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Autore: theosakka95    10/02/2013    0 recensioni
la storia narra di un ragazzo francese trasferitosi in Cina in un futuro prossimo (2095) a seguito di tragici avvenimenti in Europa.
il ragazzo, Etienne, prosegue la sua monotona vita nella metropoli di Shanghai, finchè non succede qualcosa di inaspettato....
Genere: Fantasy, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Era una sera di autunno come molte altre: pioveva a dirotto e faceva molto freddo.

Fuori dal finestrino del treno si vedeva solo l'enorme città uggiosa e grigia, con tutti quegli edifici tutti uguali, avvolti da una spessa coltre di nebbia.

Etienne si stava dirigendo da solo verso casa, dopo aver passato l'intero pomeriggio a scuola, in punizione per essersi addormentato in classe ed aver mandato a quel paese il professoreil professore che lo aveva rimproverato.

Aveva dovuto perciò prendere l'ultima navetta che portava fuori città, verso il piccolo appartamento nella periferia più sperduta di Shanghai che condivideva con la madre.

Non era affatto insolito per il ragazzo rincasare tardi, anzi, la madre era oramai abituata a non sapere quando il figlio sarebbe tornato, poiché era sempre o in punizione oppure in giro da solo per la città a fare compere di videogiochi, di cui era molto appassionato.

Data l'ora della sera e la distanza dal centro città, oramai il vagone era quasi vuoto, e la vista di quegli squallidi edifici che si estendevano a perdita d'occhio non aiutava di certo ad alleviare la monotonia di quel lungo viaggio in solitudine. Distratto ed annoiato, Etienne prese un giornale sgualcito trovato sul sedile a fianco, e si mise a sfogliarlo, finché non trovò un articolo che attraè la sua attenzione:

14 novembre 2095

Ancora violenza nel Pudong, un uomo di nome Xiang Wei è stato ucciso ieri sera davanti alla borsa. Gli inquirenti sospettano che l'uomo sia stato aggredito mentre usciva dal suo luogo di lavoro. Gli indizi raccolti dalla polizia non sono molti, in quanto non si è potuto determinare con precisione la natura dell'arma del delitto, è stato fatto però trapelare che si tratterebbe di un arma bianca, forse un pugnale, e che non ci sono testimoni oculari dell'accaduto, sebbene l'omicidio sia stato commesso in una zona molto frequentata in quell'ora.

Nonostante la carenza di indizi, si sospetta che si possa trattare dello stesso assassino che ha ucciso un altra ragazza tre giorni fa a poche centinai di metri di distanza dal luogo dell'ultimo crimine, lungo il fiume.......

 

-E' a soli 2 chilometri dalla mia scuola! Ah, mi domando cosa diavolo ci siamo venuti a fare in questo paese, se alla fine succedono sempre le stesse cose...- esclamò mentre fissava la foto della scena del crimine.

Preso dalla lettura dell'articolo, Etienne non notò che nel frattempo un uomo asiatico di mezza età in giacca e cravatta si era avvicinato:

-posso sedermi, per favore?- chiese con fare gentile-vedi, a fare questo lungo viaggio da solo mi annoiavo, ti dispiacerebbe tenermi compagnia? Oh, ma che maleducato che sono, non mi sono neanche presentato, mi chiamo Satoshi Murakawa.-

Etienne, assonnato e distratto, senza neanche degnare di uno sguardo lo sconosciuto, rispose con un filo di voce:

- Piacere, mi chiamo Etienne Delacroix- quindi voltandosi verso di lui continuò- ho 16 e studio in città-

-scusami se mi sono avvicinato così all'improvviso ma, Etienne, dopo aver sentito il tuo commento sull'articolo del giornale e giudicando dal tuo aspetto, non ho potuto non chiedermi a che cosa ti riferissi... eri forse in Europa durante il Black Christmas? Vedi sebbene sono giapponese, ero a Strasburgo per lavoro e sono riuscito a scappare per miracolo.... -

Per nulla infastidito dall'improvvisa intromissione dello sconosciuto Etienne rispose:

-purtroppo sì, abitavo lì........anche io sono scampato per un pelo ai disordini...mi trovavo al parlamento in visita a mio padre quando è scoppiata la bomba...-

Di colpo lo sguardo del suo interlocutore cambiò e comparse sul suo volto un espressione di tristezza e di compatimento, che nonostante il contesto, aveva un qualcosa di innaturale

-mi dispiace molto, deve essere stata dura per te e la tua famiglia superare un trauma del genere, se ne sei stato coinvolto così direttamente...-

-effettivamente...-gli rispose Etienne assorto nei ricordi che il suo racconto gli aveva suscitato.

