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Autore: horansfood    10/02/2013    3 recensioni
Finn era davvero il tipo per lei, pensava fosse quello compatibile.
Quello del sì, dei tulipani Lila, del The ai frutti di bosco, di Richard Gere e Julia Roberts, e di “Se scappi ti sposo”, era lui, quello dalle inconfondibili qualità.
Quello dalle mille doti, l’uomo complicato che Gwen aveva cercato in lungo e in largo dal Nevada al Texas, dal South Dakota al North Carolina, per renderci conto, Finn.. beh, Finn era Finn, il suo lui.
Che l’aveva tradita.
L’aveva tradita e l’aveva fatta sentire nuovamente come otto anni prima, era come un deja-vu per Gwen. 
Che il ragazzino avesse ragione quando le diceva che alla fine il loro amore era unico, e che nessun’altro avrebbe potuto prendere il suo posto? Gwen era confusa, ma da una parte è vero che il primo amore non si scorda mai.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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All The Small Things

Capitolo uno.

 

«Tu mi ami» ripeté confusa, cercando quegli occhi color rubino che sognava ogni notte.
«Sì» asserì lui infine, mostrando il manto verde coperto di lacrime amare, quasi velenose, sporche di lussuria e tradimento «Ti amo»
Ma Gwen era forte, forte da impazzire e in quel momento, si era costruita un muro di mattoni, alto come la tour Eiffel, e lo guardava con la testa china, le braccia sotto il seno ancora non maturo come quello delle sue coetanee, e con la converse rovinata che batteva sull’asfalto, impetuosa.
“Già ti amo anche io” pensò. Ma non cedette, «Ma questo non cambia le cose» sputò con tono di sfida, e lui alzò gli occhi spaventato, chiedendosi se quella ragazzina dai lunghi boccoli neri fosse davvero la sua fidanzata, la sua Winny Pooh.
«Quindi è finita?» Gwen asciugò una lacrima repentina, roteando gli occhi e stringendo le labbra, evitando lo sguardo supplichevole che si era impossessato del suo ragazzo. Oh, excuse-moi, Ex-ragazzo. «È finita» annunciò, ma lui non la inseguì come faceva Richard Gere con Julia Roberts in ‘Se scappi ti sposo’ il film che avevano guardato al loro primo appuntamento tre anni prima, quello che aveva susseguito il suo primo bacio. 
«Per quanto tu possa volerlo, nessuno prenderà mai il mio posto nella tua vita, il nostro è e sarà sempre un amore epico, forse il solo.» Lui si era girato lasciandola sulla soglia di casa sua come una tale imbranata, e lei era entrata dentro, pugnalando e scalciando la porta in mogano, e pensando di trattenere il respiro e soffocare con tutti i ricordi che si proiettavano come una videocassetta nella sua mente.
Quindi signor Disney, questo principe azzurro esiste sì o no? Me lo dica chiaro e tondo …Perché qua le mie cicatrici bruciano, e ho finito il disinfettante, inoltre, c’è il coprifuoco ed ormai è troppo tardi per andarlo a comprare, me lo dica, perché così mi metto l’anima in pace.
 

