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Autore: Noruwee    06/02/2013    3 recensioni
« E a me a che cosa diavolo serve un efficacissimo repellente per mosche? » sgranai gli occhi, guardandolo avvicinarsi verso la porta con assoluta calma. Mi bastava fare il bagno regolarmente e dell'acqua di colonia per tener lontani i parassiti, non di certo i suoi esperimenti inutili. « Spero non abbia testato anche questa roba sul mio cane mentre leggevo. »
« ... Il nostro cane. » ci tenne a precisare, prima di qualsiasi altra cosa.

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Divertente Fanfic sulla quotidianità di questa adorabile coppia.
H o l m e s | W a t s o n
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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... Di Earl Grey, molluschi e repellenti per mosche


«
Watson! »

Il detective assottigliò lo sguardo, nel fissare con particolare attenzione una minuta provetta in cui faceva vorticare, con un lento movimento della mano, uno strano ed opaco liquido bluastro.

« Osservi! Sono riuscito a combinare degli elementi naturali con alcune particolari cellule vegetali, e ho scoperto una cosa assolutamente curiosa! »

La sua voce era entusiasta, come ogni volta che tentava di spiegarmi qualcuna delle sue inutili scoperte. Corse come un pazzo verso le grandi finestre – che io puntualmente aprivo quando lo venivo a trovare – e agitò la provetta; questa sembrò d'un tratto illuminarsi, seppur molto lievemente, nonostante la completa oscurità.

« Guardi, dottor Watson! Sono riuscito a creare... la luce! »

Fosforescenza, signor Holmes. Ma questo lo si scoprirà meglio un altro paio di secoli più avanti.

Io sedevo annoiato e composto sulla poltrona del salotto, Gladstone al sicuro tra i miei piedi, una tazza di tea ormai vuota sul tavolino accanto e il quotidiano fra le mani. La pace avrebbe potuto persistere, se non fosse stato per la presenza rumorosa del detective nella stanza che, eccitato come un ragazzino intento a rincorrere una farfalla, pretendeva la mia attenzione nei riguardi di una delle sue mirabolanti scoperte.

« Complimenti Holmes, » mormorai, totalmente disinteressato, sfogliando un'altra pagina di quel famoso giornale che ogni volta riusciva sempre a sorprendermi; erano pazzeschi gli scandali politici nei paesi dell'Europa, e mi convincevo sempre di più − come ogni buon cittadino britannico, del resto − che il tenore di vita nella nostra Nazione fosse senz'altro la migliore. « aspetto con ansia che inventiate anche l'acqua calda. » aggiunsi, dunque, in un attimo di ritorno alla realtà in cui mi ricordai del folle amico.

« E' il futuro! Le case saranno illuminate da queste sensazionali particelle luminescenti...! »

Più andava avanti con la sua spiegazione, più arrochiva la voce, arrivando a sussurrare le sue bizzarre parole come se cercasse di enfatizzarle, caricandole di mistero; e ci sarebbe anche riuscito, se non fosse stato che il suo attuale pubblico era composto dalla mia persona e da un grasso Bulldog dall'aria un po' tonta.
Corrucciò lo sguardo, assumendo un'espressione mista fra lo scocciato e l'annoiato, stringendo la piccola provetta fra le dita e andandola ad infilare in uno dei suoi bauli dove centinaia di quelle cianfrusaglie, assieme a lenti di ingrandimento, polveri dalle dubbie provenienze, denti di animali e altra roba che, se qualcuno l'avesse vista, avrebbe chiamato la polizia e l'avrebbe fatto impiccare per stregoneria.

« Watson, amico mio... siete ammirevolmente, superlativamente, inconfutabilmente noioso, da quando vi siete sposato. » confermò il detective, tornando ad aprire le grosse tende polverose e stringendo un poco gli occhi per la luce, che li andò a disturbare fastidiosamente. « Vi siete trasformato in un soprammobile! »

A quell'affermazione, abbassai di scatto il giornale. Ancora quella storia sul mio essere diventato una mummia vivente dopo il felice matrimonio con la mia adorata Mary? Holmes sembrava strapparmi le occhiatacce come nulla fosse. Sospirai, aggrottando le sopracciglia ancora una volta, nel pronunciare l'ennesima risposta carica di sarcasmo.

