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Autore: Diomache    31/08/2007    11 recensioni
Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non è sempre stato così.
La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha amato Lei.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti, eccoci arrivati al finale. Anzi non è preciso, questa è la prima parte del tanto atteso finale che sto lentamente scrivendo in questi giorni, da quando sono tornata dalla Sicilia.. ho deciso di dividerlo in due parti perché già così siamo arrivati a 16 pagine, stendere tutte le idee che avevo in proposito in un unico aggiornamento sarebbe stato davvero troppo pesante.. così eccovi “A Good Man.-part one.”

Stendendo il capitolo ho cercato di fare tesoro dei consigli che mi avete dato con tutte le vostre numerosissime recensioni, sempre molto belle e costruttive per le quali non smetterò mai di dirvi grazie… spero di essere riuscita nell’intento, questa è solo la prima parte del finale però si iniziano ad intravedere molte cose anche se le risposte alle domande circa la misteriosa scomparsa di Evy dalla vita di Jack le avremo nella seconda parte e nell’epilogo…

Mi dilungo ancora un po’ con i ringraziamenti volendo dedicare un pensiero particolare a coloro che hanno commentato il capitolo avviso e chi ha lasciato un commento alle ultime righe del settimo che sotto il vostro pronto consiglio ho modificato..

 

 

Ringraziamenti:

 

Apple: Ciao Ire, amica mia, assolutamente non devi dispiacerti per avermi sottolineato il collegamento con lo sceneggiato. So che non c’era malizia, né in te né negli altri quindi non c’è nulla di male in quello che hai detto.. Grazie per il tuo appoggio, per i tuoi consigli, per tutto quello che mi dici sempre, per lasciare ogni volta la tua firma infondo ad ogni mio lavoro.. Grazie di tutto amica mia. Spero di riuscire a ripagarti con un bel capitolo. Un bacio, ti voglio bene.

 

 

Black­_kisses: Ciao! Ma no, non devi credere che la tua recensione fosse odiosa,non ti nego che per me è stata un pugnetto al cuore, però non perché tu sia stata maleducata o sgarbata, anzi! Sei sempre stata costruttiva in tutti i tuoi commenti e te ne sono davvero grata perché mi hai sempre sottolineato ciò che non andava, quello che ti piaceva e quello che invece non poteva starci, senza mezzi termini. E questo per uno pseudo-apprendista-scrittore non può che essere un bene,no? E poi pubblicando ci si espone automaticamente alle critiche ( e anche alle lodi per fortuna!) della gente, quindi sarebbe da sciocchi accettare solo ciò che ci fa più comodo.. anche delle sane critiche fanno parte del gioco, quindi..

No, l’unica cosa che mi dispiaceva è quella di averti deluso e quando ho letto il tuo commento positivo sul finale cambiato ho iniziato a tirare un piccolo sospiro di sollievo.. tengo molto l’opinione di tutti voi e il vostro giudizio è davvero veramente prezioso! Sì, purtroppo Evelyne dovrà uscire di scena, è la triste realtà… il prossimo capitolo ci svelerà tutto tutto quanto! Anch’io mi sono affezionata a te a tutti voi, non posso pensare che la storia è sul serio agli sgoccioli! Un bacio e grazie ancora di tutto!

 

 

Gaki: ciao! Grazie mille, tesoro, per il tuo commento è stato davvero edificante! Ho apprezzato moltissimo le tue parole per Jack  e sono immensamente felice del giudizio positivo che tu dai alla mia storia e al mio nuovo personaggio.. ti ringrazio infinitamente per la tua recensione e spero che non mi farai mancare il tuo commento in questi successivi ultimi capitoli… mi piacerebbe sapere che ne pensi, per me è importante! Un grazie infinito, un bacio!

 

 

LillySparrow: Ciao! Carissima, eccoci qua quasi al ranch finale. Devo dire che ho  un po’ paura, spero di non deluderti! Penso sia inutile dire quanto affetto provo per te e quanta gratitudine ho nei tuoi confronti, ogni volta che leggo le tue mail mi fai arrossire di complimenti, oddio, spero di meritarli sul serio! Approfitto del piccolo spazio per risponderti che non mi arrabbio di certo se hai stampato la mia storia per poterla leggere anche in vacanza.. ma scherzi? Per me è un ONORE! Grazie sul serio, Lilly, un bacione grande!

 

 

JhonnyJack: ciao! Cara, i tuoi commenti mi fanno sempre sbellicare dalle risate! Dico sul serio! Ma no, tranquilla non tramuterò Evy in AnnaMaria, le voglio troppo bene per farle questo! (certo qualcuno potrebbe obbiettare: ammazza che bene, gliene hai fatte passà di tutti i colori.. beh, non avete torto!^^) Eh si purtroppo siamo quasi alla fine… spero che ti piaccia! Un bacio a presto!

 

 

Eleuthera: Ciao! Grazie mille per l’incoraggiamento Ele, mi ci voleva proprio! Ho apprezzato molto il tuo commento, sei stata come sempre davvero gentilissima… a volte ho pensato di aver esagerato un po’ in quello che una mia amica chiama “delirio dell’onnipotenza!” cioè quando un autore si sente in grado di far fare ogni cosa al suo personaggio.. specialmente con Jack ho temuto un sacco di volte di snaturarlo… poi però quando ho letto le vostre recensioni mi sono rinfrancata, siete stati davvero una boccata d’ossigeno! Un bacio grande alla prossima!

 

 

Luluzza: ciao! Grazie per il commento, Luciana, sono contenta che benché tu avessi apprezzato anche l’altro finale, l’arrangiamento nuovo non ti sia dispiaciuto! Sì, ho creduto anch’io che fosse una soluzione più alla “Jack’s style” … è già un po’ di onnipotenza a volte ce la vuole, spero solo di non andare troppo oltre il seminato! Grazie di tutto, un bacio, a presto!

 

 

 

Un abbraccio caloroso anche a chi non ha commentato ma ha solo letto questa storia.

 

Dediche: Vorrei dedicare questa metà finale alla mia amica LillySparrow per ringraziarla delle sue mail (e per scusarmi del ritardo con cui io rispondo sempre!^^), del suo appoggio e del suo affetto.. sei davvero preziosa, Lilly, grazie!

 

 

 

Buona Lettura,

Diomache.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo VIII: A Good Man

 

- Part One -

 

 

 

 

 

 

Evelyne si stava svegliando. Si muoveva lentamente nel letto, in dormiveglia, con gli occhi ancora chiusi e la bocca arricciata, come se qualcosa la infastidisse. Ed in effetti era proprio così. Si agitava e respirava male ma questa volta non c’era nessun fantasma di Charles nella sua mente, né le parole orribili di suo padre.

Si sentiva osservata.

Pur nel sonno sentiva forte la presenza di qualcuno accanto a lei, sentiva il suo fiato pizzicarle la pelle del collo e del volto e il suo odore strano misto tra mare e rum colpirle le narici con forza. Sentiva la sua presenza e il suo inconscio le chiedeva insistentemente di svegliarsi.

Quello stato si dormiveglia finì quando oltre a quelle sensazioni giunse alle orecchie di Evelyne anche un rumore, proprio accanto a lei, che ebbe il potere di svegliarla.

La ragazza si curò bene di non aprire subito gli occhi. Non poteva fidarsi ciecamente di quelle sensazioni, era in dormiveglia, per niente lucida, senza contare che le numerose avventure che ultimamente aveva passato al fianco di Jack l’avevano fatta diventare a tratti un po’ paranoica.

Riempì i polmoni di ossigeno e pensò che era solo un sogno, uno di quelli così realistici che poi si finisce per credere che siano realtà.

Eppure quelle spiacevoli sensazioni non finivano.

