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Autore: Ale_80    27/08/2007    10 recensioni
"DECESSED". Quella parola stampata a caratteri cubitali sulla cartolina, tornata indietro, ha ucciso Ennis del Mar nell'anima. E' vero che ci si rende conto di quanto si ami qualcuno solo quando lo si ha perso... ma l'hai perso davvero? Finale alternativo de "I segreti di Brokeback Mountain".
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Seduta accanto al letto di mio marito, con una cartolina in mano… quella cartolina

HERE WITH ME

Seduta accanto al letto di mio marito, con una cartolina in mano… quella cartolina. La tengo tra le mani come se fosse un tesoro prezioso e proibito, come il fuoco, così bello eppure così doloroso. La leggo e la rileggo… una lacrima mi scivola sulla guancia quando chiudo gli occhi per un istante. Il mio sguardo si posa sulla sua figura inerme e debole, gli occhi chiusi e la mascella liberata dalle fasciature proprio oggi. Il suo cuore batte per merito di due macchine… Il sorriso che mi ha fatto innamorare non c’è, ma, d’altra parte, non c’era da molto tempo… non per me… no… Jack sorrideva solo quando riceveva una cartolina dal suo caro amico Ennis del Mar, quando andava a pescare con Ennis del Mar, quando vedeva per uno o due giorni Ennis del Mar. Perdonami Jack… perdonami se ora sto uccidendo anche lui… se dopo il tuo incidente, all’arrivo della sua cartolina, ho ignorato la sua telefonata disperata e gli ho detto che eri morto. Sì, è come se lo fossi, ma non lo sei ancora. Sei solo in coma da trentotto giorni… solo in coma… Perdonami Jack se lo sto uccidendo, ma dopo quello che ti è successo, leggere quella cartolina è stato troppo per me.

Perdonami Jack…perdonami per tutto quello che ti ho detto e che ho fatto quel giorno di Aprile… Mi licenzierò e ad Agosto sarò lì con te… fammi sapere quando puoi.

Ennis del Mar

L’ho letta e riletta, guardata e riguardata, mentre tu eri già qui in questo letto di semimorte. L’ho fatta rispedire con quello stampino, rosso come il sangue e freddo come il ghiaccio: DECEDUTO. Poi, dieci giorni fa, la sua telefonata… la sua voce rotta dal pianto, sussurri tremolanti e spaventati, come un uomo che chiede aiuto accorgendosi di non avere più la terra sotto i piedi. Ho provato pena per lui, stavo quasi per dirgli che no, non eri morto, che eri all’ospedale qui, in Texas, e che poteva venire da te, anche solo per guardarti, anche solo per sederti accanto… Poi ho ripensato alle mie lacrime… alla morsa che mi attanagliava lo stomaco quando tu, ignaro dei miei sospetti di moglie, correvi da lui. A quanto ho odiato Ennis del Mar, quell’uomo che ti portava via da me, in una di quelle torbide relazioni di cui credevo di aver solo sentito parlare e che mai avrei temuto di ritrovarmi tra capo e collo con mio marito invischiato in una di esse.

Ti guardo, Jack, e ti chiedo perdono per ciò che è successo… per quello che ho fatto, ma non me la sono sentita di comportarmi altrimenti.

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Guardo fuori dalla piccola finestra, e mi perdo con lo sguardo nel cielo terso… e penso a te… Mi dirigo verso l’armadio, come ogni santo giorno da quando sono andato a casa dei tuoi, e apro l’anta destra. E lì le guardo… le nostre camicie… una dentro l’altra, una dell’altra, inseparabili e inscindibili accanto alla cartolina di quel luogo magico e solo nostro… Brokeback Mountain… Ma tu non ci sei più… Una lacrima mi bagna la guancia e pronuncio quelle due parole… quel piccolo inizio di una frase che non ho mai avuto il coraggio e la forza di terminare… -Jack giuro…-

