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Autore: SmartieMiz    12/02/2013    2 recensioni
Perché una passeggiata per New York il giorno di San Valentino può trasformarsi anche in qualcos'altro...
Assorto nei suoi pensieri, non si era accorto che il cielo si era improvvisamente incupito e che stava incominciando a piovere.
«Maledizione!», imprecò sottovoce Sebastian irritato quando delle gocce d’acqua lo colpirono in pieno.
Non aveva portato con sé l’ombrello e si era scatenato un improvviso diluvio a New York.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Titolo: You can stand under my umbrella
Rating: giallo
Genere: fluff/malinconico/romantico

Ships: Thadastian <3 con accenni Niff ;)



Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

 


You can stand under my umbrella

 


Sebastian Smythe odiava il giorno di San Valentino: odiava dover andare a fare acquisti e trovare in vendita peluches enormi e cuoricini rossi pieni di frasi mielose e sdolcinate. Detestava camminare per le strade e vedere coppiette svenevoli sbaciucchiarsi e sussurrarsi parole dolci.
Sebastian non sapeva cos’era l’amore, non l’aveva mai provato, né gli interessava conoscerlo: viveva così bene da solo, senza nessuno che lo vincolasse e frequentando i numerosi locali che la città offriva; lui era un tipo da una botta e via e preferiva i rapporti brevi e soddisfacenti anziché quelli seri e stabili.
Era il pomeriggio del 14 febbraio e gli rimanevano soltanto due possibilità: o rintanarsi nella Sala Comune del college, accendere la tv e sorbirsi uno di quei polpettoni romantici che trasmettono il giorno di San Valentino, o andare a farsi un giro, sorbendosi le smancerie dal vivo.
Decise la seconda opzione perché prendere una boccata d’aria fresca è sempre meglio di rinchiudersi in una stanza a rincretinirsi dinnanzi il televisore.
Il sole era ancora alto in cielo e, anche se faceva un po’ freddo, il cielo sembrava prospettare davvero una bella giornata. Sebastian si infilò il cappotto e la sciarpa, salutò educatamente il suo compagno di stanza – che era troppo impegnato a scambiarsi moine con la fidanzata al cellulare per ricambiare il saluto – e uscì dall’istituto.
Con le mani nelle tasche e il capo chino, passeggiava per le strade di New York, scorgendo la presenza di coppiette conversare amabilmente e ridere di gusto per poi baciarsi, alternando baci diabetici a baci viscidi con tanto di lingua.
Sebastian trattenne una smorfia: la dolcezza era completamente assente nel suo DNA.
Assorto nei suoi pensieri, non si era accorto che il cielo si era improvvisamente incupito e che stava incominciando a piovere.
«Maledizione!», imprecò sottovoce Sebastian irritato quando delle gocce d’acqua lo colpirono in pieno.
Non aveva portato con sé l’ombrello e si era scatenato un improvviso diluvio a New York. I fidanzatini si proteggevano dalla pioggia con un ombrello e, costretti ad essere più vicini per non bagnarsi, approfittavano della situazione per sbaciucchiarsi.
Altri, invece, come nei film, non erano muniti di ombrello e si difendevano dalla pioggia mettendosi i giornali in testa. Sorridevano, felici, come ebeti, e innamorati.
E tutto quello che in quel momento desiderava il povero Sebastian non era un ragazzo da sbaciucchiare il giorno di San Valentino o chissà che cosa, ma un semplice ombrello per non prendersi un bel raffreddore.
Le strade erano diventate improvvisamente deserte, c’era soltanto qualche coppietta qua e là che passeggiava allegramente sotto la pioggia.