Le sue labbra si mossero, quasi per urlare ma poi lei le serrò nuovamente, dandosi anche della deficiente. Se non c’era nessuno accanto a lei o immediatamente sopra di lei, avrebbe messo in subbuglio la nave per nulla e non sapeva nemmeno se fosse giorno o ancora notte inoltrata.

Decise di aprire piano gli occhi, augurandosi che tutto questo fosse solamente un postumo della sua nottataccia.

Nonostante fosse intimamente preparata a quello che poteva esserci nella realtà e avesse ormai  sviluppato una buona dose di coraggio, quando i suoi occhi azzurri focalizzarono la figura di un uomo vicinissimo a lei, non poté fare a meno di cacciare un urlo.

Urlo che venne mozzato nemmeno a metà con un gesto brusco e pronto dell’uomo che le mise prontamente una mano sopra la bocca, sghignazzando.

“Buongiorno Miss. Vi siete spaventata? Oh, non era mia intenzione..”

Anche se non lo vedeva ancora bene per via della penombra della sua cabina, Evelyne non ebbe incertezze: Barbossa. Il sarcasmo e la profondità della sua voce non lasciavano spazio ai dubbi. Nonostante fosse qualcuno che conosceva “relativamente” bene e non un grezzo mozzo qualunque non riuscì a tranquillizzarsi.

Il suo petto si abbassava e s’alzava velocemente seguendo il ritmo frenetico dei suoi respiri e del suo cuore agitato.

Questo fece sorridere il primo ufficiale che allentò piano piano la mano dalla scarlatta bocca di lei, assicurandosi che non avrebbe urlato ancora. “Molto bene.” Disse con un grugnito che alla giovane non piacque affatto.

Fu quando vide gli occhi dell’uomo posarsi sul suo corpo che Evelyne si ricordò di essere quasi nuda nella sua veste da camera. Con uno scatto si tirò su velocemente le coperte fin sotto il collo e non poté nascondere a se stessa che questo le stava creando un imbarazzo non indifferente: si era sempre fatta vedere vestita o vestita da uomo e tutti l’avevano rispettata. Ma adesso aveva motivo di pensare che Barbossa l’avesse voluta sorprendere nella sua cabina per farla apparire esattamente qual era: una donna indifesa.

Evelyne arrossì e quasi distolse lo sguardo. “Siete impazzito?- nonostante la situazione non lasciò che anche il suo tono di voce fosse debole come tutto il resto.- che diavolo ci fate qui?”

L’uomo sorrise aggiustandosi il cappello e finalmente posò lo sguardo sui suoi occhi. “Un’accoglienza decisamente poco calorosa.- commentò.- eppure non credo che sia la prima volta che un uomo metta piede fra queste mura, dico male Miss?”

L’inglese esibì uno sguardo torvo. Era ovvio che il coinvolgimento che ultimamente c’era stato tra lei e Jack non potesse rimanere inosservato a lungo ma precisamente quanto ne sapevano Barbossa e tutto il resto della ciurma? E soprattutto quella era una battuta colorita nel suo stile oppure nascondeva qualcos’altro? Il suo attaccamento a Jack poteva metterlo nei guai?

Non seppe cosa rispondere e preferì non farlo.

Il suo comportamento rubò un altro sorriso al pirata che inclinò lo sguardo di lato, come uno che sa esattamente la verità. “Già- continuò- certe cose non si confessano. Sono brutte sbandate..”

“Non avete ancora risposto alla mia domanda.” Evelyne cercò di darsi maggior contegno. Si sedette e si caricò finalmente di uno dei suoi tipici sguardi pungenti. 

“Io nella mia cabina faccio entrare chi voglio. E il vostro modo assolutamente inappropriato di entrare mi..”

“Ma voi sapevate che noi due avremmo avuto un colloquio, Miss Evelyne. Ve lo avevo già annunciato, ricordate?” la sua voce aveva qualcosa di pericoloso e di terribile che la fece tremare.

L’accenno a quell’argomento le fece venire un buco allo stomaco ed istintivamente le mancò il fiato dai polmoni: l’ammutinamento.

“Vedo che cominciate a rammentare, ne sono felice.” Probabilmente la sua espressione turbata era stata molto eloquente.

Barbossa si sedette sulla sedia lignea che fino a quel giorno era stata occupata solamente da Jack ed esclamò fissandola.  “Dite che la mia è scortesia.- continuò l’uomo.- ma quel giorno io vi sorpresi ad origliare alla mia porta e questo non credo che sia affare da nobildonna.”

Lei roteò i bei occhi azzurri. Un pirata che le faceva la morale?

“Suvvia siete perdonata.- questa volta Evelyne rispose a quel sarcasmo inarcando profondamente un sopracciglio.- ma ad una condizione molto precisa, s’intende.”

“Non me ne faccio nulla del vostro stupido perdono, Barbossa.” Pregò Iddio che la sua voce risultasse posata e priva d’emozione. Ma purtroppo quando di mezzo c’era il destino e forse la vita di Jack non le risultava facile recitare la parte dell’impassibile. “E non voglio sottostare a nessuna condizione perché quello che state per fare è abominevole e non avete alcun motivo per farlo!” alla fine la sua voce si piegò in urlo.

“Jack Sparrow.- mise anche il cognome per apparire più disinteressata.- è un ottimo capitano e vi ha condotto passo passo alla soluzione di tutto per arrivare a quel dannato tesoro. Senza di lui e del suo intuito voi sareste stati persi..”

L’uomo scoppiò in una agghiacciante risata. “Incantevole.”

Lei aggrottò la fronte. “Che cosa.” Domandò piano.

“La vista di una donna innamorata, ecco cosa.- lei sentì mancare un battito. Era la prima volta che si confrontava con quello che realmente provava per Jack.- miss Evelyne voi vedete un gran capitano. Io invece, e con me tutta la ciurma, vedo uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una ragazzina.”

“Dunque è questo?” urlò. “ è il mio.. – faticò a trovare la parola giusta.- attaccamento… per Jack che lo ha portato ad essere malvisto da tutta la ciurma?”

“Oh, non datevi troppa importanza, miss Smith.” tono piatto e quasi canzonatorio quello di lui. “Jack era in rovina già da molto prima che arrivaste voi. La verità è che con Virago Jack Sparrow ha scavato da sé la sua fossa e si è dimostrato qual è in realtà: un pessimo capitano.”

La fanciulla rimase quasi senza parole. “Virago..” ripeté piano. “Che cosa significa?”

“Nulla.- rispose, vago.- è il nome di un vecchio mercantile che Jack non volle affondare. Il più grande errore della sua vita.” il tono del primo ufficiale si era caricato di odio e di sdegno e il suo livello di voce si andava alzando ad ogni parola.

“Che cosa accadde?” Tutto le faceva presagire che Barbossa avesse voglia di raccontarlo.

Lui sospirò ma non si dimostrò riluttante. “Anni fa una tempesta ci aveva sbattuti in mezzo all’oceano, senza punti di riferimento e senza scorte che ci bastassero per sopravvivere parecchi giorni in mare come invece avremmo dovuto fare. Il mare era sempre in burrasca e impediva grandi manovre, non sapevamo bene dove ci stavamo dirigendo..- sbuffò.-  l’oceano si prendeva gioco di noi e dei nostri tentativi di riprendere una rotta.”

Gli occhi grigi di Barbossa erano pieni di fervore e durante quel racconto si puntavano in quelli di Evelyne con così tanta violenza che la ragazza iniziò a sentire forte il peso di quello sguardo su di se.

“Finché non avvistammo un mercantile. Era il Virago. Lo riconoscemmo subito e capimmo contemporaneamente dove eravamo dato che quella sorta di mercantile percorreva ogni anno la rotta tra l’ Europa e l’America. Eravamo salvi. Sarebbe bastato attaccarlo e depredarlo per avere ciò che volevamo.”

