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Autore: KuromiAkira    10/02/2013    1 recensioni
Fino a quel momento il cambiamento di Midorikawa non l'aveva mai impensierito. Faceva parte ‘del gioco’, esattamente come il fingersi alieni e la piramide delle gerarchie.
Solo quel giorno si era reso conto che non era più un gioco. Burn, Reize… ma anche Gazel, Desarm… tutti loro avevano iniziato a crederci sul serio. E a comportarsi di conseguenza.
[Aliea Accademy - accenni BanReize, GranReize (o HiroMido), BanGaze]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Beacons/Nagumo Haruya , Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Non è più un gioco
Fandom: Inazuma Eleven
Personaggi: Gran, Reize, Burn, Pandora, Diam [Accenni BanReize, GranReize e BanGaze]
Genere: introspettivo, malinconico
Rating: arancione
Avvertimenti: what if, shounen-ai
Conteggio Parole: 2739
Note: Mh.
In realtà, quando mi è venuta in mente l'idea, ho pensato di non metterla su scritto. Fino ad ora, quando scrivevo nell'universo canonico, ho sempre descritto cose plausibili, ovvero situazioni che mi piacerebbe fossero davvero successe o che possano succedere.
Questa fiction è diversa, perché credo che i nostri alieni della Aliea non siano così cinici come li ho descritti qui. Diciamo che l'ho scritta solo per diletto personale, perché volevo provare a descriverli in questo modo, ma, canonicamente parlando, li immagino molto più innocenti. Ecco perché ho inserito 'what if' come avvertimento.
Il rating è arancione nonostante la mancanza di scene forti, è a causa dell'età dei personaggi, che teoricamente oscilla tra i quattordici e i sedici anni (anche se di sedicenne, secondo me, c'è solo Desarm o pochi altri, che qui non appaiono). Insomma, per sicurezza ho evitato sia il verde che il giallo.
Mi spiace un po' aver reso Burn un po' stronzo (e Reize un po', come dire... 'prostituta' XD). Però, diciamo che... sono stressati, soffrono e sono in balia del potere di un meteorite alieno. XD Poi non ho accennato molto, quindi può darsi che non vadano fino in fondo. XD





Gran camminava velocemente per i vasti corridoi della Aliea Accademy, pensando a un modo veloce per scaricare il proprio nervosismo e quel senso di paura che, già da un po' di tempo, aveva iniziato a torturarlo.
Di norma, a quell'ora la Gaia, la sua squadra, si allenava.
Ma da qualche giorno a questa parte, i suoi compagni di squadra sembravano indeboliti e lui stesso, ogni tanto, si sentiva affaticato.
Ne aveva parlato col padre, e la sua risposta era stata esattamente quella che temeva: probabilmente dovevano ancora abituarsi al programma di allenamento creato da lui.
Il capitano di grado master si fermò, sospirando.
Dopo quasi quattro anni di sacrifici, finalmente il padre aveva dato inizio all'invasione e, già da qualche giorno, la squadra più debole della Aliea, la Gemini Storm, era andata all'attacco.
Stavano facendo un ottimo lavoro, anche se quelli della Raimon, a quanto pareva, si erano messi in testa di opporsi a loro.
Nonostante questo, però, Kira Seijirou aveva detto alle altre squadre di continuare l'addestramento e, nel caso della Gaia, di iniziare quello speciale.
L'uomo aveva fin dall'inizio chiarito che la squadra più forte tra le tre di grado Master avrebbe preso il titolo di 'Genesis' ma, in realtà, aveva già deciso che sarebbe stata quella di Hiroto a diventare la più forte.
Il ragazzo dai capelli rossi era, naturalmente, onorato della fiducia riposta in lui. Ma, negli ultimi tempi, aveva iniziato a sentirsi inquieto.
Prima di tutto, forse sarebbe stato meglio allenare tutte e cinque i team allo stesso modo. In quel caso, avrebbero potuto attaccare tutti insieme ed evitare ulteriori sacrifici agli altri.
Il padre sembrava assolutamente certo che la Gemini Storm non avrebbe saputo portare a termine il compito fino in fondo e, secondo il parere di Gran, mandarli allora all'attacco, considerando quanto quei ragazzi si stavano esponendo, non era certo la tattica più efficace e sicura.