« Perdonate se non dimostro il mio stupore con gesti eclatanti. Volete che batta le mani come una foca da circo? » e gli concessi un applauso di due sole battute, tornando poi a leggere il quotidiano. « Da quando vi ho trovato ad ammaestrare mosche con il violino non mi stupisco più di nulla. »
Holmes strabuzzò gli occhi, vedendomi reagire in quel modo, e inspirò rumorosamente, come quando si viene a conoscenza di un qualcosa di incredibilmente assurdo e sul quale non si vede l'ora di spettegolare. « Dottor Watson, la situazione è peggiore di quanto io credessi! »

Si avvicinò a me, poggiando entrambe le mani sui braccioli della poltrona dove ero beatamente seduto. Allungò silenziosamente il volto, spuntando da sopra il Times , riducendo gli occhi a due fessure.
« ... Voi avete perduto la vostra gioia di vivere— bisogna fare qualcosa. » dichiarò infine, rimettendo dritta la schiena e dandomi le spalle, andando a prendere la giacca dall'attaccapanni e mettendosela addosso. Si diede una passata di mani fra i capelli, storse la mandibola e vi passò due dita sopra per constatare che effettivamente si sarebbe dovuto rifare la barba; prese l' immancabile pipa e, una volta accesa, mi fece un cenno col capo.

« Forza, vecchio mio! A caccia di qualcosa di entusiasmante, come ai bei vecchi tempi! Approfittiamo di questa disastrosa, pessima, tristissima assenza purtroppo » e sussurrò il "purtroppo" fra i denti. « momentanea di Mary, e andiamo a spassarcela con qualche bel caso! »
Ah, me l'ero immaginato. No, non mi avrebbe trascinato in un altro dei suoi casi da suicidio, se lo poteva scordare; la fortuna di Holmes fu quella di allontanarsi appena in tempo prima di ricevere il Times arrotolato dritto sulla testa. Sprofondai nella poltrona, la bombetta a far capolino da sopra il giornale che mi celava dalla vista del detective, facendo intedere quanta voglia avessi di uscire con lui.

Forse la predizione di Flora – la zingara che tempo addietro quella canaglia di Holmes aveva avuto il coraggio di pagare per una finta predizione sulla mia felice relazione con Mary – si stava avverando: dopo il matrimonio, mi sarei trasformato in una palla di lardo piena di porri, rughe, e con la vitalità di un ottantenne invalido di guerra. Per il momento, mi limitavo ad essere il tipico uomo casalingo.
« Se lo può scordare Holmes, voglio essere intero per quando tornerà mia moglie. » dichiarai solenne, pronunciando l'aggettivo possessivo con una chiarissima nota di evidenza in più. Messa in mostra una notevole espressione delusa, il detective si sistemò per bene il collo della giacca, borbottando a sguardo piantato sul pavimento.

« Non comprendo questa di lei necessità di marcare come ha appena fatto la parola "mia". Stiate pur certo che l'adorabile Mrs Watson » e non fu un caso che anche lui marcò bene quelle due ultime paroline come io avevo fatto pochi istanti prima. « non ve la porterà via nessuno. » concluse con voce frettolosa, accomodandosi in modo per lo meno guardabile il nodo della cravatta che aveva fatto nel giro di pochissimi istanti.
« E adesso non esibisca quel muso, su! Le occorre un po' di azione, è chiaro! » e detto questo afferrò la mia giacca beige, lanciandomela addosso e assumendo subito dopo una gloriosa posa da statua classica di qualche eroe mitologico... la brutta copia, ovviamente.
« Un medico glielo suggerirebbe! »

« Sono io che non capisco la di lei necessità di criticare il modo in cui chiamo Mary mia moglie! » sbigottito, e forse con un po' di buon senso in più nel comprendere che quella discussione stava avendo dell'assurdo, chiusi il giornale e lo lanciai con poca grazia sul tavolo, nervoso fino al midollo.

Poggiai i gomiti sui braccioli e congiunsi le mani, osservandomi unghie e ritrovando la calma. A volte credevo che Sherlock fosse seriamente geloso di Mary, peggio di una fanciulla innamorata.

