HERE WITH ME
Seduta accanto al letto di mio marito, con una cartolina in
mano… quella cartolina. La tengo tra le mani come se fosse un tesoro
prezioso e proibito, come il fuoco, così bello eppure così doloroso.
La leggo e la rileggo… una lacrima mi scivola sulla guancia
quando chiudo gli occhi per un istante. Il mio sguardo si posa sulla sua
figura inerme e debole, gli occhi chiusi e la mascella liberata dalle
fasciature proprio oggi. Il suo cuore batte per merito di due macchine…
Il sorriso che mi ha fatto innamorare non c’è, ma, d’altra
parte, non c’era da molto tempo… non per me… no… Jack
sorrideva solo quando riceveva una cartolina dal suo
caro amico Ennis del Mar, quando andava a pescare con Ennis del Mar, quando
vedeva per uno o due giorni Ennis del Mar. Perdonami Jack… perdonami se
ora sto uccidendo anche lui… se dopo il tuo incidente, all’arrivo
della sua cartolina, ho ignorato la sua telefonata disperata e gli ho detto che
eri morto. Sì, è come se lo fossi, ma non lo sei ancora. Sei solo
in coma da trentotto giorni… solo in coma… Perdonami Jack se lo sto
uccidendo, ma dopo quello che ti è successo,
leggere quella cartolina è stato troppo per me.
Perdonami
Jack…perdonami per tutto quello che ti ho detto e che ho fatto quel
giorno di Aprile… Mi licenzierò e ad
Agosto sarò lì con te… fammi sapere quando puoi.
Ennis del Mar
L’ho
letta e riletta, guardata e riguardata, mentre tu eri già qui in questo
letto di semimorte. L’ho fatta rispedire con quello stampino, rosso come
il sangue e freddo come il ghiaccio: DECEDUTO.
Poi, dieci giorni fa, la sua telefonata… la sua
voce rotta dal pianto, sussurri tremolanti e spaventati, come un uomo che
chiede aiuto accorgendosi di non avere più la terra sotto i piedi.
Ho provato pena per lui, stavo quasi per dirgli che
no, non eri morto, che eri all’ospedale qui, in Texas, e che poteva
venire da te, anche solo per guardarti, anche solo per sederti accanto…
Poi ho ripensato alle mie lacrime… alla morsa che mi attanagliava lo
stomaco quando tu, ignaro dei miei sospetti di moglie, correvi da lui. A quanto
ho odiato Ennis del Mar, quell’uomo che ti portava via da me, in una di
quelle torbide relazioni di cui credevo di aver solo sentito parlare e che mai
avrei temuto di ritrovarmi tra capo e collo con mio marito invischiato in una
di esse.
Ti
guardo, Jack, e ti chiedo perdono per ciò che
è successo… per quello che ho fatto, ma non me la sono sentita di
comportarmi altrimenti.
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Guardo
fuori dalla piccola finestra, e mi perdo con lo
sguardo nel cielo terso… e penso a te… Mi dirigo verso
l’armadio, come ogni santo giorno da quando sono andato a casa dei tuoi,
e apro l’anta destra. E lì le guardo… le nostre
camicie… una dentro l’altra, una dell’altra, inseparabili e
inscindibili accanto alla cartolina di quel luogo magico e solo nostro…
Brokeback Mountain… Ma tu non ci sei più… Una lacrima mi
bagna la guancia e pronuncio quelle due parole… quel piccolo inizio di
una frase che non ho mai avuto il coraggio e la forza
di terminare… -Jack giuro…-
Il
dolore è ormai così forte che non riesco quasi più a
sentirlo, come se mi stessi lasciando morire di inedia.
Ce l’avevi tu, piccolo mio, la mia camicia. Perché? Perché l’hai presa,
Jack? Per sentirmi vicino? Per sentire il mio odore e avere qualcosa di mio, qualcosa che appartenesse a me, uomo troppo assente?
