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Autore: _eleonora    10/02/2013    1 recensioni
La sedia è caduta sul mobiletto in cristallo con sopra la foto di lui e suo figlio mentre giocano a golf , e ovviamente quest’ultima è caduta a terra frantumandosi. Cerco di raccoglierne i pezzi.
-Lascia stare dopo sistemeranno le domestiche.- Mi dice ancora ridendo il signor Styles.
-No, no davvero. Mi scusi.- Cazzo, una scheggia di vetro. Il dito inizia a sanguinare e io gli sporco addirittura il pavimento di sangue. Mi alzo cercando di smettere di sporcare in giro ma vado addosso ad un vaso. Dio, anche quello si rompe. Johanna, stop. Bloccati e respira.
La porta si spalanca ed entrano il figlio di Styles e una domestica. Ovviamente la porta mi sbatte addosso e io cado a terra dolorante al ginocchio. Oddio ma cosa sta succedendo? Il figlio si guarda intorno.
-Perché hai rotto una mia foto?- Questo lo uccido. Manca poco. Ho già le schegge pronte a terra per un omicidio con i fiocchi.
-Vaffanculo. Starò attenta quando prima di dirmi su parole mi chiederai perché stai pestando il mio sangue.-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 1

 
Mi piace sentirmi parlare. È una delle cose che mi divertono di più. Spesso sostengo lunghe conversazioni con me stesso e sono così intelligente che a volte non capisco neanche una parola di quello che dico.
                                                                                                                                                                                                                                      -Oscar Wilde
 