8 anni dopo


Stansted International Airport – London
 
«Passaporto, prego?» Gwen estrasse goffamente il suo passaporto tendendolo al controllore, che guizzò con lo sguardo da lei al libretto amaranto, e dopo aver ammiccato la lasciò passare.
Stansted e la puntualità non andavano d’accordo, ogni anno che tornava in Inghilterra per far visita alla famiglia, doveva aspettare come minimo tre quarti d’ora prima che sfornassero il suo trolley, e ogni volta le toccava rassegnarsi e passare i tre quinti della sua giornata in aereo-porto tra procedure, documenti, valigie e quant’altro.
Gwen, ragazza di media statura – l’unica cosa che non era mutata in lei dai suoi 16 e brufolosi anni a questa parte – capelli corvini tendenti al castano scuro, occhi verdastri, pelle olivastra e nasino alla francese, era una tipetta abbastanza complicata: irascibile, impaziente, puntualmente nervosa, e ferita, incondizionatamente scottata da un ragazzo, (fosse solo uno), che credeva d’amare, e che aveva tradito sia lei che la sua fiducia. Adesso si riteneva zitella e totalmente, in equivocatamente nerd. Finn era davvero il tipo per lei, pensava fosse quello compatibile, quello del sì, dei tulipani Lila, del The ai frutti di bosco, di Richard Gere e Julia Roberts, e di “Se scappi ti sposo”, era lui, quello dalle inconfondibili qualità. Quello dalle mille doti, l’uomo complicato che Gwen aveva cercato in lungo e in largo dal Nevada al Texas, dal South Dakota al North Carolina, per renderci conto, Finn.. beh, Finn era Finn, il suo lui. Che l’aveva tradita. Insomma, sarà che è pieno di persone che crede che gli Americani, in particolare gli Statunitensi e i Canadesi abbiano altrettante doti in quanto si parlasse di originalità, certo, ma Gwen non pensava che davvero fossero fatti tutti a stampino, e davvero i film fossero realtà in quel mondo. Insomma, viveva nella Grande Mela da appena due mesi, quando il fantastico architetto Finn, come da film, aveva fatto ingresso nella sua monotona vita da nuova New Yorkese macchiandole la camicetta di seta di Burberry’s con dello squallido cappuccino americano, lui naturalmente le aveva ripagato il caffè, ma lei aveva ribadito chiaramente che un caffè non valeva quanto una camicetta di Burberry’s, in più di raso puro, che le era costata il suo primo stipendio, allora lui aveva comprato premurosamente una bottiglietta d’acqua frizzante e aveva tamponato perbene finché la macchia non si fosse per lo meno un po’ mimetizzata con il color avorio dell’indumento, ma naturalmente, testarda com’era Gwen non aveva ceduto, solo per scoprire se quel ragazzo fosse davvero disposto a tutto per farle tirar fuori un sorriso compiaciuto, allora le aveva ceduto il suo golf di Cachemire, era lì che Gwen aveva capito che quello che c’era tra loro era più di semplice compatibilità o complicità, ma era un sentimento che doveva sbocciare con il tempo. Se era sbocciato? Dopo un anno e tre mesi di relazione, Finn aveva portato Gwen a colazione da Tiffany, le aveva comprato un ciondolo da Tiffany, ed infine l’aveva chiesta in sposa. Il 6 Giugno, una settimana prima del loro matrimonio, Gwen aveva pensato bene di fare una sorpresa al ragazzo comprandole del Thailandese e raggiungendolo in ufficio anche con dei Brownies al cioccolato, i suoi preferiti. Infine dopo pranzo, come da progetto, avrebbero discusso sul colore delle tovaglie e sui fiori che sarebbero stati messi sui tavoli: unici due dettagli mancanti, di cui doveva occuparsi Finn in mattinata. Ma entrata nell’ufficio una Gwen euforica, ne era uscita una delusa, sconfitta, abbattuta e nuovamente ferita. Come se le sensazioni di otto anni prima si fossero ripercosse nuovamente su di lei, e in un momento aveva immaginato e ricordato la scena quando il suo ragazzo storico l’aveva abbandonata davanti al suo portone dopo aver ammesso come un villano di averla tradita. Il suo neo maritino era scappato con in jeans slacciati dall’ufficio, abbandonando Jaqueline da sola ancora nuda e sporca di sesso, sulla sua scrivania, era corso, aveva bloccato l’ascensore, l’aveva inseguita fino alla 45esima di Broadway, ma poi si era bloccato, ed aveva realizzato che l’aveva persa per sempre.
 
