Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: GLAM_1D    08/02/2013    9 recensioni
Una mente decisa: tutto quello che Iris non è. Tutto quello che Iris cerca.
Lei, che è lunatica, ha un carattere forte, un approccio tutto suo alla vita.
Lui, che è equilibrato, maturo, pratico, ma raramente scontato.
Un incontro difficilmente credibile agli occhi di tutti, persino a quelli di Liam, ma non a quelli di Iris.
Che magie possono fare un paio di decoltè in vernice e un bicchiere rotto?
N.B.: Per favore, per correttezza e per rispetto verso me e voi stesse evitate di copiare/prendere spunto dalle mie storie.
E' frutto di un mio lungo e studiato lavoro e non mi va di vedere le mie idee imitate (male) nell'account di qualcun altro.
In caso di forti analogie segnalerò all'amministrazione.
Mi scuso per la freddezza e il cinismo che solitamente non sono mie, ma ho già lasciato correre troppe volte.

 
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 BUONGIORNO RAGAZZE!
ALLORA, ECCOMI CON UN'IMPROVVISATA TUTTA MADE IN GLAM_1D!
VOI NON VE LA ASPETTAVATE, IO NON SONO ANCORA CONVINTA NEL PUBBLICARLA QUI, MA... TENTIAMO!
:)
E' VERDE, E' LUNGA -LO SO-, MA SPERO CHE POSSA PIACERVI LO STESSO E CHE NON MI ROVINI LA REPUTAZIONE! .-. 
A VOI LA PAROLA E, SPERO, IL PIACERE! COME AL SOLITO NON SOLO I COMPLIMENTI, MA ANCHE LE CRITICHE SONO BENACCETTE! :)
KISSES, GLAM_1D :*


Un elegante paio di decoltè laccate di nero attraversò per qualche istante il suo sguardo.
Si stava fissando la punta delle scarpe da dei minuti interi, reggendo svogliatamente un bicchiere pieno di qualche intruglio alcolico. Perchè l'aveva ordinato? A lui i cocktail non piacevano.
Alzò il capo per accompagnare quella camminata sensuale: la prima cosa capace di farlo ridestare in tutta la giornata. I piedini aggraziati che calzavano quei provocanti tacchi fermarono la propria corsa vicino ad altri paia di scarpe da donna, e si incrociarono, evidenziando la muscolatura dei polpacci sottili, coperti da dei collant trasparenti. Le ginocchia fini si soprapponevano, nascondendo in parte una delle cosce slanciate e paurosamente scoperte, che terminavano sotto a un succinto lembo di tessuto cangiante, un vestitino, notò, che metteva in risalto una vita stretta e una scollatura quasi stitica.
Peccato, era partita così bene.
Le spalle erano coperte da un giubbino corto in pelle e da una cascata di lisci capelli scuri. “Girati...” sussurrò involontariamente alla ragazza, che aveva voltato il capo in direzione delle sue compagne. Improvvisamente una cosa sfuocata a righe lo travolse facendogli cadere di mano il bicchiere, che vide precipitare, infrangersi e schizzare vetri e liquido ovunque come in un video al rallentatore. Drizzò di scatto la testa e vide Louis, ubriaco fradicio, piegato in due dalle risate, che si reggeva a un tavolino. Cercava invano di scusarsi, ma, considerò Liam, il danno era ormai fatto, e gli scoppi di risa erano troppo frequenti per permettergli di parlare.
Finalmente si mosse e notò di avere la mano ancora schiusa, nell'atto di reggere il drink, guardò in giro e vide che intorno al lui c'era il vuoto e ai suoi piedi una pozza azzurra e frammenti luccicanti disseminati ovunque. Diede una mano all'amico a ricomporsi e poi fece un cenno al barista, per avvisarlo di quel casino.