Il dolore è ormai così forte che non riesco quasi più a sentirlo, come se mi stessi lasciando morire di inedia. Ce l’avevi tu, piccolo mio, la mia camicia. Perché? Perché l’hai presa, Jack? Per sentirmi vicino? Per sentire il mio odore e avere qualcosa di mio, qualcosa che appartenesse a me, uomo troppo assente? Uomo che non ti dava ciò di cui avevi bisogno e non perché non volesse dartelo ma perché è un vigliacco? La verità è questa, Jack. Sono solo un codardo che ha rinnegato il suo modo di essere fino a consumarsi, e a consumare anche te. Perchè quella sera, dopo quattro anni che non ci vedevamo, accanto al fuoco e al torrente, quando mi hai chiesto di vivere insieme avrei dovuto dirti di sì. Avrei dovuto urlarlo, quel sì! Quella frase, e la tua voce dolce e sognante, colma di speranza, che ricordo come se me l’avessero impressa a fuoco nella mente: “Se lo volessi potrebbe essere così… esattamente così, per sempre…”

Mi manchi, Jack… Mi manchi come se mi avessero strappato una parte di me dall’anima… Perché ho avuto paura? Perché non ti ho detto di sì, mentre mi guardavi dolcemente con i tuoi occhi blu accarezzandomi l’orecchio? PERCHE’??? ……

Prendo il furgoncino e parto, diretto a Lightning Flat, dai tuoi. Non so perché, ma ho bisogno di vedere la stanza dove vivevi, di sentire l’odore del letto dove dormivi. E, chissà perché… di vedere tua madre. Non so ancora il motivo, ma quando sono andato là, dieci giorni fa, a fare le mie condoglianze, tuo padre non ha neanche voluto farmi vedere le tue ceneri, mi trattava come se fossi un essere pericoloso da allontanare. Tua madre, invece, cercava di dirmi qualcosa con gli occhi… e lo sentivo… lei voleva dirmi qualcosa che la presenza del marito le impediva di dire. Rideresti, se mi sentissi ora. Troppe congetture, diresti. Sarà, ma ho bisogno di farlo.

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Sta seduto accanto a me, Ennis del Mar. Quando l’ho rivisto scendere da quel furgoncino, supplicandomi di perdonare la sua indiscrezione e di mostrargli un’altra volta la stanza di Jack, ho capito che era il momento di farlo. Non ce la faccio… non posso soprassedere anche a questo capriccio di mio marito, che si ostina a dire che Jack non è più suo figlio e che sarebbe stato meglio che fosse morto. Per me non è così. E gli occhi disperati di quest’uomo, seduto di fronte a me, sceso ora dalla stanza di mio figlio con gli occhi lucidi, mi supplicano di dirglielo. E lo farò… con o senza l’approvazione dell’uomo che ho sposato.

-Ennis… posso darti del tu, vero?- Lui alza lo sguardo dalle sue mani, e mi sorride debolmente, annuendo. E io proseguo… -Io… sto per dirti una cosa che non dovresti sapere… per il volere di Laureen e di mio marito, ma non posso farlo. Non posso tenere questo segreto.- Ennis si siede meglio, sistemandosi sulla sedia e guardandomi intensamente con gli occhi colmi di speranza… mi sembra di poter sentire il battito violento del suo cuore fin qui. Sta soffrendo troppo, devo dirglielo subito. –Ennis…- continuo, guardandolo negli occhi -… Jack è vivo…-

Ennis sgrana gli occhi… un sorriso stupito gli illumina il volto senza che lui se ne accorga, ma io sì, e in questo momento mi sento orgogliosa di me stessa, di aver trovato il coraggio di fare ciò che ho appena fatto.

-Che… cosa..?- sussurra, la voce tremante, la fronte imperlata di sudore e l’emozione alle stelle. Ha l’aria di un uomo al quale hanno tolto un macigno enorme dal cuore. E io gli racconto tutta la storia… Di Laureen e di mio marito, che avevano capito molte cose sulla loro relazione, chi in un modo chi nell’altro, e che avevano deciso di comune accordo di non fargli sapere nulla del coma di Jack e di trasformarlo in morte. Ennis mi ascolta con tutta l’attenzione di cui un essere umano è capace, e il suo sorriso ora è contaminato da un’espressione rabbiosa, rancorosa nei confronti di quelle due persone che l’hanno ucciso per dieci giorni. Gli dico dell’ospedale dove si trova Jack, che è a due giorni di macchina da qui, e questo gli basta. Mi bacia sulla fronte, e mi ringrazia in continuazione finché non scompare nel suo furgoncino. Intanto, mio marito sta tornando dal lavoro. E non ho paura di dirgli cos’ho appena fatto.

