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Autore: Umiko_chan    10/02/2013    5 recensioni
- Questa mattina, quando mi hai... abbracciata... -, e arrossì violentemente. - Insomma, ecco... Mi è tornato alla mente quel giorno di tanti anni fa. Ricordi?
Shinichi annuì, sorridendo divertito. Eccome se lo ricordava.
- È passato talmente tanto tempo che...
- Ci credi ancora? -, lo interruppe lei, improvvisamente seria.
Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, cercando di decodificare il tono di Ran.
Poi le sue labbra si sciolsero nuovamente in un sorriso.
- Certo che ci credo ancora -, dichiarò. - Io mantengo sempre le mie promesse, parola di detective!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Who cares, baby?
I think I’m gonna marry you.

 

- Su, Shin-chan! -, gli ripeteva Yukiko, sorridente e raggiante come non mai. Non riusciva proprio a capire perché suo figlio, un bambino sempre così allegro ed espansivo avesse messo su quel broncio. Teneva le braccia conserte e guardava con insistenza dritto davanti a sé, le sopracciglia aggrottate in una smorfia contrariata.
Aveva assunto quell’espressione da quando la madre gli aveva comunicato, con uno smagliante sorriso stampato in volto, che avrebbero passato il pomeriggio a casa di Eri.
Lo avevano costretto a passare intere giornate in quella casa, a giocare con la piccola Ran. E Shinichi aveva sempre pensato che giocare con Ran non fosse poi così emozionante. Non che lei fosse antipatica, o presuntuosa, però... Certo Shinichi preferiva giocare a pallone da solo, nell’immenso cortile di Villa Kudo o, perché no?, leggere un bel libro in soggiorno, seduto sul comodo divano color panna.
Shinichi pensava che Ran fosse... strana: alternava momenti di estrema timidezza, in cui non riusciva a spiccicare parola a momenti in cui non riusciva a stare zitta, e allora era insopportabile. Non lo sapeva nemmeno lui perché si facesse sempre convincere da sua madre a farsi portare a casa Mori.
Ma d’altronde, che poteva fare? In fondo, aveva solo quattro anni, lui.

 
- Ehi! -, la chiamò, correndole incontro. - Scusa il ritardo! Sono imperdonabile!
Lei lo guardò per un lunghissimo secondo, poi gli voltò le spalle, incamminandosi verso il liceo Teitan a passo spedito.
Le corse dietro, ancora ansimante, e la raggiunse, adattandosi alla velocità dell’amica.
Ran taceva. Camminava velocemente, a testa bassa, stringendo in modo eccessivo il manico della cartella.
Shinichi la osservava di sottecchi. Capì al volo che c’era qualcosa che non andava.
- Ran... Va tutto bene?
Cercò di capire a cosa stesse pensando l’amica. Ci provava spesso, a dir la verità, ma mentre con chiunque altro - anche con un perfetto sconosciuto - non aveva alcun tipo di problemi, cercare di leggere la mente di Ran, la ragazza che era al suo fianco da quando erano piccoli, la sua migliore amica, era la cosa più difficile che avesse mai provato a fare.
Un caso perennemente irrisolto, un mistero senza alcuna soluzione. E la cosa era estremamente frustrante.
Nonostante lei cercasse di nascondere il viso con i lunghi capelli, Shinichi riuscì a vedere i suoi occhi: sembravano così stanchi, spenti. Quella luce che la illuminava, che la rendeva davvero bella, sembrava essersi dissolta in quella frizzante mattina di Aprile. Il ragazzo notò anche che tratteneva a stento le lacrime.
- C’è qualche problema? -, le chiese ancora, sinceramente preoccupato. - No, perché se vuoi parlarne, io ci sono. Insomma, puoi dirmi quello che vuoi, o puoi non dirmi niente, anche se...
- Sto bene.
Tra i due calò il silenzio. Shinichi storse la bocca, poco convinto.
- No -, mormorò, dopo un po’. - Io ti conosco e, potrei giurarci, tu non stai affatto bene.
Le si parò davanti, sbarrandole la strada. Puntò i suoi occhi azzurri in quelli di lei, impedendole di distogliere lo sguardo. Poi sfoderò uno di quei sorrisi che - Shinichi ne era certo - la facevano impazzire. Un sorriso pieno di sicurezza, di chi sa che è in grado di fare tutto. Persino di leggere nella mente della propria migliore amica.
- Se non vuoi dirmelo... -, la sfidò, beffardo, - ... proverò a dedurlo!
Le labbra di Ran si incresparono in un sorriso, ma quel sentimento non riuscì a contagiare gli occhi.
- Dunque... -, attaccò Shinichi, poggiando l’indice sul mento a mo’ di riflessione. Rimase un secondo in silenzio, strappando a Ran un risolino.
- Credo che il problema non riguardi la scuola, o me ne sarei accorto anch’io. Non dovrebbe essere nemmeno il karate, visto che hai ottenuto risultati invidiabili negli ultimi tempi. E il problema non sono io, altrimenti non mi avresti aspettato stamattina. Perciò... Deduco che il problema siano i tuoi. È così? Hanno litigato di nuovo?
Shinichi esitò, prima di prenderle il mento con le dita e sollevarlo con delicatezza, per guardarla negli occhi. Lo vedeva in quelle iridi violette: aveva fatto centro.
Le lacrime iniziarono a scorrerle sulle guance, irrefrenabili. Il ragazzo si affrettò a tirar fuori il fazzoletto dalla tasca per asciugarle, ma non bastava. La circondò in un tenero abbraccio, stringendola con delicatezza.
Lui, quella scena, l’aveva già vissuta. Eppure non ricordava quando, né come...
- Ehi, Shinichi... -, lo chiamò lei, che stava asciugandosi le gote con la manica della divisa. Lui le porse ancora il fazzoletto, ma lei lo rifiutò con un sorriso.
- Andiamo, o faremo tardi.

