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Autore: cheedori    11/02/2013    4 recensioni
[ #01 | 仮面 . MASK ]
“Ma non capisco – perché l’indossi?”
“Perché è incredibilmente trendy tra i Jonin di Konoha.”
“… davvero?”
“No.”

[ Tenzou/Kakashi, Kaka/Yama ]
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Yamato | Coppie: Tenzo/Yamato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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MAP OF THE PROBLEMATIQUE
# WHEN WE BLEED WE BLEED THE SAME



DISCLAIMER (!) (QUELLA COSA NOIOSA DI CUI A NESSUNO IMPORTA UN PORCELLINO VOLANTE CHE GIOCA A CRICKET MA CHE CE DEVE STA’ ALTRIMENTI PARE CHE STAI A FREGA’ QUALCUNO): NARUTO©, Kishimoto e tutte le sue opere e personaggi non mi appartengono e francamente son felice così; Yamato/Tenzou/Geppetto/Trottolino Amoroso Du Du Da Da Da, Hattakkate Kagakazzi (vinco il premio originalità per i nomignoli, levateve proprio) e tutto il resto della truppa vengono meramente sfruttati in qualità di Barbie Ninja dalla sottoscritta, e v’assicuro che non mi fruttano una lira. O un euro. O, visto che vivo in UK, una sterlina/pound (£). Peace out, bro.
NOTE :  La storia è ambientata negli anni in cui entrambi Kakashi e Yamato/Tenzou (o Enzo, come ci suggerisce di chiamarlo Word, grazie Word) facevano parte della squadra ANBU. Ora, se mi toccate Enzucc’ siete praticamente morti: trottolino è una specie di bambino cavia killer provetto con la sindrome di Gropius (N.d.A. WALTER GROPIUS È UN NOTO ARCHITETTO) e un posto assicurato all’IKEA di Konoha – se fosse pure scozzese sarebbe praticamente l’uomo della mia vita (qualcuno ha detto David Tennant?). Kakashi è uno stronzetto amorello pure lui perché sì. Inoltre ghèèèi e ships che vi portano far awaaay  (a proposito, MAP OF THE PROBLEMATIQUE è una canzone dei MUSE. Fate ciao ai mius! *si affaccia alla finestra e urla “MAAAAATT” col tono di una gallina*) – dicevo, ghèèèi perché YAOI, fatevene una ragione. Per problemi e reclami, rivolgetevi alla cassa e sarete rimborsati della lettura. Forse. Possiamo anche aggiungere che è la prima volta che "sforo" fandom, sì, e che mi sento come una pimpa il suo primo     giorno di scuola, sì? Siate bboni. #anZia

Da qui in poi vi auguro buona lettura e offro popcorn al toffee e irish cream. Lo so, che schifo d'accoppiata. Poi a me va del porridge adesso. Mh mh mh delicious porridge mh mh mh...
        Comments are love love 

 

 

#01  |  仮面         MASK



“Possiamo toglierla adesso, Senpai?”

 

Tenzou gettò l’ennesimo ramo secco nella cesta che teneva in spalla, storcendo poi il volto in una smorfia infastidita; la maschera – un gatto dal muso così grosso da sembrare più una tigre, tutto bianco con le rifiniture in rosso – aveva preso a pizzicargli da morire sul naso; l’aveva tenuta su tutto il giorno per ordine diretto dell’Hokage, ma adesso proprio non capiva perché fosse costretto a continuare ad indossarla – probabilmente solo un capriccio del Capitano – o,  ancora, perché stessero raccogliendo legna “per la notte” nel bosco quando disponevano di uno con la sua abilità innata.

“Senpai, non potremmo semplicemente utilizzare la mia Mokuton?” chiese ancora.

Il Capitano – Hatake Kakashi, un jonin che pareva fosse stato allievo del Quarto in persona – si fermò di colpo davanti a lui, costringendolo a spostarsi rapidamente sulla sinistra per non finirgli addosso. Il ninja parve considerare per qualche secondo la possibilità. “Hmm,” fece, e poi: “no.”
Tenzou lo guardò; a differenza delle altre, di porcellana finissima, la maschera del suo superiore era d’avorio e ritraeva un cane-lupo; attorno all’occhio sinistro oltre che al tradizionale rosso c’era una traccia d’argento che scendeva fino quasi al mento, come una lacrima. Con un po’ di invidia, il giovane non poté fare a meno di notare che quello del capitano fosse un artefatto molto più notevole del suo – probabilmente un lavoro originale svolto su commissione. Forse un giorno anche lui avrebbero ricoperto un ruolo di comando in una missione… e allora avrebbe avuto una maschera esattamente come quella. Anzi no, più bella. Un cervo. Un daino, forse.

“Ma perché no?”

