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Autore: lucefloreale    09/02/2013    1 recensioni
Fu in quel preciso momento, quando due dita si attorcigliavano tra le ciocche bionde e lo sguardo assente si spostava altrove, che lo vide. Immancabilmente, in quel preciso istante, le farfalle nel suo stomaco si fecero pesanti come macigni.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A quella festa, in quella casa, c’erano persone. Molte persone. Persone che bevevano, che ballavano, che mangiavano, che fumavano, che vomitavano e persone che scopavano. Tutto appariva incredibilmente allettante e la festa prometteva ciò che ogni giovane sano di mente spererebbe per capodanno. In questo tumulto di persone, c’era anche qualcuno che, silenziosamente, si guardava. Si percepivano nell’aria, quei due, senza nemmeno girarsi sapevano che si stavano passando vicini. Loro non lo sapevano ancora, ma conoscevano già uno il profumo dell’altro. Te ne accorgi poi un giorno che, sovrappensiero stai andando a comprare un flacone di shampoo, e tra le corsie del supermercato senti quel profumo e già sai. “E’ lui”. Strano come un profumo possa identificare meravigliosamente una persona, senza necessariamente avercela davanti. Senza un preavviso arriva alle narici, percorre il setto nasale, solletica il senso olfattivo, raggiunge il cervello ed in un nano secondo, sempre ammettendo che si tratti di qualcuno di importante, scende fino al cuore e lo scuote a più non posso. A quel punto il danno è fatto, la tua testa si gira e gli occhi la cercheranno. Cercheranno quella persona in ogni angolo del supermercato, persino tra i prodotti sugli scaffali. Quella sera loro si erano guardati senza dirsi una parola, ma in realtà si erano capiti benissimo.
Amelia non aveva bevuto nulla: troppe persone IN, alla moda e snob attorno a lei. I giudizi partivano a vista d’occhio e se avesse sollevato un bicchiere di troppo sarebbero ricaduti sicuramente su di lei, pensava. Era sempre particolarmente paranoica riguardo a ciò che le persone potessero pensare sul suo conto, e questo non le impediva di ostentare ma frenava il suo lato estremo. “Con moderazione” si ripeteva. Adorava certo essere notata, ma non essere messa al centro dell’attenzione e, tantomeno, essere lei a scegliere di esserlo.
Lui invece era ubriaco. “il solito” pensò lei. Si chiedeva inoltre quanto potesse essere veritiero il livello di ubriachezza che lui ostentava a far notare, e quale invece fosse il suo reale stato fisico e mentale. Mirco, barcollante, si era appena seduto sulla scrivania di una camera, la quale era stata precedentemente profanata da due innamorati. Casualmente, si fa per dire, seduta sul letto Amelia discuteva di quanto fosse divertente la festa e di quanto stesse bene il nuovo rossetto alla sua amica Martina. Il dialogo tra i due era iniziata con una battuta sarcastica, poi lui con fare da sbruffone le aveva chiesto di sistemargli il foular al collo ed infine aveva iniziato a lanciare una pallina di gomma ovunque, ridendo. “Scemo. Stupido. Cretino. Sbruffone. Arrogante...bellissimo.” si ripeteva nella testa la ragazza, non c’era verso di far terminare la serie di aggettivi con uno che non fosse un sinonimo di “bellissimo”.
-          So che se solo te lo chiedessi, Amelia Cardieri, ti verresti a fare un giro per le vigne con me.
Se ne era uscito lui, con uno strano sorrisetto sulle labbra, inarcato a sinistra, e gli occhi strafoganti di sfida. Lei ancora non lo sapeva, ma quel sorriso non se lo sarebbe mai più dimenticato.
-          Ti piacerebbe alquanto mi sembra di capire, ma mi dispiace deluderti. Credo che continuerai a sognare.
Era particolarmente audace nelle risposte, con le parole ci sapeva fare e non  esisteva che venisse zittita da frecciatine più acide delle sue. Era sempre stata una ragazza che quando parlava, ti tagliava la lingua di netto.  Non ti lasciava tempo di ribattere, ne aveva una sempre pronta e più spiazzante di quella precedente. Il botta e risposta era il suo cavallo di battaglia e quel ch’è più grave è che lei ne era consapevole e ne faceva il suo gioco preferito. Quella sera, aveva certamente trovato un valido sfidante.
