Ciao a tutti, eccoci arrivati al
finale. Anzi non è preciso, questa è la prima parte del tanto atteso finale che
sto lentamente scrivendo in questi giorni, da quando sono tornata dalla
Sicilia.. ho deciso di dividerlo in due parti perché già così siamo arrivati a
16 pagine, stendere tutte le idee che avevo in proposito in un unico
aggiornamento sarebbe stato davvero troppo pesante.. così eccovi “A Good Man.-part one.”
Stendendo il capitolo ho cercato di fare tesoro dei consigli che mi avete dato con tutte le vostre numerosissime recensioni, sempre molto belle e costruttive per le quali non smetterò mai di dirvi grazie… spero di essere riuscita nell’intento, questa è solo la prima parte del finale però si iniziano ad intravedere molte cose anche se le risposte alle domande circa la misteriosa scomparsa di Evy dalla vita di Jack le avremo nella seconda parte e nell’epilogo…
Mi dilungo ancora un po’ con i ringraziamenti volendo dedicare un pensiero particolare a coloro che hanno commentato il capitolo avviso e chi ha lasciato un commento alle ultime righe del settimo che sotto il vostro pronto consiglio ho modificato..
Ringraziamenti:
Apple: Ciao Ire, amica mia, assolutamente non devi dispiacerti per avermi sottolineato il collegamento con lo sceneggiato. So che non c’era malizia, né in te né negli altri quindi non c’è nulla di male in quello che hai detto.. Grazie per il tuo appoggio, per i tuoi consigli, per tutto quello che mi dici sempre, per lasciare ogni volta la tua firma infondo ad ogni mio lavoro.. Grazie di tutto amica mia. Spero di riuscire a ripagarti con un bel capitolo. Un bacio, ti voglio bene.
Black_kisses: Ciao! Ma no, non devi credere che la tua recensione fosse odiosa,non ti nego che per me è stata un pugnetto al cuore, però non perché tu sia stata maleducata o sgarbata, anzi! Sei sempre stata costruttiva in tutti i tuoi commenti e te ne sono davvero grata perché mi hai sempre sottolineato ciò che non andava, quello che ti piaceva e quello che invece non poteva starci, senza mezzi termini. E questo per uno pseudo-apprendista-scrittore non può che essere un bene,no? E poi pubblicando ci si espone automaticamente alle critiche ( e anche alle lodi per fortuna!) della gente, quindi sarebbe da sciocchi accettare solo ciò che ci fa più comodo.. anche delle sane critiche fanno parte del gioco, quindi..
No, l’unica cosa che mi dispiaceva è quella di averti deluso e quando ho letto il tuo commento positivo sul finale cambiato ho iniziato a tirare un piccolo sospiro di sollievo.. tengo molto l’opinione di tutti voi e il vostro giudizio è davvero veramente prezioso! Sì, purtroppo Evelyne dovrà uscire di scena, è la triste realtà… il prossimo capitolo ci svelerà tutto tutto quanto! Anch’io mi sono affezionata a te a tutti voi, non posso pensare che la storia è sul serio agli sgoccioli! Un bacio e grazie ancora di tutto!
Gaki: ciao! Grazie mille, tesoro, per il tuo commento è stato davvero edificante! Ho apprezzato moltissimo le tue parole per Jack e sono immensamente felice del giudizio positivo che tu dai alla mia storia e al mio nuovo personaggio.. ti ringrazio infinitamente per la tua recensione e spero che non mi farai mancare il tuo commento in questi successivi ultimi capitoli… mi piacerebbe sapere che ne pensi, per me è importante! Un grazie infinito, un bacio!
LillySparrow: Ciao! Carissima, eccoci qua quasi al ranch finale. Devo dire che ho un po’ paura, spero di non deluderti! Penso sia inutile dire quanto affetto provo per te e quanta gratitudine ho nei tuoi confronti, ogni volta che leggo le tue mail mi fai arrossire di complimenti, oddio, spero di meritarli sul serio! Approfitto del piccolo spazio per risponderti che non mi arrabbio di certo se hai stampato la mia storia per poterla leggere anche in vacanza.. ma scherzi? Per me è un ONORE! Grazie sul serio, Lilly, un bacione grande!
JhonnyJack: ciao! Cara, i tuoi commenti mi fanno sempre sbellicare dalle risate! Dico sul serio! Ma no, tranquilla non tramuterò Evy in AnnaMaria, le voglio troppo bene per farle questo! (certo qualcuno potrebbe obbiettare: ammazza che bene, gliene hai fatte passà di tutti i colori.. beh, non avete torto!^^) Eh si purtroppo siamo quasi alla fine… spero che ti piaccia! Un bacio a presto!
Eleuthera: Ciao! Grazie mille per l’incoraggiamento Ele, mi ci voleva proprio! Ho apprezzato molto il tuo commento, sei stata come sempre davvero gentilissima… a volte ho pensato di aver esagerato un po’ in quello che una mia amica chiama “delirio dell’onnipotenza!” cioè quando un autore si sente in grado di far fare ogni cosa al suo personaggio.. specialmente con Jack ho temuto un sacco di volte di snaturarlo… poi però quando ho letto le vostre recensioni mi sono rinfrancata, siete stati davvero una boccata d’ossigeno! Un bacio grande alla prossima!
Luluzza: ciao! Grazie per il commento, Luciana, sono contenta che benché tu avessi apprezzato anche l’altro finale, l’arrangiamento nuovo non ti sia dispiaciuto! Sì, ho creduto anch’io che fosse una soluzione più alla “Jack’s style” … è già un po’ di onnipotenza a volte ce la vuole, spero solo di non andare troppo oltre il seminato! Grazie di tutto, un bacio, a presto!
Un abbraccio caloroso anche a chi non ha commentato ma ha solo letto questa storia.
Dediche: Vorrei dedicare questa metà finale alla mia amica LillySparrow per ringraziarla delle sue mail (e per scusarmi del ritardo con cui io rispondo sempre!^^), del suo appoggio e del suo affetto.. sei davvero preziosa, Lilly, grazie!
Buona Lettura,
Diomache.
Capitolo VIII: A Good
Man
-
Part
One -
Evelyne
si stava svegliando. Si muoveva lentamente nel letto, in dormiveglia, con gli
occhi ancora chiusi e la bocca arricciata, come se qualcosa la infastidisse. Ed
in effetti era proprio così. Si agitava e respirava male ma questa volta non
c’era nessun fantasma di Charles nella sua mente, né le parole orribili di suo
padre.
Si
sentiva osservata.
Pur
nel sonno sentiva forte la presenza di qualcuno accanto a lei, sentiva il suo
fiato pizzicarle la pelle del collo e del volto e il suo odore strano misto tra
mare e rum colpirle le narici con forza. Sentiva la sua presenza e il suo
inconscio le chiedeva insistentemente di svegliarsi.
Quello
stato si dormiveglia finì quando oltre a quelle sensazioni giunse alle orecchie
di Evelyne anche un rumore, proprio accanto a lei, che ebbe il potere di
svegliarla.
La
ragazza si curò bene di non aprire subito gli occhi. Non poteva fidarsi
ciecamente di quelle sensazioni, era in dormiveglia, per niente lucida, senza
contare che le numerose avventure che ultimamente aveva passato al fianco di
Jack l’avevano fatta diventare a tratti un po’ paranoica.
Riempì
i polmoni di ossigeno e pensò che era solo un sogno, uno di quelli così
realistici che poi si finisce per credere che siano realtà.
Eppure
quelle spiacevoli sensazioni non finivano.
Le sue
labbra si mossero, quasi per urlare ma poi lei le serrò nuovamente, dandosi
anche della deficiente. Se non c’era nessuno accanto a lei o immediatamente
sopra di lei, avrebbe messo in subbuglio la nave per nulla e non sapeva nemmeno
se fosse giorno o ancora notte inoltrata.
