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Autore: Jeck86    06/02/2013    0 recensioni
è una storia Steampunk.
Siamo a Lione, in Francia, nell'anno 1831.
è un'epoca di fermenti politici e sociali.
Qualche anno dopo la rivoluzione francese e Napoleone.
Qualche anno prima del '48.
Tra meccanizzazione e luddismo.
Tra sentimenti nazional-liberali e socialismo utopista.
Questa storia ha partecipato al concorso "Steampunk vs dieselpunk", indetto dal blog di Scrittevolmente.
L'ebook che raccoglie le 12 storie vincitrici del concorso, tra le quali quella del sottoscritto, si può trovare a questo indirizzo --> http://st-books.org/?wpsc-product=steampunk-vs-dieselpunk-aa-vv.
"Pochi sanno che una delle prime macchine programmabili, molto precedente al computer, fu il telaio.
Il telaio Jacquard fu il primo a cui venne applicata una scheda perforata ed è considerato l'antenato del calcolatore.
La sua invenzione non fu ben accolta dai tessitori che temevano di perdere il posto di lavoro.
Scatenò in Francia la rivolta dei Canuts.
Gli operai riuscirono, in due giorni, a prendere possesso della città.
Pochi sanno come andarono veramente le cose.
Questa storia mi fu raccontata da mio nonno, al quale l'aveva raccontata suo nonno, il quale, a sua volta,l'aveva sentita da suo nonno...
Genere: Azione, Science-fiction, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Telaio

 

Pochi sanno che una delle prime macchine programmabili, molto precedente al computer, fu il telaio.

Il telaio Jacquard fu il primo a cui venne applicata una scheda perforata ed è considerato l'antenato del calcolatore.

La sua invenzione non fu ben accolta dai tessitori che temevano di perdere il posto di lavoro.

Scatenò in Francia la rivolta dei Canuts.

 

La rivolta dei Canuts fu una sollevazione degli operai tessili di Lione, avvenuta il 21 novembre 1831.

Fu una delle prime rivolte sociali seguite alla rivoluzione industriale.

Gli operai riuscirono, in due giorni, trascinando con sé una parte della Guardia nazionale, a prendere possesso della città, abbandonata dal generale Roguet e dal sindaco Prunelle.

In seguito alla decisione presa dal presidente del consiglio di una reazione energica, il maresciallo Soult, accompagnato dal duca d'Orleans, partì per Lione alla testa di un'armata di 20.000 uomini, che penetrò in città senza colpo ferire il 3 dicembre e riuscì a ristabilire l'ordine.

 

Pochi sanno come andarono veramente le cose.

Questa storia mi fu raccontata da mio nonno, al quale l'aveva raccontata suo nonno, il quale, a sua volta,l'aveva sentita da suo nonno...

 

Monsieur Jacquard stava esaminando la contabilità della sua manifattura.

Il suo primo esemplare di telaio, che aveva presentato nel 1801, era già incredibile ma era ancora un telaio manuale.

Gli onori che quella invenzione gli aveva donato, nonché la pensione che Napoleone in persona gli aveva conferito per il suo genio scientifico, non erano dispiaciuti a Joseph Marie Jacquard.

Ma neppure lo avevano soddisfatto a pieno.

Le schede di cartone permettevano di velocizzare il lavoro ma la macchina non era ancora autosufficiente.

Jacquard era conscio dei limiti di quella prima macchina ed aveva iniziato a lavorare subito al prototipo di una versione successiva.

Il sistema delle schede di cartone poteva essere utilizzato per impartire ordini alla macchina.

Uno scanner meccanico poteva leggere i forellini sulla carta ed eseguire un certo tipo di lavoro, in modo da rendere inutile la presenza di un essere umano a muovere il telaio

Ma occorreva comunque qualcuno che portasse i fili alla macchina perché fossero tessuti.

Risolse il problema con una serie di nastri trasportatori in un sistema a catena di montaggio.