«Hey!», lo richiamò una voce: «Vieni sotto il mio ombrello!».
Un angelo custode!, pensò Sebastian con un sospiro di sollievo. Si voltò dove aveva sentito la voce della salvezza e andò a ripararsi sotto quello che era l’ombrello appartenente ad un ragazzo basso e moro dagli occhi scuri e i tratti ispanici.
«Grazie infinite», mormorò Sebastian gentilmente; poteva essere scorbutico e cinico quanto voleva, ma l’educazione di certo non gli mancava.
«E di che?», rispose l’altro con un lieve sorriso.
«Forse sarebbe meglio che mantenessi io l’ombrello», si offrì Sebastian prendendo l’ombrello dalle mani del ragazzo: «Sai, sono leggermente più alto di te, se lo mantengo io evitiamo di bagnarci ancora di più».
Il ragazzo sorrise timidamente, ma non disse niente.
Camminarono per qualche minuto senza proferire parola. Quel silenzio era imbarazzante: due sconosciuti che condividevano lo stesso ombrello e non sapevano neanche come si chiamassero.
«Come ti chiami?», chiesero contemporaneamente.
Si guardarono in faccia per la prima volta, impressionati, con un sorriso divertito; il ragazzo gentile che gli aveva offerto riparo sembrò imbambolarsi improvvisamente.
«Prima tu», dissero di nuovo insieme.
I due ragazzi risero fragorosamente.
«Sebastian», si presentò il più alto riportando l’altro alla realtà.
«Thad, piacere di conoscerti», rispose l’altro distogliendo lo sguardo da quei due incantevoli occhi verdi.
Continuarono a tacere e a camminare senza sapere dove essere diretti.
«Sembrano davvero innamorati», commentò improvvisamente Thad osservando una coppietta baciarsi sotto un ombrello: «Che dolci…».
«Vomito», fece invece Sebastian accigliato: «San Valentino… che festa orribile».
«Dici così perché non sei fidanzato», gli fece notare Thad.
«Ah, davvero? E se fossi fidanzato? Che ne sai tu?», lo sfidò Sebastian inarcando un sopracciglio.
«Di solito chi è fidanzato non odia San Valentino. Nella maggior parte dei casi, sono i single ad essere avversi nei confronti di questo giorno zuccheroso», spiegò l’ispanico quasi con ovvietà.
«Anche se fossi fidanzato, odierei lo stesso questo giorno. Odio le smancerie più di ogni altra cosa al mondo», lo informò Sebastian.
«Io invece penso sia inutile diventare tutti teneri e sentimentali ogni 14 febbraio… è patetico. Non bisogna dimostrare al proprio partner di amarlo soltanto una volta all’anno, ma sempre», Thad disse la sua: «… e poi non sopporto questo giorno perché tutti i miei amici sono così impegnati con le loro anime gemelle per ricordarsi del mio compleanno…».
«Oh, auguri».
«Ti ringrazio», rispose l’altro con un lieve sorriso.
«Quanti anni compi?».
«Diciannove».
«Festeggi con qualcuno?», chiese Sebastian incuriosito.
«Oh, non c’è niente da festeggiare. I miei genitori sono in Messico e i miei migliori amici a Los Angeles, sicuramente a scambiarsi effusioni», rispose Thad seccato.
Sebastian annuì lentamente. Erano di fronte ad un bar quando decise di fare qualcosa per ringraziare quel ragazzo della sua cordialità e della sua premura: «Ti offro qualcosa da bere».
«Oh, non preoccuparti. Ti ringrazio lo stesso», rifiutò Thad con gentilezza.
«Tu sei stato gentile con me e voglio ricambiare. È il minimo che io possa fare», spiegò semplicemente Sebastian.
«Ma non preoccuparti, davvero. Non c’è bisogno che tu mi offra qualcosa da bere», lo rassicurò Thad.
Ma Sebastian, caparbio, lo convinse ad entrare nel bar.