Decise
di aprire piano gli occhi, augurandosi che tutto questo fosse solamente un
postumo della sua nottataccia.
Nonostante
fosse intimamente preparata a quello che poteva esserci nella realtà e avesse
ormai sviluppato una buona dose di
coraggio, quando i suoi occhi azzurri focalizzarono la figura di un uomo
vicinissimo a lei, non poté fare a meno di cacciare un urlo.
Urlo
che venne mozzato nemmeno a metà con un gesto brusco e pronto dell’uomo che le
mise prontamente una mano sopra la bocca, sghignazzando.
“Buongiorno
Miss. Vi siete spaventata? Oh, non era mia intenzione..”
Anche
se non lo vedeva ancora bene per via della penombra della sua cabina, Evelyne
non ebbe incertezze: Barbossa. Il sarcasmo e la profondità della sua voce non
lasciavano spazio ai dubbi. Nonostante fosse qualcuno che conosceva
“relativamente” bene e non un grezzo mozzo qualunque non riuscì a
tranquillizzarsi.
Il suo
petto si abbassava e s’alzava velocemente seguendo il ritmo frenetico dei suoi
respiri e del suo cuore agitato.
Questo
fece sorridere il primo ufficiale che allentò piano piano la mano dalla
scarlatta bocca di lei, assicurandosi che non avrebbe urlato ancora. “Molto
bene.” Disse con un grugnito che alla giovane non piacque affatto.
Fu
quando vide gli occhi dell’uomo posarsi sul suo corpo che Evelyne si ricordò di
essere quasi nuda nella sua veste da camera. Con uno scatto si tirò su
velocemente le coperte fin sotto il collo e non poté nascondere a se stessa che
questo le stava creando un imbarazzo non indifferente: si era sempre fatta
vedere vestita o vestita da uomo e tutti l’avevano rispettata. Ma adesso aveva
motivo di pensare che Barbossa l’avesse voluta sorprendere nella sua cabina per
farla apparire esattamente qual era: una donna indifesa.
Evelyne
arrossì e quasi distolse lo sguardo. “Siete impazzito?- nonostante la situazione
non lasciò che anche il suo tono di voce fosse debole come tutto il resto.- che
diavolo ci fate qui?”
L’uomo
sorrise aggiustandosi il cappello e finalmente posò lo sguardo sui suoi occhi.
“Un’accoglienza decisamente poco calorosa.- commentò.- eppure non credo che sia
la prima volta che un uomo metta piede fra queste mura, dico male
Miss?”
L’inglese
esibì uno sguardo torvo. Era ovvio che il coinvolgimento che ultimamente c’era
stato tra lei e Jack non potesse rimanere inosservato a lungo ma precisamente
quanto ne sapevano Barbossa e tutto il resto della ciurma? E soprattutto quella
era una battuta colorita nel suo stile oppure nascondeva qualcos’altro? Il suo
attaccamento a Jack poteva metterlo nei guai?
Non
seppe cosa rispondere e preferì non farlo.
Il suo
comportamento rubò un altro sorriso al pirata che inclinò lo sguardo di lato,
come uno che sa esattamente la verità. “Già- continuò- certe cose non si
confessano. Sono brutte sbandate..”
“Non
avete ancora risposto alla mia domanda.” Evelyne cercò di darsi maggior
contegno. Si sedette e si caricò finalmente di uno dei suoi tipici sguardi
pungenti.
“Io
nella mia cabina faccio entrare chi voglio. E il vostro modo assolutamente
inappropriato di entrare mi..”
“Ma
voi sapevate che noi due avremmo avuto un colloquio, Miss Evelyne. Ve lo avevo
già annunciato, ricordate?” la sua voce aveva qualcosa di pericoloso e di
terribile che la fece tremare.
L’accenno
a quell’argomento le fece venire un buco allo stomaco ed istintivamente le mancò
il fiato dai polmoni: l’ammutinamento.
“Vedo
che cominciate a rammentare, ne sono felice.” Probabilmente la sua espressione
turbata era stata molto eloquente.
Barbossa
si sedette sulla sedia lignea che fino a quel giorno era stata occupata
solamente da Jack ed esclamò fissandola.
“Dite che la mia è scortesia.- continuò l’uomo.- ma quel giorno io vi
sorpresi ad origliare alla mia porta e questo non credo che sia affare da
nobildonna.”
Lei
roteò i bei occhi azzurri. Un pirata che le faceva la
morale?
“Suvvia
siete perdonata.- questa volta Evelyne rispose a quel sarcasmo inarcando
profondamente un sopracciglio.- ma ad una condizione molto precisa,
s’intende.”
“Non
me ne faccio nulla del vostro stupido perdono, Barbossa.” Pregò Iddio che la sua
voce risultasse posata e priva d’emozione. Ma purtroppo quando di mezzo c’era il
destino e forse la vita di Jack non le risultava facile recitare la parte
dell’impassibile. “E non voglio sottostare a nessuna condizione perché quello
che state per fare è abominevole e non avete alcun motivo per farlo!” alla fine
la sua voce si piegò in urlo.
“Jack
Sparrow.- mise anche il cognome per apparire più disinteressata.- è un ottimo
capitano e vi ha condotto passo passo alla soluzione di tutto per arrivare a
quel dannato tesoro. Senza di lui e del suo intuito voi sareste stati
persi..”
L’uomo
scoppiò in una agghiacciante risata. “Incantevole.”
Lei
aggrottò la fronte. “Che cosa.” Domandò piano.
“La
vista di una donna innamorata, ecco cosa.- lei sentì mancare un battito. Era la
prima volta che si confrontava con quello che realmente provava per Jack.- miss
Evelyne voi vedete un gran capitano. Io invece, e con me tutta la ciurma, vedo
uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una
ragazzina.”
“Dunque
è questo?” urlò. “ è il mio.. – faticò a trovare la parola giusta.-
attaccamento… per Jack che lo ha portato ad essere malvisto da tutta la
ciurma?”
“Oh,
non datevi troppa importanza, miss Smith.” tono piatto e quasi canzonatorio
quello di lui. “Jack era in rovina già da molto prima che arrivaste voi. La
verità è che con Virago Jack Sparrow ha scavato da sé la sua fossa e si è
dimostrato qual è in realtà: un pessimo capitano.”
La
fanciulla rimase quasi senza parole. “Virago..” ripeté piano. “Che cosa
significa?”
“Nulla.-
rispose, vago.- è il nome di un vecchio mercantile che Jack non volle affondare.
Il più grande errore della sua vita.” il tono del primo ufficiale si era
caricato di odio e di sdegno e il suo livello di voce si andava alzando ad ogni
parola.
“Che
cosa accadde?” Tutto le faceva presagire che Barbossa avesse voglia di
raccontarlo.
Lui
sospirò ma non si dimostrò riluttante. “Anni fa una tempesta ci aveva sbattuti
in mezzo all’oceano, senza punti di riferimento e senza scorte che ci bastassero
per sopravvivere parecchi giorni in mare come invece avremmo dovuto fare. Il
mare era sempre in burrasca e impediva grandi manovre, non sapevamo bene dove ci
stavamo dirigendo..- sbuffò.-
l’oceano si prendeva gioco di noi e dei nostri tentativi di riprendere
una rotta.”
Gli
occhi grigi di Barbossa erano pieni di fervore e durante quel racconto si
puntavano in quelli di Evelyne con così tanta violenza che la ragazza iniziò a
sentire forte il peso di quello sguardo su di se.
“Finché
non avvistammo un mercantile. Era il Virago. Lo riconoscemmo subito e capimmo
contemporaneamente dove eravamo dato che quella sorta di mercantile percorreva
ogni anno la rotta tra l’ Europa e l’America. Eravamo salvi. Sarebbe bastato
attaccarlo e depredarlo per avere ciò che volevamo.”
I suoi
occhi lo pregarono di continuare.
“Ma il
vostro Jack ci impedì di farlo.- disse ringhiando.- e sapete perché? Per degli
stupidissimi bambini.”