Kakashi sbuffò, grattando impaziente col sandalo sul terreno, come a calciare un sassolino immaginario. 
“Siamo in missione segreta, Tenzou,” si lamentò. “Non possiamo permetterci il lusso di giocare con la tua casa delle bambole a volto scoperto.”
“Ma potremmo comunque accendere il fuoco con –”
“No.”

Kakashi aveva una voce strana – gentile e vellutata – ma al contempo intrisa di una nota fiera e autorevole che gli aveva fatto pensare ad un bambino che gioca a fare il re fin dalla prima volta in cui Tenzou l’aveva sentita, due giorni prima nelle stanze del Terzo. In realtà si sposava bene con l’idea che si era fatto di lui; il giovane Capitano era impulsivo, arrogante, testardo e talvolta anche decisamente irritante, ma teneva testa al resto del gruppo nonostante molti di questi lo superassero di gran lunga per stazza, esperienza ed età. Per qualche istante Tenzou si chiese che faccia avesse sotto quella maschera, quale fosse la sua vera età e di che colore fossero i suoi occhi (pensò azzurri, o forse grigi), poi uno scatto improvviso della mano di Kakashi stesso lo riscosse dalle proprie fantasticherie; indicava dei cespugli distanti sul sentiero.

“Legna secca, laggiù,” disse. Poi lo fissò – o almeno Tenzou immaginò che così dovesse essere dietro l’espressione canina – ed emise uno sbuffo annoiato. “Ci vai da solo o hai bisogno d’un calcio in culo?”

“Come fai a vederla da qui?”
“Lo so e basta.”
“A malapena si scorgono le erbacce! Stai bluffando!”
“… muoviti, pivello.”
“Subito Senpai!”

      

Un’ora dopo, l’intero gruppo di ricognizione – fatta eccezione per il Capitano, sparito a montare la guardia tra gli alberi – recuperava forze e calore seduto attorno al fuoco scoppiettante. Tenzou avrebbe approfittato volentieri della tregua per riposare, l’odore del legno bruciato quasi conciliante, ma i suoi compagni non sembravano essere dello stesso avviso. Il ninja fece del suo meglio per ignorare gli schiamazzi e il chiacchiericcio molesto (gli adulti, del resto, sapevano discorrere di una cosa sola) e quando il discorso virò sulle tette dell’assistente bibliotecaria, il ragazzo quasi desiderò di trovarsi a fare compagnia a Kakashi sulla cima di qualche pino.

“Seiko, vecchio mio, dovrai tenere su quell’affare se vuoi sperare di portartela a letto…”
“Sei solo invidioso perché io ho i classici lineamenti dell’eroe tragico e tu invece fai schifo al cesso.”
“Tolta l’invidia e l’eroicità ti rimane solo una tragedia in faccia.”
“Vai a cagare, Izumo!”

Tenzou non si unì allo scroscio di risate, ma osservò comunque la scena con la coda dell’occhio. Quando Seiko – quello con la voce strana, alto, il chiudi-fila – si tolse la maschera per lanciarla a quello che doveva essere Izumo, mostrando apertamente il volto giovane e un sorriso, il ragazzo per poco non cadde dal ceppo su cui era seduto. 

“Ma – ehi! Il Capitano ha detto che dobbiamo tenerla su!” intervenne scandalizzato. Attorno a lui, uno ad uno, i suoi compagni si stavano liberando delle brutte facce di ceramica, riponendole senza alcuna cura accanto alle armi e alle provviste. Seiko rise della sua preoccupazione, indicandolo poi con fare beffardo dalla sua posizione nel cerchio.


“Ah, ma allora sai parlare!” esclamò vittorioso. “Com’è che hai detto che ti chiami? Enzo? Tango? Tarzan???”
“Seiko, andiamo, dagli tregua. 
È la sua prima missione Anbu!” intervenne ridendo Izumo, un ninja dal naso rotto in quelli che, Tenzou provò a contarli, dovevano essere più di tre punti.
“Il mio nome per questa missione è Tenzou,” recitò diplomatico il ninja più giovane. “E vi ripeto, il Capitano ha detto che non dobbiamo toglierci la maschera per nessun motivo.”
“Spiegami come faccio a mangiare con addosso questa, Tarzan.”
È Tenzou. E comunque,” ci pensò qualche secondo, valutando tutte le possibili opzioni (tra cui quella decisamente impegnativa del trasportare il cibo all’interno del corpo con un jutsu), ma infine dovette arrendersi.
“No, non ne ho idea,” pigolò sconfitto.

Il cerchio fu scosso da un’altra risata, stavolta più gentile. Tenzou seppe subito che i suoi compagni non volevano beffarsi di lui – se non in maniera del tutto innocente. Izumo lo esortò a cibarsi con loro prima del ritorno del Capitano, perché, come aveva già intuito da solo, il ninja non avrebbe gradito quella chiassosa riunione. Con un ultimo sospiro nervoso, Tenzou rimosse la propria maschera e la poggiò in equilibrio sulle ginocchia. 