I suoi occhi lo pregarono di continuare.

“Ma il vostro Jack ci impedì di farlo.- disse ringhiando.- e sapete perché? Per degli stupidissimi bambini.”

Evelyne aprì la bocca senza essere capace di dire nulla.

“Oh si, avete capito bene Miss. Quello stupido mercantile non trasportava più solamente stoffe e spezie come sapevamo noi. I nostri uomini avvistarono al suo interno circa cinquanta mocciosi urlanti.”

“Che ci facevano in una nave del genere?”

“Che diavolo volete che ne sappia!” il suo scatto d’ira la fece sobbalzare sul letto. “ Sparrow impedì l’attacco e perfino l’abbordaggio. Cercammo di far ragionare quel pazzo, gli spiegammo  che in quel modo ci stava condannando a morire di sete ma lui non volle sentire ragioni!! Siamo ancora vivi, miss Evelyne, perché quattro giorni dopo incrociammo per pura fortuna un'altra nave. Trasportava cibo.”

Solo quando quel racconto terminò Evelyne si rese conto di essere stata con il fiato sospeso tutto il tempo.

“La stella di Jack Sparrow è decaduta in quel preciso istante.”

“Avreste sul serio ucciso dei bambini..”

“Era la loro vita in cambio della nostra.”

“La vita di alcuni bambini innocenti vale di più di quella di sporchi assassini.- deglutì.- e voi biasimate Jack per aver capito questo?”

“Un uomo che non tenga alla sua ciurma e alla sua nave più di se stesso e della sua anima non è degno di esserne il capitano.” Rispose meccanicamente l’altro, distogliendo lo sguardo.

“Siete spregevole.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire ma le uscì dritto dal cuore. “ed è tutto qui?”

L’uomo aggrottò la fronte.

“Andiamo.- continuò lei.- non può essere finita. Il vostro odio per Jack è molto più connaturato di quello che mi avete raccontato.”

“Non c’è più nessun’ altra appassionante storia, Miss.” Barbossa aveva perso il calore di poco prima ed era tornato freddo e sarcastico. Tagliente quasi. “la ciurma lo odia e non è più incline ad eseguire i suoi ordini. Ed io voglio la Perla.”

Lei strinse le labbra ma non disse nulla.

“Sono tempi difficili e serve un uomo di carattere per portare tutti al successo e Sparrow non lo è.- pausa.- ora. Quello che mi preme siete voi.”

Evelyne si scoprì stranamente forte, non tremò a quelle parole anche se il tono che l’uomo aveva usato non faceva presagire nulla di buono per lei.

“Il vostro comportamento è quanto mai insolito.- sorrise l’uomo- è palesemente ovvio che ne siete innamorata. Eppure non avete ancora parlato di ciò che sentiste quel giorno, vero?”

La ragazza si sentì morire. Avrebbe dovuto farlo decine e decine di volte ma il tempo e le avventure che si erano susseguite glielo avevano sempre impedito. Colpevole, abbassò lo sguardo deglutendo lentamente.

Barbossa sorrise, soddisfatto. “Siete stata brava. E per il bene di tutti vi consiglio di proseguire su questa linea. Sempre che vogliate il bene di Sparrow ovviamente.”

Evelyne Jane Smith alzò i suoi occhi azzurri su di lui. In quell’istante Barbossa ebbe l’impressione di trovarsi di fronte ad una leonessa piuttosto che ad una donna. Sarà per la sua chioma riccia o per quegli occhi gelidi che gli puntava addosso.

“Che cosa intendete dire.”

L’uomo si alzò dalla sedia con un atto quasi di congedo. “Che dovete rassegnarvi. Qualsiasi cosa farete o direte non cambierà lo stato delle cose. Tutto ciò che vi ho detto, che avete sentito, accadrà nell’arco di poche ore e non c’è nulla che potete fare per impedirlo, Miss.”

Lei scattò in piedi fregandosene se non era molto vestita. Si parò di fronte a lui alzando il bel naso aquilino per fissarlo meglio negli occhi dato che l’uomo la sovrastava con tutto il capo.

“Jack..”

“Jack morirà.”

Quelle parole le gelarono il cuore. Sentì come se la vita le fosse uscita via dall’organismo come un sospiro.

L’uomo sorrise crudelmente. “O forse no. Potete salvarlo, se volete. E badate che è l’unica cosa che possiate fare. Forse a discapito della vostra vita ma tra innamorati a queste cose non si bada, giusto?”

Lei era ancora scossa da quello che aveva sentito per elaborare una risposta tagliente adeguata alla domanda. “Ditemi solo come.”

Barbossa sorrise, vedendo che aveva fatto centro nel punto giusto. Ormai era fatta.

Allungò una mano e con un gesto improvviso le prese il bel collo, stringendolo forte sotto la sua stretta. Evelyne fu del tutto impreparata e si lasciò afferrare come una bambina si fa sculacciare dalla mamma. Benché subito cercasse disperatamente di liberarsi da quella morsa, l’uomo la teneva in pugno con una facilità sorprendente.

Con il pollice della stessa mano con cui la stringeva le accarezzò le labbra in un gesto quasi lascivo e per un attimo Evy ebbe davvero paura. “Basterà serrare queste belle labbra, Miss.”

La ragazza non riusciva a parlare ma i suoi occhi di ghiaccio sembravano volerlo trapassare.

“Conservate il vostro segreto e Jack non morirà. Posso avere la vostra parola?”

Lei strinse gli occhi.

La verità è che per lui avrebbe fatto di tutto. E preferiva pensarlo vivo e senza la sua nave che morto, impiccato all’albero maestro.

Annuì alla risposta di Barbossa.

Lui la lasciò andare quasi a malincuore osservandola altezzosamente mentre lei tossiva.

“Ma io voglio la vostra.- continuò poi la ragazza con voce rauca.- ditemi che non lo ucciderete.”

Barbossa le porse la destra. “Giuro di non farlo.”

“Che ne farete?”

“Lo abbandoneremo da qualche parte. Vivo. - sorrise.- se voi non parlerete.”

Pur riluttante Evelyne strinse quell’odiosa mano che le veniva porta. “Avete la mia che non fiaterò.”

L’uomo grugnì di soddisfazione e s’avviò all’uscita.

Prima di andarsene gettò un ultimo sguardo alla donna dietro di lui. Era visibilmente scossa e spaventata, finalmente aveva perso quel ghigno superbo che le aveva visto sin dal primo momento e che sin dall’inizio aveva desiderato toglierle dalla faccia.

Eppure c’era qualcosa che non andava. Nonostante lui le avesse menzionato la possibilità che lei venisse uccisa, Evelyne non gli aveva chiesto proprio nulla riguardo le proprie sorti. Possibile che non tenesse alla vita nemmeno un po’? Tutta questa trattativa per Jack e non una sillaba su quello che aspettava a lei, invece, adesso che cambiavano i colori della nave su cui era imbarcata?

I suoi occhi grigi incontrarono di nuovo quelli di ghiaccio di lei.

Incredulo vi lesse ancora quello sguardo superbo e superiore. Non si era cancellato.

Come a dirgli che nonostante la sua forza bruta, nonostante quello che avrebbe potuto farle, lei era più forte. Perché non le interessava.

Grugnendo di rabbia l’uomo se ne andò velocemente sbattendo forte la porta.

 

 

 

 

 

C’era una confusione terribile quella mattina in coperta, una baldoria nemmeno immaginabile. Il vento freddo e una mattina decisamente tutto meno che incantevole, con la nebbia e una pioggerella leggera ma fitta che dava insieme a un cielo grigio e plumbeo l’idea di lugubre teoricità, aveva spinto tutti a rifugiarsi dentro.. tutti tranne Gibbs che Jack aveva elegantemente nominato timoniere.