Sebastian prese posto ad un tavolo ed invitò Thad a sedersi di fronte a lui; solo in quel momento Sebastian si accorse che il suo compagno di sventura era davvero un bel ragazzo: capelli folti e mori, occhi scuri e profondi, pelle olivastra.
La cameriera arrivò più tardi con i due caffè ordinati da Sebastian.
«Non dovevi… ti ringrazio», mormorò Thad sorseggiando il suo caffè.
«Di niente», rispose Sebastian imitandolo, poi contemplò il paesaggio fuori dalla finestra e commentò: «Non vuole proprio smettere di piovere…».
«Già», confermò Thad, poi propose: «Possiamo rimanere un po’ qui, finché non smette…».
«La vedo nera», ridacchiò Sebastian: «… ma va bene».
Thad sorrise lievemente, dopodiché cadde di nuovo un imbarazzante e fastidioso silenzio.
Passò qualche minuto quando Sebastian notò che aveva appena smesso di piovere: «Mi sa che dobbiamo affrettarci, non vorremmo imbatterci di nuovo nell’ennesimo acquazzone…».
Thad si alzò dalla sedia: «Sì, buona idea».
Sebastian pagò per entrambi – Thad gliel’aveva impedito più volte, ma con scarsi risultati – e, insieme al compagno, uscì dal bar.
«Beh, che dire… ti ringrazio tantissimo per il passaggio», si congedò Sebastian con un sorriso.
«E di che? Piuttosto ti ringrazio io per avermi offerto il caf…».
Nemmeno il tempo di concludere la frase: piovve di nuovo, ancora più fortemente di prima, e una folata di vento mosse le sciarpe dei due ragazzi.
«Vieni… puoi stare sotto il mio ombrello», lo incitò Thad.
«Grazie di nuovo», mormorò Sebastian affiancandosi al ragazzo.
«Dove sei diretto?», gli chiese Thad: «Ti accompagno a casa».
«Ma che dici?! Non preoccuparti, mi rintano nel bar e aspetto che spiov…».
La frase di Sebastian venne interrotta dall’ombrello indemoniato di Thad che aveva deciso di rompersi proprio in quel momento.
«Cavolo!», imprecò sottovoce Thad: «Sempre d’aiuto quest’ombrello!».
Sebastian maledisse una coppietta passante di lì che sogghignava. Giusto, era anche San Valentino, come dimenticarlo!
«Casa mia è qui vicino, seguimi», gli disse gentilmente Thad.
«Oh, non preoccuparti, credo di aver creato già troppo distu…».
«Non preoccuparti tu!», lo rassicurò Thad esortandolo a seguirlo.
Dopo qualche minuto arrivarono di fronte a quello che era un piccolo appartamento.
Thad estrasse le chiavi dalla tasca del cappotto e le inserì nella toppa della porta.
«Accomodati pure», gli disse Thad con un sorriso cordiale facendolo entrare in casa.
Sebastian venne subito accolto dal piacevole tepore di quel grazioso appartamento.
«Stai facendo tanto per me», commentò Sebastian quando Thad chiuse la porta di casa: era sconvolto di tutta quella gentilezza nei suoi confronti.
«Non preoccu… o Santo Cielo! Sei bagnato fradicio! Ti verrà una bronchite!», esclamò Thad sgranando gli occhi.
Thad si levò il cappotto e la sciarpa e invitò Sebastian a fare lo stesso, poi accese i condizionatori di aria calda e disse al ragazzo di lasciare le scarpe vicino alla porta.
«Tieni», disse il ragazzo che era scomparso un attimo in camera da letto. Gli porse un paio di pantofole e un cambio di abiti: «Puoi farti una doccia, se vuoi… sei più bagnato di me».
Sebastian lo guardò sbigottito: farsi una doccia a casa di uno sconosciuto?
Okay, quella non era una novità per Sebastian Smythe, ma lui non faceva semplici docce a casa degli sconosciuti…
«Oh, Thad, sei così gentile, ma non voglio disturbarti ancora… già ti ho disturbato abbastanza», ammise Sebastian.
«Non è vero», lo rassicurò Thad, poi gli mostrò dove fosse il bagno e gli disse: «Il phon sta sul mobile».
Sebastian lo ringraziò e si chiuse in bagno.
 
