-Sorella…voglio vedere la luce del sole.-
Marik si alzò dal letto e tirò la lunga tunica di Ishizu per non farla uscire dalla propria stanza e per cercare, come ogni sera, di convincerla a portarlo fuori.
Per tutta risposta lei si girò di scatto, con un falso sguardo severo dipinto in volto. Non riusciva mai ad arrabbiarsi veramente con lui, la faceva sentire triste il fatto di non poter dargli ciò che voleva, specialmente quando era qualcosa di così semplice.
-Marik…sai benissimo che non puoi uscire.- rispose, solenne, prese in braccio il fratellino e lo rimise a letto.
Marik stava via via diventando più alto, a tal punto che Ishizu non lo poté più tenere come le mamme tengono i bambini per farli addormentare tra le loro braccia; il simbolo dei Custodi di tombe cresceva con lui, riempiva la sua schiena impedendogli di trovare spazio per cose più idonee ad un bambino, come i tatuaggi temporanei che vanno via dopo pochi giorni.
E crescendo lui, anche i vestiti gli andavano più corti.
Appena  Ishizu chiuse la porta della stanza Marik scese dal letto, ed iniziò ad ammucchiare in un solo punto tutta la sabbia che riusciva a prendere, e vivendo sotto il deserto di sabbia ce n’era tanta. Poi iniziò a spargerla sul pavimento, creando una specie di piattaforma sottile, e iniziò a passarci il dito sopra.
Prima disegnò un cerchio.
E poi un altro più piccolo.
E un altro ancora un po’ più grande degli altri.

Erano tutti allineati orizzontalmente.
Sotto ogni cerchio fece delle linee, una lunga e verticale e quattro diagonali più corte; due a metà della linea grande e le altre due alla fine.
Stava disegnando tre persone, come solo i bambini sanno fare.

Dentro i cerchi disegnò dei volti felici, poi passò ad altri particolari: il corpo più basso aveva dei grandi occhi e dei capelli che andavano da una parte all’altra, quello medio aveva un abito lungo e dei capelli lisci, l’altro non aveva capelli, e aveva un sorriso un po’ meno largo rispetto ai precedenti.

Sopra le tre teste disegnò un cerchio ancora più grande, e tanti piccoli raggi che partivano da lì.
Era il sole, e sotto ad esso Marik, Ishizu e Odion, liberi di poter godere dei suoi raggi e di poter usare le mani per proteggere gli occhi dal calore piuttosto che per difendere gli oggetti del millennio; nella rappresentazione che aveva fatto lui avevano le mani abbassate, ma si sa, da una sola immagine i bambini sanno immaginare storie straordinarie.
Sì, mancava suo padre, ma probabilmente era l’unico che faceva il Custode di tombe più per dovere morale che per obbligo.

Alla base del disegno scrisse qualcosa, poi spense la torcia che illuminava la stanza e sperò con tutto il suo cuore e con tutte le lacrime che stava versando in quel momento che la sua piccola opera non andasse distrutta prima dell’arrivo della sorella che sarebbe andata a svegliarlo.

-Per un essere umano è impossibile avere la luna come per un Ishtar è impossibile avere il sole.-
Appena Ishizu lesse, Marik si alzò dal letto, e curandosi di non calpestare il disegno con i piedi nudi la abbracciò forte, ancora con le dita sporche di sabbia.