Uomo che non ti dava ciò di cui avevi bisogno e non perché non
volesse dartelo ma perché è un vigliacco? La verità
è questa, Jack. Sono solo un codardo che ha
rinnegato il suo modo di essere fino a consumarsi, e a
consumare anche te. Perchè quella sera, dopo quattro anni che non ci
vedevamo, accanto al fuoco e al torrente, quando mi hai chiesto di vivere
insieme avrei dovuto dirti di sì. Avrei dovuto urlarlo, quel sì!
Quella frase, e la tua voce dolce e sognante, colma di speranza, che ricordo
come se me l’avessero impressa a fuoco nella mente: “Se lo volessi potrebbe essere
così… esattamente così, per sempre…”
Mi
manchi, Jack… Mi manchi come se mi avessero
strappato una parte di me dall’anima… Perché ho avuto paura?
Perché non ti ho detto di sì, mentre mi
guardavi dolcemente con i tuoi occhi blu accarezzandomi l’orecchio?
PERCHE’??? ……
Prendo
il furgoncino e parto, diretto a Lightning Flat, dai tuoi. Non so
perché, ma ho bisogno di vedere la stanza dove vivevi, di sentire
l’odore del letto dove dormivi. E, chissà
perché… di vedere tua madre. Non so ancora il motivo, ma
quando sono andato là, dieci giorni fa, a fare
le mie condoglianze, tuo padre non ha neanche voluto farmi vedere le tue
ceneri, mi trattava come se fossi un essere pericoloso da allontanare. Tua
madre, invece, cercava di dirmi qualcosa con gli occhi… e lo sentivo… lei voleva dirmi qualcosa che la presenza del
marito le impediva di dire. Rideresti, se mi sentissi ora.
Troppe congetture, diresti. Sarà, ma ho bisogno
di farlo.
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Sta
seduto accanto a me, Ennis del Mar. Quando l’ho
rivisto scendere da quel furgoncino, supplicandomi di perdonare la sua
indiscrezione e di mostrargli un’altra volta la stanza di Jack, ho capito
che era il momento di farlo. Non ce la faccio… non posso soprassedere
anche a questo capriccio di mio marito, che si ostina a dire
che Jack non è più suo figlio e che sarebbe stato meglio che
fosse morto. Per me non è così. E gli occhi disperati di
quest’uomo, seduto di fronte a me, sceso ora dalla stanza di mio figlio con gli occhi
lucidi, mi supplicano di dirglielo. E lo
farò… con o senza l’approvazione dell’uomo che ho
sposato.
-Ennis…
posso darti del tu, vero?- Lui alza lo sguardo dalle sue mani, e mi sorride
debolmente, annuendo. E io proseguo… -Io… sto per dirti una cosa
che non dovresti sapere… per il volere di Laureen e di mio marito, ma non
posso farlo. Non posso tenere questo segreto.- Ennis
si siede meglio, sistemandosi sulla sedia e guardandomi intensamente con gli
occhi colmi di speranza… mi sembra di poter sentire il battito violento
del suo cuore fin qui. Sta soffrendo troppo, devo
dirglielo subito. –Ennis…- continuo, guardandolo negli occhi
-… Jack è vivo…-
Ennis
sgrana gli occhi… un sorriso stupito gli illumina il volto senza che lui se
ne accorga, ma io sì, e in questo momento mi
sento orgogliosa di me stessa, di aver trovato il coraggio di fare ciò
che ho appena fatto.
-Che…
cosa..?- sussurra, la voce tremante, la fronte
imperlata di sudore e l’emozione alle stelle. Ha l’aria di un uomo
al quale hanno tolto un macigno enorme dal cuore. E io gli
racconto tutta la storia… Di Laureen e di mio marito, che avevano
capito molte cose sulla loro relazione, chi in un modo chi nell’altro, e
che avevano deciso di comune accordo di non fargli sapere nulla del coma di
Jack e di trasformarlo in morte. Ennis mi ascolta con tutta l’attenzione
di cui un essere umano è capace, e il suo sorriso ora è
contaminato da un’espressione rabbiosa, rancorosa nei confronti di quelle
due persone che l’hanno ucciso per dieci giorni. Gli dico
dell’ospedale dove si trova Jack, che è a
due giorni di macchina da qui, e questo gli basta. Mi bacia sulla fronte, e mi
ringrazia in continuazione finché non scompare nel suo furgoncino.
