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Autore: ariannes    11/02/2013    2 recensioni
''Cerchi qualcosa?'' mi dice uno di loro, moro, occhi indecifrabili a causa della luce fioca dei lampioni. Riesco solo a vedere gli occhi di quel ragazzo seduto sopra la sponda della panchina, con i gomiti sulle sue ginocchia che mi fissa così insistentemente da farmi venire i brividi.
Non riesco a dire nulla, non ho fiato, sono consumata dalla paura. Uno di loro comincia a dire qualcosa agli altri, facendoli smettere di fissarmi, tranne quel ragazzo che mi fissa imperterrito. Cominciano a ridacchiare gli altri quattro, girandosi verso di me e guardandomi maliziosamente. Rabbrividisco, ma non tolgo gli occhi da quelli color miele.
''Vai via.'' mi dice, sempre tenendo fermamente gli occhi nei miei. Non riesco a muovermi, sento come se avessi dei massi pesanti al posto dei miei piedi.
''Andiamo Justin, la preda arriva nella tana e tu la lasci scappare?'' dice uno dei quattro ridacchiando con gli altri.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stoppo la musica sul cellulare e mi tolgo le cuffiette dalle orecchie. Mi alzo dal letto, resto seduta sul bordo e mi guardo intorno cercando di focalizzare ciò che devo fare. Sono le sette di sera, e dovrei prepararmi dato che dopo aver mangiato dovrei andare dalla mia migliore amica a vedere un film. Essendo venerdì non abbiamo il problema dei compiti e della scuola. Abita a poche case da me, non sarà un problema raggiungerla a piedi. Sento mia madre urlare da sotto ''Ruth è pronto.''
''Arrivo mamma.''
 rispondo alzandomi dal letto e mettendomi una felpa due taglie in piu di me di color grigio. Scendo le scale velocemente e arrivo in cucina dove vedo mia madre tirare fuori dal forno due pizze. Mi siedo sullo sgabello della penisola ed iniziamo a mangiare.
Ancora non mi sono presentata, quasi dimenticavo. Il mio nome è Ruth, ho sedici anni e vivo a Stratford, una minuscola cittadina del Canada. Mio padre non è quasi mai in casa a causa del suo lavoro, il quale lo fa viaggiare praticamente sempre. E' sempre stato così da quando ero piccola, ormai la cosa non mi tocca più particolarmente. 
''Allora stasera sei da Connie?'' mormora mia mamma, stoppando i miei pensieri.
Non alzo gli occhi dalla pizza ''Sì.'' rispondo.
''Va bene, sta attenta se vai da sola e chiamami nel caso avessi bisogno.'' dice.
''Si mamma.'' dico non guardandola ancora.
''Mi raccomando Ruth.'' Si, è una mamma molto premurosa.
Sospiro e alzo lo sguardo verso di lei ''Starò attenta.''
Non capisco a cosa devo stare attenta, che diavolo può mai succedere in un paesino del cazzo come Stratford? Finisco di mangiare e poso il piatto nel lavandino, do un bacio sulla guancia a mia madre che si alza per fare la stessa mia azione e poi ripulire i piatti.
''Grazie.'' le dico, e corro in camera. Fa abbastanza freddo fuori, quindi opto per dei pantaloni di hollister blu della tuta, stretti alla fine e con la scritta bianca della marca che occupa tutta la gamba destra. Sopra metto una canottiera altrettanto blu e una felpa grigia abbastanza larga. Blazer grigie e sono a posto. Una leggera passata di mascara e sono pronta per uscire. 
''Mamma esco, a dopo.'' urlo sulla soglia della porta. 
''A dopo tesoro, fa attenzione.'' la sento urlare dalla cucina, sentendo anche l'acqua scorrere il che significa che sta lavando i piatti. Alzo gli occhi al cielo e chiudo la porta.
Mi incammino verso casa di Connie, sono le nove di sera e non c'è un'anima viva in giro. Guardo la strada avanti a me, così deserta che quasi mi mette paura. L'unico rumore che sento è quello delle foglie degli alberi che si muovono a causa del vento.
Sono 15 minuti di camminata circa da casa mia alla sua. Mi metto le mani nella tasca della felpa e continuo a camminare, stringendomi nelle spalle cominciando a sentire freddo. Passo di fianco a un parchetto, il solito nel quale giocavo sempre da piccola, nulla di nuovo. Sorrido ai ricordi di quando giocavo lì con mio padre, ma il mio sorriso quasi impercettibile viene interrotto da alcune risate che sento lontane, in fondo al parco. Mi si stringe lo stomaco dalla paura, sorprendendomene io stessa. Per arrivare a casa di Connie dovrei passare per il parco, ma in questo momento non so cosa fare, non so chi ci possa essere la giu, e la paura si impossessa di me quando vedo circa 5 ombre sedute su una panchina nello stesso punto da cui provenivano le risate. Deglutisco, e cercando di farmi forza mi accorgo di essere ferma davanti all'entrata del parco con le mani nelle tasche. Mi sforzo di mettere un piede davanti all'altro e mentre cammino mi guardo intorno sperando di vedere qualcuno, ma nulla. Il vento mi spettina i lunghi capelli