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Autore: Go_always_ahead    08/02/2013    1 recensioni
"Era sempre stato con lui, quando i riflettori si erano puntati su di loro e avevano scatenato quella fama inaspettata, quand’erano la novità in prima pagina.
Era con lui in quei giorni di follia e notti senza sosta.
Fan urlanti, isteriche, interviste, concerti e attraverso tutto questo erano come fratelli.
Se ne era andato, il suo bellissimo sorriso non l’avrebbe più visto, le sue battute, il suo tutto di lui, dentro ogni sua canzone.
Non l’avrebbe più rassicurato, quando si spaventava di tutta quella folla, prima di un concerto.
Ringo piangeva sapendo che la sua chitarra piangente non avrebbe più suonato."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-E allora gli ho detto  ‘Senti George, devo andare a Boston perché Lee ha un tumore al cervello’ e lui mi disse ‘Vuoi che ti accompagni..?’ –
Cercò di ridere, ma il ricordo fù forte e il dolore prepotente.
Era un dolore antico non ancora del tutto rimarginato.
Una lacrima,  uscì  dagli occhi azzurri e incominciò a scorrere sulla  guancia segnata dal tempo.
Non doveva piangere durante un intervista.
 Per tutte le riprese aveva cercato di sorridere, per tutte le domande aveva cercato di prenderle come uno scherzo.
Il regista italo-americano, Martin Scorsese, stava facendo e montando un documentario che parlava della vita di un chitarrista, del miglior chitarrista di tutti i tempi, George.
Tutta la vita, perché non ci sarebbe stato più niente da aggiungere nel rockumentary, lui era morto.
Ora era senza lui.
                      *-*-*-*-*
 Richard, si aggirava languidamente per le stanze.
Alla ricerca di qualcosa ,di qualcuno.
Voleva credere fosse tutto un sogno, eppure sapeva dov’era.
Lontano da lui.
 Beverly Hills non gli era mai sembrata così triste e nera.
E non erano solo le nuvole grigie, fuori dalla villa che gli davano un espressione così oscura e malinconica.
Avanzava, mettendo un piede dopo l’altro come fosse di piombo, a capo chino, non osando alzare gli occhi per vedere quella casa fantasma priva di vita.
Si ritrovò davanti la camera da letto.
Il letto era vuoto.
Le coperte erano messe alla rinfusa e le lenzuola non erano ancora state lavate.
Non aveva voluto.
Sentiva ancora nell’aria quell’odore strano di farmaci e malattia.
Sul comodino ,accanto al letto, c’erano delle lettere.
Sapeva cosa c’era scritto, ne aveva mandato una anche lui mentre era a Boston.
C’era scritto di non preoccuparsi, che sicuramente si sarebbe ripreso , che i  medici esageravano… tutte quelle parole, a cui l’emittente non credeva minimamente,  ma si sforzava, per sperare ciò che non accadde, per sperare magari in un miracolo impossibile.
Era stata una speranza, sporca, lurida e deludente.
Ma fino al suo ultimo respiro, si era detto che la speranza è l’ultima a morire.
Ma adesso lui era morto.
E solo qualche giorno fà, lui era lì su quel letto morente confortato da Olivia, Dhani e da quella non paura della morte che Ringo non aveva.
Continuava a scrutare la stanza, ad aguzzare l’udito per sentire i suoi passi incerti che conosceva così bene.
Ma niente.
Si sedette all’estremità del suo letto e si ricordò, di quando era stato all’ospedale, prima della tournée in Scozia, e George si era seduto sul suo letto dell’ospedale, proprio lui come in quel momento, e gli aveva stretto la mano. Era suo amico; il suo migliore amico.
Le lacrime sgorgarono violentemente dagli occhi di Ringo.
Lanciò un urlo disperato e quasi isterico e si buttò sul letto, rovistando le lenzuola cercando lui.
Era lì, doveva essere lì!
Era sempre stato con lui, anche quando i riflettori si erano puntati su di loro e avevano scatenato quella fama inaspettata, quand’erano la novità in prima pagina.
Era con lui in quei giorni di follia e notti senza sosta.
Fan urlanti, isteriche, interviste, concerti  e attraverso tutto questo erano come fratelli.
Se ne era andato, il suo bellissimo sorriso non l’avrebbe più visto,  le sue battute, il suo tutto di lui, dentro ogni sua canzone.
Non l’avrebbe più rassicurato, quando si spaventava di tutta quella folla, prima di un concerto.
 Ringo  piangeva sapendo che la sua chitarra piangente non avrebbe più suonato.
Tutti i loro momenti insieme sembravano lacerare il suo cuore, e la sua mente era alla ricerca di quei ricordi per sentirlo vicino.
Il ricordo dei loro abbracci gli fecero porre una domanda.
George sapeva quanto lo voleva bene?
Era la fine di un concerto e Ringo si era alzato  andando vicino ai suoi compagni per l’inchino.
George era giovane, con la sua chitarra  che sorrideva, s’inchinava e salutava.
Gli era piaciuto tantissimo questo concerto, ma sapeva che prima o poi doveva finire.
Ed ora andava da una persona che amava, che gli avrebbe fatto vivere un altro concerto in un mondo bianco.
George era felice e sorrideva al batterista mentre si dirigeva ai camerini.
John già era uscito dal teatro, e in scena rimanevano solo Paul e Ringo che guardavano i loro amici.
Qui, oggi, lui non era solo, era coi suoi ricordi.
La vita è strana e anche come possono cambiare le cose da un momento all’altro, ma questa è la realtà.
George suonava una melodia meravigliosa, che continua a seguirlo.
-Ti sento sempre accanto a me..- mormorò Ringo.

 
 
 
 
" Nell'insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro" (George Harrison)
  
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