Intanto, mio marito sta tornando dal lavoro. E non ho
paura di dirgli cos’ho appena fatto.
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Sento
i suoni freddi e lontani, il mio respiro mi rimbomba nelle orecchie e per
alcuni secondi ho la vista offuscata. Gli ultimi ricordi sono confusi e mi fa
male la testa quando mi sforzo di ricordarli.
Riabbasso le palpebre, solo l’avere aperto gli occhi per così poco
mi ha stancato molto… Poi, sento una mano sulla mia e una voce di donna
piangere e ridere insieme. –Jack… mio Dio
Jack! Ti sei svegliato!-
Laureen…
cerco di riaprire gli occhi ma faccio troppa fatica.
Pochi attimi e attorno a me c’è il mondo. Un
medico, due infermiere, mia suocera, tutti che mi danno il bentornato e
sorridono toccacciandomi e controllando i monitor e le flebo
alle quali sono attaccato.
E
la domanda mi sorge spontanea: che diavolo sta succedendo? Riapro gli occhi,
con uno sforzo immane, e li vedo tutti… mi sforzo di sorridere e a questo
mio piccolo gesto Laureen piange commossa. Mi si siede accanto, e comincia a
parlare come una macchinetta, come suo solito, e mi fa un riassunto di
ciò che mi è successo per finire lì. Del
cacciacopertone, della frattura della mascella e del coma. Tutti mi
fanno mille domande e mille richieste, mi scoppia la
testa. E, in questo turbine di confusione e di sensazioni, solo una parola
è chiara e nitida nella mia mente… solo un nome riesco
a pronunciare… -Ennis……-
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Entro
di corsa nell’ospedale. So che sei qui, che sei
vivo, che potrò riabbracciarti. Il cuore mi batte forte nel petto, sento
il respiro accelerare e non riesco che a pensare al tuo nome. Sto arrivano, Jack,
sono qui con te… a costo di aspettare che ti risvegli in questo ospedale per tutta la vita.
Vedo
alcuni medici che parlano, concitati, discutendo su quel miracoloso risveglio,
su come quel paziente si sia ripreso bene. Mi avvicino
al banco delle infermiere e chiedo:-Jack Twist?- Lo
domando senza pensare, senza prepararmi una risposta ad un’eventuale
‘Lei chi è?’.
-In
fondo al corridoio, stanza 25.- mi risponde gentile. Mi sembra troppo
facile… non è normale… Ma non ho
né il tempo né le forze per farmi sopraffare da ansie e domande
inutili. Imbocco il corridoio, e arrivo di fronte alla porta
della stanza 25. Il cuore mi batte forte… non so in che stato
troverò Jack, e so che vederlo inerme e quasi
morto mi farà un effetto violento… ma entro. Abbasso la maniglia
della porta e la apro, richiudendola subito dietro di me. La stanza è
vuota. Un corpo debole e sottile giace sul lettino bianco. Mi avvicino
lentamente, e lo guardo in viso. Jack…… Jack… il mio Jack…
sento le lacrime scivolarmi sulle guance, e i singhiozzi prendere il possesso
sul mio corpo. Mi siedo sul letto e gli prendo la mano… il suo viso
è più magro, senza baffi né barba, ma il colorito è
rosato… e questo mi lascia un po’ perplesso. Così
come le macchine accanto a lui, tutte staccate. Mi porto la sua mano alla
bocca e bacio dolcemente ogni dito, come non avevo mai fatto
e sempre desiderato. Continuo a piangere con la tua mano tra le mie e, d’un tratto, le tue dita si muovono sulle mie labbra.
Sento i miei occhi
sgranarsi e il cuore battermi violentemente nel petto e guardo i tuoi
occhi… la fronte si corruga e qualche piccolo mugugno esce dalle tue
labbra… Sei sveglio. Apri gli occhi, lentamente e non senza fatica, e una
volta che ce l’hai fatta giri la testa verso di
me, e i tuoi occhi blu incrociano i miei. Jack…
-…
Ennis…- sussurri piano, mentre un sorriso ti si dipinge sul viso. Le
lacrime continuano a bagnarmi il volto, ti stringo di più la mano e
sorrido, sollevato e felice come non lo sono mai stato.