Seijirou diceva che servivano dati, prima di fare sul serio e che le due squadre senza rango Master esistevano proprio a questo scopo. Delle pedine sacrificabili, insomma.
Gran non osava contraddire l'uomo, che adorava come un genitore, ma una vocina, dentro di lui, gli diceva che tutto ciò era profondamente sbagliato e che presto se ne sarebbero tutti pentiti.
Gli stava facendo male, quella situazione. Doveva fare qualcosa, e subito, per scacciare via quei pensieri, per poter tornare a procedere secondo i piani del padre.
Preoccuparsi per i ragazzi delle altre squadre non era una cosa che Gran faceva: somigliava, piuttosto, e pericolosamente, all'atteggiamento abituale di un ragazzino di nome Kiyama Hiroto. Una persona che, almeno lì, in quell'edificio, non esisteva.
Con passo nervoso e quasi innaturale, il ragazzo arrivò all'ascensore che portava ai piani superiori, riservati ai membri dei tre team più forti, quando sentì delle voci.
Inarcò le sopraciglia: chi poteva essere lì, nei corridoi, a quell'ora?
Fece qualche passo indietro, arrivando all'angolo, e lì sì affacciò, dando un'occhiata dall'altra parte della corsia.
Ciò che vide lo sorprese tanto da farlo sussultare e spalancare gli occhi: Burn, inconfondibile a causa della divisa bianca e rossa e della particolare pettinatura fulva, stava trattenendo qualcuno al muro, baciandolo con molta foga, quasi con rabbia.
Ciò che stupì Gran non fu il fatto in sé -ognuno era libero di fidanzarsi con chi gli pareva, anche con membri di squadre diverse-, quanto la consapevolezza che, certamente, il compagno del capitano della Prominence non era sicuramente Gazel. Gran sapeva, infatti, che Burn aveva una cotta per il rivale e che il loro rapporto conflittuale, sotto sotto, affliggeva il collega, troppo testardo, tuttavia, per cercare di cambiare quella situazione.
Si accigliò, nell'intuire che, in quel momento, il ragazzo dagli occhi dorati si stesse semplicemente sfogando con qualcuno, con una persona che, pareva, non stava opponendo alcuna resistenza.
Il lieve dispiacere nel chiedersi se quell'altra persona sapesse o meno di essere usata, e il fastidio di tipo puramente etico nei confronti del comportamento di Burn, lasciò posto a un profondo sconcerto appena il capitano della Prominence fece un passo indietro, permettendogli involontariamente di riconoscere il suo partner: Reize.
Il capitano della Gemini Storm rimaneva in piedi, immobile, fissando il cielo attraverso le grandi finestre con espressione indifferente. Sembrava non gli interessasse ciò che l’altro stava facendo.
Quando Burn gli slacciò il cinturino che permetteva il contatto tra la sfera, con dentro il meteorite, e il corpo del ragazzo, Reize fece solo una leggera smorfia, probabilmente intuendo le intenzioni del superiore. Ma, immediatamente dopo, il volto tornò senza espressione.
Gran, nell'assistere a quelle poche azioni, comprese la situazione e assottigliò gli occhi, digrignando i denti con una rabbia apparentemente immotivata.
Sentire Burn proporre o, per meglio dire, ordinare, al sottoposto di seguirlo in camera, non fece che accrescere quel sentimento e, senza più trattenersi uscì dal proprio nascondiglio, battendo un pugno contro la parete metallica.
- Burn! - tuonò, attirando l’attenzione dei colleghi, che sussultarono e si voltarono verso di lui.
Il ragazzo dai capelli verdi sembrò turbato per un solo istante, poi, senza dire nulla, fece un cenno verso il capitano della Gaia, in un saluto ossequioso.
L’altro, invece, fece una smorfia infastidita.
- Che cavolo vuoi, Gran? – sbottò, con fare sbrigativo.
- Cosa diavolo sta succedendo, qui? Cosa stai facendo? - domandò il ragazzo dagli occhi verdi, fissandolo con sguardo accusatore.
