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Autore: Sakura Kurotsuki    11/02/2013    1 recensioni
Il dieci febbraio, una data che unisce due persone vissute in epoche diverse, nei pensieri di una terza.
I pensieri e i ricordi di Madara Uchiha in questo giorno speciale, rivolti a due persone speciali.
I personaggi non mi appartengono e la storia non è a scopo di lucro.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Madara Uchiha, Obito Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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-Izuna-sama-

Un trafelato emissario Uchiha, che sembrava avesse appena attraversato tutto l'accampamento correndo, si inchinò frettolosamente al suo Capoclan. Era evidente che fosse stato mandato dai confini per riferire qualcosa di molto importante.

-Izuna-sama, vostro fratello...-

Il giovane a cui era stato riferito l'onorevole appellativo di "sama", un ragazzo con una lunga coda che non doveva avere più di diciannove anni, sgranò i grandi occhi neri e trattenne il fiato tanto rumorosamente che rischiò di perdersi il resto della frase.

-... vostro fratello è appena stato avvistato dai confini del nostro territorio. Con Madara-sama sono tornati circa dodici Shinobi dei nostri-

Il ragazzo chiamato Izuna, che dapprima aveva tirato un sospiro di sollievo al pensiero del fratello che, vivo e indenne, stesse facendo ritorno dopo quasi un mese di lontananza, si sentì stringere allo stomaco da un morsa di gelo non appena ebbe registrato la seconda parte dell'annuncio.

Circa una decina dei loro shinobi aveva fatto ritorno: erano partiti almeno in trenta, forse anche più. Quella notte i lamenti strazianti delle donne del Clan Uchiha avrebbero di nuovo riempito l'aria.

Perso in questi pensieri, il giovane Uchiha restò pietrificato davanti al messaggero, il quale lo fissava con una certa ansietà, aspettando una sua risposta o un ordine; il ragazzo, al pensiero di suo fratello, il Capoclan, provò a immaginare che cosa avrebbe pensato se l'avesse visto perdere così il contegno davanti ad un suo sottoposto, che peraltro diventava sempre più nervoso ogni minuto che passava. Perciò si ricompose in fretta, distendendo il viso e regolando il respiro, ringraziò l'emissario per essere giunto da lui con tanta premura e lo congedò.

 

 

Il tempo di attraversare l'accampamento degli Uchiha e il Capoclan aveva fatto ritorno nei suoi alloggi, coperto di sangue, in buona parte non suo, esausto, sebbene non lo desse a vedere, ma illeso come sempre.

Izuna lo aveva aspettato fuori dalla loro tenda, impaziente di vederlo comparire all'orizzonte e ci aveva messo tutta la sua buona volontà per non corrergli incontro lungo la strada.

Non ci furono abbracci, grida nè tantomento lacrime di gioia, per i fratelli Uchiha: semplicemente i due comunicavano nel loro linguaggio privato, così Izuna sapeva di non dover intralciare il fratello più grande quando tornava da una spedizione di guerra di quella portata, nella quale non aveva fatto altro che scontrarsi per giorni e giorni col nemico, per difendere il Clan, per non soccombere, per restare in vita. E per tornare da lui. Doveva essere lasciato in pace per reintegrarsi nel mondo.

Così, quando Madara arrivò davanti al fratellino, non ci furono parole; semplicemente si guardarono, in una conversazione privata solo tra loro ed entrarono silenziosamente nella tenda.

Appena dentro, Madara si tolse l'armatura, buttandola in un angolo. Qualche goccia di sangue schizzò e rischiò di macchiare il candido futon a due piazze lì vicino; poi Madara si ritirò nell'angolo riservato ai servizi igienici, separato dal resto dell'abitacolo da una tenda e poco dopo il suono dell'acqua che scrosciava riempì la tenda dei Capoclan. In tutto questo, il più piccolo era rimasto fermo sull'entrata, in silenzio, a guardare il fratello compiere quei gesti che ormai conosceva a memoria.

Era la prassi, come un rito.

Izuna non trovò altro da fare che raccogliere l'armatura di Madara che recava parecchie ammaccature, con l'intenzione di affidarla al primo che passasse e chiedergli se gentilmente poteva andare fino al fiume lì vicino, lavarla e riportargliela indietro. L'avrebbe fatto lui stesso, come sempre, ma per nulla al mondo si sarebbe allontanato dal fratello, ora che l'aveva di nuovo vicino a sè.

Fuori, il tramonto rosso sangue gettava una luce rossastra sull'accampamento degli Uchiha, come una maledizione e il ragazzo restò fuori a guardarlo finchè non venne inghiottito dalla notte.

Di sangue, per quel giorno, ne era stato versato abbastanza.

 

Poco dopo, rientrando nella tenda, trovò Madara seduto sul futon a due piazze che condividevano, intento a ripulire le sue armi con solo una candela a illuminare l'area circostante.

-Ci sono novità?- gli chiese Izuna, ritenendo che ormai il fratello avesse superato la fase del mutismo iniziale.