Ma era comunque necessaria una filatura, precedente alla tessitura.

E, quando riuscì ad automatizzare anche questo processo, si accorse che occorreva rifornire continuamente il motore a vapore di acqua e carbone, perché potessero svolgere il proprio lavoro; Così automatizzò anche queste funzioni.

E, ogni volta che un problema veniva risolto, un altro si presentava alla sua attenzione.

E la macchina cresceva per grandezza e complessità.

La macchina cambiava e si evolveva.

Più velocemente della vita biologica.

Perché gli esseri viventi si evolvono secondo la legge di Darwin, che è casuale e richiede estinzioni di massa per funzionare, mentre la macchina si evolveva secondo la legge evoluzionistica di Lamarck, che è più razionale e veloce.

Ormai la macchina si poteva definire perfetta.

Essa produceva tessuto a ritmi impensabili per chiunque altro e non richiedeva più mano d'opera umana, per il suo funzionamento.

 

Monsieur Jacquard, stavamo dicendo, stava esaminando la contabilità della sua manifattura.

E proprio quell'esame gli dette una spiacevole sorpresa: stava andando in bancarotta.

Tutta la pensione che Napoleone gli aveva lasciato veniva spesa per pagare pezzi di ricambio e carbone, che alimentava la macchina.

Il telaio offriva tessuto in abbondanza, un'abbondanza superiore alla domanda del mercato.

Inoltre la macchina necessitava di più energia di quanta Jacquard si aspettasse.

Notevoli erano anche le spese dovute alle riparazioni.

La macchina era in grado di effettuare una diagnostica completa e, all'occorrenza, di autoripararsi.

Ma la voracità con cui installava i pezzi di ricambio andava al di là delle più pessimistiche previsioni dell'anziano inventore.

Per questi e per altri motivi la sua manifattura era in perdita e, per questi e per altri motivi, la sua manifattura doveva chiudere.

Così Monsieur Jacquard si avvicinò all'interruttore del telaio meccanico, una grossa leva di metallo, e, con un certo sforzo, perché non era più un giovincello, la pose su off.

Ma la macchina non si fermò...

 

-Guarda chi si vede!-Disse Monsieur Baqunen, sollevando il bicchiere vuoto all'indirizzo dell'amico che era appena entrato.

-Che mi prenda un colpo se quello che è appena entrato non è Jacques.-Disse Monsieur Marcuse.-Senza la fuliggine sulla faccia non ti avevo riconosciuto.-

Jacques, entrando, sentì forte l'odore di alcol e sudore e cibo caldo.

La taverna era gremita di persone.

-Oste, servi un bicchiere ai miei amici! Offro io. Bisogna festeggiare.-Disse Jacques.

-Allora le cose ti vanno bene, alla bottega! Me lo ero immaginato quando ti ho visto entrare. Sei vestito come se fossi invitato alla corte del Re Sole.-Ribattè Monsieur Baqunen.

In vero, l'abito di Jacques non era né alla moda né particolarmente elegante.

Era solo pulito.

Ma, al paragone dei cenci laceri che portavano i suoi compari, era davvero un abito da re.

Jacque sorseggiò il suo vino sorridendo, mentre, in cuor suo, lo prendeva un gran senso di colpa verso i suoi compari.

Non che Jacques fosse un nobile o un ricco borghese ma faceva il carbonaro.

Il carbonaio è un lavoro duro e faticoso ma in questo periodo, con il crescere del numero dei telai a vapore, i suoi affari andavano a gonfie vele.

Invece i suoi amici erano operai tessili.

Con la crescente meccanizzazione del lavoro, Marcuse, Baqunen e sua moglie erano stati licenziati.

Le loro facce scavate dalla fame mostravano i segni della miseria.

Baqunen, poi, sembrava sul punto di svenire per la fame; probabilmente non aveva cenato in tutto il giorno, per lasciare da mangiare alla moglie e al figliuolo.