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Sento i suoni freddi e lontani, il mio respiro mi rimbomba nelle orecchie e per alcuni secondi ho la vista offuscata. Gli ultimi ricordi sono confusi e mi fa male la testa quando mi sforzo di ricordarli. Riabbasso le palpebre, solo l’avere aperto gli occhi per così poco mi ha stancato molto… Poi, sento una mano sulla mia e una voce di donna piangere e ridere insieme. –Jack… mio Dio Jack! Ti sei svegliato!-

Laureen… cerco di riaprire gli occhi ma faccio troppa fatica. Pochi attimi e attorno a me c’è il mondo. Un medico, due infermiere, mia suocera, tutti che mi danno il bentornato e sorridono toccacciandomi e controllando i monitor e le flebo alle quali sono attaccato.

E la domanda mi sorge spontanea: che diavolo sta succedendo? Riapro gli occhi, con uno sforzo immane, e li vedo tutti… mi sforzo di sorridere e a questo mio piccolo gesto Laureen piange commossa. Mi si siede accanto, e comincia a parlare come una macchinetta, come suo solito, e mi fa un riassunto di ciò che mi è successo per finire lì. Del cacciacopertone, della frattura della mascella e del coma. Tutti mi fanno mille domande e mille richieste, mi scoppia la testa. E, in questo turbine di confusione e di sensazioni, solo una parola è chiara e nitida nella mia mente… solo un nome riesco a pronunciare… -Ennis……-

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Entro di corsa nell’ospedale. So che sei qui, che sei vivo, che potrò riabbracciarti. Il cuore mi batte forte nel petto, sento il respiro accelerare e non riesco che a pensare al tuo nome. Sto arrivano, Jack, sono qui con te… a costo di aspettare che ti risvegli in questo ospedale per tutta la vita.

Vedo alcuni medici che parlano, concitati, discutendo su quel miracoloso risveglio, su come quel paziente si sia ripreso bene. Mi avvicino al banco delle infermiere e chiedo:-Jack Twist?- Lo domando senza pensare, senza prepararmi una risposta ad un’eventuale ‘Lei chi è?’.

-In fondo al corridoio, stanza 25.- mi risponde gentile. Mi sembra troppo facile… non è normale… Ma non ho né il tempo né le forze per farmi sopraffare da ansie e domande inutili. Imbocco il corridoio, e arrivo di fronte alla porta della stanza 25. Il cuore mi batte forte… non so in che stato troverò Jack, e so che vederlo inerme e quasi morto mi farà un effetto violento… ma entro. Abbasso la maniglia della porta e la apro, richiudendola subito dietro di me. La stanza è vuota. Un corpo debole e sottile giace sul lettino bianco. Mi avvicino lentamente, e lo guardo in viso. Jack…… Jack… il mio Jack… sento le lacrime scivolarmi sulle guance, e i singhiozzi prendere il possesso sul mio corpo. Mi siedo sul letto e gli prendo la mano… il suo viso è più magro, senza baffi né barba, ma il colorito è rosato… e questo mi lascia un po’ perplesso. Così come le macchine accanto a lui, tutte staccate. Mi porto la sua mano alla bocca e bacio dolcemente ogni dito, come non avevo mai fatto e sempre desiderato. Continuo a piangere con la tua mano tra le mie e, d’un tratto, le tue dita si muovono sulle mie labbra. Sento i miei occhi sgranarsi e il cuore battermi violentemente nel petto e guardo i tuoi occhi… la fronte si corruga e qualche piccolo mugugno esce dalle tue labbra… Sei sveglio. Apri gli occhi, lentamente e non senza fatica, e una volta che ce l’hai fatta giri la testa verso di me, e i tuoi occhi blu incrociano i miei. Jack…

-… Ennis…- sussurri piano, mentre un sorriso ti si dipinge sul viso. Le lacrime continuano a bagnarmi il volto, ti stringo di più la mano e sorrido, sollevato e felice come non lo sono mai stato.