Mentre cercava di sorreggere Louis, che rischiava una caduta rovinosa ad ogni risata, intravide oltre le spalle del ragazzo un trambusto tutto pizzo e gridolini: alcune ragazze si affannavano attorno a qualcosa, estraendo dalle minuscole pochette fazzolettini e cose simili. Nel frattempo, la musica si era abbassata, sfociando in un lento dalle note basse e tranquille, e non occorreva più gridare per farsi sentire. La risata cristallina e sguaiata di Louis sovrastava tuttavia il centro dell'interesse di Liam, che in malo modo lo zittì.
“Tesoro, mi spiace!”
“Tieni, tienilo premuto sul taglio!”
“Oddio, ma quello è sa-san...”
Il campanello di ragazze si disperse nel tentativo di acchiappare la biondina che stava svenendo, e finalmente gli fu chiaro l'accaduto: la ragazza dalle scarpe alte in vernice era seduta su un tavolino e teneva un fazzoletto chiazzato di rosso all'altezza della caviglia. Sedeva scomposta, con il polpaccio destro appoggiato alla gamba sinistra, e il ginocchio flesso per allontanare sguardi indiscreti dal suo interno coscia. Ma aveva un'eleganza tutta sua, un fascino particolare.
“Harry, devo dirtelo! Non mi divertivo così da... Bè, a dire il vero da ieri sera, ma è eccezionale!”
“Sì, Louis, è grandioso, ma io sono Liam...”
“Infatti stavo per chiederti se ti fossi tagliato i capelli! Sei così diverso Harry!”
“Liam...!”
“No, Harry, dico davvero, non prendermi in giro! Insomma... Non sono nelle condizioni appropriate!”
“Ma che diavolo...? Riesci a dire 'appropriato', e non a capire chi hai davanti?!”
Louis scoppiò nuovamente a ridere, e l'amico ne approfittò per abbandonarlo e andare a verificare i danni, a pochi metri di distanza. Si accostò ad una delle ragazze e si informò, tenendo gli occhi bassi, in merito a cosa fosse successo. La donna in questione non gli prestò troppa attenzione e indicò sbrigativa la bionda svenuta e la ragazza con i tacchi in vernice, senza guardarlo.
Tirò un sospiro di sollievo e prendendo il coraggio a due mani, si mosse in direzione di quest'ultima.
Lei era completamente concentrata sul taglio e non lo notò immediatamente, ma quando un paio di 'Converse' bianche si fermarono a pochi passi da lei, alzò lo sguardo e fugace gli sorrise, prima di tornare alla sua piccola ferita.
Le scarpe da tennis non sembravano avere l'intenzione di schiodarsi da lì, e quindi drizzò finalmente la schiena per guardare bene chi avesse davanti.
“Ehi, tutto ok?” si affettò lui a quel punto.
“Sì, non è nulla di grave!”
“Ma c'è del sangue...”
“Ti prego, non svenire anche tu! E' una sciocchezza.”
“Tranquilla, non mi impressiono. Hai bisogno d'aiuto?”
“No, qualche idiota ha fatto cadere un bicchiere, e una scheggia mi ha preso in pieno. E' un graffietto... Comunque Iris, piacere!” allungò la mano libera dal fazzoletto sporco, e strinse quella di Liam.
“Ah, tanto piacere... Io sono l'idiota che ha fatto cadere il bicchiere!” disse, passandosi l'altra mano sulla nuca, imbarazzato.
“Oh!” Iris arrossì visibilmente sotto lo strato di cipria. “Non intendevo...”
“E' ok, infondo non è proprio colpa mia!”
Iris si riprese dall'impaccio: “Mmh-mmmh!” finse di assecondarlo sorridendo, poi continuò scherzando: “Non preoccuparti, l'alcol è una brutta bestia! Un momento prima sei convinto di avere saldo tra le mani il bicchiere, e quello dopo attenti alla vita di una fanciulla innocente!”
“Non sono io l'ubriaco di turno!” protestò lui voltandosi ed indicando Louis.
“Ah, capisco!” rispose asciutta, mentre assisteva alla scena pietosa del biondo con la maglia a righe che conversava amabilmente con una delle colonne del locale, nel tentativo di rimorchiarla.
Liam, vergognandosi per l'amico lo guardò scuotendo rassegnato il capo.