Solo l'alcol riempiva un po'lo stomaco o, almeno, faceva dimenticare i crampi della fame.

-Si, il lavoro va bene come non andava da tempo, ed è proprio per questo che sono venuto a parlarvi. Avrei bisogno di un paio di aiutanti. Ma prima lasciate che ordini qualcosa da mangiare a questo oste ritardato.-

Capendo che c'era la possibilità di trovare lavoro, i due operai poggiarono il bicchiere sul tavolo, si fecero seri in volto e porsero orecchio attentamente.

Quando ebbe fatto la sua ordinazione, Jacques si decise a parlare d'affari.

-Devo recapitare un carico pesante a Monsieur Jacquard…- Marcuse sputò per terra nel sentire quel nome-…ma sono pieno di lavoro fino ai capelli. Non riesco a stare dietro alle ordinazioni. Vorrei che ve ne occupaste voi due.-Proseguì Jacques.

-Anche subito!-Disse Marcuse, a cui non mancava certo la voglia di lavorare.

-Per oggi no. Siete ubriachi come due vecchie spugne. Restate qui e festeggiate alla mia salute. Passate domani in bottega e vi do il carico. Non indossate il vestito della domenica. Ci sarà da sporcarsi.-

Salutò gli amici, dicendo che aveva delle commissioni urgenti da svolgere, ed uscì.

L'oste portò in tavola vino e pietanze e poi sbottò-Che modo di fare! Aveva tanta fretta di ordinare che mi ha pagato in anticipo e poi scappa senza assaggiar nulla.-

-Ha detto che non voleva diventare vecchio ad aspettare i tuoi comodi.-Disse Marcuse

-Ma non ti preoccupare. Non abbiamo la sua fretta, noi.-Disse Baqunen.

Ed i due amici si avventarono, come lupi famelici, sui piatti bollenti.

Jacques, che aveva osservato la scena dall'uscio socchiuso, lasciò andare la porta e, prendendo la strada di casa, si fece una sonora risata.

 

Monsieur Jacquard era piuttosto stupito di ciò che stava accadendo.

O meglio di ciò che non stava accadendo.

Benché avesse premuto la leva, il suo telaio continuava, imperterrito, il suo lavoro.

Allora la premette una seconda ed una terza volta.

Sembrava ora a Jacquard, ma doveva essere uno scherzo della sua fantasia, che la macchina andasse pure più veloce di prima, come per fargli un dispetto.

Joseph-Marie Jacquard si riteneva una persona molto paziente ed accomodante, e chiunque se ne può fare una propria idea guardando la sua foto su wikipedia, ma quella mancanza di rispetto, quello sgarro, che gli stava facendo proprio il telaio da lui costruito, lo fece montare su tutte le furie.

Già immaginava se stesso gettare il guanto della sfida in faccia a quella macchina ingrata.

Già si vedeva sfidare a duello quell'ingranaggio troppo cresciuto.

Ma fu solo per un attimo.

Riacquistò la calma ed andò direttamente alla valvola centrale del motore a vapore per spegnerlo definitivamente.

Ma proprio in quel momento, il telaio, fece un inatteso scossone ed un grosso tubo di rame colpì Jacquard sulla testa, tramortendolo.

Nel suo stordimento non poteva vedere, Jacquard, il grosso macchinario che iniziava ad avvolgere il suo corpo in un bozzolo: come un bruco o una mosca nelle grinfie di un ragno affamato.

Ed i morbidi fili che lo avvolgevano erano di lana e seta e cotone.

 

-Siamo arrivati!-Disse Baqunen

-Era ora. Quel maledetto calesse sobbalza troppo sul selciato. Ogni buca che prendevi era un nuovo livido sul mio culo ossuto.-Rispose Marcuse.