-Jack…- singhiozzo -…piccolo…- Non servono altre
parole. Mi chino su di te e ti stringo forte, abbracciandoti come non ho mai
fatto. Sento le tue braccia aggrapparsi alla mia schiena
mentre cominci a piangere anche tu. –Ennis… Dio…
dov’eri…? Ennis….-
-Ssssh…-
ti sussurro nell’orecchio, baciandolo –sono qui… sono qui
piccolo va tutto bene… è tutto finito…- Ti stringo forte
accarezzandoti i capelli e la schiena. E in quel
momento so che non ti lascerò andare mai più.
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Mi
stringi forte e tutto mi sembra così bello e surreale che non riesco a
smettere di piangere. Mi aggrappo a te quasi con disperazione, alle tue spalle
che tanto adoro e che mi hanno sempre dato tanta sicurezza. Sento la tua voce,
dolce come non lo è mai stata, sussurrarmi che sei qui con me e che va
tutto bene… mi accarezzi i capelli senza
sciogliere l’abbraccio e mi baci ovunque arrivino le tue labbra. Quanto
mi sei mancato, Ennis del Mar… Quando i miei
singhiozzi si calmano ti scosti per guardarmi negli occhi e accarezzarmi una
guancia. –Piccolo mio…- mi sussurri tra le lacrime. -…
tu… non sai cosa ho passato in questi ultimi dieci giorni…- Non
capisco… dieci…? Laureen mi ha detto che sono entrato in coma trentotto giorni fa…
-Ennis…-
sussurro guardandoti negli occhi -… l’hai saputo solo dieci giorni
fa…? Laureen non ti ha chiamato…?- I tuoi occhi si fanno cupi.. conosco quell’espressione…
l’espressione che assumi quando mi devi dire qualcosa e non sai come
fare. Avevi quest’espressione quando mi hai
detto che per Agosto non se ne faceva nulla…
-…
Ennis…?- ti incoraggio. Tu mi guardi dolcemente
preoccupato e ti metti più comodo accanto e me, semisdraiato appoggiato
ad un braccio. –Jack…- cominci -…
Laureen non mi ha detto nulla… Ti avevo spedito una cartolina che mi
è tornata indietro con uno stampino con scritto DECESSO... Io… ho creduto che fossi morto, Jack…
Laureen mi ha fatto credere questo… Ho dovuto fare pena a tua madre per
sapere la verità…-
Non
ci credo… non ci posso credere. Perché Laureen avrebbe mai dovuto fare una cosa del
genere? Non aveva mai avuto nessun sospetto! …. A meno
che…
-Sulla
cartolina…- continua Ennis -… ti chiedevo scusa… Scusa per
tutte le parole che ti avevo vomitato addosso quel
giorno, a Brokeback… per essere stato così assente…-
Bingo.
Eccolo. Ecco da cosa l’ha capito. E perché si è comportata così. È
andata, dopo tutto mi sono tolto un peso dallo
stomaco… prendiamolo così, e poi non sono mai stato il tipo da
rimenare le cose. Ma… un momento… cosa mi
diceva Ennis della cartolina?
-Ennis…?-
il tuo sguardo torna nei miei occhi… quanto mi sono mancati i tuoi pozzi
scuri, Ennis…
-Dimmi…-
mormori appena.
-…
ti dispiace davvero…?- Mi guardi, fisso, come non hai mai fatto. Di
solito non reggi il mio sguardo per molto. Mi accarezzi le labbra, scendi sul
mento e poi risali fermandoti con la tua mano calda sulla mia guancia.
–Mi
dispiace da morire Jack…- i tuoi occhi si fanno
di nuovo lucidi e io non riesco a trattenermi dall’abbracciarti. Sento le
tue braccia forti stringermi come non hanno mai fatto e il tuo respiro dolce e
affannato nell’incavo del mio collo.