“E' appena stato lasciato...”
“E tu come sei messo, a ragazze?”
Lui rimase interdetto, mentre le guance erano in autocombustione. “Io? Idem.”
“Oh, mi spiace!”, sembrava sinceramente dispiaciuta, “E' durata molto?”
“Mmh...” assentì vago, curandosi di relegare bene in un angolo lontano il pensiero della sua ormai ex-ragazza.
“E' dura... Scusa, non volevo essere invadente.” aggiunse immediatamente dopo, notando lo sguardo da cane bastonato del ragazzo. “Ti spiace accompagnarmi fuori?”, gli chiese a quel punto cambiando discorso, “Devo fare un salto in macchina...”
“Certo, riesci a camminare...” lasciò la frase incompleta
“Iris.”
“Ricordo il tuo nome. Volevo vedere se riuscivi a metterti in piedi”
“Oh, come siamo permalosi! Credevo l'avessi dimenticato! Comunque ce la faccio, ho avuto di peggio!” ironizzò lei sorpassandolo e facendosi largo tra la gente per uscire.
“Sfacciata!” sussurrò con un mezzo sorriso prima di seguirla.

All'esterno l'aria era frizzante e pungeva delicatamente la pelle, promettendo un Aprile piuttosto caldo. Iris attendeva Liam a pochi passi dalla porta, chiavi della macchina in una mano, accendino nell'altra e sigaretta sottile e lunga tra le labbra.
“Fumi?”
“E' un problema?” chiese lei azionando l'accendino.
“No... Non mi davi l'idea... Sai...”
“Non è peccato, ai tempi di Gesù Cristo non avevano ancora scoperto il tabacco!” rispose ridendo e facendogli l'occhiolino, per poi incamminarsi.
Il ticchettio ritmico la accompagnò diminuendo d'intensità e lui si trovò incantato ad ammirare le gambe affusolate che si sostituivano ad ogni passo l'una con l'altra, la figura aggraziata avvolta da una lieve nube di fumo azzurrino.
“Che fai, hai paura che una cattiva ragazza come me possa rapirti?”
“N-no!” si affrettò a seguirla, sentendosi improvvisamente un bambino ingenuo.
La ragazza aggirò una Mini rossa raggiungendo il lato del passeggero e all'improvviso stese il braccio in direzione di Liam, ammonendolo: “Fermo lì! Devo levarmi le calze!”, poi spiegò: “Il tuo bicchiere kamikaze me le ha squarciate...”
“Oh, fai pure.”
La ragazza armeggiò per qualche istante, contorcendosi nel vestito e poi esclamò frustrata: “Merda! Mi si è impigliato!”
“Cosa?”
“La cerniera, mi si è incastrata, non mi scende più il vestito!” stillò. “Muoviti, dammi una mano! Pretendi che rientri a ballare in mutande?!” strepitò salendo di altre due ottave e gesticolando nervosa.
Liam si mosse di scatto raggiungendola e notò che effettivamente un lembo del tessuto si era incastrato nella lampo, lasciandole scoperto il fondo schiena, velato solo dal pizzo e dai volant degli slip. Tentennò un secondo di troppo e Iris esplose: “Smettila di guardarmi così il culo! Aiutami, piuttosto!”
“S-scusa! Non ti sto fissando... lì!”
“Sbrigati!”
“Calma, adesso ci provo!”
Sforzò la cerniera verso l'alto e verso il basso più volte, ma non voleva saperne di liberare la stoffa dalla sua presa. “Non ci riesco...” mugugnò lui.
“Liam!”
“Iris, non ci riesco!”
“Come no?!” era a dir poco esasperata.
“NO!” gridò lui, contagiato dal nervosismo della ragazza abbandonando la sua impresa e puntando le mani sui fianchi.
Lei si voltò nervosa verso il ragazzo, coprendosi alla bell'e meglio il sedere infreddolito:
“E adesso?”
“Non hai un soprabito?”
“Pf! Un soprabito? No, nonno, non ho un soprabito!”
“E che cazzo, scusa!” sbottò Liam infastidito.