-          Che mi piacerebbe forse lo pensi tu.
L’affermazione di lui sarebbe arrivata come una plateale coltellata in pancia, se non fosse stato per quel sorrisetto che persisteva sulle sue labbra rosse, e che tradiva palesemente le sue intenzioni offensive.
-          Non ne sembri affatto convinto, ma ti lascio parlare. La libertà di parola va garantita a tutti. Sbaglio?
Ad interrompere lo scambio di sassate velenose tra i due fu il suo amico ancora più sbronzo, Giacomo, che, collassandomi a fianco, aveva incominciato ad infamare scherzosamente Mirco.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma senza accorgersene, nel grembo di Amelia avevano appena fatto irruzione, come pompieri in caso di incendio, uno sciame infinito di farfalle colorate; e queste, a differenza delle solite, avrebbero avuto una lunga, lunghissima vita.
Si scrissero una settimana dopo, tramite facebook, e fu lei ad iniziare. Si chiedeva come potesse essere successo; mai in vita sua aveva fatto il primo passo. “Io preda, tu predatore. Corro veloce ma se ne vale la pena mi lascio prendere”. Non era stato così in quel caso, perchè lei sapeva inconsciamente che sì, ne valeva incredibilmente la pena.
Le sere seguenti, si ritrovavano sempre lì, in quella chat così stretta che i fiumi di parole scritte sembravano dovessero strabordare da un momento all’altro e riversarsi irrimediabilmente sulla tastiera. I cuori battevano ad entrambi, ma erano schifosamente orgogliosi per ammetterlo. Le modalità erano sempre le stesse: freddezza, sarcasmo, frecciatine. La parola alla base del loro interscambio di idee era certamente “Sfida”, ma sapevano entrambi che dietro a quelle parole nere su schermo bianco se ne celavano altre cento non dette. Attendevano solo il momento giusto, il pretesto adeguato per essere espresse. Non era il momento, non ancora semplicemente. Nascosti dietro a quelle frasi glaciali, c’erano pensieri avventati e parole calde. Tanto calde da potersi scottare.
Quando decisero di vedersi, fu in occasione di una festa in discoteca. Era fine gennaio e faceva un freddo bastardo. Amelia indossava un tacco quindici abbinato ad un jeans leggermente a sigaretta e una canottiera scura che le valorizzava incredibilmente i fianchi sinuosi. Fresca di parrucchiere e felice di trascorrere una serata con Lucia, si accorse ben presto che i suoi occhi cercavano qualcuno, e quel qualcuno aveva decisamente un nome. Si sentiva inquieta, lo percepiva nelle vicinanze, come se un radar conficcato sotto pelle le desse delle scosse ad ogni percezione della sua presenza. Parlava con Lucia distrattamente, mentre le parole che pronunciava non si collegavano tra loro e le orecchie ovattate non erano certo disposte ad ascoltare le leggerezze dell’amica. Sotto il suo sguardo passavano decine e decine di persone, e per ogni persona seguiva un volto, e poi un profumo. Ma di quei volti Amelia non si sarebbe ricordata se non per un secondo di orologio. Li captava ad uno ad uno, li analizzava e poi li cancellava un attimo dopo. Non era ciò che cercava, ed il suo cervello conscio di ciò agiva di conseguenza realizzando un meraviglioso lavoro di pulizia: incamerare, analizzare, eliminare, incamerare, analizzare, eliminare. Dopo svariate richieste da parte di Lucia di andare a ballare, aveva ceduto e si era fatta trascinare in pista, dove aveva iniziato ad ondeggiare, dando come sempre  il meglio di sè. Fu in quel preciso momento, quando due dita si attorcigliavano tra le ciocche bionde e lo sguardo assente si spostava altrove, che lo vide. La musica si fece improvvisamente lontana, i colori risultarono vividi, quasi accecanti, un ronzio si impossessò delle sue orecchie e tutto attorno divenne sfocato di colpo.
Immancabilmente, in quel preciso istante le farfalle nel suo stomaco si fecero pesanti come macigni.
  
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