“Mamma, sono tornata!” urlo posando le chiavi sul tavolino sporco di tempera arancione all’entrata.
“Tesoro, quante volte te lo devo ripetere? Ho il cancro ma non sono sorda.” Dice venendomi in contro a braccia aperte.
“Non ci provare neanche, prima ti togli quel grembiule.” Le dico ironica. Mamma scherza sempre su questa cosa. Ma credo che lei ne soffra molto, insomma si è logico che ne soffre. Ma non saprei spiegare come lei riesca a non darlo a vedere. Sembra quasi che sia un tatuaggio venuto male, te lo devi tenere per sempre e sai che è una cosa negativa, ma dopo un po’ te la metti via. Lei lo prende così alla leggera.
“Tanto ora vai in doccia perché stasera devi andare alla mostra.” Dice lei abbracciandomi.
“Si, ma i vestiti avrei voluto tenerli puliti. Sai com’è li ho messi stamattina.” Le dico cercando di liberarmi. Ma ormai sono già tutta sporca, tanto vale abbracciarla. Lei mi spinge di qua e di la facendomi oscillare.
“Mamma così vomito!” le dico ridendo.
“Non lo hai già fatto abbastanza ieri mattina?” mi dice ironica.
“Vuoi rinfacciarmelo a vita?” le chiedo mettendo un finto broncio. D’accordo che ho vomitato tutta la mattina, ma non è colpa mia se quel dolce era fantastico e io ho bevuto solo un pochino. Okay, forse un po’. Lo ammetto un po’ tanto. Oh, d’accordo ho bevuto tanto, troppo. Ma non guardatemi così! Scommetto che anche voi lo avete fatto ai vostri diciotto anni. Mi riferisco a lei signora che mi guarda storto : non è colpa mia se ai suoi tempi non esistevano i superalcolici.
Siete qui per ascoltare la mia storia quindi niente critiche. Fate ripartire il filmato con la mia vita, grazie.
“No tesoro, ma devi ammettere che è stato divertente!” dice ridendo e lasciandomi andare. Io incrocio le braccia sul petto.
“Per te è stato divertente! Io ho ancora male alla gola da quanto ho vomitato.” Le dico togliendomi le borse. “Ah, mamma?” la fermo mentre sta tornando nel suo studio. “Stamattina un cocco di papà mi ha rotto la macchinetta, quindi non ho più la foto. Domani torno al parco, okay?” le dico distrattamente.
La sento urlare e aprire la sacca della macchinetta. “Cosa?” mi chiede sconcertata.
“Non ti preoccupare mi sono fatta dare i soldi. Ci credi che quello girava con più di settecento sterline nel portafoglio?” le dico togliendole la macchinetta dalle mani. “Si può recuperare?” mi chiede sconsolata.
“Non lo so, stasera la porto al professore, e se mi dice che si può aggiustare con i soldi ci compro un nuovo obbiettivo, sennò la ricompro.” Speriamo che si possa aggiustare, mi farebbe comodo un nuovo obbiettivo. I miei sono per la maggior parte di papà.
“D’accordo.” Mi dice tornando nel suo studio. Di solito passa li dentro le giornate. Dice che quando morirà le sue opere diventeranno famose e per questo si impegna a farne il più possibile. Mi piace la sua positività, la mette anche nelle sue storie. Però non ditegli che le ho lette. Tecnicamente dovrei leggerle solo dopo la sua morte ma io sono troppo curiosa.
“Tesoro, portami dell’acqua!” mi urla dallo studio.
Vado in cucina e noto il caos che vi regna. C’è roba ovunque, piatti, bicchieri, pennelli, fogli, vestiti. Devo mettere in ordine. Chi tra il pubblico si offre di aiutarmi? È tipo un gioco per interagire! Nessuno? Questa me la annoto, e mi riferisco di nuovo a lei signora. Scommetto che se fossi stata sua nipote mi avrebbe aiutata.
Riempio un bicchiere d’acqua e glie lo porto. Quando entro noto che sta facendo un ritratto, sono io.
“Da quando ti sei data al fantasy? Non sapevo disegnassi mostri.” Le dico ironica posandole il bicchiere sul tavolino insieme agli altri pieni di acqua colorata.
“Da qualche giorno, sai la loro bruttezza mi ispira.” Dice colorandomi il naso con una pennellata di rosa.
“Questi te li posso portare via?” dico ridendo riferendomi ai bicchieri sporchi con i miei colori. Ce n’è uno verde, per gli occhi. Uno castano chiaro, quasi biondo per i capelli. Uno per la pelle olivastra e uno per il vestito nero che indossavo quel giorno. Sta riproducendo una foto del funerale di papà.
Mi avvicino al tavolo e noto le foto che avevo scattato quel giorno.
“Chi me l’ha scattata quella?” le dico amareggiata.
“Credo tuo cugino, sai che lui si diverte con la tua macchinetta.” Mi dice cercando di sorridere.
“Gli è venuta bene.” Dico cercando di fare altrettanto.
“Fortuna del principiante.” Risponde divertita mentre io recupero i bicchieri.
Questa cucina la pulirò dopo. Ora devo farmi una doccia.
Quando esco indosso un vestito lungo ed elegante. È un arancione chiaro, tipo quello delle arance. Non so se avete presente quando il loro colore tende al giallo. Bhè se non ce l’avete presente correte in cucina ad osservarne una.
È senza spalline e per questo lascio i boccoli biondo scuro cadermi sulle spalle.
Mamma è ancora in studio. Entro con cautela per non inciampare su qualche pennello con i tacchi. Noto che sta rifinendo gli occhi.
“Non sforzarti troppo mamma.” Le dico lasciandole un bacio sulla guancia e allontanandomi prima che possa sporcarmi.
“Per che ora torni?” mi domanda distrattamente, sporgendo leggermente la lingua dalle labbra per concentrarsi meglio.
“Mezzanotte, solito. Mangia qualcosa che sono le otto. E vai a letto che quando torno non ho intenzione di portarti in braccio fino a camera tua.” Non le lascio il tempo di rispondere che già sono fuori casa.
Siamo ad aprile ma ancora fa freddino di sera. Però è bello vedere gli alberi in fiore e i passerotti. Il mio obbiettivo li ama, o almeno li amava.
Charlotte mi sta aspettando con l’auto qui furi.
“Hey, da quanto stai aspettando?” le chiedo montando in macchina.
“Appena arrivata, bel vestito.” Mi dice mettendo in moto. Il suo è azzurro, corto e la stoffa è molto morbida.
“Anche il tuo.” Le dico sorridendo e mettendomi la cintura. Mi sistemo la borsa con la macchinetta sopra le gambe.
“Perché l’hai portata?” fa una smorfia confusa.
“Devo farla vedere a Forrest, un deficiente stamattina me l’ha annacquata con il caffè.” Le dico ricordandomi del tizio. Quella faccia mi sta sempre più antipatica.
“Cosa?” sbotta scandalizzata. Capibile, anche io ho reagito così.
“Si, ma mi ha anche ripagata.” Cerco di tranquillizzarla.
“Perché scusa, questo girava con seicento sterline nel portafoglio?” ride. Ehm… si. “Settecento e passa, Lottie.” Lei sgrana gli occhi.
“Dimmi che gli hai chiesto il numero e domani ci esci insieme!” continua a ridere.
“Si, le nozze sono martedì. Mi fai da damigella?” ma si! Reggiamo uno stupido gioco.
“Oddio si! Credevo che non me lo avresti mai chiesto! Chi vi sposa?” continua lei tutta eccitata.
“La regina, sai noi non volevamo strafare ma lei ci ha obbligati a farla a Buckingham Palace con lei come cerimoniere ufficiale.” Le dico spostandomi una ciocca di capelli, con fare superiore. Ridiamo entrambe.
Arrivate al museo abbiamo l’incontro con gli altri. Ovviamente come due cretine ci perdiamo. Lei sembra isterica gira chiedendo a ogni persona se ha visto il nostro professore e io me la rido tranquilla.
Quando li troviamo, oltre che i rimproveri, abbiamo anche le presentazioni.
“Ragazze, questo è Styles. Il finanziatore della mostra.” Ci dice Forrest non molto gentilmente. Perché? Bhè, semplice. Quel tizio potrebbe finanziare anche il corso, è molto ricco e fa l’avvocato. Sarà sulla quarantina e sicuramente non se ne intende d’arte. Non riesce a reggere un solo discorso al riguardo. Cosa avevo detto prima? Intelligenza non va di pari passo con la cultura. Ovvio, no?
“Buonasera, Charlotte Fox.” Si presenta Lottie cercando di fare buona impressione e io sto già cercando di autoconvincermi a non sembrare scortese. Lui fa un cenno di testa e le stringe la mano.
“Johanna Brown, piacere.” dico sfoderando uno dei miei migliori sorrisi.
“Il piacere è tutto mio.” Risponde lui gentilmente, afferrando la mia mano. Almeno è educato. Spesso le persone come lui sono supponenti. Oh, aspetta mi ricorda qualcuno. Ma qualcuno a caso ovviamente.
“Ragazzi, ora potete girare per la mostra e cercare le vostre foto. Il raduno è qui alle dieci perché Johanna deve tenere il discorso. D’accordo?” Dio mio il discorso! Spero di averlo messo nella borsa. Inizio a frugare nella borsa quando trovo i foglietti. Okay, pericolo scampato. Si tratta di un discorso in rappresentanza del corso. Ovviamente serve a fare buona impressione su questo avvocato e l’hanno affidato a me perché sono quella più brava con le parole. Ho sempre letto molto grazie ai miei genitori e me la cavo bene.
Tutti annuiscono e ci separiamo.
Arrivo al tavolo del banchetto. -hey! Lei signora, la smetta di ridere. Non è colpa mia se ho perennemente fame. Prima o poi la uccido quella vecchietta. Si, mi riferisco sempre a lei.- Sono indecisa tra cosa prendere: del vino o un aperitivo analcolico. Di solito prenderei il vino, ma mi fa tornare in mente me ieri sopra il water che vomitavo anche l’anima. Massi! Chissenefrega, basta che non esagero.
Mi faccio dare dal cameriere un bicchiere di vino bianco e mi sento molto elegante con questo calice in mano. Tipo guardate come fingo di essere femminile e ricca. Poi questo vestito lungo e morbido, i tacchi e la borsetta. Gente mettetevela via che sembro la figlia di Styles.
Mentre cammino e vi racconto la mia storia –si, perché a quanto pare parlare con il pubblico invisibile nella mia testa mi viene naturale, tranne che con lei signora. Si sempre lei. È colpa sua se non la sopporto. Tra poco la trasformo in un gatto. E poi come dice Wilde all’inizio del capitolo, amo parlare con me stessa perché sono fottutamente intelligente e divertente.- noto una foto alla parete. Mi fermo ad osservarla. È perfetta, luce, contrasto, angolazione, messa a fuoco tutto è perfetto. E volete sapere perché è perfetta? Perché raffigura mia madre.
Quella è la mia foto. Non credevo che l’avrebbero appesa in questa sezione. Al centro mostra. Con la mano sfioro la targhetta con sopra il mio nome.
                                                                                             