“E avvertimi se avvisti qualcosa che non va in quella piacevole nebbiolina, comprendi?” gli aveva gridato dietro il capitano.

“Piacevole nebbiolina.- borbottò l’altro, grugnendo.- c’è un tempo spettrale oggi..”

Jack allora aveva inarcato un sopracciglio.

“Quello che voi comuni marinai non potete capire e quindi quello che mi fa diverso da voi, niente di meno sono il vostro capitano, un capitano deve avere sempre qualcosa di diverso dagli altri marinai altrimenti verrebbe meno la ragione principale che lo rende tale..”

Gibbs fece un colpo di tosse, battendosi forte il pugno sul petto per interromperlo.

Jack s’era quindi stoppato un secondo, poi proseguì poi con l’indice destro alzato. “Suddetta ragione è che un capitano vede oltre, Gibbs. Oltre ciò che vedono gli altri. La nebbia sarà antipatica ma ci rende praticamente invisibili.- sorrise, intrigato.- e con Gattopardo e la Marina Britannica alle calcagna io dico che questo è tutto molto molto piacevole.”

Gibbs aveva annuito e si stava dirigendo verso il proprio lavoro quando una domanda gli balenò nella mente. La marina britannica?

“Ehm chiedo scusa, capitano.- riprese, confuso.-.. la marina Britannica…?”

Sparrow si rese conto d’aver parlato un po’ troppo. Sapeva dei malumori che serpeggiavano subdoli tra i suoi uomini e non voleva certo metterci il carico da undici dicendo che avevano sulle loro tracce oltre la selva di Pirati interessati al tesoro di Cortes anche gli uomini di Sua Maestà che rincorrevano la loro piccola assassina.

“Ehm la marina britannica cosa, Gibbs?” ripeté fingendo di non averla nominata ed assumendo un’espressione piuttosto burbera.

L’uomo strinse i lati della bocca corrugando la fronte. “L’avete appena menzionata signore. Dicevate che era sulle nostre tracce e mi chiedo perché mai dovrebbe farlo.”

“No, non credo.” Disse l’altro a mezza bocca. “mai detta una cosa del genere e poi sai che ti dico, Gibbs? Gli Inglesi sono di mezzo sempre e comunque e a considerarli nella lista dei possibili rompi-uova-nel-paniere non si sbaglia di sicuro.”

L’uomo rimase stordito e annuì più volte. “Oh, non ci avevo pensato.”

L’altro sorrise inarcando, fiero di se, un sopracciglio. “Che ti dicevo vecchio mio? è per questo che io sono il capitano.- piccola pausa. Gibbs stava per ribattere qualcos’altro ma lui fu più veloce.- oh adesso basta! Smammare, filare, sciò, c’è un timone che ti aspetta!”

E l’altro, bestemmiando, si era diretto verso il ponte.

Così mentre Gibbs era alle prese con l’umidità e la piacevole (?) nebbia mattutina, là sotto in coperta il resto della ciurma se la spassava allegramente.

Le amache dove i pirati erano soliti dormire erano state spostate e così anche i tavoli, relegati ai lati dell’imbarcazione, dove era seduta gran parte della ciurma che osservava intrepida e urlava, incitava i due uomini che invece stavano al mezzo e che con un po’ di buona fantasia potremmo dire che stavano disputando un incontro di boxe.

Ehm, boxe forse è un po’ forte.. diciamo che combattevano a mani nude e si davano sonori pugni e schiaffi in faccia, testate, colpi bassi, alti, possibili e non, mosse abili ed altre scorrette, insomma quasi un incontro tra due uomini primitivi che avevano incrociato la propria strada.

Ma tutto questo sembrava divertire molto e soprattutto intratteneva tutta la ciurma che tra risate e bevute di rum salutava, dopo l’ennesimo pugno, l’ultimo concorrente di Murder, così l’avevano ormai soprannominato, un gigantone nero che in realtà sembrava obbedire solo a Barbossa e che quella mattina era stato sorteggiato come il “palo.”

Il “palo” in quella specie di gioco era il pugile (con le opportune virgolette sul termine) che non cambiava mai. Era la costante di tutti gli incontri, l’avversario fortissimo che gli altri, sorteggiati, dovevano sconfiggere.

Ma dopo tre incontri nessuno pensava più che fosse possibile.

Il pirata sconfitto si rizzò da terra e con orgoglio sputò sul pavimento prima di lasciare il … ring.. tra le urla degli altri.

Il palo, cioè Murder, alzò le braccia al cielo, gridando. “Avanti! Non sono mica stanco!” suscitando le risa generali.

Cotton prese allora la bottiglia di rum che al suo tavolo avevano appena vuotato e la mise al centro della pista e con un movimento veloce della mano la fece ruotare. Tutti i bucanieri presenti seguirono con ansiosa trepidanza il ruotare della bottiglia di vetro, il suo rallentare.. un giro .. poi un altro.. eccola si ferma.. tutti istintivamente trattennero il fiato mentre osservavano la canna che si fermava lentamente indicando con terrificante precisione il nuovo concorrente per il palo.

Gli occhi di tutti si puntarono sul pirata biondiccio ed alto, con un occhio finto.

Quello ignaro di tutto, o forse semplicemente fingendo di non aver seguito e quindi di non sapere di essere lui il prossimo a venir sbatacchiato da Murder, teneva gli occhi bassi sulle sue carte da poker e non accennava ad alzare lo sguardo.

“Ehi tu, laggiù.” La voce graziosa di Murder però gli fece capire di essere davvero spacciato.

Si voltò con l’occhio che gli roteava nell’orbita in maniera irregolare, magari facendosi espressione del tremore che passavano nelle sue viscere in quel momento. “Dici a me?”

“Vento alle vele, vento alle vele!” rispose il signor Pappagallo Cotton, agitando le ali e sfoderando il suo ‘si.’.

Tutta la ciurma lo osservò con un sorriso di cattivo divertimento. Non fece nemmeno in tempo a dire altro che due braccia lo sollevarono (niente di più facile, magrolino com’era) e lo gettarono dentro la pista liberata subito da Cotton, dal pappagallo e dalla bottiglia di rum, colpevole di tutto questo.

Il chiasso di quelli che seguivano l’incontro, o per meglio dire il pestaggio, ricominciò, mentre chi non era interessato si rituffava in ipotetiche partite di poker improvvisate ai tavoli, chi semplicemente beveva rum o chiacchierava riguardo guadagni futuri come il tesoro di Cortes ormai per tutti più vicino che mai.

Evidentemente uno di coloro che non amavano né la boxe né il buon rum né il poker, per il momento, era proprio Barbossa che parlava intensamente con uno dei suoi scagnozzi preferiti, fitto fitto, non staccando mai lo sguardo dal suo interlocutore.

E Jack osservava bene quella scena. Anche lui non era un pirata ordinario in quella circostanza. Non si divertiva, non giocava e beveva solo di rado, giusto perché lo aiutava a pensare meglio.

I suoi occhi neri stretti a fessure dalla concentrazione fissavano il suo primo ufficiale con interesse crescente. Quella che stava conducendo Barbossa, con quel tipo e con altri che quasi a turno si fermavano al suo tavolo, non era una chiacchierata di piacere.

Né di malumore. Non si stava lamentando perché non sbuffava, non negava con il capo né distoglieva spesso lo sguardo, scontento.

