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Autore: Sbren    11/02/2013    4 recensioni
Mi dispiace deludere dall’inizio, ma questa volta non era una giornata di sole, con i ciliegi in fiore e gli uccellini che cinguettano. Non era neanche primavera.
E tengo a precisare che non fosse neanche una giornata di pioggia, niente diluvio universale, niente ticchettio sulle finestre, niente vestiti zuppi, niente capelli rovinati, niente fango. Non era neanche inverno.
Posso dire che siamo a fine autunno, quell’anno decisamente caldo rispetto al passato, ma il vento persisteva e trasportava con sé vecchi giornali di pubblicità riguardanti offerte nei supermercati.
Lei camminava contro vento, sperando di tornare a casa il prima possibile, non perché la giornata fosse andata storta, ma come si dice? Home sweet home.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Shelley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LITTLE LOVELY GEORGE

Mi dispiace deludere dall’inizio, ma questa volta non era una giornata di sole, con i ciliegi in fiore e gli uccellini che cinguettano. Non era neanche primavera.
E tengo a precisare che non fosse neanche una giornata di pioggia, niente diluvio universale, niente ticchettio sulle finestre, niente vestiti zuppi, niente capelli rovinati, niente fango. Non era neanche inverno.
Posso dire che siamo a fine autunno, quell’anno decisamente caldo rispetto al passato, ma il vento persisteva e trasportava con sé vecchi giornali di pubblicità riguardanti offerte nei  supermercati.
Lei camminava contro vento, sperando di tornare a casa il prima possibile, non perché la giornata fosse andata storta, ma come si dice? Home sweet home.
In ogni caso si sentiva stanca di tutto ciò che le stava attorno, si sentiva sola benché fosse circondata di amici che non perdevano l’occasione di invitarla a feste o a pomeriggi interessanti. Ma aveva bisogno di essere capita, di sapere che qualcuno sarebbe riuscito ad andare oltre la sua maschera forte e sorridente per scoprire una ragazza insicura, piena di debolezze, fragile e sola. Negava a sé stessa di credere nel principe azzurro, ma in fondo si rendeva conto che non aveva mai avuto una relazione seria perché lo stava aspettando. E fantasticava che sarebbe stato esattamente come lei, solo in versione maschile. Non credeva alle frasi come “gli opposti si attraggono” o “l’amore è bello solo s’è litigarello”, o meglio non più dopo la separazione dei suoi genitori. Due persone completamente differenti, che, fin dai primi ricordi che aveva di loro, discutevano in continuazione per qualsiasi cosa. E il fatto che più non sopportava è che negassero a loro stessi che quelli fossero veri e propri litigi, continuando a dire che si stavano solo confrontando.
Dopo la separazione, lei, contesa tra madre e padre in quanto unica figlia, decise di vivere da sola avendo un’età che glielo permettesse, avendo buoni voti e avendo perfino uno stipendio. Infatti, dopo la scuola, lavorava nello Starbucks dietro l’angolo come assistente del responsabile: organizzava i turni dei dipendenti, calcolava i bilanci e si occupava delle buste paga.
Così, avendo tutte le carte in regola per incominciare una vita da donna indipendente, comprò con i soldi che aveva risparmiato negli anni (frutto di regali da parte dei parenti vari e paghette non spese, sapientemente conservate in banca ad un discreto tasso d’interesse) un piccolo appartamento nella sua cittadina natia, Bristol.
Salendo le scale del condominio per raggiungere la sua abitazione, si accorse di una foglia che le si era impigliata nei capelli e, presa da un sentimento di delicatezza, decise di portarla con se e magari di riporla in un libro.
Dopo essere entrata nell’appartamento e aver richiuso la porta dietro di sé con un piede, si tolse le scarpe lasciandole sparpagliate sul pavimento. Prese il primo pigiama che le capitò sottomano e s’infilò nel bollore avvolgente della vasca da bagno. Dopo poco incominciò a rilassarsi sul serio tanto da perdere la cognizione del tempo che passava. Si rese conto di essere rimasta immersa troppo a lungo solo quando gli arrivò un messaggio e, asciugandosi le mani, si accorse che erano raggrinzite.
“Non è che potresti cambiarmi turno sabato? Mi starebbe più comodo il pomeriggio. Ti prego! George xx”
Lei sospirò. Problemi, problemi e ancora problemi. Indecisa sul da farsi, inizialmente riposò il telefono sul bordo della vasca, ma avvertendo una sensazione di inquietudine, lo riprese e rispose
“Ne parliamo domani pomeriggio con calma, ma credo si possa fare ;) Jackie xx”

 

Infine sospirò, abbandonò il cellulare in un angolino e finalmente si decise ad uscire.
 