“Oh, calmino! Quella nella merda tra i due sono io!” scattò lei.
“Smettila di gridare! Tu mi fai innervosire!” ruggì lui.
“Ma perchè gridi?!”
Tu stai gridando!”
Si erano avvicinati parecchio, e Iris si ritrasse brusca incrociando le braccia al petto e mordendosi il labbro inferiore. Lui sospirò e si sfilò il cardigan, per poi porgerglielo: “Tieni, mettilo!”
“Ah, adesso non ho più paura degli sguardi indiscreti! Non mi arriva neanche infondo al culo!”
“Legandolo in vita, magari l'effetto sarebbe migliore!” sputò sarcastico.
Lei, scettica, fece come lui le aveva suggerito e scoprì con una punta di rabbia che aveva ragione.
Bofonchiò un “Grazie” e tornò ad incrociare le braccia al petto: “E adesso?”
“Vuoi rientrare?”
“Così?!” chiese retorica indicando il suo abbigliamento
“I ragazzi ti guarderanno lo stesso!” scherzò cercando si essere conciliante.
“Grazie davvero, Liam” disse sincera, lasciando sottintese le scuse dovute.

“E cosa studi?”
“Psicologia.”
“Interessante!”
Erano seduti su una panchina a cento metri dal locale. Iris si era rifiutata di rientrare vestita in quel modo, e così Liam aveva preso due birre e l'aveva condotta fino a quel parchetto un po' lugubre.
“Non hai idea di cosa io studi, vero?”
“No!” ammise lui ridendo.
“Fa nulla, ma ora basta parlare di me. Amo la mia voce, ma detesto ascoltarmi mentre dico cosa che già conosco! Tu piuttosto, cosa fai nella vita?”
“Oh, io?!” Panico. Non era bravo a mentire, e lo sapeva.
“No, tranquillo, parlavo con il lampione dietro di te...” scherzò accomodandosi meglio sul legno freddo.
“Io... Lavoro... Nel campo della musica.” articolò con fatica.
“Suoni?”
“Più o meno...”
“E cosa suoni 'più o meno'?” chiese mimando le virgolette con le dita.
“Canto, a dire il vero.” Sospirò rassegnato: ora lei lo avrebbe scoperto, avrebbe preso ad urlare, avrebbe chiesto una foto, un autografo e lo avrebbe implorato di poter tenere il suo maglione come cimelio per quell'incontro così casuale e fortunato.
“Meno entusiasmo, o mi ucciderai! Ammettilo: sei in un coro gospel!” concluse entusiasta.
“Eh?!”. Questo, non lo aveva decisamente previsto.
“Ma sì, tuniche colorate e inni sacri... Uno inquadrato come te cosa potrebbe cantare? Non che ci sia nulla di male a essere, così... Rigido.”. Iris, incapace di fermarsi in tempo, arricciò il naso mortificata. “Ho pestato una merda dopo l'altra. Scusami, non volevo essere scortese.”
Liam la sorprese, scoppiando a ridere di gusto. “Fa niente, non sei l'unica a pensarla così! E'... in un certo senso è colpa della mia ex...” concluse cupo, lasciando l'ultima parola appesa ad un sussurro.
“Severa?”
“Più grande.”
“Oh.”
“...”
“E' un riflesso comune negli uomini che stanno con donne più vecchie: non ve la sentite di abbandonare il vostro ruolo di dominatori e maturate più in fretta per recuperarlo il più presto possibile.” spiegò.
“Grazie, professoressa. Brillante delucidazione!”
“Oddio, perdonami! Sono pessima! Non volevo farti la lezione! E'...”
“Deformazione professionale.” concluse Liam per lei, interrompendola.
“Già!” sorrise lei di rimando. Era sveglio, piacevole, praticamente un caso clinico su cui lavorare e per di più era single da poco: come mai il suo cervello malato non aveva già iniziato quella valutazione complessa in percentuali e probabilità che nel giro di qualche settimana l'avrebbero portata a credere di essere innamorata, per poi annullare le sue illusioni?