Thad era in camera sua, ad asciugarsi i capelli con un altro phon e a vestirsi con abiti caldi, domandandosi perché avesse fatto entrare uno sconosciuto in casa e perché gli avesse permesso di monopolizzare il bagno.
Thad Harwood era un ragazzo molto gentile, tutti quelli che lo conoscevano lo sapevano bene, ed era la sua indole buona a spingerlo a fare certe cose.
E se Sebastian fosse stato un malintenzionato?
Thad provò invano a non pensarci.
Uscì dalla camera e lo vide, appena uscito dal bagno: indossava una camicia nera del suo amico Jeff che risaltava il suo corpo tonico e che gli stava divinamente e dei jeans grigi, sempre appartenenti a Jeff, che gli fasciavano alla perfezione le gambe.
Solo in quel momento Thad notò che Sebastian era alto, molto alto, e slanciato, con pelle rosea e folti capelli castano chiaro. E quegli occhi verdi, poi, così belli che lo avevano folgorato all’istante.
«Scusami se ci ho messo un po’, i vestiti erano inzuppati d’acqua…», si scusò Sebastian sinceramente mortificato.
«N-non preoccuparti», farfugliò Thad ancora imbambolato per quella splendida visione, poi si compose e guardò fuori la finestra: «Piove ancora, piove fortissimo… puoi intrattenerti per cena, se vuoi».
Stava esagerando, lo sentiva.
 