Gwen, attualmente, mentre guardava l’autista davanti a lei, annunciarle di essere arrivati a destinazione, pensava da quanto tempo e perché Finchel si prendesse gioco di lei, e aveva bisogno di una risposta, ma avrebbe avuto il coraggio di chiamarlo e chiedergliela? Probabilmente no, o almeno non al momento.
Bussò freneticamente alla porta, sperando che la sua migliore amica fosse in casa e non prendesse troppo male il suo arrivo improvviso. Quando Jane le apparve sotto gli occhi, assonnata e mezza svestita, non si rese conto che quella davanti a lei fosse davvero Gwen, e la fece entrare senza troppe cerimonie, ma quando si stropicciò gli occhi e la guardò per bene le balzò addosso con un tale eufemismo da soffocarla. Una volta mollata la presa, la guardò negli occhi. Non si sentivano da 24 ore, pensò Jane, era strano che piombasse così da un minuto all’altro abbandonando i preparativi alle nozze. Ma Gwen non resistette, non davanti a lei, e cedette il prima possibile, sciogliendo il mascara e sporcandole il pigiama.
«Dovrei avere dell’Haazen-Dazs in freezer da ieri a cena, alla stracciatella, mettiti comoda sul divano, arrivo subito.. Ah, la panna la vuoi calda o fredda?» Lei alzò lo sguardo dal divano, e lo puntò su Janie «Bollente, per affogarci i miei dispiaceri e morire asfissiata» Continuò a piangere come se non ci fosse un domani, e Jane spaventata si catapultò in cucina armandosi dell’occorrente richiesto. Inutile dire che la conosceva come le sue tasche, e sapeva benissimo come curarle il cuore, o almeno farle dimenticare di averne uno non funzionante per un po’, infondo è questo che fanno le migliori amiche, no? Pigliano il tuo cuore e lo riscaldano, facendoti capire che ci sono loro per tenerlo al sicuro, e non c’è bisogno di nessun ragazzo vile e presuntuoso che lo tenga tutto per sé senza dividerlo con nessun’altro.
«Allora, vuoi spiegarmi?» Si propose Jane, una volta strette da un plaid e una vaschetta di gelato. Gwen sospirò pesantemente, come un macigno inghiottì il più aria possibile e poi di getto la lanciò fuori scagliando la bomba «Mi ha tradita con Jacqueline» ammise atona e imbarazzata.
«Jaqueline? L’oca degli Aristogatti?»
«Quella è Guendalina» La corresse.
«Eh cosa cambia? Sempre un’oca è!» Squittì la biondina, terminando il gelato presente nella vaschetta, e guardando dispiaciuta Gwen, che voleva avere l’ultima cucchiaiata di gelato per sé. Strinse i denti e strizzò gli occhi, facendo quello strano movimento con le orecchie che faceva qualvolta si sentisse in imbarazzo o in colpa.
«Che lurido bastardo» asserì poi. «L’avevo detto dall’inizio che era uno stronzo!»
«Ma sei l’hai ‘visto’ – e specifichiamo visto, dato che l’unica cosa che hai detto è stata ‘Sono la sua migliore amica, e questa è una conversazione privata, quindi vedi di smammare’ perlopiù dietro una webcam e tramite Skype – soltanto una volta! Come puoi dire che è stronzo?» La canzonò Gwen.
«Quando la smetterai di difenderlo? Vuoi dirmi anche che non è stata colpa sua se ti ha tradita rovinando il vostro matrimonio perfetto?» Si irritò Jane a quel punto, scontrandosi con l’amica testarda.
«Magari…» «Ecco, lo sapevo!» Strillò Jane «Stai sempre a perdonare tutti mentre si meritano solo un calcio nei genitali, e qual è la scusa ‘sta volta?» Domandò poi.
«Magari è colpa di Jaqueline, o lui non l’ha fatto apposta, pensava fossi io..»
«Oh sì, scusami Gwenny, è che guarda, è colpa del mio pene, è lui che è inciampato in bocca a Guendalina!» Sbraitò Jane al limite della sopportazione.
«Jaqueline, - la corresse divertita -  e poi, finché non mi darà delle spiegazioni non posso giudicare, so solo che io sono stata cogliona a non accorgermi di nulla!»
«Fai sempre così, dai la colpa a te stessa per cose di cui non hai nemmeno la consapevolezza della loro esistenza, sei testarda, altruista e inevitabilmente bonaria!» La rimproverò infine.
«Cosa te lo dico a fare, sono o non sono la tua migliore amica?»
«Lo sei.. Ma sei anche stupida, e comunque, vai a riposarti un po’, otto ore di volo non sono il massimo, fatti un lifting e ci vediamo dopo, susu!» Detto questo la spinse dentro la sua stanza, e le lasciò il suo spazio, sapeva che quella era solo la fase del ‘magari non..’ poi ci sarebbe stata la Negazione, la delusione, il pianto, l’alcool, il sesso con un estraneo, i Pancakes allo sciroppo d’acero e infine, avrebbe potuto ricominciare ad essere come prima.
Bisognava solo sperare che due settimane bastassero per far ritornare la vecchia Gwen in sé stessa, e scacciare via la nuova paranoica e arrogante Gwen che era stata creata.