Evelyne
aprì la bocca senza essere capace di dire nulla.
“Oh
si, avete capito bene Miss. Quello stupido mercantile non trasportava più
solamente stoffe e spezie come sapevamo noi. I nostri uomini avvistarono al suo
interno circa cinquanta mocciosi urlanti.”
“Che
ci facevano in una nave del genere?”
“Che
diavolo volete che ne sappia!” il suo scatto d’ira la fece sobbalzare sul letto.
“ Sparrow impedì l’attacco e perfino l’abbordaggio. Cercammo di far ragionare
quel pazzo, gli spiegammo che in
quel modo ci stava condannando a morire di sete ma lui non volle sentire
ragioni!! Siamo ancora vivi, miss Evelyne, perché quattro giorni dopo
incrociammo per pura fortuna un'altra nave. Trasportava
cibo.”
Solo
quando quel racconto terminò Evelyne si rese conto di essere stata con il fiato
sospeso tutto il tempo.
“La
stella di Jack Sparrow è decaduta in quel preciso
istante.”
“Avreste
sul serio ucciso dei bambini..”
“Era
la loro vita in cambio della nostra.”
“La
vita di alcuni bambini innocenti vale di più di quella di sporchi assassini.-
deglutì.- e voi biasimate Jack per aver capito questo?”
“Un
uomo che non tenga alla sua ciurma e alla sua nave più di se stesso e della sua
anima non è degno di esserne il capitano.” Rispose meccanicamente l’altro,
distogliendo lo sguardo.
“Siete
spregevole.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire ma le uscì dritto dal cuore. “ed
è tutto qui?”
L’uomo
aggrottò la fronte.
“Andiamo.-
continuò lei.- non può essere finita. Il vostro odio per Jack è molto più
connaturato di quello che mi avete raccontato.”
“Non
c’è più nessun’ altra appassionante storia, Miss.” Barbossa aveva perso il
calore di poco prima ed era tornato freddo e sarcastico. Tagliente quasi. “la
ciurma lo odia e non è più incline ad eseguire i suoi ordini. Ed io voglio la
Perla.”
Lei
strinse le labbra ma non disse nulla.
“Sono
tempi difficili e serve un uomo di carattere per portare tutti al successo e
Sparrow non lo è.- pausa.- ora. Quello che mi preme siete
voi.”
Evelyne
si scoprì stranamente forte, non tremò a quelle parole anche se il tono che
l’uomo aveva usato non faceva presagire nulla di buono per lei.
“Il
vostro comportamento è quanto mai insolito.- sorrise l’uomo- è palesemente ovvio
che ne siete innamorata. Eppure non avete ancora parlato di ciò che sentiste
quel giorno, vero?”
La
ragazza si sentì morire. Avrebbe dovuto farlo decine e decine di volte ma il
tempo e le avventure che si erano susseguite glielo avevano sempre impedito.
Colpevole, abbassò lo sguardo deglutendo lentamente.
Barbossa
sorrise, soddisfatto. “Siete stata brava. E per il bene di tutti vi consiglio di
proseguire su questa linea. Sempre che vogliate il bene di Sparrow
ovviamente.”
Evelyne
Jane Smith alzò i suoi occhi azzurri su di lui. In quell’istante Barbossa ebbe
l’impressione di trovarsi di fronte ad una leonessa piuttosto che ad una donna.
Sarà per la sua chioma riccia o per quegli occhi gelidi che gli puntava addosso.
“Che
cosa intendete dire.”
L’uomo
si alzò dalla sedia con un atto quasi di congedo. “Che dovete rassegnarvi.
Qualsiasi cosa farete o direte non cambierà lo stato delle cose. Tutto ciò che
vi ho detto, che avete sentito, accadrà nell’arco di poche ore e non c’è nulla
che potete fare per impedirlo, Miss.”
Lei
scattò in piedi fregandosene se non era molto vestita. Si parò di fronte a lui
alzando il bel naso aquilino per fissarlo meglio negli occhi dato che l’uomo la
sovrastava con tutto il capo.
“Jack..”
“Jack
morirà.”
Quelle
parole le gelarono il cuore. Sentì come se la vita le fosse uscita via
dall’organismo come un sospiro.
L’uomo
sorrise crudelmente. “O forse no. Potete salvarlo, se volete. E badate che è
l’unica cosa che possiate fare. Forse a discapito della vostra vita ma tra
innamorati a queste cose non si bada, giusto?”
Lei
era ancora scossa da quello che aveva sentito per elaborare una risposta
tagliente adeguata alla domanda. “Ditemi solo come.”
Barbossa
sorrise, vedendo che aveva fatto centro nel punto giusto. Ormai era fatta.
Allungò
una mano e con un gesto improvviso le prese il bel collo, stringendolo forte
sotto la sua stretta. Evelyne fu del tutto impreparata e si lasciò afferrare
come una bambina si fa sculacciare dalla mamma. Benché subito cercasse
disperatamente di liberarsi da quella morsa, l’uomo la teneva in pugno con una
facilità sorprendente.
Con il
pollice della stessa mano con cui la stringeva le accarezzò le labbra in un
gesto quasi lascivo e per un attimo Evy ebbe davvero paura. “Basterà serrare
queste belle labbra, Miss.”
La
ragazza non riusciva a parlare ma i suoi occhi di ghiaccio sembravano volerlo
trapassare.
“Conservate
il vostro segreto e Jack non morirà. Posso avere la vostra
parola?”
Lei
strinse gli occhi.
La
verità è che per lui avrebbe fatto di tutto. E preferiva pensarlo vivo e senza
la sua nave che morto, impiccato all’albero maestro.
Annuì
alla risposta di Barbossa.
Lui la
lasciò andare quasi a malincuore osservandola altezzosamente mentre lei tossiva.
“Ma io
voglio la vostra.- continuò poi la ragazza con voce rauca.- ditemi che non lo
ucciderete.”
Barbossa
le porse la destra. “Giuro di non farlo.”
“Che
ne farete?”
“Lo
abbandoneremo da qualche parte. Vivo. - sorrise.- se voi non
parlerete.”
Pur
riluttante Evelyne strinse quell’odiosa mano che le veniva porta. “Avete la mia
che non fiaterò.”
L’uomo
grugnì di soddisfazione e s’avviò all’uscita.
Prima
di andarsene gettò un ultimo sguardo alla donna dietro di lui. Era visibilmente
scossa e spaventata, finalmente aveva perso quel ghigno superbo che le aveva
visto sin dal primo momento e che sin dall’inizio aveva desiderato toglierle
dalla faccia.
Eppure
c’era qualcosa che non andava. Nonostante lui le avesse menzionato la
possibilità che lei venisse uccisa, Evelyne non gli aveva chiesto proprio nulla
riguardo le proprie sorti. Possibile che non tenesse alla vita nemmeno un po’?
Tutta questa trattativa per Jack e non una sillaba su quello che aspettava a
lei, invece, adesso che cambiavano i colori della nave su cui era
imbarcata?
I suoi
occhi grigi incontrarono di nuovo quelli di ghiaccio di lei.
Incredulo
vi lesse ancora quello sguardo superbo e superiore. Non si era
cancellato.
Come a
dirgli che nonostante la sua forza bruta, nonostante quello che avrebbe potuto
farle, lei era più forte. Perché non le interessava.
Grugnendo
di rabbia l’uomo se ne andò velocemente sbattendo forte la porta.
C’era
una confusione terribile quella mattina in coperta, una baldoria nemmeno
immaginabile. Il vento freddo e una mattina decisamente tutto meno che
incantevole, con la nebbia e una pioggerella leggera ma fitta che dava insieme a
un cielo grigio e plumbeo l’idea di lugubre teoricità, aveva spinto tutti a
rifugiarsi dentro.. tutti tranne Gibbs che Jack aveva elegantemente nominato
timoniere.