Sebastian non poteva accettare.
«Ti ringrazio infinitamente, ma non posso accett…».
«Oh, non vorrai farti di nuovo il bagno! Per me è un piacere, non preoccuparti», lo interruppe Thad, poi scherzò dicendo: «I miei amici mi hanno lasciato anche solo a casa…».
Sebastian rise leggermente: «Che bravi amici…».
«Oh, sono i migliori che possa desiderare, davvero. Mi hanno chiesto anche se volevo venire a Los Angeles con loro per qualche giorno, così avremmo festeggiato insieme il loro San Valentino e il mio compleanno… ma io ho rifiutato perché non volevo saltare le lezioni del college», spiegò Thad, poi ridacchiò: «… quindi è colpa mia».
Sebastian annuì leggermente, poi si avvicinò a Thad e con un sorriso chiese: «Mi permetti almeno di preparare la cena? È il minimo che possa fare…».
 
“Ma non ti scomodare, faccio io!”avrebbe voluto rispondergli Thad, ma aveva capito che quello di Sebastian era un modo molto gentile per non dire “sono mortificato e ti sto soltanto disturbando, permettimi almeno di dimostrarmi utile”.
Thad ci teneva tantissimo alla sua cucina, così decisero di cucinare insieme.
«Ammiro tantissimo la tua gentilezza, sono davvero lusingato», disse ad un certo punto Sebastian sincero posizionando la pentola sul fuoco, poi gli chiese: «ma… ma se fossi una cattiva persona?».
Thad deglutì leggermente: «Oh, non lo sei».
Ma come faceva ad esserne così sicuro?
«Non ci conosciamo nemmeno…», continuò Sebastian, intento a tagliare delle verdure.
«… ma potremmo conoscerci, no?», rispose Thad con un timido sorriso.
 Solo in quel momento Sebastian realizzò che Thad avesse davvero un bel sorriso.
«Va bene», rispose il più alto, poi si voltò verso di lui e simulò una presentazione: «Sebastian Smythe, diciotto anni, studio giurisprudenza».
«Thad Harwood, diciannove anni, studio medicina», rispose l’altro accettando la stretta di mano con un sorriso.
«Ho una stanza al college e il mio coinquilino è un gran rompiscatole», sbuffò Sebastian.
«Condivido quest’appartamento con i miei migliori amici Nick e Jeff», rispose invece Thad: «Anche loro sono adorabilmente rompiscatole».
Sebastian sorrise, riprese a tagliare gli ingredienti e continuò con quella sorta di “gioco” per conoscersi: «Sono single e odio San Valentino, ma non per questo motivo. Lo odio perché detesto le frasi stucchevoli e qualsiasi sorta di svenevolezza».
«Anch’io sono single e non mi piace particolarmente San Valentino perché tutti si dimenticano del mio compleanno, come già ti ho detto prima», rispose Thad aiutando Sebastian a tagliare gli ingredienti.
«Sono gay», dichiarò Sebastian.
«Credo di esserlo anch’io… sono un po’ confuso, in realtà», svelò timidamente Thad.
Non era possibile: tra tantissimi newyorkesi, Sebastian doveva proprio beccare un ragazzo quasi gay ed incredibilmente attraente perché sì, Thad era bello da mozzare il fiato e, da quel po’ che aveva capito, era un ragazzo molto dolce e cortese e un’ottima compagnia.
Sebastian scacciò quei pensieri, riflettendo sull’ultima frase di Thad: «Sei bisex, allora?».
«Non saprei…», disse Thad.
«Lo sanno i tuoi amici?», chiese il più alto curioso.
«Sì, anche loro sono gay e sono anche fidanzati», rispose Thad, poi con un sorriso disse: «Per scherzare li chiamo Niff… sono come un’unica entità».
I due ragazzi continuarono a conversare amabilmente per un po’ di tempo, finché la cena non fu pronta. Sebastian si offrì di apparecchiare la tavola, fece sedere Thad e portò la cena calda a tavola.
«Grazie», lo ringraziò Thad con un sorriso.
«Grazie a te!», rispose Sebastian sedendosi di fronte a lui e iniziando a mangiare.
«Da quanto tempo sei qui a New York?», gli diede a parlare Thad.
«Da poco, mi ci sono trasferito per il college», spiegò Sebastian: «Prima abitavo a Parigi».
«Parigi?», gli occhi di Thad si illuminarono improvvisamente: «Amo la Francia, una volta ci andai da piccolo con mamma e papà».
«E tu? Dove abitavi prima? Abitavi in Messico con i tuoi?», chiese Sebastian incuriosito.
«Fino a tredici anni, poi ci siamo trasferiti negli Stati Uniti e siamo andati a Westerville, in Ohio», raccontò Thad, poi disse nostalgico: «Ho frequentato la Dalton Academy e lì ho conosciuto Nick, Jeff e tutti i miei amici».
Sebastian notò un accenno di tristezza che gli velava il volto: «Ti manca?», chiese quasi intenerito.
«Tanto… a chi non manca il liceo!», disse Thad con un sorriso.
Improvvisamente il volto di Sebastian s’incupì.
«Scusami… ho detto qualcosa di sbagliato?», chiese Thad dispiaciuto.
Thad, involontariamente, aveva toccato una nota dolente del suo passato, ma Sebastian si decise a parlare perché si sentiva a suo agio con quell’estraneo che aveva conosciuto soltanto un paio d’ore prima. Non se lo sapeva spiegare, ma con Thad si sentiva finalmente se stesso.
«A scuola venivo tormentato dai bulli a causa della mia sessualità», asserì Sebastian inespressivo.
«Non devi parlarne per forza», lo rassicurò Thad.
«Forse è meglio che mi sfogo… non l’ho mai fatto in vita mia», spiegò il francese, poi continuò: «… nessuno sapeva fossi gay, neanche i miei genitori. Nascondevo questo fatto a tutti perché avevo continuamente paura di cosa pensassero gli altri di me… ma poi incontrai lui, François, anche lui gay, che cambiò la mia vita… diventammo amici, diventammo inseparabili… un giorno andammo al parco e lo baciai. È il ricordo più bello che mi resta di lui…».
Sebastian stava piangendo e Thad non sapeva cosa fare: quel racconto lo stava scuotendo dentro.
«… avevo colto il momento perfetto, nessuno ci stava guardando… è stato un bacio veloce, leggero…», continuò a raccontare Sebastian asciugandosi le lacrime: «… e non ci accorgemmo che quel giorno, al parco, c’erano anche alcuni bulli della nostra scuola… il giorno dopo venimmo picchiati a sangue all’uscita di scuola, senza alcuna pietà… finimmo in ospedale, e François non ce la fece…».
Thad, profondamente impressionato, si alzò da tavola e si avvicinò a Sebastian, stringendolo in un forte abbraccio.
«Che mostri…», commentò Thad sconvolto, poi gli sussurrò: «Pensa al fatto che ora François non soffre più… pensa al fatto che non ha più modo di incontrare ignoranza e disprezzo…».
Quelle parole colpirono Sebastian nel profondo: se lo avesse raccontato a chiunque altro, si sarebbe sentito dire sicuramente un mi dispiace tanto o cose così…
Il calore dell’abbraccio di Thad sciolse lentamente le sue lacrime.
«Ti ringrazio, Thad… grazie di tutto…», mormorò il francese.
 