« E sempre io, da medico di me stesso, vieto al mio paziente di cacciarsi in situazioni che lo conducano a morte certa. Come la mettiamo?»
Un momento di apparente quiete. Giusto apparente. Dopo qualche frazione di secondo passata a meditare, il detective sgranò gli occhi scuri, dirigendosi dietro alla poltrona e poggiando le mani sulle mie spalle, iniziando un per nulla piacevole massaggio; era uno dei tanti modi per farmi innervosire, e questo il bruno lo sapeva bene. Si avvicinò lentamente al mio orecchio, tornando ad utilizzare quella vocetta sibilante e roca che aveva nei suoi momenti peggiori.
« E se le pagassi qualche biglietto per il casinò? Eh? Uscirebbe assieme a me? » azzardò. Massì. Tanto, io non mi ero ancora reso conto che, in un modo o nell'altro, sarei finito in una cella piena di ubriaconi o nel mezzo di una violenta sparatoria entro la mezzanotte. Di tutta risposta, allargai le narici e alzai il viso verso di lui, visibilmente contrariato, e lo fissai con le mie iridi di ghiaccio.

No. No, no e ancora no. Non avrei ceduto alle sue tentazioni, Diavolo che non era altro!
« Non se ne parla, Holmes. Ho promesso a Mary che non avrei più gettato denaro nel gioco d'azzardo. »
Ma che bravo maritino. Se in quel momento avessi avuto un imbroglione con il suo gioco delle tre carte davanti agli occhi, avrei scommesso anche tutto il portafogli. Battuto in tutti i suoi tentativi, non sapendo più cosa inventarsi, Holmes si tirò su, l'espressione irritata, mentre era intento ad infilare gli ultimi due bottoni della giacca nelle asole forse un po' troppo strette. Con la voce questa volta rammaricata, ma con una chiara punta di irritazione, il detective fece per dirigersi verso la porta.

« Ha visto, Watson? Il matrimonio vi ha prosciugato la vitalità, non siete più quello di prima! » voltò di nuovo la schiena verso di me, come se ancora non volesse arrendersi, dato che la sconfitta si sarebbe consumata dal momento in cui avrebbe varcato quella soglia da solo. Iniziò una lenta camminata verso di me; una camminata accompagnata da un discorso fortemente gesticolato, ma lento, che mirava a farmi assimilare per bene le sue parole.
« Voi siete diventato un mollusco, dottore » iniziò, con l'aria melodrammatica di un attore che si sarebbe ritrovato perfettamente nei panni di uno scarsissimo Amleto di terza categoria. « avete perso quello spirito che un tempo vi faceva amare e respirare la vita! » inspirò rumorosamente, come a voler mimare quel "respirare la vita". « Questo— non va bene. Non va bene affatto. »
Il discorso sulla vita post-matrimonio cominciava seriamente ad annoiarmi, e per far tacere Holmes c'era un solo, frustrante, irrimediabile modo: accontentarlo.

Sì, perché quando Sherlock Holmes vuole qualcosa la ottiene e basta, e se non riesce con le buone allora passa ai metodi subdoli, trascinandoti con sé contro la tua volontà. Io lo sapevo bene, e per evitare cattive sorprese balzai in piedi, chiusi gli occhi e rimasi fermo per un momento davanti alla poltrona, massaggiando le mie tempie doloranti. Sospirando, poi, afferrai il suo bastone da passeggio e infilai di malavoglia la giacca beige, e senza dire una parola avvolsi una delle sciarpe di Mary attorno al collo − uno dei tanti suoi tentativi, per essere precisi. Sistemai la bombetta sul capo e, ignorando l'altro uomo, varcai la soglia dell'appartamento, scendendo velocemente le scale per anticiparlo davanti alla porta di casa. Saremmo usciti, avremmo fatto una semplice passeggiata e saremmo tornati vivi e vegeti, senza incidenti di percorso.