L'uomo lo fissò con un misto di compassione e curiosità, quindi, tutto d'un tratto, si alzò e si avviò verso la porta del treno.

-Oh, come passa il tempo!-esclamò- mi spiace non potermi intrattenere oltre con te, ma ora devo proprio scendere.- si congedò frettolosamente mentre si abbottonava la giacca.

Quando il treno si fermò, dopo qualche secondo, l'uomo scese e si allontanò celermente, sparendo nella nebbia.

Strano. Molto strano. Da quel che Etienne sapeva, la zona dove il signor Murakawa era sceso era un quartiere abbastanza malfamato, possibile che un signore così ben vestito abitasse in una zona così povera? O che vi si fosse recato per qualche altro motivo? Tuttavia, dato l'orario, ad Etienne tale ipotesi sembrò improbabile.

E poi come mai, al momento di congedarsi, l'uomo era stato così frettoloso? Etienne non riusciva a trovare alcuna risposta plausibile a tali domande, ma d'altronde, pensò, non era di certo affar suo cosa un estraneo avesse intenzione di fare.

E poi, aveva ben altro a cui pensare: la scuola e la sua passione, i videogiochi, lo impegnavano già abbastanza: proprio qualche giorno prima, una casa produttrice di videogiochi di Shanghai gli aveva proposto di lavorare come tester per loro, e dato che aveva bisogno dare una mano alla madre, che lavorava part-time, Etienne accettò.

Mentre tornava a casa, una volta sceso dalla navetta, sentiva una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse osservando, nonostante in quello squallido quartiere dell' hinterland dove viveva la gente, sempre di corsa, non si curava più di tanto dei passanti, tanto meno dei moltissimi immigrati europei che avevano riempito la Cina dopo la guerra civile.

Una volta arrivato, mangiò un po' di sushi preso al take away vicino a casa, quindi si mise a studiare con il nuovo BrainInterfacingDevice che aveva comprato con i pochi soldi risparmiati.

Questa recente tecnologia, inventata solo pochi anni prima, permetteva di far interagire le sinapsi e i neurotrasmettitori direttamente con il cervello, permettendo una totale immersione nel mondo digitale attraverso un apparecchio simile a un paio di occhiali.

Grazie ad esso si poteva navigare, chattare, giocare, mandare messaggi e fare tanto altro ancora.

Dopo aver ripassato per circa un quarto d'ora per la verifica di scienze del giorno seguente, chiuse il programma di lezioni virtuali, ed aprì la sua casella di posta elettronica.

Controllando le sue mail, si accorse che la casa produttrice di videogioco lo aveva convocato per il pomeriggio in un palazzo in città per il pomeriggio seguente.

Avrebbe saltato ancora la scuola e il poco studio che aveva fatto sarebbe stato vano, ma tanto, ripeteva a sua madre, che se i suoi voti erano ancora i migliori della classe lei non aveva motivo di lamentarsi.

Rileggendo il nome della ditta, essa non gli fece sovvenire alcunché, perciò provò a fare un controllo sulla rete, ma dell'azienda stranamente non parvero esserci tracce.

Pensò che si trattava di una qualche casa produttrice estera emergente, e per questo motivo non vi era nulla sul suo conto sulla rete.

Convintosi di ciò, chiuse la mail e accese un videogioco, tanto per rilassarsi prima di dover dire alla madre che non sarebbe andato a scuola il giorno seguente, cosa che, nonostante fosse oramai una routine, li avrebbe portati di sicuro a litigare.

Quando a sera inoltrata la madre tornò a casa, era talmente stanca che appena Etienne gli accennò la cosa acconsentì subito senza chiedere spiegazioni più approfondite, anche perchè non gli stava prestando molta attenzione, in quanto stava guardando la sua serie poliziesca preferita.

Rasserenato dal non dover discutere almeno per una volta con la madre, Etienne andò a dormire, impaziente di cimentarsi nel testing del gioco, che si preannunciava interessante.