Seiko per poco non si strozzò col salmone.


“Ma che –” tossì più volte, battendosi il pugno in petto. “Ma quanti anni hai?!”

“Quindici,” rispose lui. 
Kami, ci risiamo, un altro moccioso prodigio! Pensavo fosse solo mingherlino!”
“Seiko, perché non ti ficchi quel benedetto salmone in bocca prima che decida di tornarsene al suo ruscello? E tu mangia, giovanotto. Devi tenerti in forze.” 

Tenzou – e il suo stomaco, che proprio in quel momento aveva deciso di dar voce al suo disagio gorgogliando fiero – non poterono fare a meno di concordare con Izumo; aprì la sacca del cibo e scavò al suo interno, estraendone la cena: oltre a due polpette di riso c’era un pacchetto di pistacchi salati, che però si era aperto riversando il suo intero contenuto sul fondo lurido della borsa. Il ninja dal naso rotto si accorse dell’espressione di puro cordoglio sul volto del ragazzo e gli allungò un paio delle sue noccioline. Tenzou lo ringraziò; gli piacevano le noccioline.


“Kakashi ti prendeva solo per il culo, prima, mezza cartuccia,” disse Seiko dopo un po’. “Fa sempre così con quelli nuovi.”
“Ma…”
“Devi sapere che è un po’ stronzo.”
“Un bastardo,” continuò Hiku, il terzo ninja della compagnia.
“Dai retta a me, Tarzan -”
“Tenzou –”

Seiko si sporse dal suo posto attraverso il fuoco, offrendogli un mochi che il ninja accettò controvoglia. 

“Kakashi è un tipo strano. Uno sclerato, come suo padre. Segui i suoi ordini, perché è il tuo Capitano, ma per il resto stagli alla larga.”

Tenzou annuì due volte di seguito, e Seiko considerò così l’argomento chiuso. 

Per la seconda volta quella sera, il ninja si ritrovò ad interrogarsi sul Capitano dai capelli del colore dell’argento: chi era suo padre? E come mai lo odiavano così tanto tutti? Risoluto, decise che fino a quando non l’avrebbe guardato in faccia, senza quella dannata maschera, dritto negli occhi (di che colore saranno stati, poi?), il suo giudizio sul suo conto sarebbe stato sospeso.


Diede un morso al dolcetto che stringeva tra le dita di una mano, premendolo affinché riversasse tutto il suo ripieno sul terreno;  a lui la marmellata di fichi non era mai piaciuta.

 

      

 

Quella notte sembrò non finire mai.
La pioggia cadeva ininterrotta da ore, e in cielo a mezz’aria incontrava la neve, sciogliendola; Kakashi era tornato dalla guardia da poco e, seduto con la schiena contro un albero, sembrava riposasse. Tenzou si rigirò a fatica sul suo letto di foglie bagnate, imprecando a voce bassa. Non riusciva a dormire.

“Tenzou?” si sentì chiamare dopo un po’. Il ninja riconobbe quella voce senza aver bisogno d’aprire gli occhi; “Senpai?” rispose pronto.

 

Kakashi gli fece cenno di avvicinarsi col capo, battendo una mano sull’erba accanto a sé.
“Fai piano,” disse, “non svegliare le scimmie.”

Tenzou si liberò velocemente della sua trappola di fogliame e, una volta superati tutti e quattro gli arti di Seiko (che dormiva formando una X perfetta sul terreno), si precipitò al fianco del ninja dai capelli argentati – dove rimase, poi, in attesa di un ordine, dondolandosi nervosamente sui talloni. Kakashi picchiò di nuovo la mano sul terreno, invitandolo a sedersi. 

“Rilassati, soldato,” scherzò. “Voglio solo parlarti.” 

Tenzou sedette (“sì, Senpai!”), se possibile ancor più nervoso di quanto non lo fosse stato pochi secondi prima. Di cosa voleva parlargli, esattamente? Sapeva che avevano parlato di lui prima mentre cenavano? Voleva chiedergli di riportargli le parole dei compagni – di tradirli, denunciarli – era una specie di prova?

 

“Dimmi di te.”

“Di – di me?”
“E chi altri, lo scimpanzé steso in croce laggiù?”
“Seiko è solo… buffo.”
“Tu sei troppo diplomatico. E Seiko è più che certamente un idiota.”

“La diplomazia è l’arte che fa girare il mondo, Capitano.”
“Indubbiamente. Ti spicci o aspetti che schiarisca giorno?”

 

Kakashi lo fissò ancora da dietro la maschera d’avorio; a Tenzou parve di scorgere lo scintillio di un occhio – uno solo – prima che si voltasse di nuovo. Si mosse a disagio sull’erba, giocando, con le dita, tra i suoi fili gelati.


