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Autore: LuluXI    08/02/2013    1 recensioni
Eppure, mentre la rabbia diventava rancore, fomentando una crudeltà assopita, non ho mai smesso di essere altruista. E’ una moneta che non paga, l’altruismo: la società moderna l’ha svalutata.
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Riflessioni notturne; un flusso di coscienza bello e buono. Pensieri gettati su un foglio di carta (ad essere precisi, battuti a computer su un foglio di Word). Una cosa rapida, ma non indolore. Una riflessione che ha una conclusione, che non è una conclusione. Una riflessione sul mondo che può essere mia, come di chiunque altro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fatto è che il mondo non mi conosce.
Ho allungato la mano a tutti coloro che me lo chiedevano, ho dato la mia fiducia a tutti coloro che si avvicinavano e sembravano disposti a restare. Ho visto la mia buona volontà finire in mille pezzi, sbrindellata da chi se ne è andato, da chi mi ha usato per poi sorridermi con tranquillità facendomi capire che era normale avere interazioni “usa e getta”.
Ho visto persone crudeli frapporsi tra me e le persone che mi volevano bene, strappare anche quel poco di felicità che c’era, rubarmi pezzi d’anima con forza sovraumana.
 
Ho imparato a reagire e ad alzare la testa.
Ho imparato a distruggere ciò che mi distruggeva.
Ho imparato l’arte dell’attesa e il riscatto è sempre arrivato; coi suoi tempi, ma è sempre arrivato,a volta senza che io facessi nulla.
Ho visto andare in frantumi, chi mi aveva dilaniato.
 
Eppure, mentre la rabbia diventava rancore, fomentando una crudeltà assopita, non ho mai smesso di essere altruista. E’ una moneta che non paga, l’altruismo: la società moderna l’ha svalutata. Eppure, consumatrice nostalgica, ho continuato ad usarla, incapace di rinunciare; incapace di negare un sorriso a chi brancolava nel buio dell’inquietudine e della tristezza. Ho regalato i miei sorrisi ancora e ancora, ho speso il mio tempo accanto ai sofferenti, ho regalato una parte di me a chi sembrava averne un disperato bisogno: ho messo in gioco il cuore, ho rischiato ancora.
 
Non ho mai chiesto in cambio soldi o favori.
Non ho mai chiesto statue d’oro o tempi d’argento.
Non ho mai chiesto inchini o riconoscimenti ufficiali.
Ho chiesto solo fiducia, amicizia, rispetto.
 
Eppure il mondo mi ha descritto come un mostro, senza anima né cuore, capace solo di fare del male. Ogni azione fatta a fin di bene è stata interpretata come una macchinazione che nascondeva un secondo fine; ogni gesto è stato inopportuno, anche il più onesto e sincero. Sono stata obbligata a sezionare ogni mia parola e ogni mia azione, prima di poter parlare, prima di poter agire: sotto il microscopio del pregiudizio, ho sfilato davanti al tribunale dell’inquisizione più e più volte. La sentenza non è mai cambiata: eretica, crudele, traditrice; un mostro. Questa è la moneta con cui viene ripagato l’altruismo: l’ingratitudine.
 
A quel punto, sono stata costretta a lasciarli andare, tutti quelli che mi hanno portato in tribunale. Uno dopo l’altro, con una ferita nel cuore, ho dovuto buttarli sul rogo: l’alternativa era bruciare io stessa per colpe che non avevo.  Non ho ma abiurato, mai: ho semplicemente dimostrato, con ragionamenti sensati, che quella volta ero dalla parte della ragione. L’ho dimostrato ancora, ancora e ancora. E paradossalmente, nessuno mi ha mai rinfacciato le azioni malvagie, quelle davvero crudeli perché intenzionali: quelle le hanno ignorate tutti.
Così, mentre il mondo si arrampicava sugli specchi, io ho lasciato che quegli stessi specchi riflettessero il mondo per ciò che era: un’accozzaglia di mostri ben peggiori di me.
 
Non sono perfetta, né una santa e non pretendo di essere nessuna delle due cose; ma non sono nemmeno il mostro che tutti dipingono. Ogni parola, ogni azione, nel bene e nel male, ha un suo perché; tutto ciò che faccio, lo faccio dopo un accurato ragionamento, dopo un bilancio delle possibili conseguenze. So perfettamente che il mondo giudicherà come vuole ciò che dico, che cercherà di mettere in cattiva luce ciò che faccio: io sono pronta a prenderne le conseguenze.
 
Il punto è che il mondo non può prevedere in che modo ribatterò, quando sputerà la sua sentenza di morte; il mondo non sa come reagirò.
Il punto è che il mondo non mi conosce: e questo, è un dato di fatto.

NOTE:
Si, fa schifo; ma volevo provare a fare qualcosa di diverso, per una volta. Buttare giù qualcosa di inssensato e introspettivo. Nessuna delle mie trame strizzacervelo, complicate e articolate. Una cosa, bene o male lineare. Sicuramente non è di ottima qualità, ma stesera non mi interessa più di tanto. Scusatemi se vi ho fatto sanguinare gli ochi^^
   
 
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