Ma nemmeno raccontava qualcosa di suo, magari un’avventura o un abbordaggio particolarmente riuscito.. no, nemmeno. Era troppo serio, troppo teso.  E troppo eccitato da quello di cui stava discutendo. Parlava a bassa voce, con enfasi e seppure distante poteva vedere bene una strana luce brillare negli occhi grigi dell’astuto pirata.

Sparrow temeva quella luce. La vedeva brillare negli occhi di quella testa calda ogni volta che c’era un attacco o un’azione particolarmente importante.

E non era possibile che fosse la prospettiva del tesoro di Cortes a dargli tutta questa esaltazione.

Jack distolse fulmineo lo sguardo prima che Barbossa, sentendosi osservato, lo voltasse verso di lui, scoprendo così di essere stato fissato tutto il tempo.

Il capitano si fece allora un buon sorso di rum e aprì la sua bussola giusto per controllare se Gibbs, lassù sul ponte, stesse conducendo la Perla verso la rotta giusta. L’aprì e un buon sorriso s’allungò sul suo volto non appena notò che tutto andava perfettamente… fissava ancora il suo adorato aggeggio intagliato nel legno quando improvvisamente l’ago metallico vibrò e cambiò repentinamente posizione lasciando la linea dritta di poco prima, per spostarsi all’estrema destra.

Con uno scatto Jack fu in piedi e s’apprestava già a correre su da quel deficiente di Gibbs che improvvisamente aveva combinato un casino con la rotta, quando notò cosa o per meglio dire chi aveva fatto incurvare l’ago.

A estrema destra c’era lei, Evelyne.

Con un sorriso divertito Jack si risedette, piano, al suo tavolo solitario, abbandonando la scenetta tragica di Barbossa e fissando il suo imperscrutabile sguardo sulla nuova arrivata che si faceva lentamente largo tra la folla di pirati che si erano alzati in piedi, accesi dagli ultimi sviluppi dell’incontro.

In effetti li match stava finendo.

“Avanti…” grugnì forte Murder spalancando le braccia per invitare il malcapitato, tutto nero dai pugni, a farsi di nuovo incontro .. per riceverne altre più che per colpirlo..

Il biondino tutto tremante, ma tenendo ancora i pugni ben alzati, fece di nuovo un passo verso il gigante nero che gli rifilò l’ennesimo schiaffo in faccia.

Tutti i presenti questa volta sentirono uno strano “splot” che non c’era stato durante gli schiaffi precedenti.

Ma in un attimo capirono che cosa era accaduto.

Dalla faccia malmenata del pirata era saltato via il tanto prezioso occhio azzurro lasciando al suo posto un buco e l’orbita vuota. “Oh no!- esclamò l’uomo toccandosi il viso.- il mio occhio!”

Tutti inizialmente scoppiarono a ridere, poi ci fu un “bleah!” generale quando si accorsero dove era finito il suddetto occhio.

Nella bocca di un pirata che stava ridendo a squarciagola.

Questo strappò un sorriso anche al concentrato Jack Sparrow che alzò il bicchiere a mo’ di brindisi “Buon appetito!”  esclamò tra le risa e gli sguardi disgustati di tutti.

“Non morderlo!” urlicchiò il mezzo cieco verso l’altro che si ritrovava quell’imbarazzante parte del corpo umano in bocca. L’uomo, con la faccia diventata verde dal disgusto, risputò subito l’occhio finto che rotolò sul pavimento come una biglia, andandosi a nascondere chissà dove sotto lo sguardo angosciato del biondo che si gettò subito carponi per ritrovarlo.

Ma qualcuno fu più veloce di lui. La scimmietta di Barbossa l’afferrò immediatamente  tra le zampe e se lo portò via correndo a perdifiato.

“Brutta ladruncola, torna qui!” l’inseguì rialzandosi in posizione eretta e scontrandosi così con la graziosa figura di Evelyne che, ancora un po’ stordita, ebbe solo il tempo di godersi la scena dell’uomo con l’orbita vuota e poi finì per terra senza nessun altro convenevole.

Imprecò come un buon pirata mentre si rialzava e trovò la mano di Sputafuoco Bill proprio protesa per lei.

I suoi occhi azzurri scintillarono come un sorriso. “Grazie.” Fu subito in piedi e, sebbene lì sulla nave parlare di igiene e pulizia era come parlare di spirito santo, si strofinò la gonna, lanciando uno sguardo stizzito nei confronti del pirata che l’aveva atterrata e che ancora correva dietro all’astuto animaletto.

“Ma che diavolo state facendo stamattina?” domandò la ragazza al signor Turner lanciando sguardi interrogativi nei confronti di Murder, ora rimasto solo nella pista.

L’uomo le lanciò un sorriso benevolo offrendole in contemporanea un sorso di rum che lei negò con un gesto della mano. “Che volete che vi dica, Evelyne..- sospirò l’uomo.- … pirati. Ci divertiamo così.”

“è qualcosa di estremamente barbaro.” Commentò la giovane mentre osservava la bottiglia al centro roteare verso un nuovo, povero, concorrente. Venne estratto un tipo abbastanza grosso e tutti urlarono ancora più eccitati perché quello probabilmente avrebbe dato del filo da torcere a Murder, rendendo l’incontro più avvincente.

“Ma non ci sono regole!” esclamò la ragazza quando il nuovo concorrente colpì il palo in mezzo alle gambe facendo ridere tutti. I suoi occhi fiammanti fissarono il suo interlocutore. “Qui qualcuno potrebbe farsi molto male..”

Bill l’osservava divertito: la sua innocenza lo faceva sorridere. 

“E la nave?” tornò a domandare Evy, negando con il capo all’indirizzo di quello spettacolo ripugnante.

“Sparrow ha incaricato Gibbs di guidarla.” Rispose finalmente l’uomo facendo un altro buon sorso d’alcool. “ma credo che tra poco il capitano gli andrà a dare il cambio. Sembra non divertirsi molto..” istintivamente gli occhi di ghiaccio di lei si fissarono sulla figura solitaria di Jack incontrando il suo sguardo. Chissà da quanto tempo la stava fissando a quel modo.

Un leggero sorriso si accese sulle labbra di entrambi e senza dire altro la giovane si accomiatò da Sputafuoco e si diresse con passo lento ma deciso verso il suo capitano preferito.

“Almeno fino ad ora..” aggiunse Turner con un sorriso malizioso all’insegna dei due.

Quando arrivò vicino al suo tavolo di legno Evy accarezzò con la destra la spalla della sedia vuota, di fronte a Jack. Con un sorriso la scostò e si sedette, esordendo. “Se tutto questo non ti piace dovresti farli smettere.”

Lui inarcò un sopracciglio notando che quella mattina Evelyne aveva abbandonato i suoi abiti pirateschi ed era tornata al suo vecchio abito bianco-grigio di quando l’aveva conosciuta in prigione. 

“Chi l’ha detto che non mi piace?” domandò retoricamente non smettendo di fissare la giovane interlocutrice.

Lei scrollò le spalle. “Non sembri molto partecipe.”

“Invece mi sto divertendo un sacco. Guarda un po’.” Mentì spudoratamente con un sorrisetto beffardo dipinto in volto. “E tu? Una ragazza di buona famiglia non dovrebbe assistere a simili spettacoli.”

Lei corrugò la fronte. “Infatti ne farei a meno, buona famiglia a parte, sono cose disumane che solo un branco di barbari e buzzurri come voi possono fare.”

Murder mollò l’ennesimo cazzotto e dalla bocca del malcapitato esplosero almeno un paio di denti che volarono nella stanza con la velocità di una scarica di proiettili.

Jack scoppiò a ridere, Evelyne non trattenne un’espressione disgustata. “Mio Dio..”

“Vedo che i panni cenciosi di Rubiens non hanno durato molto.. alla fine il tuo orgoglio femminile è venuto a galla..” nei suoi occhi brillò lo scherno e lei rispose inarcando un sopracciglio.