“E
avvertimi se avvisti qualcosa che non va in quella piacevole nebbiolina,
comprendi?” gli aveva gridato dietro il capitano.
“Piacevole
nebbiolina.- borbottò l’altro, grugnendo.- c’è un tempo spettrale
oggi..”
Jack
allora aveva inarcato un sopracciglio.
“Quello
che voi comuni marinai non potete capire e quindi quello che mi fa diverso da
voi, niente di meno sono il vostro capitano, un capitano deve avere sempre
qualcosa di diverso dagli altri marinai altrimenti verrebbe meno la ragione
principale che lo rende tale..”
Gibbs
fece un colpo di tosse, battendosi forte il pugno sul petto per interromperlo.
Jack
s’era quindi stoppato un secondo, poi proseguì poi con l’indice destro alzato.
“Suddetta ragione è che un capitano vede oltre, Gibbs. Oltre ciò che vedono gli
altri. La nebbia sarà antipatica ma ci rende praticamente invisibili.- sorrise,
intrigato.- e con Gattopardo e la Marina Britannica alle calcagna io dico che
questo è tutto molto molto piacevole.”
Gibbs
aveva annuito e si stava dirigendo verso il proprio lavoro quando una domanda
gli balenò nella mente. La marina britannica?
“Ehm
chiedo scusa, capitano.- riprese, confuso.-.. la marina
Britannica…?”
Sparrow
si rese conto d’aver parlato un po’ troppo. Sapeva dei malumori che
serpeggiavano subdoli tra i suoi uomini e non voleva certo metterci il carico da
undici dicendo che avevano sulle loro tracce oltre la selva di Pirati
interessati al tesoro di Cortes anche gli uomini di Sua Maestà che rincorrevano
la loro piccola assassina.
“Ehm
la marina britannica cosa, Gibbs?” ripeté fingendo di non averla nominata ed
assumendo un’espressione piuttosto burbera.
L’uomo
strinse i lati della bocca corrugando la fronte. “L’avete appena menzionata
signore. Dicevate che era sulle nostre tracce e mi chiedo perché mai dovrebbe
farlo.”
“No,
non credo.” Disse l’altro a mezza bocca. “mai detta una cosa del genere e poi
sai che ti dico, Gibbs? Gli Inglesi sono di mezzo sempre e comunque e a
considerarli nella lista dei possibili rompi-uova-nel-paniere non si sbaglia di
sicuro.”
L’uomo
rimase stordito e annuì più volte. “Oh, non ci avevo
pensato.”
L’altro
sorrise inarcando, fiero di se, un sopracciglio. “Che ti dicevo vecchio mio? è
per questo che io sono il capitano.- piccola pausa. Gibbs stava per
ribattere qualcos’altro ma lui fu più veloce.- oh adesso basta! Smammare,
filare, sciò, c’è un timone che ti aspetta!”
E
l’altro, bestemmiando, si era diretto verso il ponte.
Così
mentre Gibbs era alle prese con l’umidità e la piacevole (?) nebbia mattutina,
là sotto in coperta il resto della ciurma se la spassava allegramente.
Le
amache dove i pirati erano soliti dormire erano state spostate e così anche i
tavoli, relegati ai lati dell’imbarcazione, dove era seduta gran parte della
ciurma che osservava intrepida e urlava, incitava i due uomini che invece
stavano al mezzo e che con un po’ di buona fantasia potremmo dire che stavano
disputando un incontro di boxe.
Ehm,
boxe forse è un po’ forte.. diciamo che combattevano a mani nude e si davano
sonori pugni e schiaffi in faccia, testate, colpi bassi, alti, possibili e non,
mosse abili ed altre scorrette, insomma quasi un incontro tra due uomini
primitivi che avevano incrociato la propria strada.
Ma
tutto questo sembrava divertire molto e soprattutto intratteneva tutta la ciurma
che tra risate e bevute di rum salutava, dopo l’ennesimo pugno, l’ultimo
concorrente di Murder, così l’avevano ormai soprannominato, un gigantone nero
che in realtà sembrava obbedire solo a Barbossa e che quella mattina era stato
sorteggiato come il “palo.”
Il
“palo” in quella specie di gioco era il pugile (con le opportune virgolette sul
termine) che non cambiava mai. Era la costante di tutti gli incontri,
l’avversario fortissimo che gli altri, sorteggiati, dovevano sconfiggere.
Ma
dopo tre incontri nessuno pensava più che fosse possibile.
Il
pirata sconfitto si rizzò da terra e con orgoglio sputò sul pavimento prima di
lasciare il … ring.. tra le urla degli altri.
Il
palo, cioè Murder, alzò le braccia al cielo, gridando. “Avanti! Non sono mica
stanco!” suscitando le risa generali.
Cotton
prese allora la bottiglia di rum che al suo tavolo avevano appena vuotato e la
mise al centro della pista e con un movimento veloce della mano la fece ruotare.
Tutti i bucanieri presenti seguirono con ansiosa trepidanza il ruotare della
bottiglia di vetro, il suo rallentare.. un giro .. poi un altro.. eccola si
ferma.. tutti istintivamente trattennero il fiato mentre osservavano la canna
che si fermava lentamente indicando con terrificante precisione il nuovo
concorrente per il palo.
Gli
occhi di tutti si puntarono sul pirata biondiccio ed alto, con un occhio finto.
Quello
ignaro di tutto, o forse semplicemente fingendo di non aver seguito e quindi di
non sapere di essere lui il prossimo a venir sbatacchiato da Murder, teneva gli
occhi bassi sulle sue carte da poker e non accennava ad alzare lo sguardo.
“Ehi
tu, laggiù.” La voce graziosa di Murder però gli fece capire di essere davvero
spacciato.
Si
voltò con l’occhio che gli roteava nell’orbita in maniera irregolare, magari
facendosi espressione del tremore che passavano nelle sue viscere in quel
momento. “Dici a me?”
“Vento
alle vele, vento alle vele!” rispose il signor Pappagallo Cotton, agitando le
ali e sfoderando il suo ‘si.’.
Tutta
la ciurma lo osservò con un sorriso di cattivo divertimento. Non fece nemmeno in
tempo a dire altro che due braccia lo sollevarono (niente di più facile,
magrolino com’era) e lo gettarono dentro la pista liberata subito da Cotton, dal
pappagallo e dalla bottiglia di rum, colpevole di tutto questo.
Il
chiasso di quelli che seguivano l’incontro, o per meglio dire il pestaggio,
ricominciò, mentre chi non era interessato si rituffava in ipotetiche partite di
poker improvvisate ai tavoli, chi semplicemente beveva rum o chiacchierava
riguardo guadagni futuri come il tesoro di Cortes ormai per tutti più vicino che
mai.
Evidentemente
uno di coloro che non amavano né la boxe né il buon rum né il poker, per il
momento, era proprio Barbossa che parlava intensamente con uno dei suoi
scagnozzi preferiti, fitto fitto, non staccando mai lo sguardo dal suo
interlocutore.
E Jack
osservava bene quella scena. Anche lui non era un pirata ordinario in quella
circostanza. Non si divertiva, non giocava e beveva solo di rado, giusto perché
lo aiutava a pensare meglio.
I suoi
occhi neri stretti a fessure dalla concentrazione fissavano il suo primo
ufficiale con interesse crescente. Quella che stava conducendo Barbossa, con
quel tipo e con altri che quasi a turno si fermavano al suo tavolo, non era una
chiacchierata di piacere.
Né di
malumore. Non si stava lamentando perché non sbuffava, non negava con il capo né
distoglieva spesso lo sguardo, scontento.
Ma
nemmeno raccontava qualcosa di suo, magari un’avventura o un abbordaggio
particolarmente riuscito.. no, nemmeno. Era troppo serio, troppo teso. E troppo eccitato da quello di cui stava
discutendo. Parlava a bassa voce, con enfasi e seppure distante poteva vedere
bene una strana luce brillare negli occhi grigi dell’astuto pirata.