“Avrai sicuramente letto il mio file prima della missione, Senpai.”

Il Capitano attese un attimo prima di annuire; quando lo fece, si curò che il suo sguardo fosse rivolto al giovane. Tenzou sospirò.


“Sono una cavia. Il risultato di un esperimento di Orochimaru-Sama. Per questo riesco a maneggiare l’arte del Legno, la stessa del Primo. Sono stato creato dal suo DNA.”

 

Lo disse tutto d’un fiato, senza interruzioni; come mille altre volte prima, non un’emozione.

 

“Mi dispiace,” gli arrivò la voce di Kakashi – più gentile, d’un tratto, più matura. “Ma non è quello che ti avevo chiesto di dirmi. Parlami di te, di Tenzou o come preferisci che ti chiami.”
“Tenzou è il nome che mi è stato assegnato per questa missione. Se non vogliamo considerare ‘Esperimento 59’, direi che non ho altri nomi.”
“Preferisco Tenzou, se non ti dispiace. O Ten, come dieci in Inglese. Allora?”

“Sono confuso, Senpai. Cosa dovrei dirti?”

 

Il ninja dai capelli argentati si prese qualche secondo per riflettere.


“Hm, vediamo,” iniziò poi, fingendosi ancora pensoso. “Penso di poter dire con una certa sicurezza che odi la pioggia, il sudore e la marmellata di fichi,” continuò, enumerando i punti sulle dita di una mano. “E – oh, i rumori forti. Prima quando ha tuonato credo di averti sentito imprecare in maniera piuttosto colorita. E infine sei preciso  – e cauto, molto – osservativo, e pignolo al punto da farmi voler strappar via le mutande dalla noia a volte.”
“… grazie?”
“Non c’è di che, pivello.”

 

Tenzou si sentì concedere il permesso di dargli una spinta, e così lo fece; Kakashi finse affronto e lo pungolò in un fianco, causandogli un dolore così acuto che il ragazzo pensò di essere prossimo alla morte. Più o meno.

“Mi piacciono molto i libri di architettura.”
“Ci avrei scommesso il copri fronte. Vai avanti.”
“Walter Gropius è il mio preferito. E poi mi piacciono le noci, di tutti i tipi, ma soprattutto quelle fresche. Le terme, i film d’epoca…”
“Cielo, potresti essere più noioso?”
“Gli spinaci, la musica classica, i gatti –”
“A che genere d’uomo piacciono davvero gli spinaci?”
“E credo di essere gay.”
“Questa è –”

Kakashi avrebbe approfondito volentieri il discorso, ma un kunai avvelenato per poco non gli trafisse un braccio; con uno scatto veloce, si alzò in piedi e spinse Tenzou lontano da sé, scansandolo dalla traiettoria di altri cinque kunai che finirono invece contro il busto dell’albero.

“Che caz–”
“Senpai, alla tua sinistra!”

 

Il ninja fece una mezza giravolta e piantò un calcio nelle reni del nemico, costringendolo con le ginocchia sul terreno; Tenzou formò una sequenza di sigilli e bloccò gli altri due in una delle sue trappole di legno. Da dove diavolo spuntavano? Come avevano fatto a non sentirli?

“Senpai, ne conto altri cinque – tra gli alberi, ad Est!”
“Quattro.”

Un urlo di dolore confermò la caduta del quinto nemico, mentre una Copia del ninja dai capelli argentati ne faceva fuori un altro. “Ma come diavolo fanno a dormire ancora?” ringhiò Kakashi allontanandosi dalla zona dell’accampamento, probabilmente per unirsi al suo Bunshin tra gli alberi. Tenzou fece per seguirlo, ma l’altro lo bloccò subito, facendogli segno di tornare indietro.

“Vai all’accampamento!”
“Non essere ridicolo, non sai quanti altri ce ne siano lì fuori, vengo con te!”
“Questo è un ordine, Tenzou! Non seguirmi!”
“Ma – Senpai!
“Ho detto vai!”

Kakashi non si voltò, né arrestò la sua corsa. 
Tenzou non ci pensò due volte prima di formare i suoi sigilli.

                                                                                          

      

 

“Da dove cazzo sono usciti questi?”
“Molla l’osso, pezzo di – ahia, STRONZO!
“Anche il mio mi ha morso!”

“Dov’è Kakashi?”

Izumo spazzò via il corpo di un altro nemico, facendone sparire subito le tracce. Attorno a lui, Hiku e Seiko facevano lo stesso con altri tre cadaveri. Tenzou li fissava immobile dal suo posto sotto l’albero.


“La radura, 35° verso Nord,” disse, poi si bloccò per qualche secondo, come in attesa di notizie da una radio immaginaria. “A meno di un chilometro da qui,” concluse.