-Nessuna- borbottò Madara.

-Cos'hai fatto in tutto questo tempo, te ne sei andato a fare una scampagnata? Potevi chiamarmi, inviarmi un messaggero o altro, avremmo potuto fare un bel picnick insieme ai Senju, magari- scherzò il più giovane.

-Non fare tanto lo spiritoso, ragazzo- ribattè l'altro, ma sorrideva per la prima volta da quando era tornato. Non un sorriso aperto, era più che altro una specie di ghigno divertito. Ma era già qualcosa.

Izuna aveva lo straordinario potere di trasmettere la sua serenità a chiunque gli stesse intorno: per Madara era un dono ancora più prezioso dell'Arte del Legno di Hashirama, anche più del loro Sharingan.

-Dai fratello, che ti prende?- continuò imperterrito a prenderlo in giro Izuna, per sdrammatizzare.

-Sono stanco, ti spiace?- brontolò l'altro, smettendo di trafficare con l'enorme ventaglio che stava cercando di ripulire dal sangue che si era asciugato sopra, arrendendosi al futon. Si sdraiò su di esso e aggiunse: -Piuttosto, è successo qualcosa in mia assenza?-

Naturalmente lo chiedeva ogni volta che si allontanava.

-Niente di che, il solito...- la buttò lì il più piccolo, poi aggiunse con una nota di insofferenza:  -Sai, le solite cose noiose di chi è relegato in "casa"-

Madara sbuffò sonoramente alla frecciatina del fratello.

-Non mi metterò a discutere con te- rispose, mettendosi un braccio sugli occhi.

Izuna si era offerto più volte di guidare lui stesso le spedizioni o se non altro di andare in avanscoperta in territorio nemico, ma anche qualcosa di meno impegnativo, come un lavoro di spionaggio; ma Madara si era sempre opposto, preferendo saperlo al sicuro entro i confini del loro territorio.

Non posso combattere se devo preoccuparmi anche di te, gli aveva detto una volta e Izuna non aveva saputo se rimanerci male o essergli grato.

Ma in ogni caso, qualcuno doveva restare a proteggere il Clan in caso di eventuali attacchi nemici e lì la questione si chiudeva.

Madara riprese svogliatamente a tentare di dare una ripulita al suo ventaglio, sempre meno convinto del fatto che sarebbe mai tornato come prima.

Passarono parecchi minuti nel silenzio totale, con solo il rumore di sottofondo prodotto dai tentativi di Madara di sistemare la sua arma preferita, nei quali i due fratelli rimasero immersi nei loro pensieri, mentre anche fuori era sceso il silenzio.

-Madara?- sussurrò a un certo punto Izuna, scuotendosi dal dormiveglia in cui era caduto. Non avrebbe potuto dire se fossero passate ore oppure minuti, ma fuori era ormai notte fonda e la tenda era piombata nell'oscurità totale, visto che l'unica candela accesa si era spenta. Nel buio riusciva a percepire solo il respiro lento e pesante di Madara che, con ogni probabilità, aveva finito per addormentarsi.

Izuna si mosse a tentoni, gattonando verso il punto da dove proveniva quell'unico rumore, finchè quasi non inciampò nella figura immobile di Madara; ma alla fine riuscì, con non poche difficoltà, ad individuare la candela e a riaccenderla.

La prima cosa che vide fu il volto rilassato e disteso del fratello, come non lo si vedeva mai quand'era sveglio. Un braccio giaceva aperto a coprire tutta l'altra piazza del futon, mentre l'altro stringeva ancora il ventaglio che stava ripulendo prima di addormentarsi. Izuna lo sfilò delicatamente dalla sua stretta: non l'avrebbe svegliato per nessun motivo al mondo. Dopo aver riposto silenziosamente l'arma in un angolo della tenda, fece per spostare il braccio del fratello che andava ad occupare tutto il suo lato, con l'intenzione di mettersi a dormire anche lui.

Ma aveva appena sfiorato la sua mano, che questa si serrò in una morsa d'acciaio sul suo polso e in un attimo il giovane si ritrovò catapultato sul petto del maggiore. Sulle prime Izuna credette di essere semplicemente inciampato su Madara, ma poi, quando tentò di rialzarsi e sentì le braccia forti del fratello trattenerlo a sè, dovette ricredersi sulla sua sbadataggine.

Quando poi cercò di spostarsi e l'altro lo strinse ancora di più, sussurrò: -Madara, stai sognando?-

Nessuna risposta, il che voleva dire che sì, stava sognando. Anche se Madara in realtà non sognava mai e anzi, quando dormiva, aveva il sonno talmente pesante che non si sarebbe svegliato nemmeno se fosse scoppiata una bomba lì nella tenda, al contrario del fratellino che se sentiva ronzare una mosca si svegliava di sopprassalto.

Provò almeno a mettersi in una posizione più comoda e infilò la testa sotto il mento del fratello.

-Madara...?- ritentò.