- Non credo siano affari tuoi - gli rispose Burn, ghignando.
- Non ammetto certi comportamenti! -
- Non stiamo facendo nulla di male e tu non sei nessuno per dirci qualcosa - si oppose il ragazzo dagli occhi dorati.
- Lo sai di cosa parlo - lo informò il collega, fulminandolo con gli occhi.
Burn fece schioccare la lingua, stizzito, e voltò la testa da un'altra parte: il solo vedere il volto di Gran lo faceva innervosire.
- Reize, sei appena tornato dalla missione. Segui l'esempio della tua squadra e vai a riposare - ordinò, rivolgendosi al sottoposto, cercando di suonare un po' più gentile.
- Nah, non starlo a sentire, Reize - intervenne il capitano della Prominence, in tono provocatorio. - Non ha il diritto di dire nulla. -
Il ragazzo con gli occhi neri rimase lì, spostando lo sguardo da Gran a Burn, apparentemente indeciso su quale ordine eseguire.
Non sembrava assolutamente infastidito dalla situazione e, anzi, continuava a sembrare impassibile. Possibile che non si rendesse conto di essere usato? Che fosse innamorato di Burn? A quel pensiero, Gran sentì una leggera fitta al cuore. Ma la ignorò. La rabbia era superiore a qualsiasi altro sentimento, in quel momento.
Avanzò a larghi passi, avvicinandosi e mettendosi in mezzo ai due colleghi, costringendo Burn ad allontanarsi dall'altro capitano.
- Che hai intenzione di fare, Gran? -
- Sfogati su te stesso, se ti senti represso - sibilò. - Ma lascia stare gli altri. -
- Che cavolo, cosa sei, geloso? Reize è d'accordo, non c'è alcun problema – lo informò Burn, ghignando divertito. Probabilmente era consapevole che l’altro ci sarebbe rimasto male.
- È così? - chiese Gran girandosi verso il sottoposto, incredulo. - Ti va davvero bene? -
Reize, rimasto accostato alla parete tutto il tempo, abbassò appena lo sguardo e annuì, in silenzio.
Lo shock del capitano della Gaia fu talmente palese che Burn ridacchiò.
- Se proprio sei geloso, possiamo sempre dividercelo, se vuoi. Non mi interessa avere la prerogativa - lo provocò anche se, in realtà, non avrebbe mai accettato quel compromesso. Di Reize non gliene fregava granché: era carino ed era disponibile, quindi preferiva lui ad altri, ma non ci teneva poi così tanto. E, se Gran avesse accettato, anche se era un’ipotesi impossibile, gliel’avrebbe lasciato volentieri.
Quelle parole fecero traboccare il vaso. Gran avvampò di rabbia, lo guardò con puro odio e, avanzando velocemente, gli tirò un pugno in pieno viso.
Il capitano della Prominence, colto alla sprovvista, cadde all'indietro.
- B-Burn-sama! - esclamò Reize, ricevendo però un'occhiata di rimprovero dal capitano della Gaia.
- Stammi bene a sentire. Non tollero che parli di lui in questi termini e, se succederà di nuovo, andrò a fare rapporto a nostro padre. Sono stato chiaro? - dichiarò.
Burn, ancora a terra, si voltò appena verso il collega e, tenendosi la guancia dolorante, gli scoccò uno sguardo di puro disprezzo. Gli sembrò di essere tornato al passato, quando Haruya faceva i dispetti a Ryuuji e Hiroto interveniva in difesa dell’amico dai capelli verdi.
Senza essere turbato dall’occhiataccia di Burn, Gran lo fissò ancora per qualche istante, poi si voltò, afferrò Reize per il polso e lo trascinò via.
Rimasto solo, il ragazzo dagli occhi dorati ringhiò. - Stronzo - sibilò, rialzandosi e dirigendosi nella propria stanza.

- Che diavolo stai combinando? - urlò Gran, arrabbiato, spingendo Reize dentro l'ascensore per accompagnarlo gli alloggi della Gemini Storm.
