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Autore: Beautiful Lie    10/02/2013    2 recensioni
Harry è venuta a casa sua; gli ha detto che le dispiace tanto, di farsi coraggio, perché queste cose prima o poi passano e il tempo è la cura migliore. John non ha capito se si riferisse al suo licenziamento o al fatto che ormai sono passati quasi tre anni da quando Sherlock è morto. Scrolla le spalle e le serve il tè, l’ombra di un sorriso che si fa strada tra le rughe del suo volto.
[Johnlock, Post Reichenbach e tutte quelle cose lì.] Non saprei chi sia stato più coraggioso: aspettare tutto quel tempo e fingersi morto per proteggere un amico sono senza dubbio due scelte altrettanto ardue. Ci riflettevo da un po', poi un'amica mi ha chiesto di scrivere qualcosa a riguardo e quindi eccomi qui.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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We've been falling for all this time,
and now I'm lost in paradise.


1. Death
Sherlock è ciò che si potrebbe definire un osservatore esterno: si limita a studiare i cadaveri con la sua lente d’ingrandimento e a risolvere i problemi che il resto del mondo è troppo limitato per comprendere. Non è difficile, ha constatato. Basta non lasciarsi coinvolgere. E lui riesce a distaccarsi dalle emozioni umane con la stessa facilità con cui è in grado di distinguere duecentocinquanta – duecentocinquantatré, per l’esattezza – tipi diversi di tabacco. Forse è per questo che l’idea di dipendere dalla morte su un piano pratico e mentale non lo scandalizza più di tanto.

John ha sempre trascorso una vita piuttosto ordinaria: un modesto numero di amici, ragazze passeggere e l’università. Poi si è arruolato nell’esercito e dopo ancora qualcuno gli ha sparato a una spalla. Mentre lo raccontava alla psicologa, lei gli rivolgeva sguardi comprensivi e scribacchiava cose sul suo quadernino. Alla fine del colloquio John le ha chiesto perché lui avesse scelto di fare proprio il soldato. Ella l’ha fissato per alcuni secondi e poi ha stabilito che forse aveva bisogno di mettersi alla prova, magari voleva conoscere il brivido della morte. John non è mai riuscito a cogliere appieno il significato di quelle parole finché non ha incontrato Sherlock Holmes.

•••

2. Acceptance
John prende il caffè senza zucchero. Il suo maglione preferito è quello beige che gli ha regalato Harry quattro anni fa. Sherlock è scandalizzato dalla quantità di informazioni riguardanti John che hanno occupato sempre più spazio all’interno del suo Mind Palace.
Sbotta e abbandona sul tavolino del soggiorno il sacchetto pieno di denti al quale si stava dedicando. John gli farà sicuramente notare che parti di persone morte rientrano nella categoria “non buono”, ma questo (relativamente) nuovo problema è molto più grave, e Sherlock odia non capire.
Forse John è fatto per invadere le persone, si dice, prima di scacciare il pensiero con un gesto della mano.
Come se fosse possibile.

Vivere con Sherlock non è facile, eppure John non riesce a farne a meno. Ci sono volte in cui vorrebbe ucciderlo nel sonno e altre in cui quello che si addormenta ascoltando il suono del violino è lui.
Da quando l’ha incontrato ha detto addio ai mezzi termini, perché Sherlock è il tipo di persona che non accetta di condividere i propri beni con nessuno e John non sa come relazionarsi all’idea di appartenere a qualcun altro. Il concetto lo inquieta più o meno quanto la busta piena di oggetti dalla dubbia provenienza che si trova di fronte a lui. Si chiede perché Sherlock, con tutti i tavoli della casa, l’abbia dovuto lasciare proprio su quello del soggiorno. Vorrebbe sapere anche per quanto tempo andranno avanti così, persi in un limbo di non-detto e non-fatto, ma John – nonostante sia stato nell'esercito – per quello non è ancora pronto.

•••

3. Persistence
Ogni tanto aspetta la metro con John, lo osserva da lontano e analizza i suoi comportamenti: qualche giorno fa l'hanno licenziato, perciò si è rassegnato all'idea di andarsene da Londra una volta per tutte.
La vita di John è pressoché un inferno, Sherlock ne è certo perché lo sta sperimentando sulla propria pelle. Ridicolo, pensa. Non poter far assolutamente nulla. Mycroft continua a ripetergli di non preoccuparsi, Molly continua a ripetergli di non preoccuparsi, la signora Hudson continua a ripetergli di non preoccuparsi; ma Sherlock sta pagando il prezzo di una vita passata a fregarsene di chiunque, tutto in una volta e tutto insieme.
La verità è che gli sembra di non aver mai smesso di cadere e, onestamente, tre anni sono abbastanza.