Sparrow
temeva quella luce. La vedeva brillare negli occhi di quella testa calda ogni
volta che c’era un attacco o un’azione particolarmente importante.
E non
era possibile che fosse la prospettiva del tesoro di Cortes a dargli tutta
questa esaltazione.
Jack
distolse fulmineo lo sguardo prima che Barbossa, sentendosi osservato, lo
voltasse verso di lui, scoprendo così di essere stato fissato tutto il tempo.
Il
capitano si fece allora un buon sorso di rum e aprì la sua bussola giusto per
controllare se Gibbs, lassù sul ponte, stesse conducendo la Perla verso la rotta
giusta. L’aprì e un buon sorriso s’allungò sul suo volto non appena notò che
tutto andava perfettamente… fissava ancora il suo adorato aggeggio intagliato
nel legno quando improvvisamente l’ago metallico vibrò e cambiò repentinamente
posizione lasciando la linea dritta di poco prima, per spostarsi all’estrema
destra.
Con
uno scatto Jack fu in piedi e s’apprestava già a correre su da quel deficiente
di Gibbs che improvvisamente aveva combinato un casino con la rotta, quando notò
cosa o per meglio dire chi aveva fatto incurvare l’ago.
A
estrema destra c’era lei, Evelyne.
Con un
sorriso divertito Jack si risedette, piano, al suo tavolo solitario,
abbandonando la scenetta tragica di Barbossa e fissando il suo imperscrutabile
sguardo sulla nuova arrivata che si faceva lentamente largo tra la folla di
pirati che si erano alzati in piedi, accesi dagli ultimi sviluppi dell’incontro.
In
effetti li match stava finendo.
“Avanti…”
grugnì forte Murder spalancando le braccia per invitare il malcapitato, tutto
nero dai pugni, a farsi di nuovo incontro .. per riceverne altre più che per
colpirlo..
Il
biondino tutto tremante, ma tenendo ancora i pugni ben alzati, fece di nuovo un
passo verso il gigante nero che gli rifilò l’ennesimo schiaffo in faccia.
Tutti
i presenti questa volta sentirono uno strano “splot” che non c’era stato durante
gli schiaffi precedenti.
Ma in
un attimo capirono che cosa era accaduto.
Dalla
faccia malmenata del pirata era saltato via il tanto prezioso occhio azzurro
lasciando al suo posto un buco e l’orbita vuota. “Oh no!- esclamò l’uomo
toccandosi il viso.- il mio occhio!”
Tutti
inizialmente scoppiarono a ridere, poi ci fu un “bleah!” generale quando si
accorsero dove era finito il suddetto occhio.
Nella
bocca di un pirata che stava ridendo a squarciagola.
Questo
strappò un sorriso anche al concentrato Jack Sparrow che alzò il bicchiere a mo’
di brindisi “Buon appetito!”
esclamò tra le risa e gli sguardi disgustati di tutti.
“Non
morderlo!” urlicchiò il mezzo cieco verso l’altro che si ritrovava
quell’imbarazzante parte del corpo umano in bocca. L’uomo, con la faccia
diventata verde dal disgusto, risputò subito l’occhio finto che rotolò sul
pavimento come una biglia, andandosi a nascondere chissà dove sotto lo sguardo
angosciato del biondo che si gettò subito carponi per ritrovarlo.
Ma
qualcuno fu più veloce di lui. La scimmietta di Barbossa l’afferrò
immediatamente tra le zampe e se lo
portò via correndo a perdifiato.
“Brutta
ladruncola, torna qui!” l’inseguì rialzandosi in posizione eretta e scontrandosi
così con la graziosa figura di Evelyne che, ancora un po’ stordita, ebbe solo il
tempo di godersi la scena dell’uomo con l’orbita vuota e poi finì per terra
senza nessun altro convenevole.
Imprecò
come un buon pirata mentre si rialzava e trovò la mano di Sputafuoco Bill
proprio protesa per lei.
I suoi
occhi azzurri scintillarono come un sorriso. “Grazie.” Fu subito in piedi e,
sebbene lì sulla nave parlare di igiene e pulizia era come parlare di spirito
santo, si strofinò la gonna, lanciando uno sguardo stizzito nei confronti del
pirata che l’aveva atterrata e che ancora correva dietro all’astuto animaletto.
“Ma
che diavolo state facendo stamattina?” domandò la ragazza al signor Turner
lanciando sguardi interrogativi nei confronti di Murder, ora rimasto solo nella
pista.
L’uomo
le lanciò un sorriso benevolo offrendole in contemporanea un sorso di rum che
lei negò con un gesto della mano. “Che volete che vi dica, Evelyne..- sospirò
l’uomo.- … pirati. Ci divertiamo così.”
“è
qualcosa di estremamente barbaro.” Commentò la giovane mentre osservava la
bottiglia al centro roteare verso un nuovo, povero, concorrente. Venne estratto
un tipo abbastanza grosso e tutti urlarono ancora più eccitati perché quello
probabilmente avrebbe dato del filo da torcere a Murder, rendendo l’incontro più
avvincente.
“Ma
non ci sono regole!” esclamò la ragazza quando il nuovo concorrente colpì il
palo in mezzo alle gambe facendo ridere tutti. I suoi occhi fiammanti fissarono
il suo interlocutore. “Qui qualcuno potrebbe farsi molto
male..”
Bill
l’osservava divertito: la sua innocenza lo faceva sorridere.
“E la
nave?” tornò a domandare Evy, negando con il capo all’indirizzo di quello
spettacolo ripugnante.
“Sparrow
ha incaricato Gibbs di guidarla.” Rispose finalmente l’uomo facendo un altro
buon sorso d’alcool. “ma credo che tra poco il capitano gli andrà a dare il
cambio. Sembra non divertirsi molto..” istintivamente gli occhi di ghiaccio di
lei si fissarono sulla figura solitaria di Jack incontrando il suo sguardo.
Chissà da quanto tempo la stava fissando a quel modo.
Un
leggero sorriso si accese sulle labbra di entrambi e senza dire altro la giovane
si accomiatò da Sputafuoco e si diresse con passo lento ma deciso verso il suo
capitano preferito.
“Almeno
fino ad ora..” aggiunse Turner con un sorriso malizioso all’insegna dei due.
Quando
arrivò vicino al suo tavolo di legno Evy accarezzò con la destra la spalla della
sedia vuota, di fronte a Jack. Con un sorriso la scostò e si sedette, esordendo.
“Se tutto questo non ti piace dovresti farli smettere.”
Lui
inarcò un sopracciglio notando che quella mattina Evelyne aveva abbandonato i
suoi abiti pirateschi ed era tornata al suo vecchio abito bianco-grigio di
quando l’aveva conosciuta in prigione.
“Chi
l’ha detto che non mi piace?” domandò retoricamente non smettendo di fissare la
giovane interlocutrice.
Lei
scrollò le spalle. “Non sembri molto partecipe.”
“Invece
mi sto divertendo un sacco. Guarda un po’.” Mentì spudoratamente con un
sorrisetto beffardo dipinto in volto. “E tu? Una ragazza di buona famiglia non
dovrebbe assistere a simili spettacoli.”
Lei
corrugò la fronte. “Infatti ne farei a meno, buona famiglia a parte, sono cose
disumane che solo un branco di barbari e buzzurri come voi possono
fare.”
Murder
mollò l’ennesimo cazzotto e dalla bocca del malcapitato esplosero almeno un paio
di denti che volarono nella stanza con la velocità di una scarica di proiettili.
Jack
scoppiò a ridere, Evelyne non trattenne un’espressione disgustata. “Mio
Dio..”
“Vedo
che i panni cenciosi di Rubiens non hanno durato molto.. alla fine il tuo
orgoglio femminile è venuto a galla..” nei suoi occhi brillò lo scherno e lei
rispose inarcando un sopracciglio.
