MEMORIES
Da quel
giorno di sei mesi prima la loro vita aveva subito una profonda ed improvvisa
svolta, il suo carattere taciturno era peggiorato in seguito a quegli
avvenimenti che avevano sconvolto l’equipaggio, ed ormai, sentirlo parlare, si
faceva impresa sempre più difficile. L’unico membro con cui manteneva ancora un
dialogo era Rufy, seppur ridotto ai minimi termini. Per un lungo periodo, aveva
pensato di abbandonare la ciurma, troncare ogni tipo di legame che l’avrebbe
portato a soffrire ancora una volta, era chiaro anche a se stesso di aver
ripudiato molti dei freni inibitori, era diventato più irascibile e
sanguinolento di quanto già non fosse. Ma il capitano
l’aveva persuaso a rimanere; avevano appena perso un membro della ciurma, non
potevano permettersi di lasciarne andare un altro, avrebbe distrutto la loro
“famiglia” più di quanto già non fosse. Se ne stava sempre in un angolo Zoro,
si allenava come un forsennato e dormiva, si allenava e faceva finta di dormire
per non dover dare spiegazioni agli sguardi interrogativi dei compagni. Da quel maledetto giorno, ognuno portava nel cuore la stessa
promessa, così simile a quella che lui già cercava di mantenere; diventare così
conosciuti, da far arrivare il loro nome fino a lei. Continuavano a far
feste e scherzare tranquillamente come avevano sempre fatto, perché sapevano
che, se la musica e le risate avessero smesso di
risuonare su quella nave, avrebbero infranto l’impegno di non farla più
piangere. Era rimasto impassibile come sempre Zoro, quando quel giorno aveva
ascoltato il nuovo ordine del loro capitano. Rufy aveva chiamato a raccolta tutto l’equipaggio, lo sguardo serio, si era
calato il cappello di paglia completamente sugli occhi, quel cappello che non
aveva più affidato a nessuno da quel giorno. Ringraziò Robin per averli guidati
fino allora anche se non era suo compito, e annunciò
che era giunto il momento di cercare un nuovo navigatore. Tutti si fecero seri
a quelle parole, ognuno cercava di evitare lo sguardo dei compagni per non dare
spiegazioni sugli occhi umidi, solo Zoro aveva voltato
le spalle, incamminandosi verso poppa per tornare ad allenarsi.
-Comunque
non ho perso le speranze- aveva aggiunto infine Rufy
sfoderando uno dei suoi sorrisi più sinceri. Lo spadaccino si fermò a metà della
scalinata sogghignando, con quella frase aveva rincuorato tutto l’equipaggio,
che non si era ancora rassegnato all’idea, che Nami fosse morta veramente;
avrebbero visto ancora una volta la sua figura sulla nave, intenta a dedicarsi
ai mandarini che tanto adorava.
Una nuova
isola all’orizzonte, una nuova flebile speranza di poter rivedere il suo
sorriso, di poter essere nuovamente comandati a
bacchetta da lei, di poterla vedere nuovamente seduta al tavolo della nave.