castano scuro facendomeli finire in parte in faccia. Avanzo vedendo quelle ombre sempre più chiaramente, mi avvicino sempre di più. Devi solo passarci davanti Ruth, sii indifferente, andiamo, magari ti stai facendo mille fantasie per nulla, e magari sono quelle le persone che in caso di pericolo potrebbero aiutarti. Con questo pensiero fisso in mente sono ormai vicina a loro, e riesco a vedere perfettamente 5 ragazzi, tutti con una sigaretta in mano o in bocca che ridono e scherzando tra di loro. Deglutisco, e cercando di non farmi notare, camminando il più silenziosamente possibile, vado avanti. Per sbaglio calcio un sasso per terra che li fa girare di scatto tutti e 5, i quali mi guardano con aria maligna a causa dello ''spavento''. Mi blocco, sentendo il loro sguardo fisso su di me, tenendo sempre le mani nelle tasche della felpa. Li guardo tutti uno ad uno, quando mi scontro con gli occhi di uno di loro. Ambra pura, miele, non saprei. Rimango incantata ma la paura mi fa tornare alla realtà. Sono passati circa 5 secondi, nessuno si muove, mi fissano aspettando una mia mossa. Sto pensando il più ardemente possibile a cosa fare. Sento il silenzio tombale avvolgermi, il freddo pizzicarmi la faccia. Sono pietrificata dalla paura. 
''Cerchi qualcosa?'' mi dice uno di loro, moro, occhi indecifrabili a causa della luce fioca dei lampioni. Riesco solo a vedere gli occhi di quel ragazzo seduto sopra la sponda della panchina, con i gomiti sulle sue ginocchia che mi fissa così insistentemente da farmi venire i brividi. 
Non riesco a dire nulla, non ho fiato, sono consumata dalla paura. Uno di loro comincia a dire qualcosa agli altri, facendoli smettere di fissarmi, tranne quel ragazzo che mi fissa imperterrito. Cominciano a ridacchiare gli altri quattro, girandosi verso di me e guardandomi malizionamente. Rabbrividisco, ma non tolgo gli occhi da quelli color miele.
''Vai via.'' mi dice, sempre tenendo fermamente gli occhi nei miei. Non riesco a muovermi, sento come se avessi dei massi pesanti al posto dei miei piedi. 
''Andiamo Justin, la preda arriva nella tana e tu la lasci scappare?'' dice uno dei quattro ridacchiando con gli altri.
''Divertiamoci solo un pochino.'' A queste parole capisco che non sono le brave persone che avrebbero potuto aiutarmi nel pericolo, ma loro erano il pericolo. Gli occhi mi diventano lucidi, continuando a tenerli fissi dentro quelli di ''Justin'', il quale non ha mai riso una volta assieme agli altri, il quale mi sembra l'unico ragionevole, per quanto tutti e 5 possano esserlo. Uno di loro si alza dalla panchina per venire verso di me, ma ''Justin'' lo ferma per un braccio facendolo risedere, e trovando l'appoggio per alzarsi. Fa un ultimo tiro di sigaretta e poi la lancia nel prato dietro di lui. Viene verso di me, ha la mascella serrata e i suoi occhi mi squadrano dalla testa ai piedi, poi ritornano nei miei e si mette le mani in tasca stando a pochi centimetri dal mio viso.
''Ho detto, vai.via.'' scadisce le parole e mi guarda, accorgendosi delle mie imminenti lacrime e del mio respiro pesante e veloce.
Completamente nel panico, comincio ad indietreggiare quasi impercettibilmente, poi di scatto mi giro ed inizio a correre così velocemente che la bocca mi si prosciuga, e il respiro mi svanisce quasi. Ancora abbastanza vicina a loro li sento discutere con quest'ultimo che mi aveva detto di andarmene. 
''Perchè l'hai fatto?'' sento uno di loro urlare.
Corro verso casa, mentre mi asciugo le lacrime. Arrivo alla porta e la apro il più velocemente possibile, la richiudo dietro di me continuando a piangere quasi incessantemente. Mentre cerco di chiudere la porta il più sicuro possibile mi asciugo le lacrime che continuano a scendere. Salgo le scale, e mi accorgo che mia madre si è addormentata in camera sua mentre guardava la tele. Meglio, in questo modo non dovrò dare spiegazioni. Prendo il cellulare. 
 
A: Connie
Non posso più venire, contrattempo. Mi spiace, a domani.
 
Da: Connie
Afferrato. A domani.
 
Butto il telefono sulla scrivania e cado per terra sentendomi mancare. Tutta la paura e l'ansia passate poco fa si accumulano su di me facendomi mancare l'aria. Resto in ginocchio per terra fissando il vuoto. 
E se non ci fosse stato quel 'Justin', cosa mi avrebbero fatto? Cosa mi sarebbe successo? Pensai alle cose più ovvie che avrebbero potuto farmi, mi avrebbero violentata o fatto chissà cosa.
A questo pensiero ricomincio a piangere portandomi le mani alla faccia, non capendo assolutamente più niente.
Perche quel ragazzo mi aveva detto di andarmene? Perchè mi ha aiutata?
Mi addormento sul pavimento di camera mia, con decisamente troppi pensieri per la testa. 
  
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