Johanna Brown, ‘La morte come rinascita’ 23 marzo 2010.
È meraviglioso vedere il mio nome su una targhetta ad una mostra come questa. E spero con tutta me stessa che non sia l’ultima volta che provo questa sensazione. La foto ritrae solo metà volto di mia madre, dal naso in su è coperto dal grande cappello nero che portava quel giorno al funerale di papà. La messa a fuoco è su di lei e si intravedono delle foglie del salice più vicine. Non doveva essere una foto così all’inizio. Io mi ero solo nascosta per riuscire a farle una foto e mi sono ritrovata dietro questo salice. Il risultato è stato questo.
Ora, alla solita signora che parlotta con la vicina: no, io non sono una che crede di essere brava. Io so di essere brava. Ho il talento e la tecnica, ma sono umile. Non vado a sbattere in faccia ai miei compagni che la mia foto è stata appesa nell’atrio principale. Ma non sono di certo modesta. Se qualcuno mi dice che sono brava io accetto il complimento e non dico ‘Ma, no! Cosa dici, mi è venuta male.’ Anzi, se una foto mi è venuta bene ne vado fiera.
Perché odio le persone ipocrite, e ancora di più quelle che lo sono solo per ricevere complimenti.
Continuo a girare per la mostra e nel frattempo mi ripasso mentalmente il discorso scritto sui fogliettini. Non do la minima importanza a quello che mi accade attorno perché devo conoscere quelle parole come me stessa.
Avete presente quando vi dovete descrivere e tutto di fila dite:
Mi chiamo Johanna Brown, ho diciotto anni compiuti due giorni fa. Più precisamente il 12 Aprile. Studio fotografia e spero di diventare una fotografa.
Non sono fidanzata –signora, stia zitta lei che è zitella a sessant’anni- , mia madre è una pittrice ma ultimamente si da alla scrittura. Mio padre è morto il 20 Marzo 2010 in una sparatoria alla stazione ferroviaria. Era uno scrittore. Sono figlia unica. 

