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Autore: Rico da Fe    09/02/2013    7 recensioni
E' la mattina del 9 aprile 1940: Danimarca, dopo la firma dell'armistizio da parte di re Cristiano X, si arrende all'occupazione nazista. Stessa sorte toccherà anche a Norvegia.
Facciamo un salto temporale di 73 anni, per capire cosa successe quel freddo primo mattino di aprile a Copenhagen...
Ispirata a una bellissima canzone di Adele, "Skyfall", tratta dalla colonna sonora dell'omonimo film di James Bond.
Genere: Guerra, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Germania/Ludwig, Norvegia, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Era la fine.
Ormai erano perduti.
Danimarca si affacciò al balcone della sua residenza a Copenhagen: l'aria fresca del mattino lo accolse tra le sue gelide braccia, avvolgendolo nel gelo e nell'oscurità appena schiarita dalle prime luci dell'alba.
La capitale dormiva ancora, così come dormivano ancora tutte le altre città della sua terra.
Dan trattenne il respiro.
Contò fino a dieci.
Sentì la terra tremare impercettibilmente sotto i suoi piedi; sentì i tacchi di innumerevoli stivali neri e lucidi come quella notte calpestare fragorosamente la sua magnifica terra. A passo di marcia.
Sembravano quasi una sola persona, una persona che Danimarca conosceva bene.
"Germania..."
Finalmente Danimarca espirò.
Fu come esplodere: tutto uscì da lui spandendosi nell'aria circostante in un fragoroso rumore che altro non era se non il suo fiato che se ne andava.
"È la fine..." pensò di nuovo il danese.
Sì, era la fine, per lui... E per Norvegia.
Quel momento tanto atteso e temuto da entrambi era finalmente arrivato. 
Avevano sperato fino all'ultimo che non accadesse, ma infondo al cuore sapevano che sarebbe stato inevitabile: l'insaziabile brama di potere e sangue di Germania non si sarebbe fermata al povero Polonia... No. Uno ad uno sarebbero caduti tutti i suoi vicini. E Dan, dopo l'ultima guerra, aveva pure provveduto ad avvicinarglisi di più*.
Piano, il danese rientrò nella stanza da letto, dove Norvegia dormiva placidamente nel grande letto a due piazze di Danimarca.
Gli si avvicinò e lo toccò appena.
Come previsto, il norvegese dal sonno leggero aprì appena gli occhi.
"Mmmh... Dan... Che ore sono?"
"L'ora in cui il mio re firma l'armistizio e io mi arrendo a Germania..." rispose il biondo con un sorriso amaro dipinto in volto.
Norvegia si svegliò del tutto. Si tirò su dal letto e cercò a tentoni la sua divisa blu da marinaio.
"Quindi... Alla fine e successo..." mormorò piatto il norvegese, infilandosi la camicia e i pantaloni.
"Già..." a Dan venne quasi da ridere. Germania e Prussia stavano per sottometterlo, e lui chiacchierava tranquillo con il suo amico, neanche fossero al bar.
Norvegia si infilò gli stivali e recuperò il cappello dalla sedia.
"Sarà meglio che vada... Devo prepararmi ad accogliere come si deve i nostri cari tedeschi..." fece una pausa, poi guardò negli occhi Danimarca e aggiunse: 
"Lo so... Non riuscirò a respingerlo, ma posso almeno tenerlo lontano... Dovrà sudare prima di avere Oslo!"
Sembrava dovesse ancora convincersi di cosa stava dicendo. Era facile intuire oltre la maschera di apparente indifferenza ostentata dal norvegese il suo nervosismo.
Uscirono di casa e si incamminarono per le vie ancora deserte di Nihaven, il quartiere seicentesco di Copenhagen.
I primi raggi di sole già si affacciavano dietro le lunghe schiere di case attaccate le une alle altre, mentre l'aria sembrava farsi leggermente meno fredda.
Si avvertiva già un leggero fermento nell'aria, come se persino le case, le strade e gli alberi sapessero che i tedeschi stavano arrivando.
Non c'era paura nell'aria di Copenhagen. Solo attesa.
Una debole soglia, quel mattino, una debole soglia che li separava dalla vita sotto la svastica.
"Dalla croce nordica alla croce uncinata..." mormorò cupo Norvegia.
"Il passo e davvero breve..."
Danimarca non rispose.
Continuarono a camminare per le vie avvolte da un silenzio e una calma quasi surreali.
Norvegia era diretto al porto, da dove sarebbe salpato per ritornare a Oslo; da lì si sarebbe preparato per tenere Germania il più possibile lontano dalla sua gente e dalla sua terra.