-Perdonatemi, vostra maestà! Non sapevo che stavo dando un passaggio a Luigi XIX.-

-Io vado a bussare alla porta. Tu comincia a scaricare.-

-Per sciuparti quelle regali nocche? Non potrei permetterlo. IO vado a bussare e tu stai qui ed incominci a scaricare. E speriamo che quel vecchio sia in casa.-

 

Baqunen bussò alla porta e nessuno rispose.

Allora bussò una seconda volta e nessuno rispose.

-Stai a vedere che il vecchio, oltre che essere un porco girondino, è anche sordo.-

Mise una mano sulla maniglia e questa si aprì cigolando.

Baqunen entrò con circospezione.

Baqunen lasciava sempre aperta la porta di quella topaia che chiamava casa ma non aveva nulla che gli potesse essere rubato.

I ricchi ed i vecchi, poi, è risaputo, sono dei tirchi.

Che avesse lasciato la porta aperta a potenziali ladri gli pareva un po'strano.

Gira di qua, gira di là, non incontrò nessuno.

Chiamò a gran voce più e più volte e non gli rispose nessuno.

Stava per uscire quando gli parve di sentire un mugolio soffocato da dietro una porta, ma non poteva esserne sicuro perché era parzialmente coperto dal rumore di macchinari in funzione.

Aprì la porta e si trovò nella filanda.

Tutto funzionava alla perfezione come il giorno in cui era stato licenziato e forse anche meglio, ma non c'era nessuno a manovrare i telai.

Ogni fase di lavorazione era totalmente automatizzata

Sentì una seconda volta il mugolio e si diresse in quella direzione.

E cosa non si parò davanti ai suoi occhi?

Un uomo, completamente legato ed imbavagliato, che si divincolava furiosamente.

Senza pensarci su, Baqunen, tolse al pover'uomo, il bavaglio che gli impediva di parlare.

-Presto, buon uomo. Mi liberi. Quella cosa potrebbe tornare da un momento all'altro.-

Il prigioniero altri non era che Monsieur Jacquard.

Baqunen, nel vedere alla sua mercede l'ex datore di lavoro, non riuscì a reprimere un ghigno.

Nessuno saprà mai cosa avrebbe potuto fare perché proprio in quel momento…

Sdeng.

Baqunen cadde a terra stordito.

 

Marcuse aveva cominciato, di buona lena, a scaricare i sacchi di carbone e a portarli vicino al nastro trasportatore, che si trovava all'uscita della filanda.

Dopo aver scaricato il terzo sacco, tornò al calesse per caricarsi sulla schiena il quarto.

Con stupore si accorse che non ce ne erano più.

Pensò che l'amico avesse scaricato, da solo, tutto il carbone restante e tornò al nastro.

Ciò che vide lo scioccò non poco.

Delle specie di grossi ragni meccanici, afferravano i sacchi di carbone e li caricavano sul nastro.

I ragni avevano una specie di sportello di vetro, sul torace, attraverso il quale si vedeva un fuoco acceso.

All'estremità dell'addome, a mo di pungiglione, si trovava una piccola ciminiera che emetteva continuamente fumo.

Gli arti erano lunghi tubi metallici.

Ma la cosa più strana era la forma della testa.

Era formata da una serie di piccoli registratori da cassa.

Rotoli di carta perforata uscivano ed entravano continuamente come piccoli scontrini.

Dopo un attimo di stupore, Marcuse ,si ricordò che quelle "cose" stavano fregandosi tutto il carbone, senza sganciare un soldo.

E il suo lavoro doveva ancora essergli pagato.

Con indomito coraggio, allora, si lanciò sull'ultimo sacco di carbone rimasto, per cercare di strapparlo dalle grinfie della "cosa", ma con scarso successo.

Un tubo metallico, fuoriuscito direttamente dai muri della filanda, cercò di colpirlo sulla testa ma Marcuse riuscì a schivarlo per un pelo.