Come quando arrivate in una classe nuova e vi chiedono di presentarvi. Solo che io quel discorso non riesco ad impararlo e mi toccherà guardare sui fogliettini tutto il tempo.
Vado a sbattere contro qualcosa o qualcuno. –allora signora, patti chiari e amicizia lunga. Dato che amicizia non ne abbiamo per noi sarà patti chiari e sua vita lunga. Se non la smette di ridere la caccio fuori- Quando alzo lo sguardo noto un ragazzo intendo a pulirsi la camicia bianca dalla macchia di vino rosso.
Prima di scusarmi mi guardo sperando di non essermi macchiata e mi rendo conto che avrei preferito se fosse successo. Perché ora mi ritrovo in mano dei fogliettini che da bianche sono diventati rossi e l’inchiostro è andato a farsi fottere. Giuro che io questo lo uccido.

ANGOLO AUTRICE
uuuuu oggi è in verde *o*
passiamo alle cose più importanti.
Chi ha letto anche altre mie storie dovrebbe sapere che odio le presentazioni.
Non le sopporto davvero e di solito tendo a spearpagliare informazioni lungo i primi capitoli.
Questo è pieno di informazioni quindi spero che vi siate fatte un'idea di Johanna :)
In ogni caso mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Basta poco per rendermi felice.
più di dieci parole e io inizio a saltare per tutta la stanza, se volete faccio un video u.u
Io vi lascio, al prossimo capitolo :D






 
 

  
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