-Jack…- singhiozzo -…piccolo…- Non servono altre parole. Mi chino su di te e ti stringo forte, abbracciandoti come non ho mai fatto. Sento le tue braccia aggrapparsi alla mia schiena mentre cominci a piangere anche tu. –Ennis… Dio… dov’eri…? Ennis….-

-Ssssh…- ti sussurro nell’orecchio, baciandolo –sono qui… sono qui piccolo va tutto bene… è tutto finito…- Ti stringo forte accarezzandoti i capelli e la schiena. E in quel momento so che non ti lascerò andare mai più.

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Mi stringi forte e tutto mi sembra così bello e surreale che non riesco a smettere di piangere. Mi aggrappo a te quasi con disperazione, alle tue spalle che tanto adoro e che mi hanno sempre dato tanta sicurezza. Sento la tua voce, dolce come non lo è mai stata, sussurrarmi che sei qui con me e che va tutto bene… mi accarezzi i capelli senza sciogliere l’abbraccio e mi baci ovunque arrivino le tue labbra. Quanto mi sei mancato, Ennis del Mar… Quando i miei singhiozzi si calmano ti scosti per guardarmi negli occhi e accarezzarmi una guancia. –Piccolo mio…- mi sussurri tra le lacrime. -… tu… non sai cosa ho passato in questi ultimi dieci giorni…- Non capisco… dieci…? Laureen mi ha detto che sono entrato in coma trentotto giorni fa…

-Ennis…- sussurro guardandoti negli occhi -… l’hai saputo solo dieci giorni fa…? Laureen non ti ha chiamato…?- I tuoi occhi si fanno cupi.. conosco quell’espressione… l’espressione che assumi quando mi devi dire qualcosa e non sai come fare. Avevi quest’espressione quando mi hai detto che per Agosto non se ne faceva nulla…

-… Ennis…?- ti incoraggio. Tu mi guardi dolcemente preoccupato e ti metti più comodo accanto e me, semisdraiato appoggiato ad un braccio. –Jack…- cominci -… Laureen non mi ha detto nulla… Ti avevo spedito una cartolina che mi è tornata indietro con uno stampino con scritto DECESSO... Io… ho creduto che fossi morto, Jack… Laureen mi ha fatto credere questo… Ho dovuto fare pena a tua madre per sapere la verità…-

Non ci credo… non ci posso credere. Perché Laureen avrebbe mai dovuto fare una cosa del genere? Non aveva mai avuto nessun sospetto! …. A meno che

-Sulla cartolina…- continua Ennis -… ti chiedevo scusa… Scusa per tutte le parole che ti avevo vomitato addosso quel giorno, a Brokeback… per essere stato così assente…-

Bingo. Eccolo. Ecco da cosa l’ha capito. E perché si è comportata così. È andata, dopo tutto mi sono tolto un peso dallo stomaco… prendiamolo così, e poi non sono mai stato il tipo da rimenare le cose. Ma… un momento… cosa mi diceva Ennis della cartolina?

-Ennis…?- il tuo sguardo torna nei miei occhi… quanto mi sono mancati i tuoi pozzi scuri, Ennis…

-Dimmi…- mormori appena.

-… ti dispiace davvero…?- Mi guardi, fisso, come non hai mai fatto. Di solito non reggi il mio sguardo per molto. Mi accarezzi le labbra, scendi sul mento e poi risali fermandoti con la tua mano calda sulla mia guancia.

–Mi dispiace da morire Jack…- i tuoi occhi si fanno di nuovo lucidi e io non riesco a trattenermi dall’abbracciarti. Sento le tue braccia forti stringermi come non hanno mai fatto e il tuo respiro dolce e affannato nell’incavo del mio collo.