Quel ragionamento dovette rubarle qualche secondo di troppo, perchè quando si ridestò Liam la fissava interrogativo.
“Pensieri?”
“Nulla di che... Deformazione professionale, ancora!”
Liam stava per ribattere ma degli strepiti provenienti dal locale lo interruppero. Si voltarono entrambi per verificare cosa stesse succedendo, e il ragazzo sentì lo stomaco sprofondare fino alle caviglie.
“Oddio...”.
Iris inquadrò meglio l'immagine e distinse due figure nella luce fioca: entrambi uomini, uno alto e ben piazzato, e l'altro magrolino e decisamente più basso. Le due sagome si separarono inaspettatamente con violenza, la più esile barcollò in avanti perdendo l'equilibrio e finendo immediatamente dopo a terra. Altre grida, la silhouette accasciata al suolo urlava qualcosa all'altra.
L'ultimo schiamazzo, molto acuto e ben udibile, giunse anche alle loro orecchie: “Io sono Louis Tomlinson, degli...”
“Cielo! Vado ad aiutarlo!” esclamò Liam con troppa enfasi, sovrastando la voce dell'amico.
“Oh, certo, Louis!” commentò Iris, per poi alzarsi e tendere la mano al ragazzo, “Dai, andiamo, ti aiuto a rimetterlo in sesto.”
Liam accettò l'offerta della ragazza e la guardò con gratitudine. Si avviarono, con le mani ancora allacciate. Iris avvicinò a sé il ragazzo, imprigionando le dita gelate tra le sue per scaldargliele, e lui non si ritrasse. Coprirono velocemente i pochi metri che li separavano dall'amico, e Liam rassegnato mormorò: “Rieccoci...”
“Capita spesso?”
“E' la quarta volta... Questa settimana. Se continua così non potrò più mettere piede in un solo locale di tutta la città!”
“E addio vita sociale!” concluse lei ridendo.
“No, quello non rimarrebbe comunque un problema!” si lasciò scappare.
“Oh, Mister Popolarità non scherza, con la modestia!” esclamò ironica lei.
“N-no, non intendevo quello! E' solo che... Lascia stare...”
“Cos'è, sei una superstar e io sono stata così cieca da non riconoscerti?” continuò lei ridendo.
“Ma figurati!” esplose lui, quasi arrabbiato.
“D'accordo, calma! Ti scaldi troppo facilmente!” si stizzì Iris lasciandogli libera la mano.
“Scusa.”
Rimasero in silenzio per l'ultimo tratto.
Arrivati lì, la ragazza rimase un passo indietro e lasciò che Liam aiutasse il ragazzo con la maglia a righe.
“Zayn, sai che hanno fatto?” prese questo a lagnarsi con fare infantile.
“Eh, sì! Zayn, adesso... Ti manca solo Niall!” sputò sarcastico e infastidito lui tra i denti.
“Oh, scusa Niall, è buio... Mi hanno cacciato!”
“Oddio, Louis! Sono Liam!” sospirò passandosi un braccio dell'amico dietro al collo per sostenerlo. Questo barcollò e anziché ribattere, si esibì in un rutto eclatante, concludendolo con una smorfia schifata. “Ah, dannata pizza!”
Iris ridacchio, guardando solidale quello sobrio. Entrambi preferirono evitare commenti sul fatto che più che la cena, il problema era l'alcol.
“Niall, portami a casa!” sbadigliò a quel punto Louis, traballando pericolosamente.
“E gli altri? Zayn ha la macchina, non io.”
“Zayn? Ma se sei proprio qui...” articolò stiracchiando di nuovo la mascella.
Liam scosse per l'ennesima volta il capo, sconsolato, e si guardò intorno, alla ricerca di una superficie sulla quale abbandonare il proprio amico.
“Liam, lascia stare, vi do un passaggio io. Sono venuta da sola, ho la macchina qui dietro.” si offrì a quel punto Iris.
“No, sei gentile, ma non posso...”