“Gli abiti di Rubiens erano diventati più sporchi di questo vestito. Visto che qui non c’è la possibilità di lavarsi, ho pensato che almeno avrei dovuto cambiarmi spesso..”

“Mm… e l’abito bordeaux?”

“Mi piace più l’idea di indossare un abito che puzza di prigione piuttosto uno che ha il profumo di Miss Barbossa!” esclamò la ragazza appoggiando il volto ad un palmo della mano e giocherellando con un ricciolo. 

Jack le sorrise. “… E la sbornia… passata?”

Lei alzò le spalle mentre un piccolo magone iniziava a farsi strada nel suo stomaco. “Sì. Più o meno. Ma non accadrà più, giuro su..”

“Ah ah.” L’interruppe lui che mandò una spinta al suo bicchiere di rum, facendolo finire dritto tra le mani di lei. “mai giurare su cose simili, bellezza. Una volta iniziato è fatta. Prima o poi ci si ricasca sempre..”

Lei incrinò i lati della bocca a questa bella perla di saggezza e con un gesto stizzito rispedì il bicchiere al mittente. “No grazie. – sospirò.- ah, ma possibile che voialtri non beviate altro?”

“Come no!- sbottò lui, quasi offeso.- c’è anche della birra, buonissimo vino francese e..”

“Si va beh lasciamo perdere..” borbottò lei abbassando lo sguardo sugli gli intagli del legno del tavolo. Perché si sentiva così in difficoltà con lui? Si rese conto di non riuscire a stare un attimo in silenzio dall’imbarazzo..

“E Cortes?” domandò quindi stringendo nervosa un ricciolo tra le dita.

“Oh Cortes è morto, darling. O almeno così speriamo tutti perché se non fosse defunto avrebbe circa..”

“No no..- l’interruppe lei, stizzita e rossa in viso.- intendevo il tesoro, Jack, il tesoro di Cortes..”

“Il tesoro?”

“Sì. Il tesoro.”

“Oh… -parve spaesato.-  il tesoro sta ancora lì suppongo..”

“Sì..- Jack era davvero esasperante se voleva.- io volevo solo sapere fra quanto ci giungeremo..”

“Beh potevi chiederlo direttamente..”

“Te lo sto chiedendo direttamente..”

Lui le sorrise, intrigato, ben consapevole di farla innervosire. “Non prima di due giorni.- rispose finalmente ma un improvviso scossone della nave fece rotolare il suo bicchiere dal tavolo, facendolo infrangere a terra. I suoi occhi fissarono istintivamente il soffitto.- se tutto procede per il meglio.”

Il mare si stava ingrossando.

Lei sospirò irritata. “Ecco, ci mandava la bufera!”

Era nervosa, agitata, scostante. Jack lo aveva percepito subito, non appena si era seduta. Evitava di guardarlo e se lo faceva non reggeva il suo sguardo per più di qualche secondo poi, o lo abbassava trovando evidentemente qualcosa di molto più interessante nei disegni del legno, o cambiava argomento e parlava parlava come se avesse paura del silenzio.

All’inizio pensò che le sue guance erano così rosee d’imbarazzo e i suoi occhi così sfuggenti a causa di quello che era successo la notte scorsa. A causa della sua confessione, della sbornia.. infondo Evelyne Smith era un tipo orgoglioso, una donna che aveva imparato a non mostrare le proprie debolezze a nessuno… magari avergli confessato le sue paure la faceva sentire stranamente nuda adesso, davanti a lui…

Ma.. qualcosa gli diceva.. nel profondo del suo istinto.. e mai sottovalutare l’istinto di un capitano.. che c’era qualcos’altro.. che c’era di più..

Decise d’indagare e tornò a guardarla, cercando di vedere al di sotto delle sue belle e lunghe ciglia nere. “Ti da fastidio?”

“Tutto questo chiasso? Molto.” Rispose lei trovando un mozzicone di candela con cui giocherellare.

“Non quello.- disse indicando con il capo Murder che aveva svuotato la bocca dell’avversario da tanti, piccoli, storti, denti neri.- Io.”

Lei alzò lo sguardo verso di lui che continuò allungandosi verso di lei. “Che io.- disse con il volto vicinissimo al suo e con un accento basso basso da farle accapponare la pelle.- che io sappia, Evy..”

Lei sentì il fiato mancarle. Jack era vicino, troppo vicino.. sentiva uno strano mostro dentro di se ruggire nel suo stomaco improvvisamente più in subbuglio di quando aveva bevuto litri di rum, la testa vuota di pensieri e le mani sudate.. e c’erano loro, gli altri pirati. Jack non si curava degli sguardi della ciurma (anche se pochi si erano accorti che quei due erano ad un soffio) e la guardava, provocandola con lo sguardo e con le sole movenze del viso.

Lei invece sentiva forte su di se gli occhi di Barbossa. E nella mente le parole di Barbossa.

 

… uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una ragazzina…

 

Si distanziò di botto, quasi con uno scatto.  

Il pirata rimase basito dal suo comportamento. Fece per parlare ma la Smith fu più veloce. “Credo di non sentirmi molto bene.. mi gira la testa, qui c’è troppa confusione..”

Improvvisamente videro la scimmia di Barbossa approdare  in mezzo a loro.

E poi, subito dopo di lei, il pirata biondo si fiondò sul tavolo facendo capitolare tutto quanto.

“Sì.- convenne Jack guardando con indifferenza l’altro pazzo e tutto il macello da lui combinato.- andiamo.”

S’alzarono entrambi ma quando Jack si diresse sul ponte, Evy lo fermò. “No!” disse, imperiosa.

 Sul ponte c’era Gibbs. No, forse Gibbs non era del gruppo di Barbossa… o forse si.. insomma che ne poteva sapere lei di chi era con lui e chi contro di lui? Ormai non si fidava di nessuno.

Allo sguardo incuriosito di Jack rispose balbettando: “No, io… non … Jack preferisco stare al chiuso.. forse è meglio che torni nella mia cabina.” Si girò e con le lacrime che premevano forti sulla soglia dei suoi occhi andò a passi svelti nella sua stanza.

Si stupì nel sentire Jack che la prendeva per un braccio. “Posso ospitarti da me?”

 

 

 

 

Il vento gonfiava le vele della grande imbarcazione inglese che solcava le acque rapidamente, con la ferocia di un cacciatore in cerca della sua mirabile preda.

“Signor Khun.”

L’uomo ignorò per qualche istante chi lo cercava e restò fisso a guardare con il cannocchiale davanti a se. Era scosso ogni tanto da piccoli tremiti ma non lasciava la sua postazione, intento com’era a scrutare il mare, ansioso di vedere finalmente all’orizzonte ciò che bramava da giorni.

“Signor Khun.” Richiamò pazientemente l’altro, un giovane soldato, accompagnando la voce con un piccolo gesto, appoggiò la mano sulla spalla del cinquantenne. L’uomo sussultò e si tolse il cannocchiale frettolosamente puntando sul ragazzo uno sguardo un po’ disorientato.

“Sì, dimmi James.”

James Norrington fece un piccolo respiro poi tolse la mano dalla sua spalla, capendo che quella confidenza poteva creare un certo imbarazzo. Puntò i suoi occhi scuri in quelli scintillanti del signor Khun Smith e disse con voce bassa ma intensa. “L’abbiamo avvistata, signore.”

L’uomo sgranò gli occhi e James ebbe l’impressione di vederlo sbiancare, sotto la luce del sole mattutino. “Ne.. ne sei certo, James? Io non ho visto nulla.”