Sebastian cambiò argomento. Dopo cena, Thad si complimentò dell’ottima cucina.
«Sono i migliori spaghetti che abbia mai mangiato!», si congratulò Thad.
Sebastian sorrise e Thad quasi si sciolse: Sebastian era bellissimo ed era un ragazzo molto gentile e socievole.
Thad si sentiva bene con lui. Non aveva mai provato quelle sensazioni piacevoli con una ragazza o con un ragazzo.
Ma con Sebastian sì.
Possibile che avesse avuto un colpo di fulmine?
«Piove ancora», asserì improvvisamente l’ispanico: «Che ne dici, vogliamo vederci un film?».
Mancava soltanto che lo invitasse a restare a dormire a casa sua…
«Certo, è pur sempre il tuo compleanno», sorrise Sebastian.
 
Thad aveva inserito un dvd nel lettore e si era accomodato sul divano, insieme a Sebastian. Fortunatamente Thad non aveva scelto un polpettone romantico: era un film d’azione, d’avventura… o un fantasy? Boh, Sebastian non ci fece caso, troppo impegnato a parlare con il ragazzo come se lo conoscesse da sempre.
«In realtà non guardo molto la tv, ma prediligo i film dell’orrore», parlò Sebastian.
«No, a me fanno paura», rivelò Thad, poi esclamò: «Mi piacciono i film fantasy, adoro Harry Potter! E poi amo i gialli, i film d’avventura… amo Sherlock Holmes… l’hai mai visto? E hai mai visto quanto è figo Watson?!».
Sebastian ridacchiò, divertito: «Certo che l’ho visto».
Un fulmine squarciò improvvisamente il cielo.
«Bene!», commentò Sebastian sarcastico.
Oltre a piovere, era scoppiato anche un bel temporale. Beh, a Sebastian non dispiaceva affatto restare a casa di Thad, magari anche per la notte…
Sebastian scosse il capo: ma cosa andava a pensare?!
Faceva di nuovo freddo e Thad si alzò un attimo dal divano e sgattaiolò in camera, per poi tornare con un plaid.
Si sedette sul divano e avvolse anche Sebastian nella copertina.
«Grazie», mormorò Sebastian stringendosi di più.
«Di niente», rispose Thad sorridente.
Cadde un timido silenzio tra i due, eppure avevano parlato per così tanto tempo, senza interruzione…
Thad provò a capire il film a che punto fosse arrivato, ma poi si chiese quale dvd avesse inserito nel lettore.
«Thad…», lo richiamò ad un certo punto Sebastian.
«Mm?», chiese l’ispanico.
«Thad, grazie di tutto, sei stato gentilissimo, ma credo proprio che dovrei tornare a…».
«… con questo tempaccio?», lo fermò Thad accigliato, poi disse: «… puoi anche restare per la notte, se vuoi…».
Gliel’aveva chiesto! Thad Harwood aveva appena chiesto ad un completo sconosciuto di passare la notte a casa sua!
Ma ora ci conosciamo!, si giustificò mentalmente Thad.
 