Il ragazzo dai capelli verdi andò a sbattere contro la parete e il suo superiore, dopo aver schiacciato il pulsante del piano e aver atteso che le porte si chiudessero, lo guardò. - Come puoi accettare una cosa simile, lui ti sta solo usando! -
Il capitano della squadra più debole della Aliea Accademy, dopo il primo momento di stordimento, ricambiò lo sguardo. I suoi occhi erano, come sempre, inespressivi e ciò continuava a turbare Gran.
Eppure, pensava Gran, Reize aveva sempre avuto quello sguardo. Non c’era nulla di diverso rispetto al solito.
- So benissimo che Burn-sama vuole solo sfogarsi. Sono anche consapevole dei suoi sentimenti verso Gazel-sama - spiegò, con voce atona.
Nel sentirlo parlare in quel modo, il capitano della Gaia trasalì.
In quegli anni alla Aliea un po' tutti erano cambiati, ma la persona che aveva davanti non aveva più nulla in comune con Midorikawa Ryuuji.
Gran conservava ancora i ricordi della loro infanzia insieme, passata a giocare e farsi scherzi. Midorikawa era sempre allegro, gentile e sensibile. Soprattutto sensibile. Normalmente, non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
Come poteva essere diventato così?
- Allora perché? Perché gli permetti di farti questo? Provi forse qualcosa per lui? - domandò, il tono era più amareggiato di quel che lo stesso Gran avesse potuto immaginare.
Ma l'altro, imperturbabile, sembrò non notarlo. – Non provo nulla per Burn-sama. Lo faccio solo perché me l’ha ordinato. È un mio superiore, e se mi dà un ordine, io devo ubbidire - rispose, con una semplicità di cui il ragazzo dai capelli rossi non si capacitava, tanto che non riuscì più a controbattere. - Lo dice spesso anche lei, no? Gli ordini di voi capitani di grado superiore non si discutono - fece presente poi, con tono vagamente sprezzante. Gran si accorse che l’altro lo stava guardando con sguardo cinico e accusatorio.
Com'era possibile fare un ragionamento del genere? Certo, sostanzialmente le cose andavano così, alla Aliea. C'erano i gradi e gli ordini dei superiori, sopratutto di quelli di grado Master, erano assoluti. Ma arrivare a tanto, con quella noncuranza verso se stesso... Reize credeva così tanto nella gerarchia da spingersi a tanto e assecondare i desideri egoistici, e sbagliati, di Burn?
L'ascensore si fermò e le porte si aprirono.
Senza che il ragazzo dai capelli rossi potesse dirgli nulla, il capitano della Gemini Storm fece un leggero inchino, mormorando un 'con permesso' appena udibile, poi si incamminò, lento e tranquillo, verso la propria camera.
Gran lo fissò allontanarsi. Per un istante l'immagine del ragazzo venne sostituita da quella di un bambino che correva spensierato, la cui lunga coda frustava l'aria a ogni passo. Un bambino che, poi, si voltava sempre verso di lui, sorridendogli.
'Girati verso di me' urlò, disperatamente, una vocina nella testa del capitano della Gaia. 'Ti prego, girati e sorridimi. Dimmi che non sei davvero sparito'.
Il volto pallido si contorse in una smorfia addolorata, la mano andò istintivamente a stringere la stoffa all'altezza del cuore. Faceva sempre più male.

Gran rimase chiuso in camera per tutto il resto del giorno. Non voleva incontrare nessuno e saltò la cena.
Fino a quel momento il cambiamento di Midorikawa non l'aveva mai impensierito. Faceva parte ‘del gioco’, esattamente come il fingersi alieni e la piramide delle gerarchie.
Solo quel giorno si era reso conto che non era più un gioco. Burn, Reize… ma anche Gazel, Desarm… tutti loro avevano iniziato a crederci sul serio. E a comportarsi di conseguenza.
In quel momento, dentro la testa e nel petto del capitano della Gaia, c'era un groviglio di sentimenti, di confusione e di ricordi che minacciavano di perseguitarlo fino a farlo impazzire.
Calata la notte, il ragazzo decise di farsi una passeggiata. Rimanere nella stanza non era servito a nulla, anzi, i pochi metri a disposizione sembravano amplificare il dolore.
Si diresse, silenziosamente, verso il tetto, per poter respirare un po' di aria fresca e, sperava, per chiarirsi le idee.