Vidi scendere l'altro, e fu istintivo puntargli contro il manico del bastone, in una minaccia mista ad una smorfia divertita. Alla fine, un po' d'aria non mi avrebbe fatto male. « Se la risento chiamarmi “mollusco”, vedrà. »

Oh, cielo. Sul serio, io stavo davvero uscendo di casa pensando che al mio amico sarebbe bastata solamente una semplice passeggiata da pettegole vecchiette? Avevo visto perfettamente come era abituato a vivere il detective quando non aveva un caso sottomano: chiuso al 221B di Baker Street come un topo, nel buio e nella polvere più totale, in attesa soltanto di essere scovato da un buon caso. Sì, insomma, una camminata non sarebbe proprio stata la soluzione a tutti i suoi problemi, a meno che la camminata in questione non ci avresse condotti in qualche modo da Lestrade che, brontolante per qualche criminale che non riusciva a catturare, si sarebbe dovuto per forza arrendere al fatto che il problema non potesse andare a nessun altro se non a Sherlock Holmes e il suo amico John Hamish Watson.

« ... Bene, perfetto! Si metta un po' di profumo— » senza alcuna motivazione apparente, prima di uscire giù per le scale, il detective mi lanciò una boccetta con un liquido giallastro al suo interno. Era proprio profumo, e aveva un buon aroma di rosa e lavanda. Meglio tuttavia non sapere cosa vi avesse messo dentro quel pazzo di Holmes. Afferrai la boccetta di profumo con la mano guantata, libera dalla presa del bastone. Ne odorai il contenuto e aricciai il naso, osservando sospettoso il detective.
« È da donna, Holmes.» commentai, piazzandogli davanti agli occhi l'ampolla, facendo muovere leggermente il liquido dorato al suo interno.
« Non vedo dove sia il problema. » borbottò in risposta il detective, assumendo un'espressione quasi stupefatta dalla mia risposta. Quando l'aveva filtrato, non si era messo certo a pensare a quale delle due categorie dovesse appartenere, se fosse da uomo o per il gentil sesso. Fece spallucce, continuando a camminare verso la porta. « Fa lo stesso. Tanto non è un semplice profumo, ma un efficacissimo repellente per mosche! »
« E a me a cosa diavolo serve un efficacissimo repellente per mosche? » sgranai gli occhi, guardandolo avvicinarsi verso la porta con assoluta calma. Mi bastava fare il bagno regolarmente e dell'acqua di colonia per tener lontani i parassiti, non di certo i suoi esperimenti inutili. « Spero non abbia testato anche questa roba sul mio cane mentre leggevo. »

« ... Il nostro cane. » ci tenne a precisare, prima di qualsiasi altra cosa. « E poi non sia così limitato, insomma! Un buon repellente per mosche con un eccellente profumo, eccellenti ingredienti che— » e alzò leggermente il tono della voce, nel pronunciare la congiunzione. « permettono inoltre, se usati in un certo modo, di avvelenare a morte senza lasciare traccia alcuna. » si voltò di scatto verso di me, bloccandomi di scatto la strada appena prima di uscire dalla porta principale della casa, ritrovandoci petto contro petto.
« Io le ho dato in mano un'arma micidiale, che se ingerita può causare la morte in pochi attimi » e di nuovo assottigliò le palpebre, rubandomi la boccetta giusto per passarsela davanti agli occhi con profonda ammirazione... verso se stesso, naturalmente. « ma che può tranquillamente essere usato come profumo da sera, senza distinzione di sesso. È geniale. »
« … È una diavoleria. » pronunciai, alzando gli occhi al cielo e sorpassandolo, chiudendo dietro di me la porta di casa. “Repellente per mosche”... a chi voleva darla a bere? Il giorno in cui Holmes si sarebbe dato agli esperimenti innocui, io avrei mandato all'inferno la regina Vittoria. Praticamente impossibile, visto il mio patriottismo.