-Perdonami…- mormori dolcemente -… avrei dovuto vivere con te… avrei dovuto non lasciarti mai… avrei dovuto fregarmene di pecore e vacche e viverti ogni giorno…-

Non mi hai mai parlato così… mai… mi viene da piangere per la gioia e ringrazio mentalmente Dio di non avermi lasciato morire per poterti stringere ancora… E l’emozione ha il sopravvento sulla razionalità… e non ragiono più con la testa perché il cuore che mi batte violentemente nel petto mi fa perdere la ragione e il contatto con la realtà… e la mia voce mi esce dalle labbra senza che io la possa controllare… -Ti amo……-

Due parole. Le più belle e le più vere che abbia mai detto in vita mia. A trentotto anni le ho dette per la prima volta. Sento il tuo corpo irrigidirsi contro il mio e in quell’istante mi rendo conto di quello che ti ho appena detto e dall’euforia passo al terrore di aver fatto una sciocchezza… il terrore che tu ti allontani da me… E invece ti stacchi… mi guardi negli occhi… e sorridi… uno dei tuoi rari e meravigliosi sorrisi, del Mar… E vedo il tuo viso dolcissimo avvicinarsi sempre di più al mio e in un istante le nostre labbra si uniscono. Dio quanto mi sono mancati i tuoi baci… e restiamo lì a baciarci, un bacio dolce e passionale allo stesso tempo, incuranti del pericolo che entri qualcuno. Un medico, un’infermiera, Laureen… ci siamo solo noi due. Non so quanto duri questo bacio… quando ci stacchiamo resto con gli occhi chiusi ancora per un paio di secondi, per imprimermi quella sensazione a fuoco nella mente e sulle labbra. E quando li riapro tu mi sorridi, accarezzandomi il viso, e vedo le tue labbra socchiudersi e pronunciare due parole in un soffio… -Ti amo anch’io…-

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Dovevo proprio rischiare di perderti, due anni fa, per rendermi conto di quanto avessi bisogno di te? Ancora oggi, nonostante ora vada tutto meravigliosamente, me lo domando… Guardo il laghetto davanti a casa… alla nostra casa… e sorrido. E ringrazio mentalmente chiunque ci sia lassù per avermi donato tutto ciò che vedo e che ho. Mi siedo sullo steccato, questo steccato che circonda la nostra casa, ai piedi di questo laghetto, ai piedi di Brokeback Mountain. Questa casa costruita da noi, tanto desiderata e finalmente qui… finalmente nostra, visibile ad occhio nudo, e non più solo immaginabile nei nostri sogni più nascosti e mai espressi… E ringrazio ancora…

Sento un bacio caldo e delicato posarsi sulla mia nuca, e il tuo sorriso tra i miei capelli. Sorrido, chiudendo gli occhi per un istante per imprimermi questo momento splendido nella mente… Dopo qualche secondo, che a me sembra un’eternità, mi volto, e ti guardo negli occhi. Il mio Jack… Tu mi regali un sorriso… uno dei tuoi splendidi e solari sorrisi, e ti lasci abbracciare. E lasci che le mie labbra giochino con le tue, stretti in un abbraccio che ricorda una promessa… la nostra. Mi stacco piano da te, e appoggio la mia fronte alla tua. –Ora di andare a letto, cowboy…- ti sussurro. Tu sorridi, annuendo piano. –Vieni…?- mi chiedi dolcemente, accarezzando le mie braccia che ti avvolgono ancora la vita. –Certo…- rispondo allontanandomi delicatamente da te -… arrivo subito…- Tu annuisci, mi posi un altro bacio delicato sulle labbra, ed entri in casa. Io resto a guardare la tua figura finché non scompare oltre la soglia della porta, e sorrido tra me e me. Faccio scorrere lo sguardo sul paesaggio ormai buio ai miei occhi, e non posso fare a meno di ringraziare ancora… di sorridere ancora… di sentirmi veramente bene per la prima volta…

Grazie, Jack.

  
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