gli bruciavano gli occhi
(ancora).
Inclinò la testa su un braccio, cercò di
cullarsi in quella stretta solitaria, ma riuscì solo ad emettere un singhiozzo,
poi un altro ed un altro.
Alla fine si sciolse in un pianto solitario quanto amaro, il respiro divenne irregolare e dovette mordersi e rimordersi il labbro inferiore più volte
per imporre a se stesso di non far
rumore.
Gli occhi non gli bruciavano
più.
L’ennesimo attacco.
“Attacchi di solitudine” aveva preso a
chiamarli, balzi al cuore che da qualche giorno lo coglievano sempre più
ravvicinati.
Nel sonno, in missione, alle
riunioni.
Cercava di reprimere quelle maledette
lacrime, ma sapeva perfettamente di aver bisogno di sfogarsi, una volta per
tutte.
Il punto era, che da solo non ci
riusciva.
Una spalla su cui
piangere.
Un volto a cui parlare, con cui
sfogarsi…
Sembravano non esserci per
lui.
***
Deidara aveva rinunciato a reprimere le
lacrime salate che gli rigavano il viso.
La riunione doveva essere già iniziata…se
non finita.
Si era spinto in un angolo a piangere e
singhiozzare, premendo il viso contro il cuscino che stava
abbracciando.
Era tutto ovattato.
Intorno a lui il mondo pareva rimbalzare su
uno spesso strato di cotone.
Era denso e umido.
Non gli piaceva.
Qualcosa di freddo gli si posò sulla
spalla.
Deidara sussultò e alzò gli occhi umidi dal
cuscino che ormai presentava due larghe chiazze bagnate sul lato
interno.
Hidan lo guardava come si guarda un bambino
che ha perso la mamma in un aeroporto, che ti fa così tanta pena da proporti
d’aiutarlo, anche se sai che dieci minuti fa dovresti essere stato al check
in.
“Hi-Hidan…cosa ci fai…qui…?”
Balbettò Deidara avvampando per la vergogna
e cercando di asciugarsi vanamente gli occhi col dorso della mano, già bagnato
da vecchie lacrime.
“Non sei venuto alla
riunione.”
Sentenziò freddo Hidan, alzandosi e
guardandolo dall’alto, ora con una punta di quello che può sembrare
disprezzo.
“Non mi sentivo…molto bene…stavo…stavo per
veni-“
Deidara si zittì quando Hidan lo tirò su di
peso e lo fece sedere al suo fianco sul letto.
“Basta con le stronzate
Deidara…”
Hidan lo guardava serio, con l’espressione
di chi non ammette bugie o mezze verità, in quel momento il biondo si sentiva
trasparente, un libro aperto.
Stette zitto a guardare gli occhi ametista
davanti a se per quelli che parvero minuti, densi e stopposi che nemmeno un
bicchier d’acqua li avrebbe tirati giù.
“Hidan…io non sto
bene…”
Finalmente il biondo sussurrò un esordio di
frase.
Hidan gli si fece più
vicino.
“Lo so biondino, lo so…lo sappiamo tutti…ma
non abbiamo il coraggio di domandartelo.”
Hidan carezzò la guancia dell’artista,
asciugando l’ennesima lacrima col pollice.
“Abbiamo paura di ferirti domandandoti come
ti senti…”
Continuò poi facendo scivolare la mano sulla
spalla di Deidara.
“Ho bisogno…ho bisogno di qualcuno…con cui
parl-“
Deidara venne nuovamente interrotto da
Hidan, che questa volta lo aveva stretto a se facendogli appoggiare la testa
nell’incavo tra la spalla e il collo.
“Sei libero di piangere e sfogarti quanto
vuoi…”
Soffiò all’orecchio Hidan con voce ferma ma
dolce.
Percepì poi un brivido proveniente
dall’artista, e sentì la spalla umida.
Uno, due, tre
singhiozzi.
Deidara cinse forte Hidan, come se potesse
scappare.
Tra un singhiozzo e un sospiro, o una pausa
per tentare di calmarsi, il biondo iniziò un discorso dove malediceva quella
“dannata vecchiaccia” e quella “sciocca ragazzina”…dove cercava di spiegare al
fanatico religioso cosa fosse per lui Sasori, “una guida”, “un maestro” ed
ancora “un compagno d’arte”…dove tentava di descrivere quel sentimento senza
nome che provava per lui, “ricerca di sicurezza”, “rispetto e adorazione” e
“modello da imitare e superare”.
Hidan stava zitto ad assorbire le parole e i
singhiozzi del biondo.
Solenne e comprensivo…sempre stretto al
compagno più giovane.
Quando Deidara esaurì le parole, e riprese
solo a rigarsi il viso di lacrime, Hidan si staccò
dall’abbraccio.
“Come ti senti?”
Disse Hidan distaccato, come se il suo
compito fosse finito.
“…Vuoto.”
Deidara guardava
Hidan.
“Vuoto…?”
Hidan si avvicinò al
biondino.
“Vuoto.”
Deidara sentì il respiro del religioso sul
viso.
Restarono così, vicino uno all’altro per una
manciata d’istanti beffardi.
Così sottile era la distanza da sembrare
irreale.
Così vicini i respiri da
fondersi.
“Deidara…?”
Soffiò Hidan a fior di labbra al
biondo.
“H’m…?”
Socchiuse gli occhi.
“Posso riempire questo
vuoto?”
Gli carezzò i capelli biondo
grano.
“H’m…”
Chiuse gli occhi.
Hidan prese tra le mani il volto angelico di
Deidara.
Posò le labbra schiuse sulle sue in un bacio
lieve.
Hidan si staccò da lui, lo guardò aprire gli
occhi zaffirei, che brillavano di luce nuova.
Fece scivolare le mani fino al cuore
dell’artista.
Poi si avvicinò all’orecchio e
sussurrò:
“Hai solo bisogno d’affetto.”
Mya!
Tornata alla carica con una Deidara-Hidan^^
Coppia strana? Imposibile? Ma adorabile...
Ci sono così tante Deidara-Sasori e Hidan-Kakuzu...mentre di Deidara-Hidan ne ho viste ben poche (e quando dico poche, dico che si possono contare su una mano!), quindi mi sono detta -dato che non sono normale- perchè non scriverne una!?
Eccovi il risultato ^w^
Spero vi possa piacere XD Espandiamo gli orizzonti!!!
P.S: "L'Akatsuki in campeggio" & "Teach me art" tornano a Settembre! Per ora solo one-shot e compiti -,-
See Ya!
Aly
ArT iS a >>BaNg!<<