 
Non ne poteva davvero più. Non era certo tipo da perdere le staffe così facilmente, lui, ma niente lo innervosiva di più dell’essere costretto ad ascoltare per tutta la durata della pausa pranzo l’instancabile Sonoko che blaterava dei suoi fallimenti amorosi e di tutto quello che le andava male nella vita ad una Ran altrettanto scocciata, che spesso lanciava a Shinichi un’occhiata esasperata.
Aiutami, ti prego!, sembrava volesse dirgli. E Shinichi sorrideva sotto i baffi, divertito. Poi Sonoko ricominciava a parlare, e allora tornava a smangiucchiare il suo panino. Tutto quel ciarlare gli aveva fatto passare pure l’appetito.
- Perché non ti chiudi in convento, una buona volta? -, le chiese esasperato, scatenando le risate dell’amica e il disappunto della giovane ereditiera, che gli rivolse una linguaccia.
- La mia bellezza sarebbe sprecata in quel modo!
- Oh, credimi, non c’è alcun pericolo.
La campanella trillò e il cortile, prima gremito di studenti si svuotò. Sonoko si allontanò a passo lesto, salutando Ran con un cenno. Probabilmente l’aveva offesa, ma poco gli importava.
Iniziò a rimettere alcuni libri nella cartella, senza fretta. Avevano Matematica all’ora successiva, e l’idea non lo entusiasmava affatto.
- Ehm... Shinichi?
La voce di Ran lo fece voltare. Aveva una strana espressione dipinta in viso.
- Questa mattina, quando mi hai... abbracciata... -, e arrossì violentemente. - Insomma, ecco... Mi è tornato alla mente quel giorno di tanti anni fa. Ricordi?
Shinichi annuì, sorridendo divertito. Eccome se lo ricordava.
- È passato talmente tanto tempo che...
- Ci credi ancora? -, lo interruppe lei, improvvisamente seria.
Il ragazzo rimase in silenzio per un po’, cercando di decodificare il tono di Ran.
Poi le sue labbra si sciolsero nuovamente in un sorriso.
- Certo che ci credo ancora -, dichiarò. - Io mantengo sempre le mie promesse, parola di detective!
Shinichi si incamminò verso l’ingresso, voltandosi a metà strada per salutare Ran con un cenno. Era arrossita, notò.
Affrettò il passo, per evitare di arrivare in ritardo. La prof. di Matematica era una vera vipera, e Shinichi certo non ci teneva ad essere morso.