-Stai zitto e lasciami dormire- rispose la voce di Madara in un punto imprecisato sopra di sè, la quale non era affatto impastata nè confusa, ma nitida e cosciente.

Veramente sei tu che mi hai incastrato qui, pensò Izuna, ma non osò esprimere questo pensiero a voce alta, perchè non avrebbe rinunciato a quel contatto per nulla al mondo.

Stettero in silenzio per un po', l'uno ad ascoltare il respiro dell'altro.

-Otouto- disse Madara ad un certo punto, rompendo il silenzio.

Izuna alzò la testa e incrociò lo sguardo del fratello. Non capiva cosa gli avesse preso tutto a un tratto: che avesse bevuto in missione? Era abbastanza improbabile, ma sapeva per esperienza che non si doveva mai sottovalutare Madara Uchiha.

-Sai che giorno è oggi?- continuò.

-Il giorno in cui sei tornato-  rispose il piccolo senza pensare. Era l'unica cosa che gli veniva in mente in quel momento.

Madara volse gli occhi al cielo.

-Che otouto stupido che mi ritrovo-

Izuna stava cominciando a spazientirsi di quel comportamento machiavellico da parte del fratello.

-Insomma, che ti prende? Mi stai facendo saltare i nervi!-

Madara esibì il suo solito ghignò divertito e, con enorme sconcerto del più piccolo, lo baciò sulla fronte.

-Buon compleanno, baka otouto che non sei altro-

D'accordo. Forse un po' sbadato lo era. Ma in fin dei conti si era solo scordato del suo compleanno, no?

-E nel caso tu ti sia dimenticato anche di quanti anni fai, ti informo che ora ne hai ufficialmente venti- continuò a prenderlo in giro Madara.

-Siamo loquaci stasera, eh?- ribattè Izuna, per nulla intenzionato a farsi mettere i piedi in testa da lui. -Comunque grazie, nii-san- aggiunse, sincero.

Non riuscì a sostenere oltre lo sguardo di Madara e riappoggiò la testa sotto il suo mento.

-Aspetta- esclamò a un tratto. -Se è il mio compleanno, posso chiedere quello che voglio, giusto?-

-Dipende da cosa- rispose Madara, leggermente in guardia.

-La prossima volta che vai in battaglia voglio venire con te- disse tutto d'un fiato Izuna, come se la sua richiesta avesse potuto apparire meno pesante, se l'avesse posta più velocemente. Come si dice, via il dente via il dolore.

Ci fu un attimo di silenzio, in cui nessuno dei due parlò.

-Vedremo- rispose infine Madara.

-Vedremo!?- si spazientì Izuna, ma poi decise che era meglio non calcare la mano.

Piombò il silenzio, ed era già nel dormiveglia quando avvertì Madara muoversi e coprire tutti e due con la coperta.

-Nii-san- disse Izuna, con la voce impastata e confusa dal sonno imminente -non andare mai dove non posso raggiungerti-.

Madara lo strinse a sè e sussurrò: -Lo stesso vale per te-. Ma il suo otouto era già nel mondo dei sogni.

 

 

 

 

Non andare mai dove non posso raggiungerti, questa era stata la tua richiesta. Io l'ho esaudita. Ma tu, fratellino? No, tu no. Tu ti sei sentito libero di andartene, di allontanarti da me. E io ho perso tutto.

Oggi è il dieci febbraio, il tuo compleanno. Neanche te lo dico quanti anni avresti compiuto.

Ma oggi è anche il compleanno di Obito, sai? Avere vicino un piccolo Uchiha rimpiscatole è un po' come riavere te, anche se lui mi odia, ma in realtà ci capiamo. Fer forza, visto che entrambi abbiamo perso tutto.

Sono ancora qui anche se non dovrei, perchè la natura mi avrebbe voluto morto parecchie generazioni fa. Ma visto che sarò comunque dannato, tanto vale fare un tentativo e cercare di recuperare questo mondo.

Obito è il compagno ideale: si è ambientato bene nell'oscurità, e per questo è ancora più deciso di me. Si allontana sempre quando rimaniamo soli, perchè ha paura che io riesca a leggere quello che c'è nel suo cuore... Come se già non lo sapessi. Come se potesse nascondersi da me.

Questo mondo cadrà comunque con o senza il nostro intervento; noi stiamo solo cercando di limitare il danno. E presto ci riusciremo, è una promessa. Non fallirò un'altra volta, lo giuro sui tuoi occhi, l'unica cosa che mi hai lasciato.

Buon compleanno, mio piccolo otouto. E auguri anche a te, Obito. Ti auguro una buona permanenza all'inferno.



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Volevo pubblicare questa one-shot ieri, il dieci appunto, ma non ce l'ho fatta e allora mi perdonerete, ma l'ho postata con un giorno di ritardo.

Non ho altro da dire, l'intento della shot è chiaro xD
Ringrazio tutti coloro che si sono presi e/o si prenderanno la briga di leggere questo mio omaggio.
   
 
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