L'indomani, arrivò al palazzo nel primo pomeriggio dove era previsto l'incontro con un largo anticipo: non che gli importasse particolarmente di essere puntuale, solo che aveva commesso l'errore di dire alla madre l'ora dell'appuntamento, ed essendo che lei era molto zelante per quanto riguarda la puntualità, lo fece partire con un ora di anticipo sulla tabella di marcia che si era precedentemente programmato.

L'edificio si presentava come un grande palazzo abbastanza anonimo, trasandato, intonacato di grigio e con poche finestre, di come quelli che sorsero in fretta e furia nelle periferie di tante città cinesi ad inizio secolo.

Anche l'atrio non era uno dei più eleganti, vi erano alcune poltroncine consunte di colore rosso sbiadito, un tavolino con una gamba rotta e qualche pianta da appartamento che sembravano non aver visto le cure di un custode per molto tempo, per quanto erano malandate.

Non appena fu entrato nella sala di aspetto che un omino in divisa gli aveva indicato, vide altri cinque ragazzi che evidentemente erano lì per il suo stesso motivo.

Erano un po' pochi, pensò Etienne, ma per questo gioco, suppose, la casa voleva limitare al massimo il numero di tester onde evitare di diffondere troppe notizie sul videogioco, che, secondo la mail che aveva ricevuto, doveva essere”il migliore del secolo”.

Difatti conosceva alcuni dei presenti, e molto probabilmente tutti loro erano persone di una certa esperienza nel campo.

Infatti sembravano tutti a loro agio, tutti tranne un ragazzino biondo sui 13-14 anni che se ne stava seduto da solo su una poltrona in angolo a leggere una rivista per adolescenti, visibilmente nervoso, che Etienne non seppe riconoscere.

Dopo circa un'ora di attesa, un uomo li invitò ad entrare. Vennero portati in una piccola stanzetta buia con sei BID nuovi di zecca, dove vennero invitati ad azionarli senza prima ricevere la benché minima indicazione su che tipo di gioco dovessero testare.

Un po' confusi, i ragazzi li indossarono e accesero gli apparecchi, sul quale vi era un solo software, il cui nome era Museigen Yami.

Sebbene Etienne avesse riconosciuto il nome come giapponese non ne conosceva la traduzione: presumette che si trattasse del solito videogioco con samurai e simili ispirato alla cultura nipponica, del genere che recentemente era tornato in auge.

Lo avviò. Niente. Non si vedeva niente. Dopo aver provato e riprovato ad accenderlo per quattro o cinque volte, Etienne si tolse il casco e notò che tutti gli altri avevano lo stesso problema.

Visto che ogni tentativo di far partire il gioco era stato fallimentare, il signore che li aveva fatti entrare, visibilmente imbarazzato, suppose che probabilmente c'era un guasto tecnico nel funzionamento del gioco, e che li avrebbero riconvocati a data da stabilirsi. Delusi ed arrabbiati, i sei ragazzi se ne andarono.

Tutti quanti sembravano alquanto agitati: molti di loro probabilmente avevano perso scuola per venire all'appuntamento, o magari avevano persino perso una giornata di lavoro.

Anche Etienne era molto scocciato: quando la madre le avrebbe chiesto come fosse andata, lui le avrebbe dovuto spiegare tutto e lei sarebbe partita con la sua solita predica su quanto tempo perdesse per i videogiochi, invece di studiare.

Si mise dunque a camminare in direzione della stazione del treno, quando il ragazzo che aveva notato prima si avvicinò e sbottò:

- è una vergogna che ci facciano venire fino a qui per testare un videogioco che neanche parte, e dire che ho dovuto persino saltare la scuola per venire qui... comunque piacere, mi chiamo Frederick Hohenzollern.- disse sorridente tendendo la mano verso Etienne-Sai, sono nuovo dell'ambiente, e così me ne sono stato da solo tutto il tempo. Ero troppo agitato per parlare con qualcuno...-

-Piacere, Etienne Delacroix. Difatti, mi pareva di non averti mai visto. Comunque, anche io la prima volta mi sono sentito così, non ti preoccupare.- rispose stringendogli la mano.

- ah, capisco...scusa l'invadenza, ma posso chiederti quanti anni hai? Non sembri uno studente delle superiori- chiese timidamente Frederick.