Feci cenno con il capo di seguirmi in strada, e mentre passeggiavo con il mio fido bastone da veterano, lo osservai continuare a blaterare sul suo mirabolante infuso omicida.
« Metta via quell'ampolla. Dove si va? » chiesi con tono impaziente.
« Oh, dove si va... insomma, lei dove vorrebbe che si andasse? Un po' di inventiva » tirò fuori un cerino dalla tasca, e accese finalmente la sua amata pipa. « per quanto mi riguarda, so benissimo dove stiamo andando, mio caro dottore. »
Quella sua sicurezza mi metteva a disagio, insinuandomi nella mente un brutto presentimento. Saremmo finiti in un altro guaio, me lo sentivo; uscire con Holmes era come giocare a testa o croce con la morte: la possibilità di tornare acasa vivi si ritrovava drasticamente ridotta al cinquanta percento.
« … No, Holmes, non mi dica che vuole andare da Lestrade—! »
« Ah, Lestrade! Suvvia, mi offendete » commentò il detective con una lieve risatina nervosa; era meglio per lui scegliere in fretta e furia un'altra meta, dato che, a quanto pareva, avevo azzeccato in pieno.
« Prego si sistemi il cravattino, e se possibile si tolga quell'orr— » tossicchiò, storcendo le labbra e bloccandosi non appena vide cambiare l'espressione dei miei occhi. « ... adorabile regalo di sua moglie dal collo. »


Pochi minuti di cammino, e giungemmo a quella che era la più rinomata e rispettabile Sala da Tea di Londra, dove Sherlock, ovviamente, voleva far luce su un piccolo fatto che da un po' di tempo non gli tornava. E, sempre ovviamente, questo io non poteva saperlo. Stavo rimuginando sulle parole del detective, che s'era trovato ad un passo dal definire "orribile" un regalo tanto affettuosamente confezionato da mia moglie. Certo, sapevo benissimo che lavorare a maglia non faceva per Mary, ma...

Sistemai ancor meglio la sciarpa per il mio orgoglio, precedendo l'altro uomo nell'entrare alla Tea Room. Conoscevo bene il posto, e conoscevo bene anche Holmes; l'improvvisa voglia di tea era solo una scusa per qualcosa di ben più grosso. Sedemmo ad uno dei tavoli, ben imbandito di ogni leccornia e con tazze di pregiata porcellana, pronti ad accogliere l'acqua calda e pura contenuta nelle teiere. Mi accomodai sulla sedia, poggiando al mio fianco il bastone e osservando Sherlock con il mio sguardo indagatore, che niente aveva a che vedere con quello dell'uomo di fronte a me.

« Avanti, Holmes, parli. Non mi avrà mica fatto venir qui per qualche dolcetto e un Earl Grey? »
« Assolutamente no, Watson. » dichiarò con tranquillità il bruno, prendendo il piccolo tovagliolo accanto alla sua tazza e sistemandoselo sul colletto, come se fosse in un ristorante. Forza dell'abitudine? Chissà. Tutto ci si sarebbe potuto aspettare, da quel curioso soggetto quale era il detective.
« L'ho fatta venire qui per un dolcetto e un Red Fruits. » concluse, infine, rivolgendomi un sorriso che era tanto sincero quanto sarebbe potuto sembrare ambiguo e strafottente; ringraziò il cameriere per aver portato loro la teiera con acqua bollente, e ordinò un Red Fruits per lui e un Earl Gray, che sapeva essere il mio preferito. Aggiunse all'ordine anche due fettine di limone e qualche biscotto.
« Ah... niente di meglio che un po' di pregiato tea alle... » e osservò il suo orologio da taschino. « ... Undici e trentaquattro minuti del mattino. » Un po' tardi, in effetti; la sala aveva ben pochi ospiti.
« Orario inusuale per un Tea, non crede Holmes? » risposi repentino, mostrando un sorriso accennato sotto i baffi e ringraziando il cameriere.
Per quanto pericolosi, i guai in cui ci cacciavamo erano sempre piuttosto interessanti, ormai una droga da cui io fuggivo e ricadevo inesorabilmente. « Chi cercate? »