Avrebbe voluto corteggiarla di nuovo Sanji, fare il cascamorto con lei,
combattere contro Rufy per servirle intatto il pranzo. Avrebbe voluto sentirsi
chiamare nuovamente “sorellona” Robin, dividere la
stanza con qualcuno e capirsi con uno sguardo come una volta. Avrebbe voluto
modificarle nuovamente l’arma Usop, ritrovare la compagna con cui andava a
nascondere nei posti più impensabili al primo accenno di pericolo e raccontarle
storie a cui non aveva mai creduto. Avrebbe voluto farsi ricattare nuovamente
Zoro, odiava sentirsi impotente mentre lei lo circuiva
con mille motivazioni valide per mettersi al suo servizio, ma ripensandoci
adesso, gli mancava tutto quello. Scese a terra solitario
com’era diventato ultimamente, ormai i compagni non facevano neanche più caso a
quando spariva senza una parola. Prese a vagare per le strade
immerso nei suoi pensieri, alla ricerca di qualche traccia che
permettesse di ritrovare la loro navigatrice, per poter rivedere quei capelli
rossi. Si diresse verso un’osteria, i pensieri erano diventati ormai troppo pesanti
per lui, le immagini di quel giorno lo tormentavano. Avrebbe bevuto Zoro, ma
mai così tanto da dimenticare, era quella la sua
punizione, era quello il peso che doveva portare oltre a una nuova, silenziosa
promessa. Andò a sedersi al bancone di quella taverna, un locale decisamente poco rispettabile frequentato da gente che, come
lui, non aveva più niente da perdere che, come lui, cercava solo la rissa. Già
metà dell’arredamento di quel posto era distrutto, alcune sedie si reggevano su
tre gambe e alcuni tavoli mancavano di una parte di piano: ecco il pretesto
presentarsi su un piatto d’argento. Un uomo alto dal fisico scolpito, lo
provocò prendendolo in giro per il colore dei capelli; affondò la mano unta nel
taglio a spazzola dello spadaccino, accarezzandogli la testa come ad un
animaletto andando poi a sbattergli il viso sul bancone già logoro. Era
contento Zoro, né arrabbiato né mosso da spirito vendicativo, le mani gli
fremevano, si passò la lingua sul labbro superiore per assaporare il sangue che
colava dalla fronte mentre scrocchiava
le dita. Non avrebbe estratto le spade, voleva sentire il contatto diretto
della carne dell’uomo maciullarsi sotto i suoi pugni, quell’uomo
che così tanto somigliava all’assassino di Nami.
Era stato
lui a dare inizio al combattimento, ma l’aveva atterrato facilmente con un
pugno ben assestato nello stomaco facendolo vomitare sangue. L’uomo riusciva
però a reggersi ancora in piedi nonostante il colpo inferto ed estrasse una
spada corta dalla cinta, gli amici di scazzottata accorsero in suo aiuto
circondando lo spadaccino che già fremeva all’idea della rissa imminente, ma un
cazzotto sulla nuca, gli bloccò i bollenti spiriti.
-Vuoi farti ammazzare stupido?- l’aveva sgridato una voce femminile. Zoro
si voltò immediatamente sperando di scorgere l’esile figura della compagna
scomparsa, di poter rivedere la chioma arancione che risaltava ad un miglio di
distanza e potersi nuovamente specchiare nel suo sguardo perennemente
arrabbiato nei suoi confronti.
Ma solo
quest’ultimo ritrovò nella ragazza che l’aveva appena
picchiato. Dopo averlo afferrato per un braccio, la giovane si fece strada tra la folla trascinandosi dietro lo spadaccino
ancora paralizzato dal suono della sua voce così simile a quello di Nami. Lo
batté prepotentemente contro il muro lontano dagli sguardi dei loro inseguitori
fin quando, ripreso il controllo della situazione Zoro
strattonò fortemente il braccio per liberarsi dalla presa della giovane.
-Non avevo
bisogno del tuo aiuto, avresti fatto meglio a portare lontano gli altri dalle
mie mani-
-Quel
locale è spesso frequentato da ragazzi esagitati che cercano di farsi belli
sconfiggendo dei balordi-.
-Ragazzi
esagitati? Credo proprio tu non sappia con chi stai
parlando ragazzina...- la mano portata sull’elsa della Wado
Ichimonji leggermente estratta la fece
indietreggiare; non era stato quel gesto a impaurirla, bensì lo sguardo
tagliente che le rivolgeva.
-Smettila di fare il grosso con me!- l’aveva battuto nuovamente sulla nuca con
un cazzotto ben assestato. Ma chi era quella ragazza
che riusciva a colpirlo con così tanta facilità nonostante i riflessi
sviluppati negli innumerevoli combattimenti?
-Comunque
piacere, mi chiamo Mika!- allungò la mano per stringere quella del suo interlocutore ma Zoro non rispose, il suo cuore aveva
sussultato per un istante nel constatare quanto quel sorriso somigliasse a
quello di Nami, scomparso con lei in quel dirupo sei mesi prima. Già, Nami.
S’incamminò oltrepassando Mika senza proferire parola alcuna, lasciandola
impietrita e con la mano ancora tesa.
-Hey, te
ne vai così? Potresti almeno dirmi il tuo nome e lasciarmi una ricompensa per
ringraziarmi di averti salvato la vita!-
-Non ho
tempo da perdere dietro ad una stupida ragazzina come te! Devo cercare la
nostra navigatrice!-
-Navigatrice?