Trovandosi per terra, disarmato e privo del prezioso carico, afferrò una chiave inglese lì vicina e si avventò contro uno degli insetti meccanici, per puro desiderio di vendetta.

La cosa lo afferrò ed iniziò a trascinarlo all'interno della filanda.

Lo spettacolo che Marcuse vide gli fece gelare il sangue ed abbandonare ogni tentativo di combattere quella lotta impari.

Dei bracci metallici, di forma vagamente umana, fuoriuscivano da una macchina per la tessitura e stavano legando l'amico Baqunen, mentre, poco lontano, il signor Jacquard gridava di fuggire e di andare a chiedere aiuto.

Tutta la filanda sembrava essere contro di loro.

Braccia articolate e tentacoli metallici si contorcevano in modo orribile, mentre un mare di insetti meccanici si parava davanti a Marcuse.

In preda ad un terrore cieco Marcuse riuscì a divincolarsi dalla stretta del nemico meccanico e a fuggire, senza neppure guardarsi indietro.

 

Baqunen si svegliò con un mugolio lamentoso.

La testa gli faceva più male di quando si era sbronzato per la prima volta in vita sua.

-Come si sente? Sta un po'meglio?-Gli disse una voce rincuorante

-Mi sento come se mi fosse passata addosso l'intera cavalleria prussiana.- Rispose Baqunen.

-È la botta in testa. Tra qualche minuto si sentirà meglio.-Era Jacard che gli parlava.

Ora riusciva distinguere la sua voce.

A malapena riuscì a girare il collo per sincerarsene.

Entrambi erano legati come salami.

-Cosa diavolo mi è successo?-

-La macchina le ha dato una botta in testa.-

-La macchina? Di quale macchina sta parlando?-

-Il telaio, la caldaia, i rocchetti, i nastri che trasportano il carbone alla caldaia. Tutto, nella filanda, fa parte di un unico ingranaggio automatico.-

-Quindi c'è stato un incidente? È per questo che mi è caduto un tubo in testa? È esploso qualcosa?-

-Ma le pare che, se ci fosse stato solo un incidente, adesso ci troveremmo legati come salami? La macchina l'ha colpita perchè l'ha giudicata una minaccia.-

-Una minaccia a cosa?-

-Una minaccia al suo lavoro.-

Baqunen era confuso come non lo era mai stato e la causa non era soltanto la botta in testa.

Tutto intorno a lui una intera filanda in funzione.

Ma i marchingegni non stavano fermi. Si muovevano, trasportavano e facevano altre cose.

-Parla della sua filanda come se pensasse ed avesse delle emozioni.-

-Non ha emozioni ne istinti. Ma le posso assicurare che pensa. Ieri, quando ho tentato di spengerla, mi ha considerato una minaccia al suo lavoro. Mi ha tramortito ed è da allora che sono legato così.-

-Ma come...?-

-La macchina funziona tramite delle schede perforate. Nel primo modello le schede servivano soltanto per eseguire semplici lavori di tessitura. Ma negli ultimi modelli no. La macchina diventava sempre più complicata ed io ho iniziato ad impartirle tutti comandi tramite schede perforate: la quantità di carbone da gettare nella fornace, come cucire le stoffe, dove trasportarle. Ma la filanda può anche comunicare producendo foglietti di carta, dove sono scritte le informazioni che il costruttore deve conoscere: quanto carbone va acquistato, quanti ingranaggi nuovi, la quantità di tessuto prodotto ecc.

In qualche modo, la macchina è riuscita a riscrivere la sua programmazione, sui foglietti di carta.

Da un po'di tempo a questa parte, mi sono reso conto che la macchina consumava troppo. Troppo carbone, troppo metallo, troppo tessuto. Stavo andando in rosso per le spese. La macchina usava il carbone come energia per fare qualcosa. Usava il metallo per ripararsi ma anche per ingrandirsi. Ma anche questo spiega solo una parte delle spese. Il grosso probabilmente era dovuto...-

-Non mi dica che...-

-Esatto. Si sta riproducendo!-

Ci fu un lungo silenzio poi Baqunen esplose in una risata.