-Perdonami…-
mormori dolcemente -… avrei dovuto vivere con te… avrei dovuto non
lasciarti mai… avrei dovuto fregarmene di pecore e vacche e viverti ogni giorno…-
Non
mi hai mai parlato così… mai… mi viene da piangere per la
gioia e ringrazio mentalmente Dio di non avermi lasciato morire per poterti
stringere ancora… E l’emozione ha il sopravvento sulla
razionalità… e non ragiono più con la testa perché
il cuore che mi batte violentemente nel petto mi fa perdere la ragione e il
contatto con la realtà… e la mia voce mi esce
dalle labbra senza che io la possa controllare… -Ti amo……-
Due
parole. Le più belle e le più vere che abbia
mai detto in vita mia. A trentotto anni le ho dette per la prima volta.
Sento il tuo corpo irrigidirsi contro il mio e in quell’istante mi rendo
conto di quello che ti ho appena detto e dall’euforia
passo al terrore di aver fatto una sciocchezza… il terrore che tu
ti allontani da me… E invece ti stacchi… mi guardi negli
occhi… e sorridi… uno dei tuoi rari e meravigliosi sorrisi, del
Mar… E vedo il tuo viso dolcissimo avvicinarsi sempre di più al
mio e in un istante le nostre labbra si uniscono. Dio quanto mi sono mancati i tuoi baci… e restiamo lì a
baciarci, un bacio dolce e passionale allo stesso tempo, incuranti del pericolo
che entri qualcuno. Un medico, un’infermiera, Laureen… ci siamo
solo noi due. Non so quanto duri questo bacio…
quando ci stacchiamo resto con gli occhi chiusi ancora per un paio di secondi,
per imprimermi quella sensazione a fuoco nella mente e sulle labbra. E quando
li riapro tu mi sorridi, accarezzandomi il viso, e vedo le tue labbra
socchiudersi e pronunciare due parole in un soffio… -Ti amo
anch’io…-
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Dovevo
proprio rischiare di perderti, due anni fa, per rendermi conto di quanto avessi bisogno di te? Ancora oggi, nonostante ora vada tutto
meravigliosamente, me lo domando… Guardo il laghetto davanti a
casa… alla nostra casa… e sorrido. E ringrazio mentalmente chiunque ci sia lassù per
avermi donato tutto ciò che vedo e che ho. Mi siedo sullo steccato,
questo steccato che circonda la nostra casa, ai piedi
di questo laghetto, ai piedi di Brokeback Mountain. Questa casa costruita da
noi, tanto desiderata e finalmente qui… finalmente nostra, visibile ad
occhio nudo, e non più solo immaginabile nei nostri sogni più
nascosti e mai espressi… E ringrazio
ancora…
Sento
un bacio caldo e delicato posarsi sulla mia nuca, e il tuo sorriso tra i miei
capelli. Sorrido, chiudendo gli occhi per un istante per imprimermi questo
momento splendido nella mente… Dopo qualche secondo, che a me sembra
un’eternità, mi volto, e ti guardo negli occhi. Il mio Jack… Tu mi regali un sorriso… uno dei tuoi
splendidi e solari sorrisi, e ti lasci abbracciare. E
lasci che le mie labbra giochino con le tue, stretti in un abbraccio che
ricorda una promessa… la nostra. Mi stacco piano da te, e appoggio la mia
fronte alla tua. –Ora di andare a letto, cowboy…- ti sussurro. Tu
sorridi, annuendo piano. –Vieni…?- mi chiedi dolcemente, accarezzando
le mie braccia che ti avvolgono ancora la vita. –Certo…- rispondo
allontanandomi delicatamente da te -… arrivo subito…- Tu annuisci,
mi posi un altro bacio delicato sulle labbra, ed entri in casa. Io resto a
guardare la tua figura finché non scompare oltre la soglia della porta,
e sorrido tra me e me. Faccio scorrere lo sguardo sul paesaggio ormai buio ai
miei occhi, e non posso fare a meno di ringraziare ancora… di sorridere
ancora… di sentirmi veramente bene per la prima volta…
Grazie,
Jack.