« Cercare? Oh— »
Il detective sembrò guardarmi con aria piuttosto sorpresa, come se non si fosse aspettato il fatto che avessi perfettamente compreso che eravamo lì per una ragione. Ormai conoscevo i suoi metodi, per mia (s)fortuna. Lui unì le punte delle dita, dandosi un'occhiata attorno, per poi togliere il filtro dal tea e inspirarne il buon odore, prima di aggiungervi il limone e una quantità industriale di zucchero.
« Vede, mio caro Watson » cominciò a spiegare, attento a non attirare orecchie indiscrete. Che poi, le "orecchie indiscrete" potevano essere solo due coppie di coniugi a distanze esorbitanti da noi. « ho letto di questo posto che un conte scozzese aveva intenzione di comprare l'intera catena di Tea Room dei Brohmville. Il che è un po' insolito, dopo circa centocinquant'anni di servizio, non crede...? »
Bevve un sorso del suo infuso, inclinando all'insù le labbra per la piacevole sensazione che gli diede; che fosse alle undici, alle cinque o all'una di notte, un buon tea era sempre un buon tea.
« ... C'è di più, ovvio. O non mi interesserei minimamente. »
Ascoltai con attenzione le parole del detective, concentrandomi nel contempo anche alla mia tazza fumante di Earl Grey. Ah, l'odore che emanava appena tolto il filtro era semplicemente paradisiaco. Aggiunsi lo zucchero e la fettina di limone, mescolando con attenzione e riflettendo sulle parole del mio collega. Bevvi un primo sorso della bevanda, sentendo i biondi baffi bagnarsi fin da subito, e asciugai la bocca con un tovagliolo. «Centocinquant'anni di servizio sono effettivamente tanti... perché dovrebbero vendere? Gli affari vanno a gonfie vele.»
« Oh, non è la burocrazia ad interessarmi, né tanto meno il nome di questo posto, se si beve sempre così bene » e buttò giù un altro bel sorso della squisita bevanda, cacciando un sospiro caldo quanto la temperatura della stessa. « quanto piuttosto cosa è accaduto al conte Smith. » rivelò, avvicinando maggiormente il busto verso di me. Arricciò le labbra, innalzando un sopracciglio e riducendo al minimo la voce. « ... Se le dicessi che è morto, dottore? »
Le sue parole mi fecero sussultare proprio mentre stavo per poggiare le labbra sulla mia tazza; aggrottai le sopracciglia e osservai Holmes, scuotendo leggermente il capo, incredulo.
«Un omicidio?» mormorai, guardandomi bene intorno, evitando di attirare orecchie curiose. La scena si era trasformata in qualcosa di quasi comico; sembravamo due signore acidule che si scambiano un pettegolezzo interessantissimo, tanto eravamo quasi ad un soffio dal parlarci nelle orecchie. Quando il detective si rese conto che così avrebbemmo potuto attirare di più l'attenzione che non parlando a voce normale, tornò in una posizione corretta, decidendo semplicemente di avvicinare la propria sedia verso di me.
« Proprio così. Morto stecchito. Sono cose di cui i giornali non parlano. Ebbene, sono venuto a conoscenza tramite » e cambiò un attimo tono di voce. « fonti abbastanza certe » e volle subito proseguire, sperando che intuissi il fatto che fosse meglio non far domande sulle “fonti”; probabilmente qualche suo travestimento, qualche scappatella che gli aveva permesso di acchiappare preziosi indizi. « che il caro conte è stato avvelenato! »
Le parole dell'investigatore contrassero la mia espressione in una smorfia di incomprensione: un conte decide di acquistare una nota catena di Tea Rooms e improvvisamente viene assassinato senza apparente motivo. Un bel mistero, no?
« Se la stampa ha preferito tener nascosta una simile notizia, questo porta a pensare che qualcuno d'importante è coinvolto. Si è fatto qualche idea? »

« Assolutamente nessuna, caro dottore » rispose semplicemente il detective, addentando uno dei biscottini da tea alla marmellata. « ed è per questo che siamo q— » si bloccò improvvisamente, tendendo le labbra ed esibendo una smorfia di disappunto; ecco come mettersi con le spalle al muro da soli. Non erano venuti solo per un buon tea?
« … Come immaginavo.» mi lamentai, con un mezzo sorriso, facendo ondeggiare il profumato tea dentro la tazza perlacea. « Lei è estremamente prevedibile, Holmes, lo sa?»