“Non fare complimenti, infondo ti devo un favore!”. Iris non attese e non ammise repliche, si avvicinò a Louis e aiutò Liam a sorreggerlo.
Lo scortarono fino alla Mini, con fatica riuscirono a farlo stendere sui sedili posteriori e poi si accomodarono a loro volta.

“Attenta!”
“Cosa?!”
I freni stridettero e la macchina inchiodò di botto, sorpassando di poco la linea di arresto.
“Lo STOP!” gridò Liam gesticolando verso il cartello rosso.
“LO STOP?! Ma non c'è NESSUNO!” ringhiò Iris voltandosi a guardarlo.
“Ragazzi...” soggiunse la voce debole di Louis.
“CHE C'E'?!” urlarono in coro.
Un gorgoglio sinistro allarmò la ragazza, che subito scattò: “NO! LOUIS! NON QUI!”
Inutile dire che era troppo tardi: Louis vomitò l'anima sui tappetini immacolati, Iris cacciò un grido agghiacciante e Liam boccheggiò, preda della nausea.

La macchina accostò, Iris ne scese pestando i piedi, e, aiutata da Liam, fece scendere Louis.
Salirono i pochi gradini fino al portoncino d'ingresso ed entrarono.
Diede una mano al ragazzo a stendersi, e lasciò a Liam l'ingrato compito di spogliarlo e metterlo a letto.
Iris lo attendeva in cucina, mettendo l'acqua nel bollitore e disponendo due tazze per il tè. Liam l'aveva pregata di rimanere, e lei non aveva trovato una scusa valida per declinare l'invito.
“Russa come se non dormisse da giorni... Maledetto.”
“E' stata solo una serataccia.” commentò Iris, porgendogli una tazza fumante.
“Sì, come no. Dovrò chiamare anche il fabbro, domani mattina. Il genio alcolizzato deve aver perso le chiavi di casa sua.”
“Non pensarci, bevi.” lo incitò.
Di punto in bianco Liam chiese: “Perchè?”
“Perchè?!”
“Sì, perchè sei così gentile con me? Nemmeno mi conosci... Giusto?” si accertò cauto.
“Tu sei stato cortese con me, mi hai prestato il tuo maglione, mi hai offerto una birra e mi hai fatto compagnia. Credo di essere io quella in debito.”
“A dire il vero ti ho ferita, ti ho rotto un paio di calze, ti ho rovinato la serata, ti ho accollato un deficiente che ti ha vomitato in macchina...!” concluse stringendosi nelle spalle, incapace di comprendere tanta simpatia nei suoi confronti.
“Non ha importanza... E' stata una serata diversa. Nessuno si era mai preoccupato così tanto, in un modo così... Paterno, per me. Potrai non credermi, ma conoscere persone con un animo buono come il tuo, è una tale rarità, che quando capita rifiorisce la speranza.”
Il ragionamento di Iris non faceva una grinza, e si congratulò mentalmente con sé stessa per non aver percepito ancora nessuno spettro di spidy-innamoramento-rincoglionimento-post-discussione-seria-con-un-ragazzo.
“Io mi sento ancora in colpa...” mormorò imbarazzato Liam, incassandosi ulteriormente nelle spalle e grattandosi la nuca.
“Non è necessario!”
“Magari mi serve uno psicologo...”
“Oh, io studio psicologia!” asserì Iris giuliva.
“Pensavo proprio a questo....” mormorò lui, avvinandosi al bancone della cucina e scribacchiando qualcosa su un foglietto. Lo porse alla ragazza, che dubbiosa lo afferrò.

Liam J. Payne: 07568-249863

“Il mio numero... Sai nel caso ti andasse di fare pratica con un caso clinico...”
Caso clinico. Si era definito come lei lo aveva definito. Arrossì e senza sapere bene cosa dire abbozzò un: “Non mancherò...”
Liam sembrò pentirsi d'improvviso. “Scusa la raccomandazione apparentemente insensata ma... Ti prego, faccio un'eccezione lasciandoti il mio cellulare, non dovrei nemmeno, mi ucciderebbero, se lo scoprissero... Potresti...”