 

Hiku lo guardò con sospetto. “Ne sei sicuro?” chiese. 
“Lo è,” intervenne Izumo. Si avvicinò al ninja più giovane, stringendogli una spalla da sopra la divisa.

Seiko capì subito.


“Questa è solo la sua copia lignea. Probabilmente il vero Tenzou è lì con lui.”

 

      

 

La prima cosa che Tenzou vide quando arrivò alla radura fu la neve – e il sangue che la sporcava.
Kakashi combatteva contro un ninja al centro del cumulo innevato, l’equilibrio spostato su una sola gamba, una mano premuta sul fianco; era ferito, sebbene non in maniera grave.

 

“Mokuton: Mokujō Heki!”

 

Dal terreno, in profondità, germogliarono funi di legno che intrappolarono il nemico in una morsa mortale. Kakashi si guardò attorno disorientato per qualche secondo, prima di alzare lo sguardo tra gli alberi e – eccolo lì, accovacciato sulle gambe, sigillo ancora intatto. Il pivello.


“Ti avevo detto di non seguirmi!”

 

Tenzou ignorò il rimprovero, sciogliendo il sigillo e componendone subito un’altra catena, facendo fuori tre nemici con un colpo solo. Si sistemò meglio la maschera sul volto, lanciando un kunai al compagno – che lo afferrò al volo utilizzandolo per incidere la giugulare del suo più recente aggressore. Kakashi calciò via il suo corpo, squadrandolo poi con sospetto.


“Merda!” esclamò stizzito. “Era solo un Bunshin!”

Non ebbe bisogno di voltarsi a controllare; nell’esatto momento in cui avvertì il grido, il ninja seppe che il nemico aveva colpito Tenzou col suo jutsu.

 

“È quasi un peccato fare fuori questo qui,” recitò una voce sibilante. “A differenza tua sembrava in grado di fare qualcosa…” 

Il Capitano non si scompose, né perse la calma. “Cos’è che vuoi?” chiese all’uomo che teneva in ostaggio Tenzou.


“Voglio quelle pergamene, Anbu di Konoha,” un cenno del capo. “Se ci tieni alla vita del tuo amico, allora consegnamele.”

Kakashi allontanò la mano che aveva tenuto premuto sul fianco fino a quel momento, lentamente; tra le ciocche di capelli, le sue dita, veloci, sciolsero il nodo di seta del fermo.

“Puoi ucciderlo…” disse, facendo spallucce.

Tenzou ebbe appena il tempo di indignarsi, poi la maschera del Senpai  cadde al suolo e ciò che vide gli rubò il fiato; un guizzo rosso sangue e una prigione di fulmini furono tutto quello che riuscì a distinguere prima di udire la preghiera e l’urlo di dolore del nemico, il corpo privo di vita del ninja scartato a venti metri di distanza da loro due appena una frazione di secondo dopo.


“… ma avresti dovuto battere me, prima.”

 

      

 

“Hai disobbedito ad un mio ordine diretto. Farò rapporto disciplinare all’Hokage.”
“Sì, Senpai.”
“Inaudito. È così che ti hanno insegnato all’Accademia? Mi avevano parlato bene di te, Tenzou.”
“Mi dispiace, Senpai.”
“Mi dispiace un corno. Le regole sono regole e come tali vanno rispettate!”
“Mi dispiace averti disobbedito. Ho lasciato una mia Copia agli altri. Stanno tutti bene. Loro erano in tre, tu eri da solo.”
“Ti avevo detto espressamente di tornare all’accampamento e non seguirmi.”
“Non potevo lasciarti da solo.”

Kakashi sbuffò, scuotendo il capo con ira.


“Tenzou, capisci che hai messo la tua vita in pericolo inutilmente?”

 

Tenzou lo aiutò a rialzarsi, facendo gravare metà del suo peso su di sé.
“Io non abbandono i miei compagni,” gli rispose porgendogli la maschera.


Il ninja prese la maschera tra le dita, senza indossarla; non disse più nulla, ma Tenzou seppe subito che era stato già perdonato.

 

      

 

“Tu… tu hai un’altra maschera. Solo per metà volto.”
“Però, sei perspicace.”
“E non la togli mai?”
“Cosa?”
“La maschera.”
“Se l’ho tolta!”
“L’altra.”
Ahn.”
“Allora?”
“No.”
“Mai mai?”
“Mai.”
“Neanche quando dormi?”
“Hm.”
“E quando fai il bagno?”
“Hm.”
“E quando mangi? Come fai? Non ti manca l’aria?”
“No.”
“Ma non capisco – perché l’indossi?”
“Perché è incredibilmente trendy tra i Jonin di Konoha.”
“… davvero?”
“No.”

      

 

 

“Izumo?”

Tenzou pungolò il compagno fino a quando questi non sbuffò un “hmpfrrmughh” onomatopeico che voleva sicuramente dire che era pronto a svegliarsi e che moriva dalla voglia di parlare con lui.