“Dall’altra parte, signore.”  Il ragazzo si voltò indicandogli con il braccio sinistro un altro paio di soldati che scrutavano l’orizzonte con il cannocchiale. “l’hanno avvistata qualche minuto fa. Vele nere, andamento veloce, rotta verso sud.- si voltò verso il suo interlocutore.- è la Perla Nera.” 

Smith intanto aveva distolto lo sguardo e come colto da un mancamento si era appoggiato a parapetto, sospirando forte ed asciugandosi il sudore dalla fronte con un fazzoletto estratto dalla divisa.

“Signor Khun.. signor Khun vi sentite bene?” istintivamente Norrington lo resse, stringendolo forte per un braccio e cercando così di sostenerlo il più possibile, sicuro di vedere l’uomo a terra svenuto tra pochissimi secondi.

L’inglese balbettò un “Si..” davvero molto incerto, così James con un cenno chiamò a se altri due uomini e lo accompagnarono a sedere, in coperta, lontani dal caldissimo sole di mezzogiorno. Lì si fece portare un paio di bicchieri con dentro del buon whiskey, un po’ forte ma sicuramente efficace per gli abbassamenti di pressione. “Ecco, bevete.” Continuò il ragazzo porgendone uno all’uomo che lo accettò di malavoglia.

Khun si aprì il colletto della divisa e sospirò, passandosi una mano tra i capelli neri brizzolati da parecchi fili argentei.

James era sicuro che, se non ci fosse stato lui, Khun Smith avrebbe pianto. La sua era disperazione, altro che pressione bassa.

Fecero un piccolo brindisi poi entrambi ingurgitarono il liquido arancio metallico.

“Attaccheremo?”

L’altro annuì con vigore. “Non appena saranno alla portata dei cannoni.”

“è..- esitò distogliendo lo sguardo per l’ennesima volta.- …è proprio necessario…. Ah, che  diamine! Lì c’è mia figlia, Norrigton!”

L’altro lo fissò giocherellando con il bicchiere. “Se non lo faremo noi lo faranno sicuramente loro non appena si accorgeranno che ci hanno sulla rotta. I pirati non sono molto inclini alle trattative..”

L’uomo sembrò ancora più sconvolto. “Dobbiamo.. dobbiamo prenderla viva, lo sapete, vero?”

James annuì ma il suo sguardo si fece improvvisamente severo e duro.

Conosceva Evelyne da quando era piccola, da quando flirtava solamente con Charles, conosceva e voleva bene ad Evelyne come un uomo può amare la ragazza di suo fratello, come un parente può amare una sorella.

Rispettava Khun Smith ma lo odiava con tutto se stesso. Se Evelyne aveva ucciso l’assassino di Charles Norrington, suo fratello, per lui era un’eroina, non un’assassina. Aveva avuto il coraggio di seguire il proprio istinto e per quanto l’omicidio fosse una realtà condannabile, lui non riusciva a braccarla come un branco di cacciatori fa con una volpe assassina di decine di polli.

Soprattutto perché la caccia era iniziata a causa dell’uomo che aveva di fronte.

Il padre di Evelyne.

Un padre che aveva denunciato la figlia.

Amaramente, James pensò che adesso quell’uomo scontava tutte le pene per quell’ atto così innaturale per un padre ( che di norma dovrebbe proteggerli i figli, non gettarli nelle braccia del boia).

Eccolo, Khun Smith, l’uomo tutto d’un pezzo che onorava le leggi e il proprio re, l’uomo che per dimostrare quanto fosse determinato a catturare la figlia rea d’omicidio stava tutto il giorno con il cannocchiale puntato all’orizzonte perché nessuno potesse dubitare di lui.

Eccolo, adesso. Quasi febbricitante, tremante ed insicuro, tormentato. Perché quando Evelyne si era salvata dall’impiccagione aveva tirato un inconfessabile respiro di sollievo e, chi lo sa,  forse aveva sperato con tutto il cuore che quella maledetta nave non venisse rintracciata mai.

Anzi,  magari era rimasto lui di vedetta proprio per non avvertire gli altri dell’avvistamento.

Quel pensiero gli trasmise un gran senso di pena per quell’uomo. Un soldato ed un padre. 

Diviso tra quello che è vuole fare e quello che deve fare.

Tuttavia si rimaneva increduli al pensiero che un padre, per quanto onesto possa essere, possa altresì  sopportare la vista della figlia appesa con un cappio al collo.

James si liberò da quei pensieri con una scossa del capo.  “Lo so, signor Khun.” La sua voce vibrò d’odio e questo Smith lo capì benissimo. “Ma un attacco non può essere evitato. Se oltre a sua figlia riusciamo a mettere le mani anche sulla nave ed affondarla, allora sarà un vero successo. Ci sono anche altri gruppi di aggregazioni piratesche nei Caraibi ma riteniamo che la Perla Nera sia l’ultima vera minaccia per la corona britannica.”

L’uomo non l’ascoltava con attenzione, i suoi occhi viaggiavano inquieti sul suo interlocutore o sul tavolo o nel suo bicchiere, denotando un grande spasmo interiore.

“Un attacco.. potrebbe però compromettere la vita dell’evasa.- parlava della figlia con un’impersonalità che stonava con lo stato emotivo in cui l’uomo versava.- potremmo iniziare una trattativa…”

Quel comportamento infastidì presto James che decise di abbandonare l’abituale contegno e dire per una volta quello che quell’uomo si meritava senza tante moine. “Come mai tanta preoccupazione per la vita di Evelyne Smith, signor Khun?” non a caso mise il cognome nella frase. “Deve morire comunque, no?”

“Non.. non è certo…- balbettò l’altro, distogliendo lo sguardo.- ho fatto domanda per la…grazia… ho chiesto al re che venga graziata…forse ”

James sgranò gli occhi, incredulo. Forse il padre aveva preso il sopravvento sull’uomo?

“Adesso è tardi, signore. Troppo tardi per ogni ripensamento..”

S’alzò, disgustato, e lasciò quell’uomo solo con il suo giusto tormento. 

 

 

 

 

 

Evelyne non seppe nemmeno perché lo seguì nella sua cabina.

Non riusciva a non pensare a quello che le aveva detto quel dannato pirata, rivedeva davanti agli occhi Barbossa e le sue minacce, sentiva ancora la sua stretta attorno alla gola. Dannazione, lei non voleva non voleva! Non poteva pensare ad un ammutinamento, lei voleva salvarlo, voleva che lui restasse il capitano.. ma non poteva parlare! Altrimenti l’avrebbe ucciso lei stessa!

Jack la riportò drammaticamente nel suo mondo. “Evelyne che c’è?” le chiese brutalmente scuotendola.

Lei lo fissò intensamente, un po’ spaesata. “Niente.”

“Tesoro.- esordì lui con un piglio estremamente esperto.- il mio grande intuito e conoscenza riguardo l’universo femminile mi suggerisce l’idea che tu abbia un problema.” Sorrise. “Avanti. Fuori il rospo.”

 

…Conservate il vostro segreto e Jack non morirà…

 

Lei distolse prepotentemente lo sguardo. “Ti ho detto che non ho niente. Sei peggio di una comare invidiosa, insomma, vuoi smetterla d’essere così curioso?!”

Lui le appoggiò presuntuosamente una mano sulla pancia. “Eccolo qua il tuo problema.- tastò il suo stomaco come un dottore. – sento un grosso, grosso magone..”

Lei arretrò, roteando gli occhi “è arrivato il dottore..”

“Ehi io sono un capitano.”

“Non un dottore.”

“E che cos’ha in più un dottore, sentiamo? Io ho una nave.- altra fitta nel cuore di Evy.- una ciurma, il mare e…” la fissò intensamente sospendendo quel discorso sconclusionato.

“E?” domandò lei con il fiato improvvisamente corto.