Posso farlo io se vuoi, dietro ad un lauto compenso s’intende!- di nuovo un
sussulto. Era così diversa da lei esteriormente ma il suo modo di fare che lo
turbava; aveva già perso Nami una volta, non le avrebbe permesso
di insinuarsi nel suo cuore sfruttando quella somiglianza per poi soffrire
nuovamente.
-Ti porto
dal capitano-
Così come
se n’era andato silenziosamente, altrettanto fece
ritorno sotto lo sguardo del resto della ciurma intenta ad ultimare i
preparativi di carico.
-Hey! C’è
nessuno a bordo? – aveva urlato da terra la ragazza sapendo di non poter fare
affidamento sullo spadaccino dai capelli verdi. Tutto l’ equipaggio
si era fiondato nella direzione dal quale proveniva
la voce, riconoscendo un tono familiare in quello che aveva appena urlato.
-NAMI!!- la barca vacillò pericolosamente, Sanji si buttò tra le
braccia della ragazza incontrandosi romanticamente con la banchina di cemento,
visto che, Mika si era spostata all’ultimo secondo per evitare quelle effusioni
indesiderate. Pantaloni larghi, camicetta rossa con manica fino al gomito, gli
occhi castani così come i capelli lunghi sotto le spalle; no, quella non era
Nami.
-Mi
dispiace deludervi, ma il mio nome è Mika, sono una navigatrice su commissione!
Chi è il capitano?- Rufy appollaiato sulla balaustra
alzò la mano. Aveva appena annunciato di dover trovare un nuovo navigatore ed
ecco una candidata presentarsi davanti ai loro occhi; non si aspettava di dover
prendere una decisione così presto. Non era Nami. Si vestiva in modo completamente
diverso dalla ragazza che conoscevano, era castana, ma
sopratutto sembrava non riconoscerli.
-Per me va
bene, sei assunta!-
-Evviva!
Stiliamo subito il contratto!-
-Veramente
siamo appena rimasti al verde!-
-CHE COSA?? Il nostro patto è rotto!- Li stupì
la ragazza voltando loro le spalle e alzando la mano in segno di saluto.
Avrebbero dovuto contattarla solo quando avessero
avuto i soldi necessari, ma Rufy aveva intimato a Zoro di seguirla; aveva
appena trovato un nuovo membro dell’equipaggio e non aveva la minima intenzione
di farselo sfuggire. Il suo istinto non sbagliava mai. Nonostante
le proteste, lo spadaccino non potè fare a meno di
eseguire un ordine del capitano così, anche se malvolentieri, prese ad
inseguire la ragazza prima di perderla tra le strade della città.
-Non c’era
bisogno mi venissi subito dietro, mi avresti ritrovata
nei dintorni di quel locale-
-Non penso sarei stato in grado di tornarci-.
-Non hai
senso dell’orientamento....come hai detto di
chiamarti?-
-Non l’ho
detto.-
-Penso sia
giunto il momento di presentarti allora!-
-Non
voglio sentire il mio nome pronunciato da te, che hai
quella voce.-
-Ti piace la mia voce...spadaccino?- sussurrò nell’orecchio del
ragazzo scandendo particolarmente le lettere dell’ultima parola, ma l’unica
reazione che ottenne, fu di dipingere un’espressione di disgusto sul volto del
giovane. Delusa dall’effetto provocato, riprese a camminare per i vicoli costantemente sorvegliata dal ragazzo che, mani in
tasca, non sembrava mollare l’inseguimento.
-FINO A
QUANDO HAI INTENZIONE DI VENIRMI DIETRO?- sbraitò
mostrando una serie di denti aguzzi.
-Ho
ricevuto ordine di non tornare alla nave senza di te....non
è certo per mia volontà che lo faccio.-
-Questo
dipenderà da voi...non sono io ad essere senza soldi!-
-Penso
dovrai accontentarti della tua parte sui tesori- consigliò
irritato il ragazzo dai capelli verdi; da una semplice rissa per scaricare i
nervi, si era ritrovato in quella situazione, a stretto contatto con quella
ragazza che risvegliava in lui i sensi di colpa che gli laceravano l’anima da
ormai sei mesi.
-Vorrei tornare a casa per stanotte...per pochi soldi ti posso cedere il mio letto!- aveva ammiccato
Mika strizzando l’occhio.