“Gli
abiti di Rubiens erano diventati più sporchi di questo vestito. Visto che qui
non c’è la possibilità di lavarsi, ho pensato che almeno avrei dovuto cambiarmi
spesso..”
“Mm… e
l’abito bordeaux?”
“Mi
piace più l’idea di indossare un abito che puzza di prigione piuttosto uno che
ha il profumo di Miss Barbossa!” esclamò la ragazza appoggiando il volto ad un
palmo della mano e giocherellando con un ricciolo.
Jack
le sorrise. “… E la sbornia… passata?”
Lei
alzò le spalle mentre un piccolo magone iniziava a farsi strada nel suo stomaco.
“Sì. Più o meno. Ma non accadrà più, giuro su..”
“Ah
ah.” L’interruppe lui che mandò una spinta al suo bicchiere di rum, facendolo
finire dritto tra le mani di lei. “mai giurare su cose simili, bellezza. Una
volta iniziato è fatta. Prima o poi ci si ricasca
sempre..”
Lei
incrinò i lati della bocca a questa bella perla di saggezza e con un gesto
stizzito rispedì il bicchiere al mittente. “No grazie. – sospirò.- ah, ma
possibile che voialtri non beviate altro?”
“Come
no!- sbottò lui, quasi offeso.- c’è anche della birra, buonissimo vino francese
e..”
“Si va
beh lasciamo perdere..” borbottò lei abbassando lo sguardo sugli gli intagli del
legno del tavolo. Perché si sentiva così in difficoltà con lui? Si rese conto di
non riuscire a stare un attimo in silenzio dall’imbarazzo..
“E
Cortes?” domandò quindi stringendo nervosa un ricciolo tra le
dita.
“Oh
Cortes è morto, darling. O almeno così speriamo tutti perché se non fosse
defunto avrebbe circa..”
“No
no..- l’interruppe lei, stizzita e rossa in viso.- intendevo il tesoro, Jack, il
tesoro di Cortes..”
“Il
tesoro?”
“Sì.
Il tesoro.”
“Oh…
-parve spaesato.- il tesoro sta
ancora lì suppongo..”
“Sì..-
Jack era davvero esasperante se voleva.- io volevo solo sapere fra quanto ci
giungeremo..”
“Beh
potevi chiederlo direttamente..”
“Te lo
sto chiedendo direttamente..”
Lui le
sorrise, intrigato, ben consapevole di farla innervosire. “Non prima di due
giorni.- rispose finalmente ma un improvviso scossone della nave fece rotolare
il suo bicchiere dal tavolo, facendolo infrangere a terra. I suoi occhi
fissarono istintivamente il soffitto.- se tutto procede per il
meglio.”
Il
mare si stava ingrossando.
Lei
sospirò irritata. “Ecco, ci mandava la bufera!”
Era
nervosa, agitata, scostante. Jack lo aveva percepito subito, non appena si era
seduta. Evitava di guardarlo e se lo faceva non reggeva il suo sguardo per più
di qualche secondo poi, o lo abbassava trovando evidentemente qualcosa di molto
più interessante nei disegni del legno, o cambiava argomento e parlava parlava
come se avesse paura del silenzio.
All’inizio
pensò che le sue guance erano così rosee d’imbarazzo e i suoi occhi così
sfuggenti a causa di quello che era successo la notte scorsa. A causa della sua
confessione, della sbornia.. infondo Evelyne Smith era un tipo orgoglioso, una
donna che aveva imparato a non mostrare le proprie debolezze a nessuno… magari
avergli confessato le sue paure la faceva sentire stranamente nuda adesso,
davanti a lui…
Ma..
qualcosa gli diceva.. nel profondo del suo istinto.. e mai sottovalutare
l’istinto di un capitano.. che c’era qualcos’altro.. che c’era di
più..
Decise
d’indagare e tornò a guardarla, cercando di vedere al di sotto delle sue belle e
lunghe ciglia nere. “Ti da fastidio?”
“Tutto
questo chiasso? Molto.” Rispose lei trovando un mozzicone di candela con cui
giocherellare.
“Non
quello.- disse indicando con il capo Murder che aveva svuotato la bocca
dell’avversario da tanti, piccoli, storti, denti neri.-
Io.”
Lei
alzò lo sguardo verso di lui che continuò allungandosi verso di lei. “Che io.-
disse con il volto vicinissimo al suo e con un accento basso basso da farle
accapponare la pelle.- che io sappia, Evy..”
Lei
sentì il fiato mancarle. Jack era vicino, troppo vicino.. sentiva uno strano
mostro dentro di se ruggire nel suo stomaco improvvisamente più in subbuglio di
quando aveva bevuto litri di rum, la testa vuota di pensieri e le mani sudate..
e c’erano loro, gli altri pirati. Jack non si curava degli sguardi della ciurma
(anche se pochi si erano accorti che quei due erano ad un soffio) e la guardava,
provocandola con lo sguardo e con le sole movenze del viso.
Lei
invece sentiva forte su di se gli occhi di Barbossa. E nella mente le parole di
Barbossa.
… uno smidollato, incapace, perso dietro le gonne di una ragazzina…
Si
distanziò di botto, quasi con uno scatto.
Il
pirata rimase basito dal suo comportamento. Fece per parlare ma la Smith fu più
veloce. “Credo di non sentirmi molto bene.. mi gira la testa, qui c’è troppa
confusione..”
Improvvisamente
videro la scimmia di Barbossa approdare
in mezzo a loro.
E poi,
subito dopo di lei, il pirata biondo si fiondò sul tavolo facendo capitolare
tutto quanto.
“Sì.- convenne Jack guardando con indifferenza l’altro pazzo e tutto il macello da lui combinato.- andiamo.”
S’alzarono
entrambi ma quando Jack si diresse sul ponte, Evy lo fermò. “No!” disse,
imperiosa.
Sul ponte c’era Gibbs. No, forse Gibbs
non era del gruppo di Barbossa… o forse si.. insomma che ne poteva sapere lei di
chi era con lui e chi contro di lui? Ormai non si fidava di nessuno.
Allo
sguardo incuriosito di Jack rispose balbettando: “No, io… non … Jack preferisco
stare al chiuso.. forse è meglio che torni nella mia cabina.” Si girò e con le
lacrime che premevano forti sulla soglia dei suoi occhi andò a passi svelti
nella sua stanza.
Si
stupì nel sentire Jack che la prendeva per un braccio. “Posso ospitarti da me?”
Il
vento gonfiava le vele della grande imbarcazione inglese che solcava le acque
rapidamente, con la ferocia di un cacciatore in cerca della sua mirabile preda.
“Signor
Khun.”
L’uomo
ignorò per qualche istante chi lo cercava e restò fisso a guardare con il
cannocchiale davanti a se. Era scosso ogni tanto da piccoli tremiti ma non
lasciava la sua postazione, intento com’era a scrutare il mare, ansioso di
vedere finalmente all’orizzonte ciò che bramava da giorni.
“Signor
Khun.” Richiamò pazientemente l’altro, un giovane soldato, accompagnando la voce
con un piccolo gesto, appoggiò la mano sulla spalla del cinquantenne. L’uomo
sussultò e si tolse il cannocchiale frettolosamente puntando sul ragazzo uno
sguardo un po’ disorientato.
“Sì,
dimmi James.”
James
Norrington fece un piccolo respiro poi tolse la mano dalla sua spalla, capendo
che quella confidenza poteva creare un certo imbarazzo. Puntò i suoi occhi scuri
in quelli scintillanti del signor Khun Smith e disse con voce bassa ma intensa.
“L’abbiamo avvistata, signore.”
L’uomo
sgranò gli occhi e James ebbe l’impressione di vederlo sbiancare, sotto la luce
del sole mattutino. “Ne.. ne sei certo, James? Io non ho visto
nulla.”
“Dall’altra
parte, signore.” Il ragazzo si
voltò indicandogli con il braccio sinistro un altro paio di soldati che
scrutavano l’orizzonte con il cannocchiale. “l’hanno avvistata qualche minuto
fa. Vele nere, andamento veloce, rotta verso sud.- si voltò verso il suo
interlocutore.- è la Perla Nera.”