John ha smesso di recarsi in ambulatorio quattro giorni fa. Non è sorpreso: con un comportamento così poco professionale è strano che abbiano impiegato tanto tempo per mandarlo via. Harry è venuta a casa sua; gli ha detto che le dispiace tanto, di farsi coraggio, perché queste cose prima o poi passano e il tempo è la cura migliore. John non ha capito se si riferisse al suo licenziamento o al fatto che ormai sono passati quasi tre anni da quando Sherlock è morto. Scrolla le spalle e le serve il tè, l’ombra di un sorriso che si fa strada tra le rughe del suo volto.

•••

4. Redemption
Quando John trova una brutta copia di Sherlock che lo aspetta di fronte alla porta del soggiorno, gli occhi stanchi e il cappotto sgualcito, non riesce a credere ai suoi occhi. Allucinazioni del genere non sono una novità, ma questa volta lascia cadere la tazza a terra e gli si avvicina di qualche passo. Sa che dovrebbe allontanarsi perché Sherlock tecnicamente si è spaccato il cranio sul marciapiede del St. Bart's, ma tra di loro le cose sono sempre andate al contrario.
John non si è neanche accorto di avergli stretto il polso, vuole solo assicurarsi che sia reale, sedersi sulla poltrona e ascoltare i suoi stupidi tentativi di snocciolare scuse che non basterebbero mai.

Sherlock sente il proprio battito nel petto. Potrebbe perdersi contando quei brevi sconquassamenti, prova intellegibile dell'essere ancora vivo – un ammasso di muscoli, sangue, ossa.
In questi tre anni ogni tanto gli è successo, ricordando che la frequenza di John era leggermente più veloce della sua.
John. Gli sta stringendo il polso, adesso. Probabilmente gli rimarrà un livido. John che non dorme, prende antidepressivi, è appena stato licenziato, non esce di casa regolarmente, ha lasciato cadere la sua tazza di Earl Grey. John sta piangendo e Sherlock non è sorpreso.
Non si è nemmeno accorto, però, che le lacrime sul pavimento sono anche le sue.

•••

5. Forgiveness
Da quando Sherlock è tornato, gli capita più spesso di ripensare alla sua vita: John è un uomo che con il pericolo ha avuto parecchio a che fare. La differenza tra l'Afghanistan e Baker Street, però, è sostanziale. Credeva che arruolarsi nell'esercito fosse un'idea audace, mentre in realtà era stata solamente un'idiozia. Aspettare Sherlock tre anni, al contrario, gli era sempre sembrato stupido, ma Harry gli diceva di farsi forza e John il coraggio di aspettare per tre anni una persona morta l'ha trovato neanche lui sa dove.
«John,» dice l'altro, le dita affusolate che giocherellano con il suo maglione. «La distinzione tra coraggio e stupidità è a posteriori. Se qualcosa va storto, sei un idiota. Se tutto va bene, ti ritrovi un eroe.»

Sherlock è uno che con quella parola ha avuto a che fare per tutta la vita.
Il coraggio di esporre le sue deduzioni conoscendo l'alta percentuale di errore, scegliere gli amici invece che se stesso, vedere John consumarsi per tre anni senza poter fare nulla, la forza di tornare a casa e scusarsi. Coraggio.
Eppure, le persone continuano a chiamarlo saccente, cinico. Stronzo. E Sherlock non se ne intende particolarmente, ma non ci vuole una laurea per capire che certi termini non dovrebbero essere associati l'uno all'altro. John sceglie sempre un'altra parola. Non gliel'ha mai detto ad alta voce, ma riesce a leggerglielo negli occhi. Eroe? E pensare che aveva tentato di spiegarglielo appena si erano conosciuti.
“Gli eroi non esistono, John. In caso, io non sarei uno di loro.”

 


Note più o meno inutili:
Grazie per essere giunti fin qui! *abbraccia* Ho le mani ancora intirizzite e non riesco nemmeno a digitare i tasti sulla tastiera, figuriamoci a scrivere delle note ragionevoli. Questa raccolta di Flashfic/oneshot strana/cosa senza senso è nata perché un'amica mi ha chiesto di scrivere qualcosa che avesse a che fare con il coraggio – più precisamente coraggio e stupidità. Mi ha anche betato la storia, perciò si merita del cioccolato. (Ciò non toglie che se trovate degli errori è colpa mia.)
I titoli dei mini capitoli non sono stati scelti a caso, perché sono tutte parole che secondo me hanno a che fare con il coraggio. La citazione-titolo, invece, proviene da Lost in Paradise degli Evanescence. *ama* Ah, dimenticavo! Ella è il nome della psicologa – non ho qualche strana passione per il linguaggio aulico. XD
Grazie ancora per la lettura. Andate e disperdetevi. (?)

  
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