“Izumo, devo chiederti una cosa.”

Abbassò la voce fino ad un sussurro, avvicinandosi di più al compagno appena cosciente. “Izumo,” chiamò di nuovo.

 

“Qualsiasi cosa debba chiedere ad Izumo, pivello, suppongo tu possa dirla anche a me?”

A Tenzou per poco non prese un colpo.

 

“SENPAI!” saltò su, strofinandosi i palmi sulle ginocchia come a voler eliminare l’evidenza di chissà quale reato. Izumo si svegliò allora come un faraone dal proprio sarcofago.


“CHE? CHI? NEMICO? KAKASHI? COSA?”

“Buono, Izumo. La Bastiglia è ancora nostra, torna a dormire.”
Hmphhfrr…”
“Pivello, tu seguimi.”
“Sì, Senpai!”

Kakashi lo condusse in una piccola radura poco lontana dall’accampamento, dove si tolse di nuovo la maschera da Anbu, facendosela passare sulla testa come un casco. Tenzou fece lo stesso con la sua, rimuovendola però del tutto. Stettero per un po’ in silenzio. Il ninja dai capelli scuri fu il primo a ritrovare la parola.


“Senpai, puoi dirmi di te?” chiese solo. 

Kakashi se lo aspettava. “Ok,” sospirò. 
L’occhio scarlatto era ben nascosto dietro al copri fronte; sebbene più del 70% del suo volto fosse coperto da quel maledetto pezzo di stoffa, non sfuggì al giovane ninja che attorno all’occhio normale del Capitano – quello grigio come le nuvole piene di pioggia – non ci fosse neanche una ruga d’espressione, e che la sua pelle in quel punto – e sugli zigomi, dove visibile – fosse fresca e asciutta come quella di un ragazzino.

“Quanti anni hai?”

Perché Kakashi, dopotutto, era un ragazzino.

“Diciassette questo Settembre.”
“Abbiamo quasi la stessa età.”
“Abbiamo quasi la stessa età,” ripeté il maggiore.

 

Tenzou si mosse un po’ a disagio sulle punte dei piedi; il Capitano gli risparmiò la pena di pensare a come approcciare un certo argomento sollevando il copri fronte fino a rivelare l’occhio sinistro – una pupilla scarlatta e una cicatrice che spariva sotto all’orlo della maschera di stoffa scura.

 

“Vuoi sapere di questo?”

“Sì.” 
“Vuoi sapere come me lo sono procurato?“
“Sì.”

 

Kakashi  chiuse entrambi gli occhi, poi ne riaprì solo uno – quello con lo Sharingan.

 

“Non sono un Uchiha, come avrai ben capito – e questo occhio non mi è appartenuto fin dalla nascita. Girano tante storie su come l’abbia ottenuto, alcune terribili e altre semplicemente ridicole – sono sicuro che i tuoi compagni ne abbiano un paio niente male – ma la verità è che si tratta di un regalo. Un regalo di un mio caro amico. Il suo ultimo e quello più speciale.”

Kakashi tacque per un po’ dopo questa rivelazione, quasi aspettandosi che Tenzou la commentasse con altre domande, o che magari mettesse in dubbio la veridicità delle sue parole. Tuttavia, i punti interrogativi e le obiezioni non arrivarono mai, e il ninja dovette ricredersi quando incontrò lo sguardo del moro, un misto tra incomprensione e sincera apprensione.

 

“Quel ninja, prima, nella foresta… lui… lui era così spaventato quando ti sei tolto la maschera. La paura… la paura lo paralizzava.”
“Questo è un occhio maledetto, Ten.”
“Ti ha chiamato ‘Kakashi dello Sharingan.”
“Sì, è così che mi chiamano a volte. ‘Kakashi dello Sharingan, o ‘Copia Ninja Kakashi’. Figo, no?”
“Già...”
“Una figata pazzesca.”

Lo disse senza reale sentimento, però.

Tenzou pensò che avere quel tipo di fama a soli 17 anni non dovesse essere poi così facile per il compagno; d’un tratto, simpatizzò con l’idea di andarsene perennemente in giro con una maschera.

 

“E di tuo padre, invece?”

Il ragazzo seppe di aver parlato troppo quando vide l’espressione sul viso – negl’occhi – di Kakashi cambiare bruscamente. Non era arrabbiato, ma di sicuro non era felice di parlare dell’argomento. Fece per ritirare la domanda, ma il Copia Ninja lo spiazzò con quello che parve essere l’ennesimo cambio di discorso.

“Tu hai mai sentito parlare della Zanna Bianca di Konoha, Tenzou?”
“Zanna Bianca? Certo! È stato il più grande ninja del suo tempo, al confronto i nomi dei tre Ninja Leggendari spariscono!”

 

Kakashi sorrise appena dietro la maschera, ma poi tornò serio, quasi triste.