Smith
intanto aveva distolto lo sguardo e come colto da un mancamento si era
appoggiato a parapetto, sospirando forte ed asciugandosi il sudore dalla fronte
con un fazzoletto estratto dalla divisa.
“Signor
Khun.. signor Khun vi sentite bene?” istintivamente Norrington lo resse,
stringendolo forte per un braccio e cercando così di sostenerlo il più
possibile, sicuro di vedere l’uomo a terra svenuto tra pochissimi secondi.
L’inglese
balbettò un “Si..” davvero molto incerto, così James con un cenno chiamò a se
altri due uomini e lo accompagnarono a sedere, in coperta, lontani dal
caldissimo sole di mezzogiorno. Lì si fece portare un paio di bicchieri con
dentro del buon whiskey, un po’ forte ma sicuramente efficace per gli
abbassamenti di pressione. “Ecco, bevete.” Continuò il ragazzo porgendone uno
all’uomo che lo accettò di malavoglia.
Khun
si aprì il colletto della divisa e sospirò, passandosi una mano tra i capelli
neri brizzolati da parecchi fili argentei.
James
era sicuro che, se non ci fosse stato lui, Khun Smith avrebbe pianto. La sua era
disperazione, altro che pressione bassa.
Fecero
un piccolo brindisi poi entrambi ingurgitarono il liquido arancio metallico.
“Attaccheremo?”
L’altro
annuì con vigore. “Non appena saranno alla portata dei
cannoni.”
“è..-
esitò distogliendo lo sguardo per l’ennesima volta.- …è proprio necessario…. Ah,
che diamine! Lì c’è mia figlia,
Norrigton!”
L’altro
lo fissò giocherellando con il bicchiere. “Se non lo faremo noi lo faranno
sicuramente loro non appena si accorgeranno che ci hanno sulla rotta. I pirati
non sono molto inclini alle trattative..”
L’uomo
sembrò ancora più sconvolto. “Dobbiamo.. dobbiamo prenderla viva, lo sapete,
vero?”
James
annuì ma il suo sguardo si fece improvvisamente severo e duro.
Conosceva
Evelyne da quando era piccola, da quando flirtava solamente con Charles,
conosceva e voleva bene ad Evelyne come un uomo può amare la ragazza di suo
fratello, come un parente può amare una sorella.
Rispettava
Khun Smith ma lo odiava con tutto se stesso. Se Evelyne aveva ucciso l’assassino
di Charles Norrington, suo fratello, per lui era un’eroina, non un’assassina.
Aveva avuto il coraggio di seguire il proprio istinto e per quanto l’omicidio
fosse una realtà condannabile, lui non riusciva a braccarla come un branco di
cacciatori fa con una volpe assassina di decine di polli.
Soprattutto
perché la caccia era iniziata a causa dell’uomo che aveva di fronte.
Il
padre di Evelyne.
Un
padre che aveva denunciato la figlia.
Amaramente,
James pensò che adesso quell’uomo scontava tutte le pene per quell’ atto così
innaturale per un padre ( che di norma dovrebbe proteggerli i figli, non
gettarli nelle braccia del boia).
Eccolo,
Khun Smith, l’uomo tutto d’un pezzo che onorava le leggi e il proprio re, l’uomo
che per dimostrare quanto fosse determinato a catturare la figlia rea d’omicidio
stava tutto il giorno con il cannocchiale puntato all’orizzonte perché nessuno
potesse dubitare di lui.
Eccolo,
adesso. Quasi febbricitante, tremante ed insicuro, tormentato. Perché quando
Evelyne si era salvata dall’impiccagione aveva tirato un inconfessabile respiro
di sollievo e, chi lo sa, forse
aveva sperato con tutto il cuore che quella maledetta nave non venisse
rintracciata mai.
Anzi, magari era rimasto lui di vedetta
proprio per non avvertire gli altri dell’avvistamento.
Quel pensiero gli trasmise un gran senso di pena per quell’uomo. Un soldato ed un padre.
Diviso
tra quello che è vuole fare e quello che deve fare.
Tuttavia
si rimaneva increduli al pensiero che un padre, per quanto onesto possa essere,
possa altresì sopportare la vista
della figlia appesa con un cappio al collo.
James si liberò da quei pensieri con una scossa del capo. “Lo so, signor Khun.” La sua voce vibrò d’odio e questo Smith lo capì benissimo. “Ma un attacco non può essere evitato. Se oltre a sua figlia riusciamo a mettere le mani anche sulla nave ed affondarla, allora sarà un vero successo. Ci sono anche altri gruppi di aggregazioni piratesche nei Caraibi ma riteniamo che la Perla Nera sia l’ultima vera minaccia per la corona britannica.”
L’uomo
non l’ascoltava con attenzione, i suoi occhi viaggiavano inquieti sul suo
interlocutore o sul tavolo o nel suo bicchiere, denotando un grande spasmo
interiore.
“Un
attacco.. potrebbe però compromettere la vita dell’evasa.- parlava della figlia
con un’impersonalità che stonava con lo stato emotivo in cui l’uomo versava.-
potremmo iniziare una trattativa…”
Quel
comportamento infastidì presto James che decise di abbandonare l’abituale
contegno e dire per una volta quello che quell’uomo si meritava senza tante
moine. “Come mai tanta preoccupazione per la vita di Evelyne Smith, signor
Khun?” non a caso mise il cognome nella frase. “Deve morire comunque,
no?”
“Non..
non è certo…- balbettò l’altro, distogliendo lo sguardo.- ho fatto domanda per
la…grazia… ho chiesto al re che venga graziata…forse ”
James
sgranò gli occhi, incredulo. Forse il padre aveva preso il sopravvento
sull’uomo?
“Adesso
è tardi, signore. Troppo tardi per ogni ripensamento..”
S’alzò,
disgustato, e lasciò quell’uomo solo con il suo giusto tormento.
Evelyne
non seppe nemmeno perché lo seguì nella sua cabina.
Non
riusciva a non pensare a quello che le aveva detto quel dannato pirata, rivedeva
davanti agli occhi Barbossa e le sue minacce, sentiva ancora la sua stretta
attorno alla gola. Dannazione, lei non voleva non voleva! Non poteva pensare ad
un ammutinamento, lei voleva salvarlo, voleva che lui restasse il capitano.. ma
non poteva parlare! Altrimenti l’avrebbe ucciso lei
stessa!
Jack
la riportò drammaticamente nel suo mondo. “Evelyne che c’è?” le chiese
brutalmente scuotendola.
Lei lo
fissò intensamente, un po’ spaesata. “Niente.”
“Tesoro.-
esordì lui con un piglio estremamente esperto.- il mio grande intuito e
conoscenza riguardo l’universo femminile mi suggerisce l’idea che tu abbia un
problema.” Sorrise. “Avanti. Fuori il rospo.”
…Conservate il vostro segreto e Jack non morirà…
Lei
distolse prepotentemente lo sguardo. “Ti ho detto che non ho niente. Sei peggio
di una comare invidiosa, insomma, vuoi smetterla d’essere così
curioso?!”
Lui le
appoggiò presuntuosamente una mano sulla pancia. “Eccolo qua il tuo problema.-
tastò il suo stomaco come un dottore. – sento un grosso, grosso
magone..”
Lei
arretrò, roteando gli occhi “è arrivato il dottore..”
“Ehi
io sono un capitano.”
“Non
un dottore.”
“E che
cos’ha in più un dottore, sentiamo? Io ho una nave.- altra fitta nel cuore di
Evy.- una ciurma, il mare e…” la fissò intensamente sospendendo quel discorso
sconclusionato.
“E?”
domandò lei con il fiato improvvisamente corto.