Danimarca era diretto ad Amalienborg, la residenza reale dove il suo re Cristiano X lo attendeva.
E dove Germania avrebbe preso possesso del Paese.
Raggiunsero il porto e si diressero al molo dove l'incrociatore Frederik V aspettava la Norvegia per riportarla "al sicuro" in patria.
Finalmente Danimarca ruppe il silenzio che li aveva accompagnati fin lì.
"Allora... È giunto il momento di salutarci... Io vado a diventare proprietà di Germania..." sorrise il giovane con apparente leggerezza.
Guardò il norvegese.
Le lacrime rigavano quel volto sempre così imperscrutabile. Norvegia gli si lanciò tra le braccia, aggrappandosi al cappotto di pelle della nazione.
"N-no... Non posso... Non ce la farò..."
Dan gli appoggiò una mano sulla schiena e lo strinse a sé.
"Norge..." iniziò dolcemente "stai tranquillo..."
Lo strinse al petto, affondando le labbra e il naso nei morbidi capelli color grano del giovane.
"Il cielo vuole caderci in testa? Ben venga. Lasciamolo fare... Noi resteremo in piedi... E lo affronteremo! Insieme!"
Certo, quelle parole suonavano strane in bocca a una nazione appena caduta... Cos'altro aveva lui, la Danimarca, da affrontare?
"Un giorno tutto questo finirà... E allora noi ripartiremo! Proprio da lì... Da dove è caduto il cielo! Adesso saremo lontani, divisi, ma un giorno ci rivedremo!"
I singhiozzi sommessi di Norvegia sembrarono affievolirsi. Il giovane alzò la testa e guardò il danese.
Occhi blu oltremare in occhi azzurro cielo.
"E se... Germania... Ti... Ti..."
"Germania? Tsk! Non mi fa paura! Io sono il Re del Nord, no?" Danimarca gli fece l'occhiolino, sorridendo con la solita aria da mascalzone.
Norge sorrise a sua volta e gli sferrò un pugno nel fianco.
I due si guardarono di nuovo.
Ormai il sole era sorto, e già i primi lavoratori uscivano timorosi dalle case... Che sapessero già qualcosa?
"Dan... Ovunque andrai, io ti seguirò... Vedrò quello che tu vedrai... Sarò sempre con te! Finchè non ci rivedremo di nuovo... Quando quest'assurda guerra sarà finita!" 
Norvegia, senza più alcuna traccia di timore o angoscia, lo guardava fiero e risoluto.
Come quel giorno di tanti, troppi secoli prima, quando ancora erano il Regno di Danimarca e Norvegia...
"È una promessa." concluse infine la nazione scandinava.
Gli tese la mano.
Danimarca la afferrò e la strinse, forte e saldo come tanti anni prima.
"È una promessa, Norge."

"Bene Danmark... Ti sei fatto attendere..."
La voce odiosa e gracchiante di Prussia accolse Danimarca al suo ingresso nella grande sala del trono del sontuoso palazzo di Amalienborg.
Dan lo ignorò e avanzò verso il fondo, dove re Cristiano X attendeva circondato da generali e ufficiali dell'esercito tedesco (tutti con la svastica al braccio) assieme a Germania e Prussia.
Regale e altero come un vero sovrano, il danese raggiunse il trono e si inchinò al suo re.
Dopodichè restò dritto e immobile.
In silenzio.
Mai avrebbe concesso loro la soddisfazione di vederlo scattare sull'attenti come una marionetta, col braccio alzato, e gridare: "Heil, Hitler!". Mai.
Germania fece un passo avanti, avvicinandosi a Danimarca e guardandolo a testa alta.
Dan gli rivolse un'occhiata ostile, ma restò in silenzio.
"Come ben sai" iniziò Germania, ruvido e secco come un generale "ora sei sotto la mia... Entschuldigung, la nostra occupazione." disse accennando impercettibilmente al fratello dietro di lui, che ammiccò al danese con aria sprezzante.
Dan continuò a ignorarlo, guardando dritto negli occhi Germania.
Questi proseguì:
"Adesso sei sotto il controllo del Terzo Reich, perciò... Sarai soggetto a tutte le nostre leggi, e non disporrai più del tuo esercito. Ne disporremo noi, e idem dicasi per la flotta. Pagherai tasse al governo tedesco, e ogni legge discussa nel tuo parlamento dovrà prima passare per Berlino... Chiaro?"
"Immagino che dovrò chiederti anche i fazzoletti per soffiarmi il naso, vero?" commentò Dan con evidente sarcasmo.
