Londra, 11:15 della mattina.
La sveglia continuava a suonare e finalmente decisi di svegliarmi. Diedi un’occhiata al telefono e trovai ben 15 chiamate perse: 8 della nonna e 7 di zio Marco; chiamai subito nonna che piangendo mi disse di prepararmi e continuava a ripetere che stava venendo a prendermi senza darmi alcuna spiegazione.
Mi preparai di fretta e precipitai in macchina di zio Marco dove c’era anche la nonna: entrambi piangevano.
Erano come le lacrime di un cane bastonato e, pur non capendo cosa succedesse, iniziai a piangere anch’io. Poi nonna disse singhiozzando “Mamma ha fatto un incidente”. Non sapevo come reagire, il mondo mi crollava addosso. Mamma aveva solamente 32 anni ed era tutto ciò che avevo.
Papà? Lui se ne andò all’età di 3 anni, non so dove, ma se ne andò.
Mamma era la mia migliore amica, una sorella, avevo quindici anni e sebbene lei mi proibiva moltissime cose rimaneva sempre la donna che mi mise al mondo, quella che mi diede il mio detestato nome, ‘Eleanor’.
Fra una lacrima e l’altra mi ritrovai nella sala d’attesa di un ospedale.
Piangendo, chiedevo spiegazioni a tutti i dottori e loro ripetevano continuamente “stia tranquilla signorina”.
Le ore passarono e la mezzanotte fu ben vicina quando un dottore mi si avvicinò e disse:
“E’ inutile negarlo, sua madre è in fin di vita e le speranze di salvarla sono ben poche. In questo ospedale non abbiamo le cure per salvarla, se tutto andrà bene rimarrà in carrozzina".
Ricordo che lanciai il cellulare, presi e scappai via.
Non volevo stare con nonna, lei mi ha sempre considerata come un errore, perché in realtà era questo ciò che ero: l’errore di una ragazza di 17 anni ubriaca.
Ero sola, mi aspettava una vita da sola. Poteva una ragazza di solamente quindici anni badare a se stessa? Pff. Ero talmente disordinata e distratta da dare fastidio pure a me stessa. Nel frattempo piangevo e camminavo non so dove, quando andai a sbattere contro qualcuno.