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Autore: cecchino_2028    11/02/2013    1 recensioni
Hai quindici anni e non sai un cazzo della vita, rimani incinta per stupidità e abortisci per paura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardi con astio quel bastoncino di plastica che segna due linee parallele. Incinta, questo è il risultato. Nero su bianco.
Hai quindici anni e non sai cosa fare, ma potresti anche averne trenta, non lo sapresti comunque, perché è la prima gravidanza e non sei pronta, non ti sei mai posta il problema di avere un bambino, eppure ora è lì, nel tuo corpo, un battito quasi più forte del tuo.
Una sola soluzione si presenta nella tua mente. Aborto. Ma ti piange il cuore, in fondo cos’ha fatto di male quella creatura che ti cresce dentro?
La colpa è solo la tua, che non hai saputo fermarti, che ti sei spinta troppo oltre, varcando quella linea flebile che ti eri preposta di non attraversare.
Cosa diranno tutti quando vedranno il tuo ventre allargarsi, i tuoi vestiti farsi stretti ed il dolore aumentare in prossimità del parto? Cosa penserà la gente nel vedere una quindicenne tutta trecce e lentiggini, stereotipo adolescenziale, con un bambino tra le braccia, frutto di un amore difficile e consumato senza precauzioni?
Siete stati stupidi, entrambi, ma sarai tu a pagarne le conseguenze, non lui, tu porterai quel bambino nel tuo ventre per nove mesi.
Hai deciso, metterai la parola fine su quella vita che ancora deve iniziare. Hai già scritto l’epilogo di quella storia, senza neanche immaginare il primo capitolo. C’è qualcosa che però ti frena, quel battito che senti in fondo al tuo stomaco, quel piccolo cuoricino che continua a battere ignaro del suo destino. Piangi pensando a quel che gli stai per fare, ma non c’è altra soluzione, non potresti assicurargli una vita perfetta, lo sai bene, sei troppo giovane per prenderti cura di un figlio.
Cos’è che ti frena? La coscienza o la paura?
Eppure ora sei stesa su un letto d’ospedale, le tue cosce spalancate e quel dottore entra in te con uno strano arnese, fa male a te, figuriamoci quanto può far male al bambino. Senti quasi il suo pianto ed i suoi gemiti, anche se è impossibile, perché non è altro che un embrione, un agglomerato di cellule che man mano si sarebbero sviluppate, fino a formare un corpo animato dalla vita, dalla gioia, pronto a vivere in quel mondo che non vedrà mai.
E ben presto il dolore fisico passa, il tuo bambino è morto, ma tu sei morta con lui, perché la tua coscienza si sta lambiccando nell’idea di quanto potesse essere bello, dei sogni che poteva portare con sé.
Anche tu vuoi costruirti un futuro, studi per questo, per poter vivere la vita come l’hai sempre voluta. Con lui non sarebbe stato lo stesso. È questo il mantra che ti ripeti mentalmente allo scoccare inesorabile di ogni secondo che ti allontana dalla tua colpa, ma non ci credi davvero neanche tu, perché tua madre te l’ha sempre ripetuto, un figlio è la cosa più bella che ti possa capitare.
Avrai cucita addosso, per sempre, la tua colpa.
La gente ti guarda come se sapesse, quasi a volerti incolpare per quel che hai fatto, ma la verità è che l’unica a giudicarsi sei tu, che tutte le sere versi le lacrime sul tuo cuscino, candido come l’anima di quel bimbo che voleva solo vedere la luce.
Stavi camminando nel parco ed hai visto una madre con il suo bambino in braccio, era davvero bello, aveva dei lucenti occhi azzurri ed un bel viso tondo, rideva, mostrando la bocca senza denti, e la donna lo baciava e rideva con lui. Anche tu potevi farlo, ma non l’hai fatto. Hai lasciato che la sua vita scivolasse via da te, senza pensarci due volte, hai messo l’io al primo posto, ignorando tuo figlio, una cosa inconcepibile per qualsiasi madre. Ma tu non sei una madre. Non lo sarai mai. Non vuoi far soffrire così una creatura innocente, non sapresti farlo.