« Sono prevedibile perché mi conosce, dottor Watson? » rispose il bruno; aggiunse, poi, assieme ad un altro po' di limone nella propria tazza, un'altra frase, che avrebbe smentito la mia affermazione di pochi istanti prima. « Se non mi conoscesse, direbbe lo stesso che sono prevedibile? La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell' esistenza, dopotutto. »
Ah, iniziavano le solite domande trabocchetto. Sospirai pesantemente, mandando giù un lungo e caldo sorso della bevanda, soffermandomi subito dopo sullo sguardo curioso del detective.
« Holmes, vecchio mio » mormorai, poggiando la tazza sul piccolo piatto, per l'ultima volta. « la vostra continua ricerca dell'originalità e dell'imprevisto non fa che rendervi comunque monotono. Il vostro fuggire è un'abitudine, non credete? » e sogghignai sotto i baffi, prendendo un piccolo Macaron al limone dal vassoio e gustandolo tranquillamente.

Il detective fece una smorfia e tirò su col naso, storcendolo leggermente. Quelle improvvise pillole di saggezza che filosoficamente ogni tanto uscivano dalle mie labbra lo ammutolirono per qualche secondo; il che, trattandosi di Holmes, era tutto dire.
« Intanto, però, voi non riuscite a fare a meno di starmi al passo » provò il detective, cercando in un qualche modo di stuzzicarlmi leggermente. « e non sapete quanto questo mi faccia piacere. » si sentì obbligato ad aggiungere, riparandosi immediatamente in un altro, lungo sorso di tea.
« Beh, mi sembra ovvio. Se non avete buonsenso necessitate di qualcuno che ve ne presti un po' del proprio. » conclusi, nascondendo il piccolo e innocente sorriso di soddisfazione dietro il tovagliolo, ripulendomi dalle piccole briciole della meringa. Quando si trattava di rispondere al continuo stuzzicare del detective, io non mi tiravo mai indietro. Provavo un certo senso di divertimento, nelle sue espressioni stravaganti.
« Mi state forse dando dell'incosciente? » chiese il bruno, con una (falsa) espressione indignata, chiamando poi con un rapido gesto della mano il cameriere e chiedendo cordialmente il conto. Avrebbe pagato lui, non aveva voglia di sembrare troppo sprovveduto, da quanto io mi ero trasferito dal 221B di Baker Street.
Fortunatamente la sua mano fu più lesta di un qualsiasi mio tentativo di pagare, passando la banconota sottomano ad un cameriere. Tirò di nuovo su col naso e diede due leggere pacche sul tavolo con entrambe le mani; si alzò in piedi, sgrullò qualche briciola dal cappotto e mi attese.
« Naturalmente, Holmes. » risposi con ovvia calma, osservando il cameriere avvicinarsi e portando la mano al portafogli all'istante, battuto però sul tempo dal detective. Gli rivolsi un piccolo sorriso di ringraziamento e scossi il capo, alzandomi poi dalla sedia per rivestirmi. Aggiustai cappotto, sciarpa e cappello e presi il bastone da passeggio, seguendo Holmes fuori dal locale. « Vi tengo d'occhio, non vorrei vi cacciaste in uno dei vostri soliti guai. »
« ... Mamma chioccia. » sussurrò il detective, in tono appena udibile, ma non per questo poco chiaro; un sorrisetto compiaciuto si dipinse sulle sue labbra, mentre con accurata e forse troppa attenzione si aggiustava il colletto della giacca, uscendo dalla lussuosa Tea Room.

« Chi era stata quella brillante persona ad averle dato questo azzeccatissimo appellativo, dottore? » domandò improvvisamente il mio amico, facendo roteare il suo bastone da passeggio con l'aria pensierosa; a quel punto il sorriso divenne senz'altro più evidente, mentre prendeva a pieni polmoni un respiro carico della Seconda Rivoluzione Industriale d'Inghilterra: carbone, ferro e rifiuti tossici.





N.d.A._ Nulla, semplicemente mi andava di scrivere un po' su questa splendida coppia.
E'... la loro quotidianità. Semplicemente. Nata da una sessione di roleplay, avevo semplicemente voglia di divertirmi nell'interpretare questi due personaggi, in particolare lo Sherlock di RDJ, e spero di esserci riuscita!~
All'inizio, questa Fanfiction era pensata per avere un seguito, ma purtroppo, dato che sto preparando gli esami, temo che mi sarebbe risultato impossibile continuarla, e sarebbe stato un vero peccato! Magari in futuro, chissà...!
Nella speranza che vi sia piaciuta, vi abbraccio tanto,

N o r u w e e

   
 
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