 
Lui era seduto sul letto mentre strimpellava qualche canzone alla chitarra, sospirando ad ogni giro d’accodi. Non aveva niente da fare quel pomeriggio, ed era proprio in quei momenti che si rendeva conto di quanto realmente si sentisse solo. Circondato da familiari che gli volevano un bene dell’anima e solo qualche amico, non si riteneva soddisfatto. Voleva qualcosa di più, qualcosa che lo completasse. E sinceramente l’aveva trovata, solo che per la sua stupida insicurezza non è mai riuscito a parlare di qualcosa che non fosse il lavoro. E anche in quel momento, pensandole, gli era tornato in mente il foglio dei turni. Cercava di fare sempre in modo di essere presente quando c’era anche lei, come se la volesse tenere sotto controllo: non avendo il coraggio di parlarle, l’unico modo di sapere come stava e cosa le capitava era starle vicino.
Così prese il telefono e compose il testo del messaggio.
“Non è che potresti cambiarmi turno sabato? Mi starebbe più comodo il pomeriggio. Ti prego! George xx”
E subito dopo si sentì un vero idiota, come al solito. Più non trovava modo di parlarle sul serio, più si demoralizzava e pensava di essere un fallito (come del resto lo giudicavano tutti).
Quando gli arrivò la risposta e il cellulare vibrò, fece un sussulto.
“Ne parliamo domani pomeriggio con calma, ma credo si possa fare ;) Jackie xx”
Indeciso se risponderle o no, in un primo momento fu propenso a fare il misterioso, ma spinto dall’esasperazione di essere costantemente triste, riprese in mano il telefono bianco e digitò un nuovo sms.
“Sei libera sta sera? (: George xx”
Dopo aver premuto su invio, si buttò per terra e dopo aver ripetuto varie volte la parola ‘perché’ battendo la testa contro il pavimento, si lasciò andare.

 

Si sentiva che la risposta sarebbe stata quella che gli dicevano tutte: << Scusa, ma ho già un impegno. >>, senza preoccuparsi di aggiungere almeno un misero “sarà per la prossima volta”, proprio a far capire che non ci sarebbe mai stata una volta. Nessuno voleva il ragazzo ciccione che non riusciva a correre, e nonostante fosse dimagrito molto, la gente non dimenticava di quel che era prima, e  la sua insicurezza lo portava ad isolarsi. Ma questa volta non avrebbe retto il suo rifiuto. Sentiva che l’amava, l’amava sul serio. L’unica ragazza che si fosse mai comportata in modo gentile con lui, l’unica che quando gli misero lo sgambetto gli diede una mano ad alzarsi, l’unica che quando gli ruppero il polso si offrì di accompagnarlo in infermeria. E nonostante tutto l’unica cosa che gli era mai riuscito a dire era ‘grazie’ o ‘buongiorno’ o ‘mi cambi il turno?’, mentre le avrebbe voluto pronunciare il suo primo ‘ ti amo ’. E così rimase steso sul freddo pavimento in attesa della sua condanna.
 

 
“Sei libera sta sera? (: George xx”
Il primo pensiero di Jackie fu “anche se fossi stata impegnata mi sarei liberata”, ma, rendendosi conto che non era il caso di fare certe figure, rispose in maniera più consona.
“Certo (: perché? Jackie xx”
Subito dopo cercò di fare un po’ di ordine nella sua mente. Il ragazzo che i primi anni di liceo gli faceva così tanta tenerezza e che poi, da un anno e mezzo a questa parte, era diventato il suo amore segreto le aveva appena proposto di passare una serata insieme. Era da tempo che provava qualcosa per lui, ma, nonostante tutto, ogni sforzo per essere gentile ed avvicinarlo era vano, poiché lui non la calcolava minimamente anche se non aveva molti amici. Ad un certo punto era arrivata a pensare che la disprezzasse. Dall’ufficio in cui svolgeva tutti i suoi lavori di contabilità riusciva a vedere il bancone e certe volte si incantava a guardarlo lavorare per qualche minuto.
Tornò alla realtà quando squillò nuovamente il cellulare.
“Che ne dici se stasera ti vengo a prendere verso le 20.00 e ci facciamo un giro in centro? :D George xx”
“Con piacere (; Jackie xx”
Originalità: zero. Non riusciva a capacitarsi del fatto che, quando si trattava di George, il suo cervello andasse in tilt. Era più forte di lei sotto qualunque punto di vista.
Ma sentì scoppiare il cuore di gioia all’arrivo dell’ultimo messaggio
“A dopo <3 G. xx”