***

 
«Preferisci quelli con le scaglie di cioccolato o con l’uvetta passa?»
«Cioccolato, ma piglia anche quelli semplici!» Asserì Gwen oscillando tra le due confezioni di muffin che ondeggiavano tra le mani della coinquilina. Come poteva scegliere tra due tipi di muffin? Insomma, alla fine era vero che il cioccolato vinceva su tutto, ma quelli allo yogurt si contraddicevano anche.
«Hey, Jey, che dici se stasera ceniamo italiano? Finchel era un-»
«Oh sì, non farò altro che seguire le ricette del tuo Finny, magari ci metterà anche un po’ di vitale tradimento e sesso con la segretaria dentro quella cotoletta alla milanese!» Si lamentò l’ultima, guardando torva a Gwen che improvvisamente cambiò espressione. Non che Jane lo facesse apposta a ricordarle ogni volta che l’aveva tradita, ma come detto precedentemente, la fase in cui Gwen oscillava era quella del ‘magari non..’, e poi ci sarebbe stata subito a susseguire la negazione, ovvero quella del ‘di lui non mi importa proprio nulla, giuro!’ ma intanto la notte la sentivi singhiozzare fin dall’altra parte del corridoio.
«Io dico che ancora non abbiamo festeggiato il tuo ritorno in Inghilterra, perché non ci compriamo un bel rosé una lasagna al pesto e un po’ di tagliata di carne, e tak! E poi in discoteca!»
«Non se ne parla Jane – disse scuotendo la testa – la fase discoteca è la quarta, noi siamo appena alla negazione!» Come non detto, pensò Jane mentre riposava la carne da dove l’aveva presa. Si trovavano da Tesco, e stavano girando per trovare qualcosa per la cena da un quarto d’ora buono, nessuna della due aveva mai passato così tanto tempo là dentro, ma sembravano non trovare niente di loro gradimento.
«E poi, il mio ritorno in Inghilterra potremmo festeggiarlo diversamente, cherie!» Quello che accadde dopo la frase pronunciata da Gwen fu totalmente svelto e improvviso: un petto caldo, un pavimento freddo, e i muffin sparsi per tutta la metà della corsia del supermercato, Gwen, imbranata e paonazza come suo solito, si rialzò raccogliendo tutto ciò che aveva lanciato a terra, quando una seconda mano, - di certo non quella di Jane – si aggiunse in soccorso, raccogliendo i muffin e il detersivo che le erano caduti a terra. Quando alzò lo sguardo ed incontrò gli occhi dell’individuo raggelò e giurò che di quel tipo ce n’erano solo un paio in tutto l’universo, alzò la testa e lo guardò in faccia, scoprendo di chi si trattasse. E allora lì, una volta che i loro occhi si fusero insieme, si accorse che mai l’aveva dimenticato. Era cambiato, i muscoli segnati, i riccioli sbarazzini però erano sempre lì, un po’ più lunghi, ma c’erano.
«Gwinny.» Soffocò lui non voce strozzata. Era sempre la stessa, solo molto più bella, le forme evidenti, ma piccole nel suo genere, la statura media, i capelli corvini lunghi fino ai fianchi, i boccoli le ricadevano davanti agli occhi, e loro, piegati lì sul cibo, inermi e interdetti, non seppero cosa fare. Lui le scostò una ciocca di capelli dal viso, posizionandoglieli dietro l’orecchio: «Scusa, colpa dell’abitudine» si allontanò da lei paonazzo, giustificando quel gesto che gli era tanto mancato. I brividi che l’avevano scosso non appena aveva accarezzato la sua pelle candida e olivastra sembravano gli stessi di tanti anni prima, solo più intensi e.. nuovi.
«Harry?» Domandò lei. Si ritrovarono in piedi, l’uno di fronte all’altro, ed improvvisamente erano soli: i clienti erano scomparsi, così come gli addetti, le cassiere e i commessi, così come la migliore amica, che guardava il ragazzo con le labbra serrate e gli occhi spalancati.
«Conosci Harry Styles? E quando ti aspettavi di dirmelo?» Sbottò Jane, rompendo quel momento magico e intenso che si era creato.
Seccatura,  ecco cosa provò Harry quando la ragazzetta bionda con due bottiglie di vino, e una Gucci incastrata nell’avambraccio interruppe quel momento di totale intensità che si era creato tra lui e Gwen.