-Che ha da ridere?-

-Guardo il lato positivo delle cose. Se c'è qualcuno che si merita di essere imbavagliato e preso a botte in testa, questo, di certo, è lei.-

 

-Le sto dicendo, signor generale, che quella cosa ha preso il mio amico ed il signor Jacquard.-

Il generale Roguet lo guardò come si guarda un pazzo-Ha qualche prova di ciò che va affermando?-

-Perché non vuole credermi? Anche io ho fatto il soldato. Ho combattuto per il mio paese. Mi sono anche beccato una pallottola a Waterloo.-

-Vede signor…-

- Marcuse-

- Vede signor Marcuse, se noi facessimo irruzione nella casa di un onorato cittadino, ascoltando i vaneggiamenti del primo…-

Ma Marcuse era già uscito sbattendo la porta.

 

-Avanti! Andiamo a liberare il nostro compagno.-Gridava un tizio sulla sinistra…

-…e a distruggere quella macchina infernale che ci ha rubato il lavoro!-

-…e a dare una lezione al vecchio.-

-…a morte i padroni…-

-…viva la repubblica…-

-…viva Napoleone…-

Una massa di proletari e disoccupati si dirigeva, a passo lento ma costante, verso la filanda del vecchio Jacquard.

L'idea era stata di Jacques.

Quando Marcuse era andato da lui a raccontargli cosa era successo, a velocità supersonica e accavallando le parole, Jacques non aveva capito una parola di quello che l'amico gli diceva.

Quando finalmente capì, non credette ad una sola parola.

Ma una cosa capì ed una cosa credette: l'amico era sconvolto e ci doveva essere una buona ragione.

Se le autorità si rifiutavano di dare loro una mano, avrebbe chiesto aiuto alla gente.

Agli amici, ai colleghi carbonari, ai tessitori licenziati, alla moglie ed al figlio di Baqunen che, a loro volta, avevano chiamato gli amici ed i parenti.

Tutti assieme si recarono alla filanda di Jacquard.

Ognuno per una ragione diversa, ognuno aspettandosi di trovare una cosa diversa.

Vi trovarono il generale Roguet a comandare la guardia nazionale, in assetto antisommossa.

 

-Ci lasci passare, generale. Là dentro c'è qualcosa. Forse qualcosa di pericoloso. Noi altri vogliamo vederla con i nostri occhi e, se necessario, distruggerla.-Disse Jacques.

-Si…Giusto…Lasciateci passare.-Vociò la folla

-Una simile marmaglia non può fare irruzione nella privata proprietà di un cittadino.-Disse il generale.-Se non vi disperdete immediatamente, mi vedrò costretto a sparare sulla folla.- E, ciò detto, dette ordine alle truppe di sparare un colpo in aria, per spaventare i rivoltosi.

Ma la prima salva ebbe come unica conseguenza quella di rendere i manifestanti più arrabbiati.

Benché disarmati, i rivoltosi, erano in superiorità numerica schiacciante, rispetto ai soldati della guardia nazionale ivi schierati.

All'indirizzo del generale arrivò qualche insulto ed anche della frutta marcia.

Livido di rabbia, il generale strillò alla proprie truppe.-Caricare. Puntare.-Attese un attimo per vedere se la folla si ritirava ma così non fù.

E allora gridò.-HAAAARG-

 

Ebbene si.

Il generale strillò.-HAAAARG-

Avrebbe potuto dire "fuoco".

Oppure avrebbe potuto intimare un ultima volta ai rivoltosi di allontanarsi.

Ed invece disse "haaaarg".

Il fatto è che qualcosa aveva afferrato il generale.

Qualcosa con un tentacolo metallico.

La cosa lo aveva sollevato da terra urlante e lo aveva lanciato lontano, ad incredibile velocità.

