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Autore: Hailiswords    12/02/2013    1 recensioni
Non era mai stato in quella strada, ma fu l’unica che, come uno specchio, rifletteva esattamente l’oscurità che aveva dentro. [...]
I suoi occhi gialli spiccavano, lasciando a quell’uomo una sensazione di inquietudine. [...]
Desiderava solo giacere a terra ed esprimere, come poteva, tutto il suo dolore e la sua solitudine, ma continuò a camminare, cercando di trattenersi. [...]
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa è la mia versione del killer exercise, forse risulterà un po' pesante, poiché non ci sono dialoghi, ma spero che lo leggiate lo stesso. So che ha ancora bisogno di correzioni, ma intanto voglio condividerlo con voi. Avevo già sentito parlare di questo esercizio in un video, ma la voglia di scriverlo mi è venuta qualche giorno dopo, in classe. E senza esitare lo scrissi; questo è quello che è venuto fuori, spero vi piaccia.

Immagina un uomo di mezza età. E’ alla fermata dell’autobus. Ha appena saputo che il suo più caro amico è morto di una morte violenta. Descrivi l’ambiente che lo circonda, senza dire mai che cosa sia successo. Minimo 250 parole.



- Cosa? - urlò l’uomo verso l’apparecchio elettronico che teneva poggiato all’orecchio.
Sua moglie dall’altro capo del telefono ripeté ciò che tanto lo aveva sconvolto e per un secondo l’uomo si sentì mancare. Il viso si tramuto istantaneamente, la bocca si mosse in una linea dritta e rigida e gli occhi si incupirono, puntando il marciapiede sotto i suoi piedi.
Con una mano, teneva debolmente il suo cellulare, che poi, rumorosamente cadde accanto a lui lasciandolo impassibile, con l’altra stringeva il ginocchio tremante.
Aspettava seduto alla fermata del bus, ma in quel momento l’unica cosa che aveva voglia di fare era alzarsi e camminare. Frettolosamente imboccò la 18th Avenue e poi svoltò a destra, verso un vicolo buio.
 Non era mai stato in quella strada, ma fu l’unica che, come uno specchio, rifletteva esattamente l’oscurità che aveva dentro.
L’asfalto era irregolare e pieno di fossi colmi d’acqua grigia e maleodorante, sulla sinistra, un cassonetto verde dal quale uscì un gatto nero. I suoi occhi gialli spiccavano, lasciando a quell’uomo una sensazione di inquietudine. Si alzò il colletto dell’impermeabile e si trattenne il cappello, il quale accennò a volar via a causa del forte vento gelido. Gelido come il suo animo. Ebbe voglia di lasciarsi andare, urlare e piangere parecchie volte durante il tragitto, ma mai, neanche per un secondo esitò, mai neanche per un istante si fermò.
Desiderava solo giacere a terra ed esprimere, come poteva, tutto il suo dolore e la sua solitudine, ma continuò a camminare, cercando di trattenersi.
Posava un piede davanti all’altro, a tratti correva, ad altri invece, quando la frase della moglie gli si scandiva bene in mente, camminava, col respiro corto.
“Com’è possibile provare così tanto dolore fisico? Eppure non ho nessuna malattia, nessun acciacco, o livido, o taglio o qualsiasi altra cosa possa far male ad un comune mortale. Ho solo tre parole impresse davanti agli occhi”.
Verso la fine del vicolo, prima di decidere se imboccare la strada di destra oppure quella di sinistra, sentì il bisogno di appoggiarsi ad una delle due pareti di un palazzo a trentadue piani, che affiancato all’altro, creava quella stradina così buia e fredda, ma così familiare.
Improvvisamente, le lacrime minacciarono di uscire fuori, di scappare via e portare con se tutta la tristezza che affliggeva quell’uomo, ma quest’ultimo con destrezza le ricaccio via e si trattenne come aveva già fatto un paio di volte. Eppure l’unica cosa che desiderava era sfogarsi.
Forse, l’unica cosa che davvero desiderava era ritornare indietro nel tempo, al momento della chiamata di sua moglie, al secondo prima che lei stessa pronunciasse quella frase;
perché quello fu il suo ultimo istante di vita.
  
   
 
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