-ahaha, sai che me lo dicono in molti? Comunque ho solo 16 anni.-

Effettivamente Etienne sembrava più grande. Era alto, di media corporatura, capelli corvini abbastanza lunghi e disordinati, carnagione pallida e occhi grigi dal taglio obliquo che ricordavano leggermente quelli degli orientali. Ma quello che lo faceva sembrare più grande era il suo volto, con le sue occhiaie marcate e la cicatrice alla fronte, che erano un segno eloquente di quello che aveva sopportato durante la guerra civile e che gli davano un'aria costantemente malinconica.

Frederick, invece, sebbene avesse solo 2 anni in meno, sembrava un bambino a confronto: era basso, cicciottello, biondo, con due occhi grandi, tondi e verdi come due mele e con un viso semplice ed infantile, con le gote rosse e paffute che risaltavano sulla pelle candida.

-io, invece, ho 14 anni e studio informatica in città...- proseguì Frederick con sempre più confidenza – per caso tu vieni dalla Francia? Sai dal nome...-

Il volto di Etienne divenne cupo di colpo.

-scusami, sono stato un po' indiscreto... dopo tutto quello che è successo in Europa dopo il colpo di stato, è stato imprudente da parte mia farti una simile domanda, sai, la mia famiglia viene dalla Germania, ma viviamo qui da tre generazioni oramai, quindi per me non è così facile capire cosa possa significare ritrovarsi in una situazione simile...-

Dovete sapere che soli 5 anni prima dei fatti qui narrati, dopo più di cento anni di buoni propositi e di tentativi falliti, finalmente stavano per sorgere gli Stati Uniti di Europa, ma gruppi di ribelli nazionalisti delle varie nazioni di identità non meglio precisata scatenarono una feroce guerriglia che portò perfino all'assassinio del primo presidente della neonata nazione e al suo crollo in uno stato di anarchia mai visto prima sul continente, che nessun analista politico avrebbe potuto prevedere, e che ancora non è stato chiarito da chi o che cosa fosse stato provocato.

Questi eventi avevano lasciato, oltre ad un'enorme scia di morte, una profondissima impronta psicologica sui milioni di profughi scampati alle violenze, ed Etienne non faceva eccezione.

-non è niente davvero, almeno ora sto bene, no?- ribatté Etienne sforzandosi di sorridere.

-certo, ma........scusa-

-davvero non è niente, non ti preoccupare. E'stato un piacere conoscerti, ma ora devo proprio tornare a casa, devo svolgere delle commissioni che mi porteranno via tutto il resto della giornata, se vuoi ci possiamo scambiare gli indirizzi mail così ci troviamo su internet, ok? Almeno ti potrò raccontare di più sulla mia esperienza di tester, se vuoi-

-ma certo! Allora stasera alle nove va bene?-

-sì ok, a dopo!-

-a dopo!-

Congedatosi da Frederick, Etienne si diresse verso il centro città, dove ogni tanto di pomeriggio andava ad aiutare una amica di famiglia nel suo negozio di vestiti, per racimolare qualche soldo.

Ansioso di poter rivedere il suo nuovo amico, la giornata passò velocemente.

Dopo essere rincasato, all' ora stabilita, accese il suo BID e si connetté sulla Global Square, un sito dove si poteva incontrare chiunque, sotto forma di alter ego, in una stanza virtuale creata dagli utenti secondo le loro preferenze.

Impostò i parametri ambientali,quindi inserì l'indirizzo che Frederick gli aveva dato poche ore prima e inviò la richiesta di colloquio.

Subito si ritrovò in un locale simile ad una baita, con parquet, mobili di legno grezzo e un caminetto in cui un ceppo di legno ardeva scoppiettante.

Attraverso uno spiraglio nelle tendine rosse, dalle finestre si intravedeva un ambiente esterno simile ad un paesaggio alpino invernale, in cui una bufera di neve avvolgeva abeti ed impervie vette.

Nel mezzo della stanza c'erano due poltroncine comode recanti un motivo a tinte pastello dallo stile leggermente kitsch.

Tra le due poltroncine vi era un tavolino di legno, sul quale c'erano una torta di mele, che dava l'aspetto di essere appena stata sfornata, e un cesto di vimini contenente arance, il tutto ovviamente, completamente virtuale.