La cosa, altro non era, che la filanda del signor Jacquard.

In poche ore aveva metabolizzato tutto ciò che vi era nei dintorni: alberi, grondaie della casa, soprammobili metallici.

Tutto ciò che aveva trovato, aveva strappato via.

Utilizzava qualunque cosa per costruire nuovi arti meccanici o per produrre energia bruciandolo.

Aveva fagocitato anche i ragni meccanici, per riutilizzarne le materie prime.

 

L'edificio si alzò in piedi e si mise a camminare incontro alla folla.

Si. Si alzò proprio in piedi.

Due robuste gambe meccaniche erano spuntate dalle fondamenta.

La guardia nazionale ed i rivoltosi, non più nemici, si unirono in una fuga caotica e scomposta.

Presi dal panico gli uni, presi da un terrore feroce gli altri.

Ogni tanto, la cosa alta 10 metri agitava i tentacoli, strappava dal suolo un omino e lo lanciava in aria.

 

Jacques si nascose dietro una casa, assieme a Marcuse, alla moglie di Baqunen con il figlio ed uno stuolo di altri scugnizzi.

Restarono zitti e fermi per alcuni interminabili minuti, cercando di farsi più piccoli che potevano, per non attirare l'attenzione della cosa, mentre aspettavano che il mostro si allontanasse.

Quando uscirono dal buco dove si erano rimpiattati, si parò davanti ai loro occhi uno spettacolo orribile: ovunque case distrutte e persone schiacciate.

Qua e là, timidamente, alcune persone cominciavano ad uscire allo scoperto.

Evidentemente avevano avuto la stessa loro idea di nascondersi.

-Non possiamo continuare a scappare.-Disse Marcuse, più a se stesso che ad altri.

-Hai ragione ma cosa possiamo fare?-Intervenne la moglie di Baqunen

-Dobbiamo impedire a quella cosa di avanzare. Dobbiamo preparare una difesa ed affrontarla prima che arrivi in città.-

-Possiamo costruire delle barricate.-Disse un anziano signore.-Sarà come tornare ai tempi della rivoluzione.-

-Ma siamo disarmati.-rispose la moglie di Baqunen.

-Io so dove possiamo trovare fucili e pistole…-Disse timidamente un soldatino della guardia nazionale.

Aveva l'uniforme sciupata ed impolverata.

Doveva essergli caduto addosso un muro-…e forse anche qualche cannone.-

 

-Signor Baqunen ha sentito?-Disse Monsieur Jacquard

-Si riferisce a questo rombo? Dobbiamo aver abbattuto un altro palazzo. Dannati palazzi! Perché continuano ad attraversarci la strada senza guardare? Non sanno che le filande hanno sempre la precedenza?-Baqunen voleva fare solo una battuta.

-No, idiota. I fili, si sono un po'allentati.-

-Hai ragione. Adesso riesco quasi a grattarmi il sedere.-

-E dove sono tutti i ragni?-

-Mi sembra che la macchina abbia smesso di occuparsi di noi.-

-Esatto. Tutta la sua attenzione è concentrata su ciò che accade là fuori. Ogni volta che la macchina trova qualcosa che considera un potenziale pericolo per la sua esistenza, tenta di distruggerlo. Ma, così facendo, distoglie la sua attenzione dall'interno.-

-Se là fori ci fosse un nemico tale da catturare tutta la sua attenzione abbastanza a lungo, potremmo liberarci da questi fili.-

-Potremmo anche riuscire a spengerla.-

-AAAAAAH-

-Che cosa era quel grido?-

-A giudicare da quello che ho visto fuori dalla finestra, o il signor sindaco ha imparato a volare o ce lo siamo giocato.-Disse Baqunen-Io scommetto sulla seconda ipotesi. E lei?-

 

-Presto. Sta venendo da questa parte.-Bisbigliò il soldatino.-Aspettate. Aspettate ancora. ADESSO!-

Otto uomini da una parte ed otto uomini dall'altra tesero un lungo cavo, da un lato all'altro della strada, con tutta la loro forza.