«Ah, anche tu lo conosci?» Domandò Gwen, ancora non del tutto in sé. «Cos’è anche tu hai visitato il suo letto?» Sputò poi acida, e Harry ebbe un brivido, accorgendosi che era sempre la stessa. Sempre la stessa espressione facciale di quando era ferita: labbra strette, occhi persi, e nasino corrugato. Sorrise intenerito senza farsi vedere. Ma la biondina gli lanciò un’occhiata fugace e lo colse in pieno: si sentiva come un ladro in commissariato.
«Gwen, davvero non conosci i One Direction?» Domandò Jane allibita. I One checosa? Insomma, aveva abitato tre anni a New York, mica in Kazakistan, o in Burundi. Allora guardò Harry.
«È una delle boyband pop più famose del momento, ma a New York tu cosa facevi? Dormivi sotto il ponte di Brooklyn?»
«Lavoravo, studiavo, preparavo il mio matrimonio..» Harry era lì che guardava divertito il battibecco delle due: la bionda accusava Gwen di essere ignorante in materia musicale e Gossip, e lei si difendeva dicendo che non era sua priorità sapere tutto di tutti.
«Matrimonio? Sei sposata?» Harry si intromise, ed entrambe sbiancarono, accorgendosi che lui non si era mosso di un millimetro.
«Avrei dovuto essere sull’altare in questo preciso istante…»
«Harry, ce la fai?» Una voce stridula interruppe nuovamente quel moto di sguardi, un ragazzo bizzarro con dei pantaloni color prugna e una maglietta a righe e un ciuffo ordinato alla spazzola, teneva un paio di confezioni di Birra e delle patatine rustiche tra le mani.
«Si, arrivo Lou!»
Quello si avvicinò ad Harry, e infilò nel cestino la roba, per poi guardare sospetto le due ragazze.
«Oh, salve, io sono Louis Tomlinson, il migliore amico di Harry, voi siete?»
«Louis Tomlinson? Oh mio dio, quel Louis? Oh.. Io sono Jane!» Rispose balbettante tendendo la mano a Louis che la afferrò saldamente.
«Lou, lei è Gwen..» Gwen si smosse stringendogli la mano.
«Gwen? Così tu sei la famosa Gwen, non sai quanto aspettavo questo momento.» Sussurrò sorpreso. La famosa Gwen? Che Harry gli avesse parlato di lei? E perché famosa? Tutto d’un tratto si trovò ad essere curiosa di ogni parola pronunciata da quello strano ragazzo esuberante e magrolino che si pronunciava come migliore amico di Harry, dall’espressione di Jane sembrava essere anche un altro membro della famosa boyband, - li cercherò su Google non appena arriverò a casa – si appuntò Gwen in mente, interessata da quelle poche informazioni ricavate in dieci minuti scarsi sulla famosa e non conosciuta boyband.
«Io ora devo proprio scappare, ho le prove a minuti, però mi piacerebbe bere qualcosa, cosa ne dici se ci sentiamo in settimana?» Domandò Harry speranzoso verso Gwen.
«Non lo so, ho tanto da fare, sono appena arrivata..»
«Smettila Gwen, ci penso io a sistemare la valigia e per il lavoro, tu puoi benissimo concederti del tempo di riposo dopo Finn!» La spronò Jane, lanciandole un’occhiataccia obbligandola ad accettare.
«Va bene! Si può fare..»
«Il numero è sempre lo stesso?» Domandò infine Harry, alludendo al vecchio numero che Harry aveva ancora salvato in rubrica con “La mia Gwenny”, di cui Gwen non era nemmeno a conoscenza.  
«Si, certo..» Rispose Gwen, sorpresa del fatto che Harry avesse ancora in suo numero, da otto lunghi anni, ma infondo che poteva farci, anche lei lo aveva ancora tra i preferiti.
«È stato un piacere, a presto.» Le lasciò un umido bacio sulla gota, e fuggì via sotto gli occhi stralunati di Gwen, che lo guardavano correre alla cassa.
 
«Tu devi raccontarmi parecchie cose, a partire da Harry Styles! – esclamò euforica Jane – Adesso muoviti, o la nostra lasagna la mangeremo alle undici!» E detto questo la trascinò via, con mille pensieri e mille domande per la mente.




Gwen Morrison -> Lucy Hale 
 

   
 
 
 
 
  
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