Dopo aver gironzolato per la stanza per qualche minuto, Etienne vide apparire l'alter ego dell'amico:

-ciao, come va? Però, bella l'ambientazione baita alpina, è anche una delle mie preferite, mi ricorda quando andavo in vacanza nella tenuta di famiglia nella foresta nera, è molto suggestiva- esclamò affacciandosi alla finestra- la neve sembra così vera, tant'è che toccando il vetro posso sentire il gelo proveniente dall'esterno, peccato sia tutta un illusione informatica, è così bello!-

-E' per la sua atmosfera nostalgica che è la mia preferita, è così calda ed accogliente nonostante sia nel bel mezzo di una bufera; qui ti puoi sentire davvero solo in un mondo dove non lo sei mai, e che eppure è più freddo di qualsiasi tormenta-sospirò Etienne avvicinandosi a Frederick per guardare fuori dalla finestra- scusami, quando vengo qui mi faccio un po' prendere dall'immaginazione...-

-non fa niente, è bello avere un posto speciale, anche se è solo un programma virtuale...comunque, per fortuna che mi hai invitato tu, sennò non ti avrei riconosciuto!- esclamò Frederick trasalendo nel vedere l'aspetto dell'alter ego di Etienne, che appariva più o meno come un lupo bipede dal pelo completamente nero e dagli occhi bianco ghiaccio, con sulle spalle un lungo mantello nero.

- non voglio che la gente che conosco mi ritrovi anche qui contro il mio volere, tutto qui.- ribatté lui leggermente stizzito-comunque cosa sarebbe quel coso? Sembri una palla con i piedi...ahahahha!-

Al contrario, l'avatar di Frederick era che una rappresentazione un po' infantile di sé stesso, più simile a un cocomero biondo con quattro bastoncini che non a un essere umano.

-Dai, è solo che non sono bravo a disegnare, ma volevo comunque crearmi da solo il mio avatar senza prenderne uno già fatto......-replicò con un filo di voce lui, arrossendo-comunque, cambiando discorso, non ti sembra strano che quello che hanno definito come "il gioco del secolo" non sia neanche partito durante il test? Non è una cosa che accade spesso, vero?-

-certo che no, di solito ci sono difetti più o meno vistosi nelle versioni provvisorie, ma quantomeno il gioco parte sempre-

-e secondo te per quale motivo avrebbero fatto testare un gioco senza essere nemmeno certi che si avviasse?- lo incalzò Frederick curioso.

-non è facile avanzare supposizioni, o si tratta di gente inesperta e un po' megalomane, oppure avevano un preciso intento di lanciare un software non funzionante, ma sinceramente è molto improbabile, sai, ho fatto le mie ricerche in rete e dell'azienda in questione non c'è traccia, deve essere per forza la prima ipotesi-

-ne sei sicuro? Se stessero complottando qualcosa tipo...-chiosò Frederick concitatamente.

-credo che tu veda troppi telefilm, Frederick- lo gelò Etienne ridacchiando.

-non mi sembra così poco credibile, sai? Come avrebbero fatto i primi quattro bifolchi alle prime armi ad avere un tale palazzo?-

per un attimo sembrò che Etienne si stesse preoccupando sul serio, ma poi esplose in una fragorosa risata:

–ahahah, dai, si saranno di sicuro sbagliati per colpa di qualche impiegato un po' sbadato!-replicò Etienne divertito- comunque, passando ad altro, mi avevi detto che scuola frequenti questo pomeriggio, ma non me lo ricordo più...-

-la scuola di informatica vicino alla Shanghai tower, nel Pudong-

-che coincidenza! Io vado al liceo proprio di fianco alla tua scuola! Ma non mi ricordo di averti mai visto prima di questo pomeriggio! Anche se, essendo che nella zona ci sono migliaia di studenti, non è poi così strano...-

-già, c'è sempre una tale folla all'orario di uscita che a malapena vi riconosceresti i tuoi genitori...-

Improvvisamente, una finestra virtuale intitolata "breaking news" accomparse di fianco a loro, facendoli trasalire.

Doveva trattarsi di una notizia molto importante se venisse riferita in quel modo.

Infatti, l' anchorman, nonostante gli venisse ripetuto dalla regia che era in onda, titubò qualche secondo prima di aprire bocca:

-si è verificato l'ennesimo omicidio nella zona del Pudong. Questa volta la vittima è........ma siete sicuri?- chiese lo speaker ai suoi colleghi, scioccato, interrompendo la lettura della notizia per chiedere conferma.

