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Autore: Macy McKee    11/02/2013    3 recensioni
Ogni individuo che ha viaggiato insieme al Dottore non è soltanto un compagno di viaggio, ma una persona completa, meravigliosa, unica.
Questa raccolta è dedicata a ognuno di loro, e narra un frammento della vita di ciascuno prima che il Dottore vi facesse il suo ingresso.
[Vi avviso, ci saranno anche personaggi della serie classica.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La prima storia di questa raccolta è dedicata a Ian Chesterton, serie classica, primo companion umano del Dottore insieme a Barbara Wright.
Potete leggere questa storia anche senza aver visto la serie classica, dato che non contiene spoiler.
Nota: Sarah è un personaggio completamente inventato da me, non esiste nel telefilm.

Ian Chesterton: Starlight

Ian non poteva vedere gli edifici contorcersi e crollare sotto le fiamme né le macerie scagliate da una parte all’altra delle strade dalla forza dell’impatto, né poteva udire il fragore mortale dell’esplosione, ma aveva sentito i motori dell’aereo fischiare e tossire nel cielo sopra di lui. Anche la piccola Sarah, una bambina mora dalle trecce scarmigliate e dai grandi occhi scuri che parevano sempre spaventati a morte, lo aveva sentito. Era sgattaiolata fuori dalla coperta che la avvolgeva, strisciando silenziosamente sul pavimento per non svegliare gli altri bambini addormentati, e si era rannicchiata stringendo le braccia attorno alle gambe sotto il davanzale della finestra.
Ian l’aveva raggiunta, sapendo di avere il dovere di consolarla dall’alto dei sue due anni d’età in più, e come un fratello aveva aperto le sue braccia per lasciare che Sarah vi si raggomitolasse in mezzo.
Ian Chesterton era un ragazzino responsabile, dallo sguardo sempre perso a contemplare un orizzonte invisibile e dalla mente sempre solleticata dal desiderio di scoprire di più. Cosa volesse scoprire, Ian ancora non lo sapeva. Amava farsi guidare dai romanzi di Jules Verne e di Herbert George Wells verso mondi lontani e impossibili, immaginare di un futuro in cui il cielo era di un azzurro brillante e in cui il rombo dei motori degli aerei nemici non sovrastava l’ululare dei lupi nelle notti buie. Ian immaginava e bramava un futuro prossimo in cui Sarah si sarebbe avvicinata a lui piangendo perché aveva perso la propria bambola preferita, non perché i rumori della guerra che procedeva impietosa a poche miglia dal loro rifugio non le permettevano di dormire.
‹‹Shh›› sussurrò Ian, stringendo delicatamente Sarah. ‹‹Qui siamo al sicuro. Non avere paura. Qui siamo al sicuro.››
Sarah affondò il suo viso pallido nella spalla di Ian, singhiozzando piano. ‹‹Voglio tornare a casa.›› bisbigliò.
‹‹Ci torneremo presto, Sarah. Ci torneremo tutti.››
‹‹Promettilo.››
‹‹Te lo prometto, Sarah.››
Per qualche minuto, nella stanza si udì soltanto il respiro pesante dei bambini che dormivano e il fruscio delle lenzuola di quelli che si rigiravano sotto le coperte, vittime dell’insonnia.
‹‹Cosa faremo quando torneremo a casa?›› domandò piano Sarah, tenendo il volto immerso nella camicia di Ian.
‹‹Io viaggerò. Scoprirò cose. Tante, bellissime cose. Voglio essere come Sir Francis Drake con il suo Pelican: voglio andare lontano, vedere luoghi strani, fare scoperte. Voglio vedere il mondo, e ancora di più. Voglio essere come
E tu puoi venire con me, se vuoi. Andremo lontano, in paesi senza guerre, senza aerei cattivi, senza il terribile pane della signora Williams.››
Sarah rise piano, storcendo il naso al pensiero. La signora Williams era una donna morbida e gentile, con un largo faccione bonario sempre chiazzato di rosso, che profumava di lavanda e aveva sempre qualche grossa macchia rossastra di sugo sul grembiule. Era una brava donna che si era offerta di prendersi cura dei bambini in campagna, ma preparare il pane non era mai stata una delle sue abilità migliore.
‹‹Te lo prometto, Sarah: viaggeremo insieme. Andremo lontano, lontanissimo. Fino a là.›› sussurrò Ian, indicando il cielo al di là del vetro opaco della finestra.
Sarah sorrise, soddisfatta. Si raggomitolò stringendosi ancora più forte a Ian e appoggiando la testa sulle sue gambe, poi chiuse gli occhi.
Fuori, la città urlava, gemeva, crollava sotto l’onda d’urto delle esplosioni.
Oltre la città, il mondo viveva. Monti dalle vette innevate, pianure coperte d’erbe soffice, mari calmi che giocavano con la sabbia bianca delle spiagge.
Ian chiuse gli occhi, immaginando di stringere fra le mani quei granelli candidi di sabbia, di sentirli solleticare i suoi polpastrelli.
Immaginava poi di aprire il palmo della mano e vedere la sabbia risucchiata verso l’alto. Allora alzava lo sguardo, e vedeva attorno a sé le stelle. Ma non le stelle lontane e irraggiungibili che vegliavano su di lui nel cielo ogni notte, no. Erano astri giganteschi, ardenti, abbaglianti, ed erano così vicini che Ian pensò per un istante di poter allungare un braccio e rubare un po’ di luce di stella.
Poi riaprì gli occhi, e le stelle erano svanite. Attorno a lui il buio, perché da quando era cominciata la guerra di notte le luci dovevano restare spente.
Con un sospiro, Ian si chinò in direzione di Sarah, avvicinando il viso ai suoi capelli e abbracciandola gentilmente, attento a non svegliarla.
‹‹Presto ce ne andremo, Sarah. Voleremo fino alle stelle. Potrei regalarti una stella, sai? Un po’ di luce di stella da tenere sul comodino la notte, così non saremo più costretti a vivere nel buoi. Cosa ne pensi, Sarah? Vuoi una lampada piena di stelle?››

 
 
   
 
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