“… La
possibilità d’aiutarti qualora tu lo voglia.” Evelyne s’accorse che la mano del
pirata era ancora lì, sul suo ventre, e bruciava sulla sua pelle, come se
riuscisse a trapassare anche l’ostacolo del vestito. “Ovviamente deve esserci
anche un buon riscontro per me, intendiamoci.”
Evelyne
avrebbe voluto ringraziarlo, davvero. Era così disponibile, così dolce nei suoi
confronti.. ingoiò il magone più amaro della sua vita e fissò l’uomo con gli
occhi lucidi.
Una
sola parola, una sola richiesta le urlava nella mente in quel momento.
Sicuramente quello non era il frangente adatto, la situazione non era delle
migliori eppure il suo cuore non voleva sentire ragioni e urlava quella
necessità così forte che era sicura
che prima o poi dalla testa le sarebbe passata nella bocca e sfuggita dalle
labbra.
“Baciami.”
Jack
rimase stupito nell’udirlo quanto lei nell’averlo detto sul serio.
Tossicchiò.
“Ehm..”
Evelyne
non era disposta a dirlo di nuovo. Ma non poteva nemmeno tornare indietro, non
se lo sarebbe mai perdonata.
Così
lo baciò.
Fu un
atto del tutto irrazionale, senza motivo, che lasciò senza dubbio sorpreso anche
l’interessato: sentì benissimo lo stupore dell’uomo non appena lei premette
forte le labbra sulle sue. Evy si distaccò subito dopo, sentendosi
improvvisamente molto stupida. Lui l’osservò, quasi basito.
E
senza dire nient’altro questa volta fu lui a baciarla esigendo, però, che lei
schiudesse le sue belle labbra vermiglie e gli desse finalmente accesso alla sua
bocca. Evelyne non oppose resistenza e anzi lo strinse a sé più forte che poteva
sentendo in quel momento il bisogno fortissimo di stare con lui, di sentirlo
vicino, tra le sue braccia.
Jack
la baciò con tutta la passione soffocata degli ultimi giorni quando aveva
desiderato mille volte farlo ma aveva atteso, pazientemente, che fosse lei a
fare il primo passo verso di lui. La prese per la vita e nonostante la sentisse
lamentarsi un po’, la sollevò fino a farla sedere sul grande tavolo, sopra le sue adorate
mappe.
I loro
volti erano alla stessa altezza ora e lei poteva contemplare il nero profondo
dei suoi occhi così da vicino da temere di smarriticisi dentro. Soffocò un
gemito quando lui le sollevò la gonna fino alla cintola facendole passare le sue
rudi mani da pirata sulla pelle liscia delle sue gambe.
Deglutì
a fatica abbracciando quel corpo irrobustito da tanti giorni in mare con le sue
esili braccia da nobildonna, la sua pelle chiara di giovane sempre chiusa in
casa in contrasto con quella abbronzantissima di lui, cotto al sole notte e
giorno.
Jack
baciò di nuovo la bocca e poi il collo di lei che mettendogli una mano sulla
nuca lo guidava lungo la sua spalla, mordendosi il labbro inferiore con i denti.
Ecco,
tra le sue braccia, così, si sentiva finalmente completa, felice, appagata.
Amata.
Che
cosa avrebbe fatto quando l’ammutinamento si sarebbe
compiuto?
E
Jack? Che cosa avrebbe detto di lei, una volta scoperto che era al corrente di
tutto?
La
Perla Nera era la sua Nave. La sua vita. E lei stava contribuendo a
togliergliela.
L’avrebbe
odiata, scacciata, respinta.
Il
pensiero di essere condannata e allontanata anche da lui, dall’unico uomo che
aveva accettato di accoglierla con se quando il mondo la voleva morta appesa ad
una corda, la fece sprofondare nella disperazione. Ma perché doveva portare alla
distruzione ogni uomo che amava?
S’accorse
di singhiozzare, abbracciata a lui, e sentiva le lacrime correrle veloci sulle
guance.
Jack
si fermò, un po’ titubante, con un sorriso sornione stampato in volto.
“Ehi..”
“Va
tutto bene..- disse prontamente.- tutto bene..”
“Lo
so. Faccio sempre un effetto sconvolgente alle donne..” lei rise tra le lacrime
e cercò di nuovo le sue labbra che lui non le negò affatto. Con abile mano –ora si trattavano di
indumenti femminili, eh eh.- corse
a scioglierle i lacci che dietro la schiena s’intrecciavano a sostegno del
corpetto.
“Questa
volta sono molto più bravo, no?” le sussurrò all’orecchio tra i suoi cespugliosi
capelli ricci.
Un
improvviso botto alla porta fece sussultare entrambi. Non ebbero nemmeno il
tempo di chiedersi che stava accadendo che Gibbs irruppe nella stanza, come tra
l’altro era suo costume fare, gridando. “Capitano, Capitano, Cap..” la voce si
stoppò in gola sotto la visione di Evelyne che si sistemava la gonna,
accavallava le gambe (prima intrecciate attorno al suo partner) e si metteva a
posto la scollatura del vestito che Jack aveva sapientemente ampliato.
Il
capitano, dal suo canto, osservava l’uomo con un cipiglio altezzoso. “Ebbene?”
disse con arroganza mista a irritazione. Gibbs distolse immediatamente lo
sguardo dalla giovane.
“Ehm
capitano..- balbettò quasi indeciso.- ah.. la marin la britan ..
la..”
“La
marina Britannica?” la voce argentina di Evelyne lo fece risvegliare.
“Esattamente!
Avvistata, l’abbiamo avvistata! Ci sono alle costole,
capitano.”
“Visto
Gibbs?- esclamò il pirata sistemandosi la camicia. –maledetti inglesi.. sempre a
rompere i cogl..”
“Come
procediamo signore?”
“Avverti
gli uomini, ordina di preparare i cannoni e disporsi per la battaglia. Presto!”
Gibbs volò fuori dalla cabina. Sparrow regalò un ultimo sguardo alla ragazza,
dicendo.
“Il
tuo paparino ha deciso di venirti a fare un saluto proprio nel momento
meno opportuno, a quanto pare …tempismo perfetto.”
Lei
gli lanciò un sorriso che sapeva più di nervosismo che d’altro.
“Andiamo
a vedere che succede.” Mormorò allontanandosi a malincuore da lei e dalla sua
cabina.
Evelyne
scese dal tavolo, sospirando, si sistemò ulteriormente il vestito ed uscì dalla
stanza, seguendo a ruota Jack.
Urlò
non appena sentì qualcuno prenderle forte il braccio e torcerglielo dietro la
schiena.
“Calma,
calma, Miss..” la sua voce la raggiunse all’orecchio sinistro.
Di
nuovo Barbossa, di nuovo lui.. si divincolò dalla sua presa con uno scatto
furioso. “Ancora voi?” i suoi occhi se fossero state spade l’avrebbero di sicuro
infilzato. “ma che cosa volete ancora da me?”
“Sul
ponte, sul ponte, gli inglesi si avvicinano!” sentì bene le grida degli altri
pirati che correvano di qua e di là abbandonando i loro divertimenti.
Era
lampante che la flotta si trovava lì per lei.
Il
primo ufficiale si voltò verso di lei con un sorriso vittorioso. “Forse avevate
ragione, Evelyne.”
Lei
aggrottò la fronte.
“Di
che parlate..”
“Tutta
la ciurma sa per che cosa.. o per meglio dire.. per chi la flotta è qui.
–pausa.- Adesso credo che gli uomini aggiungeranno un altro motivo alla loro
lista… VOI.”
E
ridendo aspramente s’incamminò sulla scala che l’avrebbe condotto al ponte,
sotto lo sguardo smarrito di Evelyne Jane Smith.
To
be continued..
Diomache.
”
“è
per questo??” urlò la ragazza faticando a contenersi. “sono i miei sentimenti
per Jack che lo hanno portato ad essere malvisto da tutta la
ciurma?”
“Non
datevi così tanta importanza, mis
"