- ma certo!- Gli rispose da dietro le quinte una voce agitata.

-ehm, scusate, dicevo che la vittima parrebbe essere il sindaco di Shanghai che, assieme alla scorta, è stato brutalmente massacrato a pugnalate in una zona così affollata come la Pudong Tower, e nonostante ciò non risultano esserci testimoni.

Inoltre, a causa dell'entità delle ferite, è stato difficile per gli inquirenti identificare le vittime, e solo dopo aver controllato i suoi documenti è stato possibile accertarla.

Parrebbe che il sindaco stesse passando la serata con la famiglia nel lussuoso ristorante Black Pearl, quando è uscito per un attimo a fumare, accompagnato dai bodyguards-

Detto questo, il cronista fece un profondo respiro e bevette un sorso d'acqua dal bicchiere sul bancone, quindi si voltò per ascoltare gli aggiornamenti che gli stavano venendo riferiti dalla regia:

-abbiamo ricevuto un aggiornamento proprio ora, è stata reperita una foto dell'assassino scattata fortuitamente da un passante, si tratta di... una ragazzina! Dal volto sembrerebbe asiatica, anche se, data la scarsa qualità dell'immagine, non è possibile dirlo con certezza.

Incredibile....la polizia non ha trovato la minima traccia della ragazza, nonostante nella foto risultano ben visibili le macchie di sangue sul vestito.

Per ora è tutto, vi comunicheremo eventuali aggiornamenti al più presto, arrivederci-

la finestra si chiuse di colpo, così come si era aperta.

Nella mente di Etienne l'immagine macabra della ragazzina sporca di sangue rimbombò fino a fargli venire un capogiro, per quanto era rimasto impressionato da tale visione.

La ragazza, che avrà avuto più o meno la sua età, era affascinante e inquietante allo stesso tempo: la sua bellezza si confondeva con le macchie di sangue sul vestito e il coltello da macellaio che brandiva, in un mix che per chissà quale motivo aveva stregato Etienne, perso negli occhi rossi e nel sorriso sadico di quella assassina sconosciuta .

Invece, Frederick appariva semplicemente spaventato, dato anche il fatto che l'omicidio si era verificato a poca distanza dalla sua scuola.

-una ragazzina....non posso crederci! Tu cosa ne pensi, Etienne?-

Ma l'amico era ancora perso nei suoi pensieri, e fissava il caminetto senza dare segno di risposta.

-Ehi, mi ascolti?- strillò Frederick stizzito nel tentativo di farlo riprendere.

-Ehm, deve esserci qualcosa di strano, ovviamente.- rispose con compostezza- Hai notato il suo volto nella foto riportata dal telegiornale?-

-Sì, era come......confusa-

-Come se non sapesse cosa stava facendo- aggiunse Etienne-Qui c'è dietro qualcosa. Comunque domani troviamoci davanti alla torre, dopo la scuola, voglio andare a vedere-

-Sei impazzito? Potrebbe tornare ancora dati i precedenti; e poi non credo che ci faranno avvicinare così facilmente......- replicò Frederick scosso.

-Non mi interessa, devo capire cosa c'è dietro, ho un brutto presentimento- ribatté Etienne deciso.

Nonostante fosse contrariato, Frederick si fece convincere dall'espressione inflessibile di Etienne, così accettò di seguirlo l'indomani.

Si congedò e fece log out, lasciando da solo l'amico, che aveva deciso di rimanere un attimo ancora nella stanza virtuale a riflettere in solitudine.

Appena l'avatar di Frederick fu sparito in un raggio di luce, Etienne si pentì subito di ciò che aveva fatto.

Non era nel suo stile impicciarsi negli affari degli altri nella vita di tutti i giorni, tanto meno lo era farlo nei confronti di una criminale, cosa che nel peggiore dei casi avrebbe potuto persino costargli la vita.

A lui, pensò, doveva solo interessare di sé stesso e delle persone intorno a lui, non c'era bisogno di giocare al detective: finché l'assassina non si fosse parata sulla sua strada per lui non sarebbe stato un problema reale, ma solo una notizia di cui discutere leggendo il giornale.

Ma nonostante il suo connaturato disinteresse e le sue considerazioni logiche, non si sarebbe mai tirato indietro, spinto com'era verso quella sconsiderata avventura da un impulso ignoto datogli dal suo istinto più recondito.

  
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