“… La possibilità d’aiutarti qualora tu lo voglia.” Evelyne s’accorse che la mano del pirata era ancora lì, sul suo ventre, e bruciava sulla sua pelle, come se riuscisse a trapassare anche l’ostacolo del vestito. “Ovviamente deve esserci anche un buon riscontro per me, intendiamoci.”

Evelyne avrebbe voluto ringraziarlo, davvero. Era così disponibile, così dolce nei suoi confronti.. ingoiò il magone più amaro della sua vita e fissò l’uomo con gli occhi lucidi.

Una sola parola, una sola richiesta le urlava nella mente in quel momento. Sicuramente quello non era il frangente adatto, la situazione non era delle migliori eppure il suo cuore non voleva sentire ragioni e urlava quella necessità così forte che  era sicura che prima o poi dalla testa le sarebbe passata nella bocca e sfuggita dalle labbra.

“Baciami.”

Jack rimase stupito nell’udirlo quanto lei nell’averlo detto sul serio.

Tossicchiò. “Ehm..”

Evelyne non era disposta a dirlo di nuovo. Ma non poteva nemmeno tornare indietro, non se lo sarebbe mai perdonata.

Così lo baciò.

Fu un atto del tutto irrazionale, senza motivo, che lasciò senza dubbio sorpreso anche l’interessato: sentì benissimo lo stupore dell’uomo non appena lei premette forte le labbra sulle sue. Evy si distaccò subito dopo, sentendosi improvvisamente molto stupida. Lui l’osservò, quasi basito.

E senza dire nient’altro questa volta fu lui a baciarla esigendo, però, che lei schiudesse le sue belle labbra vermiglie e gli desse finalmente accesso alla sua bocca. Evelyne non oppose resistenza e anzi lo strinse a sé più forte che poteva sentendo in quel momento il bisogno fortissimo di stare con lui, di sentirlo vicino, tra le sue braccia.

Jack la baciò con tutta la passione soffocata degli ultimi giorni quando aveva desiderato mille volte farlo ma aveva atteso, pazientemente, che fosse lei a fare il primo passo verso di lui. La prese per la vita e nonostante la sentisse lamentarsi un po’, la sollevò fino a farla sedere sul  grande tavolo, sopra le sue adorate mappe.

I loro volti erano alla stessa altezza ora e lei poteva contemplare il nero profondo dei suoi occhi così da vicino da temere di smarriticisi dentro. Soffocò un gemito quando lui le sollevò la gonna fino alla cintola facendole passare le sue rudi mani da pirata sulla pelle liscia delle sue gambe.

Deglutì a fatica abbracciando quel corpo irrobustito da tanti giorni in mare con le sue esili braccia da nobildonna, la sua pelle chiara di giovane sempre chiusa in casa in contrasto con quella abbronzantissima di lui, cotto al sole notte e giorno.

Jack baciò di nuovo la bocca e poi il collo di lei che mettendogli una mano sulla nuca lo guidava lungo la sua spalla, mordendosi il labbro inferiore con i denti.

Ecco, tra le sue braccia, così, si sentiva finalmente completa, felice, appagata. Amata.

Che cosa avrebbe fatto quando l’ammutinamento si sarebbe compiuto?

E Jack? Che cosa avrebbe detto di lei, una volta scoperto che era al corrente di tutto?

La Perla Nera era la sua Nave. La sua vita. E lei stava contribuendo a togliergliela.

L’avrebbe odiata, scacciata, respinta.

Il pensiero di essere condannata e allontanata anche da lui, dall’unico uomo che aveva accettato di accoglierla con se quando il mondo la voleva morta appesa ad una corda, la fece sprofondare nella disperazione. Ma perché doveva portare alla distruzione ogni uomo che amava?

S’accorse di singhiozzare, abbracciata a lui, e sentiva le lacrime correrle veloci sulle guance.

Jack si fermò, un po’ titubante, con un sorriso sornione stampato in volto.

“Ehi..”

“Va tutto bene..- disse prontamente.- tutto bene..”

“Lo so. Faccio sempre un effetto sconvolgente alle donne..” lei rise tra le lacrime e cercò di nuovo le sue labbra che lui non le negò affatto.  Con abile mano –ora si trattavano di indumenti femminili, eh eh.-  corse a scioglierle i lacci che dietro la schiena s’intrecciavano a sostegno del corpetto.

“Questa volta sono molto più bravo, no?” le sussurrò all’orecchio tra i suoi cespugliosi capelli ricci.

Un improvviso botto alla porta fece sussultare entrambi. Non ebbero nemmeno il tempo di chiedersi che stava accadendo che Gibbs irruppe nella stanza, come tra l’altro era suo costume fare, gridando. “Capitano, Capitano, Cap..” la voce si stoppò in gola sotto la visione di Evelyne che si sistemava la gonna, accavallava le gambe (prima intrecciate attorno al suo partner) e si metteva a posto la scollatura del vestito che Jack aveva sapientemente ampliato.

Il capitano, dal suo canto, osservava l’uomo con un cipiglio altezzoso. “Ebbene?” disse con arroganza mista a irritazione. Gibbs distolse immediatamente lo sguardo dalla giovane.

“Ehm capitano..- balbettò quasi indeciso.- ah.. la marin la britan .. la..”

“La marina Britannica?” la voce argentina di Evelyne lo fece risvegliare.

“Esattamente! Avvistata, l’abbiamo avvistata! Ci sono alle costole, capitano.”

“Visto Gibbs?- esclamò il pirata sistemandosi la camicia. –maledetti inglesi.. sempre a rompere i cogl..”

“Come procediamo signore?”

“Avverti gli uomini, ordina di preparare i cannoni e disporsi per la battaglia. Presto!” Gibbs volò fuori dalla cabina. Sparrow regalò un ultimo sguardo alla ragazza, dicendo.

“Il tuo paparino ha deciso di venirti a fare un saluto proprio nel momento meno opportuno, a quanto pare …tempismo perfetto.”

Lei gli lanciò un sorriso che sapeva più di nervosismo che d’altro.

“Andiamo a vedere che succede.” Mormorò allontanandosi a malincuore da lei e dalla sua cabina.

Evelyne scese dal tavolo, sospirando, si sistemò ulteriormente il vestito ed uscì dalla stanza, seguendo a ruota Jack.

Urlò non appena sentì qualcuno prenderle forte il braccio e torcerglielo dietro la schiena.

“Calma, calma, Miss..” la sua voce la raggiunse all’orecchio sinistro.

Di nuovo Barbossa, di nuovo lui.. si divincolò dalla sua presa con uno scatto furioso. “Ancora voi?” i suoi occhi se fossero state spade l’avrebbero di sicuro infilzato. “ma che cosa volete ancora da me?”

“Sul ponte, sul ponte, gli inglesi si avvicinano!” sentì bene le grida degli altri pirati che correvano di qua e di là abbandonando i loro divertimenti.

Era lampante che la flotta si trovava lì per lei.

Il primo ufficiale si voltò verso di lei con un sorriso vittorioso. “Forse avevate ragione, Evelyne.”

Lei aggrottò la fronte.

“Di che parlate..”

“Tutta la ciurma sa per che cosa.. o per meglio dire.. per chi la flotta è qui. –pausa.- Adesso credo che gli uomini aggiungeranno un altro motivo alla loro lista… VOI.”

E ridendo aspramente s’incamminò sulla scala che l’avrebbe condotto al ponte, sotto lo sguardo smarrito di Evelyne Jane Smith.

 

 

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

“è per questo??” urlò la ragazza faticando a contenersi. “sono i miei sentimenti per Jack che lo hanno portato ad essere malvisto da tutta la ciurma?”

“Non datevi così tanta importanza, mis

"

 

  
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