"Non siamo in un circo, Danmark! Evita gli scherzetti!" ribattè aspro Germania, fissandolo con severità.
Danimarca storse il naso e guardò il suo re. Cristiano X gli rivolse un leggero sorriso di approvazione.
"Ah, Danmark..." Prussia, solita serpe, si intrufolò nel discorso. "Abbiamo dimenticato di dirti che ci saranno anche dei lati buoni... Derivanti dalla nostra occupazione..."
Si avvicinò al fratello, che scosse lievemente la testa.
"Provvederemo a pulirti casa da quegli schifosi giudei che ancora la appestano! Sei contento?"
Il prussiano gli sputò in un occhio.
Questo fu troppo anche per Danimarca.
La nazione lo afferrò per il collo e lo alzò avvicinandolo al volto; i piedi di uno spaventatissimo Prussia penzolarono a un buon palmo da terra.
Una miriade di pistole e fucili fu puntata sul danese.
"Senti un po', piccoletto..." la voce del nordico risuonò bassa e minacciosa "Nessuno sputa alla Danimarca. Siamo intesi?" scandì.
Prussia restò in silenzio, atterrito.
Danimarca lo lasciò cadere sul pavimento con una fragorosa e amara risata.
"E ti dirò di più..." disse poi, sempre sorridendo, mentre Prussia si rialzava tossendo e sputacchiando.
L'ex-vichingo alzò di scatto la mano, come a caricare uno schiaffo di dorso destinato a Germania.
Il tedesco estrasse la pistola e la puntò dritto in faccia al danese.
Questi ridacchiò mostrando il dorso della destra.
Una stella di David color giallo ocra campeggiava sul guanto di pelle della nazione.
"Ascoltate le mie regole, ora... voi non torcerete un solo capello agli ebrei danesi: chi se la prende col mio popolo, ne risponde a me. La vostra fottuta svastica fatela sventolare a Berlino: qui regna la croce nordica, la bandiera più antica del mondo. E da ultimo, ma non meno importante..." fece una pausa ad effetto, avvicinandosi a Germania e puntandogli l'indice in faccia in segno di sfida. "Il re. Non. Si tocca. Chiaro?"
Con un sorriso sornione, rassettò la divisa al tedesco, sul punto di implodere per la rabbia, e gli voltò le spalle, allontanandosi.
"Io rispetto le vostre regole... Voi rispettate le mie! È semplice, no? Vedrete... Andremo molto d'accordo!" concluse a voce alta, come se stesse annunciando che andava a fare la spesa.
"DANMARK!!! TORNA SUBITO INDIETRO!!! SCHEISSE..."
La voce di Germania lo rincorse fino alla porta, ma lui la fugò con una risata tranquilla. Sentì il click di una pistola caricata puntata dietro di sé, ma non ci badò. Non avrebbe mai sparato.
Uscì dalla porta completamente svuotato da ogni preoccupazione.
Il cielo non era caduto sulla sua testa, e il suo popolo era salvo.
Rise fragorosamente passando davanti ai ritratti dei suoi vecchi re.
Germania poteva avere la sua terra.
Poteva avere il suo esercito.
Ma mai avrebbe avuto LUI.


Note:
*Dopo la Prima Guerra Mondiale, la Danimarca approfittò delle condizioni disastrose in cui versava la Germania sconfitta per riprendersi la regione dello Schleswig, un tempo appartenuta alla nazione e a maggioranza popolata da danesi.

Durante l'occupazione nazista, la Danimarca conservò parecchia libertà (non assoluta, ma...).
Re Cristiano di Danimarca, ogni giorno, girava a cavallo per le strade di Copenhagen per rassicurare la popolazione che non avrebbe abbandonato il suo popolo.
Alla domanda di un generale delle SS sul perché il re girasse senza scorta, un ragazzo danese rispose che la Danimarca era la sua scorta!
Anche la decisione di non esporre la bandiera tedesca su Amalienborg e sul Parlamento fu dovuta al re: all'ordine dei generali di cambiarla ed esporre la bandiera nazista al posto dell'antica croce nordica in campo rosso (cosa che avvenne ad Oslo), Cristiano X oppose un netto rifiuto, minacciando di togliere lui stesso la svastica e di rimettere la bandiera danese. La croce nordica rimase dov'era e nessuno la toccò più.
Wikipedia (sempre sia lodata!) dice anche che il re ("arianissimo") fosse solito portare una stella di David color ocra (simile a quelle con cui erano contrassegnati gli ebrei) appuntata sulla manica, per dimostrare di essere vicino anche ai suoi sudditi ebrei.
Che sovrano con le p**le, eh? XD
  
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