“Segreto professionale, non temere.” lo rassicurò facendogli l'occhiolino. “Come mai tutti questi misteri? Sei... Che so... Un latitante?”
“Tu sai chi sono, vero?” domandò piccato dopo un attimo di tentennamento.
“Certo, Liam J. Payne, il mio primo paziente ufficiale.” rispose lei, spiazzata.
Il ragazzo rimaneva in silenzio e lei intuì che non era la risposta che attendeva, quindi sbottò confusa: “Perchè invece di tirartela tanto non mi dici qual'è il problema? Sei uno di quelli che... Ti ho capito sai?!” esclamò di punto in bianco, irrigidendosi. “L'hai dato a talmente tante ragazze, che se per una volta lo fai con un'intenzione diversa da una botta e via ti senti in colpa, eh?!”
“Ma che dici?!” ribatté lui sorpreso. Un Playboy? Lui?!
“E tu dovresti diventare una psicologa?!” ruggì Liam, perdendo il controllo e sporgendosi pericolosamente verso di lei.
Iris sentì le parole del ragazzo sferzarle il volto e l'orgoglio, e impettita si accinse a rispondergli per le rime: “Senti, tesoro, non si fanno miracoli in mezz'ora di conversazione, non professionale oltre tutto, ma tutti questi misteri per un banale numero di cellulare, portano a banali conclusioni. Dal momento che tu non ti spieghi, non mi resta altro che supporre. E tu, TU!” continuò furiosa piantandogli l'indice nel petto svariate volte, “Tu, sei un uomo! Siete una razza infetta! Voi, VOI!” proseguì esercitando ancora più pressione contro lo sterno del ragazzo, “Voi, siete tutti uguali. Cercate solo una cosa! E non venire a raccontarmela, perchè con tutti quelli che ho conosciuto, potrei scrivere un libro sulla vostra grettezza e sulla vostra verginità emotiva, quando si tratta di donne!”
Parlò tutto d'un fiato, senza rendersi completamente conto di ciò che diceva, e giunse alla fine paonazza e ansimante, confusa.
Ma c'era del piccante, tra di loro, scattava qualcosa che la faceva arrabbiare, la faceva sentire viva. Come un motore: parlare con lui la accendeva, e non solo quando discutevano, in qualunque momento c'era dell'ironia tagliente. Le piaceva.
Dannazione, se mi piace! Merda!
“Nonostante ciò”, riprese sorprendendosi della sua completamente nuova intraprendenza, “Sostengo che a maggior ragione tu abbia bisogno di una come me!”
Liam la fissava allibito, con la bocca semi aperta per lo sconcerto. Avrebbe dovuto adirarsi, rendergli pan per focaccia, urlarle contro qualche luogo comune sul genere femminile, ma la verità era che non ne era capace. Quel fervore, quella rabbia, quell'anima così irruenta sembrava pregare comprensione. Doveva già esserle capitato qualcosa del genere: credette di poter dire con certezza che era stata usata e gettata via da qualche uomo, in passato. Quelle parole dicevano troppo di lei, e lui ne rimase colpito. Quasi ferito. Era pura empatia, o qualcosa lo legava a Iris?
Si riscosse e, tremante, si mosse verso di lei. Di istinto la abbracciò, sentendola rigida tra le sue braccia.
“Non sono così, Iris”.
Il suo nome, tra quelle labbra, era come lo zucchero nel caffè, la panna sulla cioccolata calda, il sole di domenica mattina. Iris si lasciò andare, stringendogli forte il torace, avvicinandolo a sé.
Era troppo bello, troppo giusto. Non feriva, non tagliava, non rimproverava. La stava chiamando con il suo nome, come tutti, ma solo con la sua voce, sentiva le corde della suo cuore vibrare.
Aveva chiamato la sua anima.
“Lo so, Liam. Ora lo so.” sospirò, schiudendo le labbra e posandogli un bacio leggero sulla spalla.
Lo sapeva davvero. La prima certezza, in tutta una vita.


DecisaMente.

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: GLAM_1D