“E sai anche cosa gli è successo, di come sia caduto in disgrazia?” chiese in un sussurro.

Tenzou esitò; sapeva la storia di Zanna Bianca – di come fu deriso e privato dell’onore dall’intera comunità ninja perché aveva posto la salvezza dei propri compagni al di sopra del successo della missione stessa, causandone il fallimento; alla fine, consumato dalla vergogna e dal dolore, pareva si fosse tolto la vita. Ricordava l’espressione sul volto del vecchio Sarutobi, quando gli aveva raccontato di lui: parlava di rimorso, ed di pena, e della fiducia che non era riuscito a infondere nel cuore di Sakumo Hatake, la Zanna Bianca. 

 

“La mia maschera - questa da Anbu, intendo; apparteneva a lui, a mio padre. Non me ne separo mai.”

Hatake come Hatake Kakashi. Suo… figlio?

“Io credo che Zanna Bianca fosse un eroe,” disse il giovane ninja, d’un tratto cosciente del peso delle proprie parole. “Kakashi, le regole sono importanti, ma chi non pensa ai compagni in una missione… beh, chi non pensa a salvare i compagni prima che alla missione è solo spazzatura.”

 

Kakashi sgranò gli occhi, volgendo subito lo sguardo altrove. Stava accadendo di nuovo; Tenzou di certo non poteva sapere che quelle esatte parole gli erano state rivolte contro dall’amico Uchiha lo stesso giorno in cui aveva perso la vita per un suo errore; restò lì a fissare il vuoto, cercando di placare quella sensazione d’impotenza che provava ogni volta che ripensava a loro – a Obito, a suo padre, Rin, Minato-Sensei, a tutti quelli che aveva amato e che non era riuscito a salvare. 

Kakashi dello Sharingan non era niente. Kakashi dello Sharingan era solo spazzatura, perché non aveva protetto nessuno dei suoi cari.

“Sai, dicono un sacco di cose strane sul tuo conto," sentì poi dire al moro. "Ma questo tu lo sai già, non è vero? Anzi, segretamente ne sei anche contento, ti risparmia la fatica di spiegare come stanno realmente le cose agli altri… era così per me all’Accademia e anche dopo, nel Team a cui ero stato assegnato – sono diventato Chuunin all’età di 6 anni, il solo in un gruppo di neo-diplomati che ne aveva almeno il doppio di me. Mi hanno chiamato cavia, mi hanno chiamato esperimento, mi hanno chiamato mostro e scherzo della natura, Kakashi. Li lasciavo fare perché non mi interessava stringere rapporti con nessuno di loro. È un’ottima difesa, il silenzio della solitudine – ma a volte può diventare una lama a doppio taglio.”

Fece una pausa, aspettando che il compagno si voltasse nuovamente a guardarlo. Quando lo fece, riprese a parlare, il tono più frettoloso e lievemente imbarazzato.
“Sono contento che tu mi abbia detto un po’ di te, questa mattina, e di sentirmi meno solo in missione con te e… e niente, ora passami un fazzoletto prima che smoccichi su tutta la divisa, grazie.”

 

Tenzou gli offrì poi un sorriso che donò una nota di tenerezza al suo volto giovane, le lentiggini sul naso e sulle guance più evidenti nelle increspature; la sua natura buona gli suggeriva di abbracciarlo o quanto meno offrirgli un tocco rassicurante, ma era abbastanza certo che il Copia Ninja non fosse dello stesso avviso. Alla fine optò per una virile pacca sulla schiena.

Kakashi gli fu grato di quel contatto, sebbene non l'avrebbe mai ammesso.


“Ho visto che stavi per abbracciarmi, gay-boy.”
“Accidenti, lo sapevo! Era la mia occasione d’oro!”
“Per farti incrinare otto costole da Kakashi dello Sharingan? Probabile.”
“Ritiro tutto ciò che ho detto: sei senza cuore.”
“E tu una ragazzina emotiva.”
“Almeno ho un cuore.”
“E io un pene.”
“Vuoi che ti mostri il mio?”
“Non ce n’è bisogno. Sharingan, ricordi?”
“Cos- KAKASHI SMETTI SUBITO DI GUARDARMI IL – SEI SENZA PUDORE!
“Come se non ti piacesse, ha!”

Una brezza gelida spezzò l’aria, costringendo entrambi i ninja a stringersi di più nelle proprie sciarpe – una verde per Tenzou, l’altra scarlatta per Kakashi. Quest’ultimo si chinò a raccogliere della neve da un cumulo vicino, e con un ghigno nascosto dalla maschera di stoffa ne fece una palla che spiaccicò in faccia al compagno, cancellandone l’espressione sconvolta. Tenzou rispose subito all’offensiva con una piccola valanga che il Copia Ninja non schivò di proposito. “Puzzi di cane bagnato!” lo prese in giro, ridendo come un matto. Kakashi godé del suono di quella risata, e per una seconda volta fece finta di non essere riuscito ad eludere il suo attacco. Poi lo braccò, spingendogli la faccia direttamente nella neve.