-Non ho un soldo- la ragazza
sbuffò nuovamente delusa, la serata non stava andando nel migliore dei
modi, se l’avesse saputo, avrebbe evitato di salvare un membro di una ciurma
così povera.
-Allora,
visto che sei obbligato a seguirmi e non hai neppure un soldo, ti permetto di
dormire sul mio pavimento, ma in cambio, dovrai fare qualcosa per me domani.
Saprai pure usare quelle spade in qualche modo!-
Con la scusa
della serratura difettosa si giustificò di quel gesto di scassinamento nei
confronti della porta, estraendo prontamente del filo di ferro; la casa non
sembrava in condizioni di essere abitabile, ma la
familiarità con cui la ragazza si muoveva per i corridoi faceva presupporre
abitasse proprio lì. Lo fece entrare in una stanza
raccomandandogli di non uscire, voleva fare una doccia per togliersi il
sudore di dosso e promettendo di non scappare. Appena rimasto solo, Zoro poggiò
le spade al muro sedendosi a dormire contro le pareti com’era solito fare.
Perchè Rufy aveva incaricato proprio lui di quella missione? Si era sempre
occupato in prima persona di convincere la gente a
unirsi a loro con quel suo sorriso disarmante che contagiava tutti.
Non lo
aveva mai incolpato di quello che era successo anzi, gli era
rimasto accanto in silenzio, colpevolizzando se stesso di non esser stato
presente in quel momento a impedire tutto quel dolore che ne era scaturito. Lo
sguardo si posò sulla sedia dove si trovavano alcuni vestiti della ragazza, si
diresse in direzione di quell’oggetto che aveva
attirato la sua attenzione afferrando una bandana nera. Era la sua bandana
quella? La solita che aveva perso quel giorno? Oppure era una coincidenza che ne avesse una uguale? Immediatamente notò sul comodino
vicino il letto un bracciale, dorato e rotondo
esattamente come quello che portava sempre lei. Afferrò anche quello precipitandosi
fuori dalla stanza tenendo saldamente i due oggetti
nella mano destra; aprì impetuosamente la porta del bagno urlando il nome di
Nami, lasciando paralizzata la ragazza già nuda dentro la doccia. Lo scrosciare
dell’acqua era l’unico rumore nella stanza, i due ragazzi erano rimasti senza
parole per quella situazione fin quando, Mika, presa
coscienza di quel che stava accadendo, lanciò il flacone dello shampoo dritto
in mezzo agli occhi di Zoro, accompagnato da un sonoro –MANIACO!-.
Il
prodotto rovesciato si stava pian piano allargando sul pavimento
mentre lo spadaccino ancora steso a terra, rifletteva sulla stupidità
del suo gesto.
- Che fai ancora lì?- domandò Mika uscita dal bagno dopo aver
indossato un accappatoio, tirando un calcio al fianco del ragazzo che si rialzò
di scatto per inveirle contro.
- Cos’è,
ti piace fare il maniaco signor spadaccino?- Si aprì
leggermente l’accappatoio facendo intravedere lo scollo dei seni, una fitta
alla tempia, un’immagine le passò davanti; aveva già fatto una cosa simile? Il
ragazzo le si avvicinò pericolosamente, riusciva a
sentire il suo respiro sulle labbra.
-Tu sei Nami non è vero?-
- Mi
dispiace, ma non so chi sia questa Nami...- affermò
tenendosi ancora la tempia dolente.
-TU SEI
NAMI NON E’ VERO?- Le aveva tirato una spinta alla
spalla facendola cadere all’indietro sul letto, lo sguardo arrabbiato:
- Perchè
fai finta di non ricordarti di me, DI NON RICORDARTI DI NOI??-
-Non so
veramente di cosa stai parlando!- a quell’ulteriore negazione, Zoro le saltò addosso tentando di strapparle
l’accappatoio; doveva controllare il suo braccio, la prova definitiva era
tatuata sul suo avambraccio sinistro, era sicuro fosse lei, troppi indizi lo
confermavano, quella era la sua Nami...o era lui che voleva fosse così?
Ma cosa
stava facendo? Mollò subito la presa dell’accappatoio di spugna, Mika rimasta
quasi del tutto scoperta sotto il corpo dello
spadaccino, guardò il ragazzo che sembrava essersi calmato. Le passò la mano
sul viso accarezzandone i lineamenti, quelle dita che fino ad un attimo prima
la stringevano con tanta forza erano diventate così
dolci.