Il mostro meccanico inciampò ma riuscì a non cadere, reggendosi ai palazzi vicini con i tentacoli.

Tegole e calcinacci caddero sulla strada.

-Merda! Non ha funzionato.-Disse il soldato.-Presto, imbracciamo i fucili e che Dio ci protegga.-

Sul mostro piovve una doccia di pallottole.

 

Baqunen si divincolò dai legacci che lo tenevano imbrigliato.

Sgusciò tra bracci meccanici e filatrici automatiche.

Il rumore era assordante.

Le macchine lavoravano a pieno ritmo e non avevano smesso un attimo di produrre tessuti.

Eppure dall'esterno si sentiva il vociare della gente.-Portate fuori il cannone.-

-Alle gambe! Mirate alle gambe.-

Ma cosa avrebbero mai potuto fare loro?

Il cuore pulsante della macchina era all'interno.

Dall'esterno le si faceva solo il solletico.

Un grosso tubo frustò l'aria ad un passo dal suo orecchio.

La macchina si era accorta di lui.

In una lotta furibonda, Baqunen riuscì a farsi strada verso la leva di spegnimento e la tirò.

Come si aspettava, non accadde niente.

La macchina fermò i suoi arti meccanici in un gesto di derisione.

Poi si preparò a colpirlo.

"BOOM"

-Muori, maledetto mostro. Muoriiii!-Gridava Monsieur Jacquard, mentre guardava la caldaia centrale esplodere.

 

Mentre Baqunen faceva da esca distraendo l'attenzione della macchina, infatti, Jacquard si era fatto strada fino al vero cuore: la caldaia centrale.

La macchina ebbe un fremito, un sussulto.

Forse ebbe paura della morte.

Ma fu solo per un istante, poi le gambe meccaniche non la ressero più e cadde per terra.

 

-È morta?-Chiese il figlio di Baqunen alla madre.

La madre annuì in lacrime.

-La macchina è morta!-Gridò il moccioso

-È MORTAAAA!-Gli fecero eco gli improvvisati guerriglieri.

-Ma ce ne sono altre…-Disse uno di loro

-SI! Andiamo a distruggere tutti i telai meccanici.-

Ed una folla di gente composta da operai, ex tessitori, carbonari, ma anche donne, bambini e soldati della guardia nazionale, andò a saccheggiare e distruggere le fabbriche meccanizzate di Lione.

 

I nostri eroi erano tutti alla taverna che festeggiavano la vittoria:

c'era Baqunen con la moglie ed il figliolo, c'erano Marcuse e Jacques e c'era anche il signor Jacquard, con la parrucca messa a rovescio.

Erano tutti allo stesso tavolo, impolverati e contusi ma vivi.

-La cosa che mi fa più incavolare...-Disse Baqunen, tra un bicchiere e l'altro.-...è che quella macchina ha prodotto tanti di quei tessuti, da poter ricoprire tutta Lione. E di ottima fattura, per altro.-

-E allora?-Domandò la moglie.

-Quando questo vecchio avrà venduto tutto quel ben di Dio, sarà ancora più ricco di adesso.-Concluse Baqunen

-Quanto a questo non ti devi preoccupare. Non voglio mai più vedere quei tessuti in vita mia. Dopo esserci stato legato per quasi due giorni, senza poter nemmeno andare al bagno, sono diventato allergico. Mi faranno sicuramente venire l'urticaria. Se volete, ve li regalo e fatene quello che vi pare. E prendetevi anche la mia casa di Lione o quello che ne rimane. Io mi trasferisco nella mia residenza di Oullins per passare la mia vecchiaia, senza troppe ricchezze e, possibilmente, anche senza vestiti.-

Tutti scoppiarono in una grassa risata.

   
 
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