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Autore: acchiappanuvole    01/09/2007    11 recensioni
Un giorno il diavolo incontrò la morte e se ne innamorò. La morte gli disse che eran fratelli anche se assai diversi. Il diavolo allora la sposò e poi come per un giocattolo se ne disfò. Uno Due Tre Ora a saltar tocca a te.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ora del tè. Cain inginocchiato nell’erba, gli occhi arrossati  a rimirare un piccolo cumulo di terra. Ha recitato tutte le preghiere che conosce per il suo povero coniglio. Ora deve tornare a casa, suo padre di sicuro lo sgriderà dandogli dello zingaro per quelle mani tutte sporche, le unghie rotte e luride di terra. Cain merita di essere punito. Punito per essere uscito di casa. Punito per non aver saputo salvare il coniglio.
S’incammina incespicando nei piccoli cespugli di ortiche che pungono le sue gambette bianche, coperte dai calzoni solo fino al ginocchio. Ma Cain non se ne accorge. Piange e cammina. Ha perso la direzione giusta. Il bosco lo imbroglia facendolo girare intorno.
Sua madre s’arrabbierà.
Suo padre lo punirà.
E se lui gli avesse parlato…del coniglio?
Cain sapeva cosa avrebbe detto. Una delle sue battute, taglienti come rasoi. Stupido Cain, ecco che cosa avrebbe detto. Dovevi portarlo a casa e farne uno spezzatino.
Stupido Cain. Sciocco Cain.
Inciampa in una radice e cade per terra.
Ecco, che pasticcio. Quanto sangue. Cola dal ginocchio. Rosso rosso. Come quello del coniglio. Il suo povero coniglio.
Cain stringe i denti, non sente male. Non deve spaventarsi. E’ solo una sbucciatura. Passerà.
Qualcosa si muove. Là, dietro un grosso albero. Qualcosa di bianco. Bianco come il pelo del coniglio. Cain si alza. S’avvicina all’albero. Ma non c’è nulla. Forse l’ha immaginato.
Siede sul terreno umido il piccolo Cain, poggia la nuca al tronco dell’albero e piange.
Perso e solo, piccolo Cain.
 
-Perché piangi piccolo corvo?-
 E Cain si guarda intorno, asciuga velocemente gli occhi, ma non vede nessuno.
 –Non sono un corvo- dice –sono un bambino-
-e allora perché piangi, bambino?-
Cain alza lo sguardo, su fra i rami dell’albero. Bianco, bianco come il coniglio lo guarda un ragazzino dagli occhi viola.
-Io non piango, non piango mai- ribatte pulendo le guance rigate con le mani sporche di terra.
Il ragazzino scende dall’albero agile come un felino. Cain lo osserva dal basso in alto. Non lo ha mai visto, ne è certo. Non è uno degli ospiti di suo padre ed è vestito troppo bene per essere del villaggio.
Ha i capelli color della luna e l’incarnato pare porcellana. Bianco.
-Come il coniglio- mormora Cain
-è dov’è il tuo coniglio?-
-E’ morto. E io non sono riuscito a salvarlo- 
gli occhi viola del ragazzo diventano tristi per un attimo, prima di tornare frammenti di cristallo.
-Vuoi giocare con me?-
E Cain alza il viso stupito. –Dici davvero?- domanda incredulo al ragazzino più grande
-Sì- si inginocchia –ma prima...- e sporge il viso fin davanti al ginocchio sbucciato di Cain, vi soffia sopra e poggia le labbra sulla ferita.
Cain sussulta, una smorfia di dolore e di sorpresa. Quel ragazzino senza nome sta pulendo via il sangue usando labbra e lingua. Poi con un fazzoletto tampona e fascia il ginocchio.
-ora possiamo giocare-
-aspetta, non so come ti chiami-  fa notare il piccolo Cain, e quello sorride
-io sono il coniglio- risponde
Cain è allibito. Lo sta prendendo in giro? Non importa. Sente qualcosa nei confronti di quel ragazzino strano, è una sensazione che non sa spiegare.
Giocano a lungo e il coniglio insegna un sacco di filastrocche al corvo.
Ne è contento perché poi potrà cantarle quando resterà  solo nella sua stanza buia. Le canterà e penserà al suo amico, al suo coniglio dagli occhi viola.
 
Un giorno il diavolo incontrò la morte
e se ne innamorò.
La morte gli disse che eran fratelli
anche se assai diversi.
Il diavolo allora la sposò e poi come per un giocattolo
se ne disfò.
Uno
Due
Tre
Ora a saltar tocca a te.
 

E Cain salta, dal muretto che segna il confine del bosco, giù nell’erba. E poi ancora conta.
 
Uno
Due
Tre
 
Può arrivare lontano. Salto dopo salto, sempre più lontano dalla villa, dal bosco, da tutto.
Sorride Cain e ripete la filastrocca. Si volta e scorge il coniglio a guardarlo. E’ davvero bello il suo coniglio. Bello e magico. Perché ora lo prende in groppa ed apre le braccia sottili ricoperte dalla seta avorio della camicia. Ora è diventato un bell’uccello bianco che porta Cain su, al disopra di tutti gli uomini, volteggia nell’aria e Cain gli si aggrappa e mai come in quel momento si sente legato a qualcuno.
Sangue su sangue.
Poi giunge la sera. Si sentono voci in lontananza, voci che chiamano forte il suo nome, lo cercano fra gli alberi.
Saranno tutti davvero arrabbiati, pensa Cain.
-Papà sarà furibondo, si chiederà dove sono finito-
-E allora non devi farlo aspettare-
Cain stringe forte la mano del suo amico. Non lo vuole lasciare ora che lo ha trovato.
-Mi accompagni?-
-I conigli hanno paura degli esseri umani. Loro ci uccidono e ci mangiano-
- Ma di me non hai avuto paura- dice convinto il bambino nascondendo il viso contro il braccio dell’altro.
-Oh, ti sbagli. Di te ho molta paura-
- no, non devi. Io ti voglio bene, e non ti scorderò mai-
Gli occhi del coniglio sono così freddi che Cain non capisce se quel brivido che gli corre per la schiena sia dovuto alla brezza della sera o a qualcos’altro.
-Ti rivedrò ancora?-
Il coniglio inclina la testa di lato, non smette di fissarlo -.. tornerò e tu mi rincorrerai e poi mi ucciderai-
-no, no è una bugia! Io non potrei mai!- perché ora il suo coniglio dice quelle cose? Cose cattive che spezzano il cuore del piccolo Cain.
-Sei arrabbiato perché non sono riuscito a salvarti, vero? Ma la prossima volta sarà diverso. Perché io e te adesso siamo amici… siamo.. siamo come fratelli-
-come fratelli-
-Sì, e quando sarò più grande verrò a cercarti e insieme canteremo ancora la filastrocca che mi hai insegnato. Promesso?- e gli occhi verdi guardano convinti quelli violetta del ragazzino più grande. Cain sa che si rivedranno, ne è sicuro.
Le voci sono sempre più vicine.
E’ un attimo ed il suo coniglio è scomparso. C’è quasi d’aver paura sia stato solo un sogno.
Ma basta abbassare lo sguardo. Là sul ginocchio, c’è ancora il fazzoletto.
J.D.
Cain avrà tempo di fantasticare sul significato di quelle due lettere. Adesso però deve tornare alla villa. Suo padre lo aspetta. Cain lo sa.

 

 

  
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