Voleva ancora andare avanti col piano del padre. Ma tutti i dubbi precedenti, e la scoperta scioccante di quel giorno, accrebbero le sue incertezze.
Era ormai arrivato in cima all'edificio, quando sentì delle voci. Si ritrovò a nascondersi di nuovo e, rendendosi conto di aver già vissuto una cosa simile, temette di dover assistere nuovamente alla scena di quella mattina.
Tuttavia, questa volta, udì una voce femminile. Ridacchiava.
Gran si affacciò, stringendo gli occhi nel tentativo di distinguere le figure davanti a sé.
Era buio e solo i corpi celesti offrivano una flebile illuminazione. Tuttavia, quando le nuvole smisero di coprire la luna, il capitano di grado master fu in grado di riconoscere Reize, Diam e Pandora.
Il capitano della Gemini Storm era seduto a terra; non indossava la divisa e aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle. Aveva in mano una tazza fumante... e sorrideva, apparentemente sereno.
Gran non seppe se sentirsi sollevato, nel constatare che il ragazzo riusciva ancora da assumere certe espressioni, o più turbato di prima, dal fatto che, a lui e agli altri, si mostrava freddo pur provando ancora dei sentimenti.
Pandora, invece, era stesa, con la testa poggiata sulle gambe del proprio superiore, avvolta da una coperta. Diam era seduto alla destra di Reize, reggeva a sua volta una tazza tra le mani, ma sembrava averne già finito il contenuto.
- Ah, che bello stare qui - mormorò, sottovoce, la fanciulla. - È così tranquillo. Non sembra di stare alla Aliea - continuò, con una punta di tristezza.
Il ragazzo dai capelli verdi annuì, poi si avvicinò la bevanda alla bocca.
La ragazza sollevò appena le gambe in aria, muovendole su e giù. - L'aria era già tesa prima, ora che l'invasione è iniziata sono tutti ancora più nervosi - si lamentò.
- È normale, Nozomi - sussurrò Diam, che parlava raramente e sempre con un filo di voce.
Pandora, a quella risposta, rotolò a pancia in giù, allontanandosi di qualche centimetro dal capitano. Poggiò un gomito a terra, per sorreggersi il volto con la mano sinistra.
- Sono felice che tu ci abbia invitati a bere il tè qui, Ryuuji-kun. Almeno, in questo momento, possiamo tornare a comportarci come fratelli. Comincio a non sopportare più quelli delle altre squadre, ci trattano malissimo solo perché sono di grado superiore! - sbuffò la centrocampista della Gemini Storm.
- Non ci possiamo fare nulla, Nozomi. Qui le cose funzionano così, lo sapevamo fin dall'inizio - le rispose Reize, con una dolcezza nella voce che Gran non gli sentiva da molto.
La ragazza si alzò, sbuffando. Si sistemò la coperta sulle spalle. - Sì ma era come un gioco, no? Insomma... fingevamo. Ora invece le cose sono diverse e non mi va giù - insistette lei.
Gran sobbalzò, a quelle parole.
Il capitano della Gemini Storm, invece, scosse la testa, e rise amaramente, guardandola con rassegnazione. Sia Pandora che Diam si voltarono verso di lui. Anche Gran, a debita distanza, lo fissò con attenzione.
- Non capisci, Nozomi? Questo è più solo un gioco, ormai - mormorò, alzando lo sguardo al cielo. Per un momento i suoi occhi si velarono di tristezza. - Non è più un gioco - bisbigliò. - È la nostra nuova realtà. -
Gran sospirò silenziosamente, e distolse lo sguardo, abbassando la testa.
Già... prima era un gioco. Quand'è che ha smesso di esserlo? Da quando la Aliea è diventata un posto del genere, dove i fratelli si disprezzano e si usano senza pietà –o accettano di essere usati-?
Il ragazzo, per l'ennesima volta, si portò la mano sul petto.
Di cose sbagliate, alla Aliea, ce n'erano un po' troppe. E, esattamente come aveva detto Ryuuji, ormai facevano parte della loro crudele realtà.
Ed era questa consapevolezza a fargli così tanto male.
  
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