 
Lui non aveva assolutamente niente contro Ran. Anzi, adorava passare interi pomeriggi con lei a giocare. Sì, perché lei era diversa dalle altre, ma diversa in modo buono. Le bambine della sua età erano tutte uguali: superficiali, smorfiose, timide e fifone - e, per la cronaca, Shinichi non riusciva proprio a sopportarle.
Ma Ran non era così: non passava le sue giornate a vantarsi di qualità che non aveva, come faceva Suzuki, o a giocare con le bambole, o altro.
Ran non aveva paura di sporcarsi, né di giocare con i maschi e gli era molto più amica rispetto a tanti suoi compagni.
Anche se a volte litigavano, a Shinichi piaceva giocare con Ran. E mentre saliva le scale che lo avrebbero condotto sulla soglia di Casa Mori, pensava alla chiacchierata che aveva fatto con suo padre appena la settimana prima.
Gli aveva chiesto come ci si doveva comportare con le ragazze, anche perché lui non sapeva da che parte rifarsi. Yusaku si era limitato a dirgli di essere se stesso.
- E se vedi che hanno bisogno di essere consolate -, aveva aggiunto, - non pensarci due volte.
Shinichi non aveva capito che cosa volesse dire il padre. Confuso, gli aveva chiesto come avrebbe dovuto fare se si fosse presentato un caso simile, senza però ottenere risposta.
Giunto sul pianerottolo, sistemò la maglietta e bussò alla porta, delicatamente. Ad aprirgli fu Eri, che lo accolse con uno strano sorriso: sembrava così forzato, così falso...
- Buongiorno, signora Mori! -, salutò.
- Oh, Shin-chan! Entra, prego. Ran è in camera sua, ti sta aspettando.
Il piccolo annuì e proseguì lungo il corridoio per poi bussare un paio di volte alla porta della stanza.
-
È permesso? -, chiese, socchiudendo la porta.
Dalla stanza provenivano dei singhiozzi sommessi.
- Ran-chan? Posso entrare?
La piccola era seduta in un angolo della stanza, con le ginocchia strette al petto e la testa bassa.
Shinichi entrò e si avvicinò a lei, poggiandole una mano sulla spalla e facendola sussultare.
- Va tutto bene, Ran-chan?
La bambina si alzò in piedi e si asciugò gli occhi con la manica del vestitino lilla.
- Mi vuoi dire perché sei triste?
- Mamma e papà hanno litigato ancora -, mormorò, tirando su con il naso. Shinichi si affrettò ad offrirle il suo fazzoletto, ma lei lo rifiutò con educazione.
- Perché hanno litigato?
- Non lo so, ma... Hanno urlato molto forte, si sono insultati... -. Piccole lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi. - Ho tanta paura che possano separarsi...
Shinichi la osservò per un attimo, finché quelle stesse lacrime che prima le ornavano gli occhi come pietre preziose iniziarono a solcarle il volto.
- Io da grande voglio sposarti! -, dichiarò, d’istinto.
La piccola Ran sembrava confusa. - Cosa?
- Almeno potrei consolarti ogni volta che sarai triste. E poi -, aggiunse, - se noi fossimo sposati, io non ti lascerei mai!
La bimba sorrise, accettando il fazzoletto che l’amico le aveva offerto per la seconda volta.
- Me lo prometti? -, chiese, speranzosa.
- Promesso.

 

Angolo Autrice: Penso di non aver mai scritto niente di più sdolcinato, ma fa nulla. In fondo, San Valentino è vicino, no? E non posso non dedicare questa storia al mio Onii-chan, a cui voglio tanto tanto bene e che mi sopporta sempre e comunque - e ce ne vuole, credetemi!
Ma, parlando della storia: innanzi tuttto, è ambientata prima della trasformazione di Shinichi. Allora, vi è piaciuta? Spero di sì, anche perché a me è piaciuto molto scriverla. Non so se Shinichi sia troppo OOC in alcuni punti, ma era necessario per la storia, e ho dovuto farlo.
Insomma, la smetto di annoiarvi. Fatemi sapere che ne pensate, okay?
Un bacio!
   
 
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