 

 

 
Credeva che non ci sarebbe mai riuscito, credeva che in macchina gli sarebbe venuto un ictus dall’emozione, balbettava perfino nel pensiero.
Arrivato sotto casa della fanciulla, si limitò a fargli uno squillo. Erano le venti in punto, il vento si era calmato e aveva lasciato spazio a un cielo stellato mozzafiato.
Scese dalla macchina e si appoggiò in attesa alla portiera del passeggero, ripassando gli argomenti che si era preparato per la serata in modo che non ci fossero momenti imbarazzanti di silenzio.
Poco dopo si aprì il portone del piccolo condominio e vide avanzare verso di lui una piccola figura avvolta da un tubino nero e i capelli sciolti.
-Ciao.- salutò lei con un tenero sorriso.
-Ciao.- ricambiò lui guardandola esterrefatto.
-Ho esagerato? Non sapevo cosa mettermi, ma se è troppo vado a ca…- disse lei intimidita.
-No, no. Sei perfetta.- le aprì la portiera lui con uno scintillante sorriso.
-Grazie.- disse lei mentre si accomodava sul sedile morbido.
Lui tornò a sedersi al posto del guidatore e afferrò saldamente il volante.
-Credo che non ci siano problemi per te se andiamo prima a cenare e poi facciamo una passeggiata, vero?- chiese lui, con l’aria di un padre di famiglia che ha già organizzato puntigliosamente le tappe per un viaggio e non sopporta che ci siano ritardi.
-Direi che è meglio così.- lo tranquillizzò lei.
Arrivarono a un ristorantino nel centro. Lui le aprì di nuovo la portiera e le tese la mano che lei afferrò per paura di cadere a causa dei tacchi probabilmente troppo alti. Continuò a stringergli la mano in modo da aggrapparsi a lui, ma a George non pareva dispiacere.
L’atmosfera era calda e accogliete e la serata passò decisamente in fretta tra una battuta e un racconto di vita quotidiana.
Usciti dal locale non gli restava che fare la passeggiata, la quale non durò molto poiché a Jackie facevano male le scarpe. Nonostante cercasse disperatamente di non darlo a vedere, George si fermò e disse – Credo sia il caso che torniamo indietro. – e le sorrise – Devono farti davvero male. Sembri quasi più alta di me. – e rise nuovamente.

 

Lei si limitò a stringersi nelle spalle per poi appoggiarsi un’altra volta alla spalla del ragazzo, e quest’ultimo le teneva una mano attorno alla vita per assicurarle una presa salda, la aiutò a salire sull’auto e si mise al volante.
 

 
George frenò sotto casa della giovane, la quale lo ringraziò con un bacio sulla guancia.
Lei fece per aprire la porta e scendere dall’auto da sola, ma lui si fiondò al di fuori del veicolo, le tese la mano aiutandola a mettere sull’asfalto scarpa per scarpa e, una volta in piedi, la prese in braccio a sorpresa, a mo’ di principessa. La mise delicatamente giù solo davanti al portone.
- Grazie. -  arrossì Jackie, aprì la grande porta di mogano, ma fu bloccata e sbalzata all’indietro. La sua schiena era premuta contro il muro e il suo ventre era premuto a sua volta contro quello di George. Dopo un inteso sguardo iniziale, la situazione sfociò in un dolce bacio, morbido e saporito, pieno di ricordi.
 
 
A quel punto entrambi capirono che quello era il vero inizio della serata. O addirittura forse di una nuova vita.





(: Angolo Autrice :)
Questa è la mia prima One Shot sugli Union J, in particolare george poichè è quello che mi ha colpito di più... Siate clementi :3
Vi prego e vi scongiuro, lasciate una recenzioninainaina xD
Gracias <3
-Sbren
 

   
 
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