“AAAHHH BASTARDO!”
“Te lo meriti! Colpire il tuo superiore con una valanga! Farò rapporto all’Hokage!”
“Se non ti levi subito ti colpirò con qualcosa di decisamente più grosso di una valanga!”
“Cosa, il tuo naso?”
“Il mio naso è di dimensioni perfettamente regolari, in proporzione simmetrica al volto, grazie!”
“Questo dove l’hai letto, sull’ultimo numero di Domus?”
“Beh, almeno uno dei due qui sa leggere!”

“Sei davvero gay?” sbottò all’improvviso il Copia Ninja, prendendo l’altro totalmente alla sprovvista.

 

Tenzou irrigidì appena le spalle sotto il suo tocco. 
“Non… non lo so. Non ho interesse per le ragazze,” tentò di spiegarsi. 
“Questo potrebbe voler semplicemente dire che sei uno sfigato,” intervenne ragionevole l’altro.
Nah,” sbuffò il moro. “Voglio dire, sono okay. Le rispetto, ma…”
“Vuoi dire che trovi interesse nei ragazzi? Cioè, che ti piacciono i ragazzi?”
“Alcuni.”
“Capisco.”

Il moro non si chiese davvero cosa avesse capito, quanto cosa avesse voluto capire Kakashi. Osservò i movimenti del Copia Ninja mentre si risistemava la sciarpa attorno al collo – dita eleganti e pelle pallida, e poi quei capelli sottili e di un colore così peculiare, come l’argento... Tenzou aveva il forte sospetto (nonché il fottutissimo timore) che sotto quella maledetta pezza il ragazzo nascondesse un volto pressoché perfetto. Anche con la cicatrice e l’Occhio Della Morte, sì. Cercò di non pensarci, stringendosi invece nelle spalle, sguardo rivolto verso l’accampamento; “è quasi l’alba,” disse. “Possiamo ancora dormire un’oretta se ci sbrighiamo.”

“Forse addirittura due. Sono distrutto.”
“Idem.”

Insieme camminarono per un po’, fino a quando raggiunsero gli altri attorno al fuoco ormai estinto;  come ampiamente previsto, erano tutti nuovamente immersi in un sonno profondo come la morte. Kakashi utilizzò la tecnica del Fuoco (“fanculo, ci han trovati lo stesso”), ed entrambi presero posto su due eleganti futon (“o preferisci un letto in stile europeo?” aveva chiesto Tenzou prima di crearli dal nulla) poco distanti dalle piccole fiamme danzanti.


“Questa storia dell’Arte del Legno mi piace sempre di più,” aveva detto il Copia Ninja sospirando beato.
“Ho quasi pena per gli altri. Guarda Seiko, adesso è una Y mezza coperta dalla neve.”
“Spero gli si siano congelate le palle.”
“Sei crudele, Kakashi, crudele e senza cuore.”

 

Ancora ridendo, il Capitano richiamò altre sfere infuocate che presero subito posto accanto ai loro compagni. Tenzou fece un verso basso con la gola, prendendolo in giro. Kakashi lo colpì con un pugno.


“Grazie per prima, Ten. Per avermi disobbedito.”
“Di niente.”
“Sei… sei ok.”
“Questo significa che posso abbracciarti ora?”

 

Kakashi sbuffò, rigirandosi su un fianco. Un’estremità della sciarpa scarlatta colpì Tenzou dritto in un occhio.

 

“OUCH!”

“La prima volta fa sempre un po’ male, Ten-chan.”

      

 

Quella mattina, prima dell’alba, Tenzou sognò una luna rossa; un cane bianco e un cielo grigio di tempesta.

 

  

 

 


 

P.S. io non so se Seiko sia anche un nome maschile in Giapponese, perché una delle mie flatmates lo è - Giapponese, intendo - però è femmina. Vabè, volevo renderle omaggio giusto perché è tanto cara e mi fa sempre il ramen e tutte quelle zuppe buone buone ed io son due settimane che mangio a scrocco. Perciò, W Seiko! Per il resto, conto sulla nota versatilità del popolo orientale (quale?)... Izumo e Hiku suonavano bene e questa è l'unica motivazione per cui hanno questi nomi. Fuck yeah. Ciao dal pub in cui scrocco la wifi. Sto per ucciderne il manager. Mandatemi fiori in prigione.

P.P.S. Qualcuno dovrebbe dire a quelli dell'amministrazione che Yamato/Tenzou non è un pairing, almeno che non si intenda shippare Enzuccio con se stesso. Adesso non fatemi venire strane idee, eh.
Vabè. xx

  
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