A quella richiesta, Sebastian restò quasi a bocca aperta.
Lui non restava la notte a casa di ragazzi sconosciuti se non era per il sesso.
Ma Sebastian sentiva che Thad era diverso.
«… i letti in più ci sono…», aggiunse Thad arrossendo terribilmente.
A quell’affermazione, Sebastian, intenerito, rise di gusto. E poi Thad rosso in viso era uno spettacolo davvero buffo e adorabile…
Possibile che Sebastian Smythe si fosse preso una bella sbandata per quello sconosciuto?
Ma non è più uno sconosciuto!, si giustificò mentalmente Sebastian.
Sebastian si decise e avvicinò le proprie labbra a quelle di Thad, unendole in un bacio dolce e breve che l’ispanico non rifiutò.
Thad sorrise leggermente, poi chiese quasi intimorito: «… ma stanotte dormiremo ancora in letti separati… vero?».
Maledizione! Ma perché devo rovinare ogni momento?!, si maledisse l’ispanico.
Sebastian scoppiò a ridere: «Come vuoi tu… sei tu il padrone di casa, no?», quasi lo provocò.
Thad arrossì ancora di più.
«Scherzavo», fece Sebastian per poi riprendere possesso delle sue labbra.
Thad cinse Sebastian per il collo, approfondendo il bacio. Il francese lo distese delicatamente sul divano e lo baciò con passione, indugiando con le mani sui suoi fianchi.
Si addormentarono sul divano, abbracciati.
 
La mattina seguente, aveva finalmente smesso di piovere.
«Buongiorno», gli sussurrò Thad con un tenero sorriso giocherellando con i suoi capelli scompigliati.
«Buongiorno a te», rispose Sebastian con la voce impastata dal sonno, poi sbatté le palpebre e mise a fuoco l’ambiente a sé circostante: era ancora a casa dell’adorabile sconosciuto – che sconosciuto non era più – che nel giro di qualche ora aveva rubato il suo cuore.
E Sebastian si era reso conto che erano completamente vestiti, e che quella notte non avevano fatto nient’altro se non dormire.
Il francese sorrise spontaneamente.
«Devi ancora andare via?», gli chiese Thad, poi disse speranzoso: «Oggi non ho lezione, potremmo andare a fare un giro, visto che è bel tempo… ah, e siccome non si sa mai, potremmo andare a comprare un nuovo ombrello…».
Sebastian rise: «Mi dispiace deludere tutte le tue aspettative, ma purtroppo oggi ho lezione, ma ti passo a prendere stasera e ceniamo fuori, okay?».
Thad annuì, sorridente. Aveva passato il più bel compleanno della sua vita.
Sebastian lo baciò sulle labbra, per poi alzarsi pigramente dal divano.
Forse il 14 febbraio non era un giorno tanto orribile…

 

 

Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! :D
E questo sarebbe il mio regalo di San Valentino per tutti voi (?), anche se un po' in anticipo! xD :)
Avrei voluto chiamare la storia "Cliché" perché è davvero un grande cliché XD, ma già ne ho scritta una che si chiama così e quindi... e quindi ho scelto la canzone "Umbrella" di Rihanna u.u XD :)
Ho inserito l'avvertimento OOC per com'è Sebastian nei confronti di Thad, anche se ho sempre pensato che è l'amore a renderlo così tenero e cuccioloso nei suoi confronti *---* ♥
Ho cercato di dare anche una storyline a Sebastian... spero di esserci riuscita (:
L'ispirazione per questo delirio xD mi è venuta l'altro giorno mentre pioveva. Il mio ombrello mi ha felicemente abbandonata ^-^ e nessun Thad Harwood è venuto a coprirmi -.-" xD
Ringrazio tutti coloro che leggeranno :) Spero vi piaccia (:
Alla prossima! :D 

   
 
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