Ti porti le mani al grembo, sentendolo vuoto, freddo come il vento che ti funesta il volto rigato dalle lacrime e sembra sussurrarti la tua colpa. Hai posto fine alla sua vita, come il boia che cala l’ascia sul collo del condannato. Sei stata perfida ed egoista, è questo che non riesci a perdonarti. Sai che avresti potuto amare quella creatura incondizionatamente, ma hai avuto paura, è normale, perché a quindici anni si è troppo giovani per essere forti, ma anche troppo vecchi per non capire cosa ci riserva la vita. Guardi oltre, finendo col pensiero – di nuovo – a quel bambino che poteva essere tuo figlio, a quella creatura che ti avrebbe donato amore senza pensarci due volte, perché in te è cresciuto e da te è nato. Ora sai che il terrore del futuro ha condizionato la tua vita, per sempre.
Hai quindici anni e non sai un cazzo della vita, rimani incinta per stupidità e abortisci per paura.
Hai quindici anni ed hai capito che la vita non ti da nulla senza chiedere in cambio qualcosa.
Dovevi solo scegliere. Il tuo futuro o quello del tuo bambino. E tu ha saputo solo scegliere il tuo, condannando tuo figlio.
Hai quindici anni e ti senti di averne ottanta, mentre tuo figlio non compirà mai gli anni, perché ora è solo un ammasso di carne bruciata che giace dimenticata da qualche parte.
Vorresti annegare, vorresti perderti e non trovarti mai più. Ma hai delle colpe da espiare, devi vivere solo per poter chiedere perdono per il tuo egoismo.
Ora hai quindici anni, domani ne hai sedici, tra venti ne avrai trentacinque, ma continuerai – imperterrita – a pensare a quel tuo bambino mai nato, quella creatura che chiedeva solo di poter vivere.
Hai quindici anni e l’acqua ti scivola addosso, tentando di smacchiare – almeno in parte – la tua anima corrosa dal dolore e dal peccato, ma sai che non è possibile, perché sei un’assassina, e per gli assassini non esiste il perdono.
Tuo figlio ora avrebbe due anni, ti guarderebbe coi suoi meravigliosi occhi sinceri, ti direbbe che ti vuole bene, ma non può farlo, perché l’hai ucciso. Non puoi sentire i suoi abbracci, i suoi pianti, le sue risate. Non hai nulla tra le mani, non hai quel corpicino da scaldare ogni notte, da cullare, da amare. Non hai più niente. Hai perso tuo figlio e te stessa.
Hai diciassette anni ora, e non sai nulla della vita, esattamente come a quindici.
Hai solo imparato una cosa da tutta la tua storia, la vita ti mette di fronte a dei bivi e sta a te decidere quale strada intraprendere, e non sempre si fa la scelta giusta, ma il peso degli errori si porta sempre addosso. È difficile ridere, scherzare, amare ora, perché non c’è tuo figlio a cui raccontare la tua giornata.
La verità è che non c’è nessuna luce alla fine del tunnel, c’è solo un dirupo infinito, in cui puoi solo lanciarti ad alta velocità, sperando di impattare contro la pietra o qualsiasi cosa ci sia ad attenderti, perché alla fine – anche il più giusto tra di noi – finirà per cadere in quel burrone.
A diciassette anni sai che l’unica cosa che puoi fare è aumentare la corsa, ignorando il dolore ai polmoni, e fare un bel salto, sperando che il vento sibili contro di te, asciugando le tue lacrime.
Ora sai che l’aborto lascia un vuoto nella popolazione, come le guerre, le carestie e le calamità naturali, ma c’è solo una differenza: sei tu a scegliere.
Senti il fruscio dell’aria mentre ti lanci, sibila il nome del tuo bambino mai nato, ed è lui a cullarti contro la pietra, mentre la luce attorno a te si spegne ed ora li vedi, i suoi bellissimi occhi lucidi che ti guardano pieni d’amore e di gioia, perché ora la sua mamma è con lui.
A diciassette anni hai capito che nonostante tutto, dopo due anni tuo figlio ancora ti ama, perché i bambini lo fanno, i bambini amano incondizionatamente la propria mamma, anche se non è stata giusta con loro.
I cuori dei bambini sono coni di neve, che si sciolgono al minimo tocco, sono fragili, ma basta un po’ di freddo e diventano il ghiaccio solido su cui si basa la famiglia.









Angolo autrice:
Questo è un tema tanto delicato, ma mi ispirava!
Spero di non aver turbato nessuno, se così fosse mi scuso davvero tanto!
E' una storia triste, non so neanche perché l'ho scritta e soprattutto perché è uscita così drammatica!
Spero vi piaccia!
Un bacio.
Breath-rainbow.

   
 
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