- Perchè
non puoi essere Nami?- le aveva domandato guardandola
negli occhi prima di abbracciarla, per poi affondare il viso nell’incavo della
sua spalla. La ragazza non oppose resistenza, era strano; nonostante lo avesse
conosciuto da poche ore, nonostante non sapesse nemmeno il suo nome, nonostante
il comportamento di poco prima...non aveva avuto affatto
paura di lui.
Si era
svegliato completamente solo sul letto, quel corpo su cui ricordava di essersi
addormentato la sera prima non era più sotto di lui. Scattò in piedi
guardandosi con circospezione per cercare la ragazza che gli era stato
comandato di seguire, senza trovarne traccia alcuna. Vuoi vedere che oltre
l’aspetto ed il carattere, quella possedeva pure le
abilità di Nami nella fuga?
Ti aspetto alla nave.
Ps: Non ti preoccupare di pulire il sapone di ieri sera, tanto non è casa
mia.^__-
Un
foglietto attaccato alla guancia. Quella Mika era proprio uguale a lei in tutto
e per tutto.
Sanji si
era preoccupato nel non veder tornare lo spadaccino quella notte, ma non era in
pensiero per lui, piuttosto per quella ragazza che aveva dovuto portarsi dietro
un simile zoticone. Vederla arrivare al porto da sola quella mattina lo aveva tranquillizzato, evidentemente era riuscita a
proteggere degnamente le sue beltà. Chiese il permesso di
tornare a bordo per parlare con il Capitano ed il biondo cuoco, non esitò
a prenderle la mano per accompagnarla personalmente da lui.
-Ho deciso
di accontentarmi dell’ 80% su ogni tesoro che
scoverete-
- 45%-
-78%-
-50%-
-75%, questa
è la mia ultima proposta- fulminò il cecchino con lo
sguardo impedendogli di procedere oltre con la contrattazione.
-La stessa
parte che prendeva Nami: in pratica a noi non cambia nulla- bisbigliò Usop
sorpreso all’orecchio di Rufy, impegnato a svuotare il frigorifero fin dal
mattino.
-Accettiamo!- l’aveva accolta con un sorriso il ragazzo. Sembrava in gamba ed il
suo istinto sapeva sarebbe stata all’altezza del suo
compito; avrebbe guidato degnamente la nave e risanato il dolore che tormentava
i loro cuori.
- Quale...... letto avete intenzione di farle usare?- domandò
timoroso Chopper, lo sguardo fisso sul tavolo per paura della risposta.
- Guardate
che
- Quel
letto vuoto mette sempre tanta tristezza... ma non
possiamo usare Mika come fosse una sostituta, dentro di noi l’abbiamo chiamata
Nami già troppe volte- sentenziò infine il capitano:
- Quel
letto rimarrà vuoto ad aspettare il suo ritorno.-
-Ti
accompagno- si propose Robin notando il borsone che
trascinava dietro; evidentemente aveva dato per scontata la risposta tanto da
esser già pronta a partire.
-Ti chiami Nico Robin giusto?- domandò la nuova cartografa
appena entrata nella nuova stanza, ricevendo una risposta affermativa:
- Questa
Nami che sia voi, che lo spadaccino dai capelli verdi
nominate sempre, è la ricercata da sedici milioni di berry?-
Robin incrociò le braccia al petto curiosa di vedere dove voleva arrivare:
-Non avete
la faccia da cacciatori di taglie, devo quindi dedurre che fosse
una vostra compagna?- dritta al sodo senza mezzi termini.
-Era la
nostra cartografa-
-E come
mai lo spadaccino si tormenta per la sua morte?-
-Te l’ha confessato lui?- stupì Robin. Zoro non era tipo da dare
talmente tanta confidenza da rivelare queste cose, senza contare che era il
primo a rinnegare l’idea che Nami non fosse più tra loro.
-No......l’ho capito dal suo comportamento. Stava
combattendo...la bandana nera al suolo coperta di sangue e terra. Forse si era
perso come suo solito dopo il combattimento, lo scrosciare di una cascata, lo
stridere delle lame sormontava ogni rumore naturale. Stava ancora lottando
Zoro, non era un avversario temibile ma si divertiva a
tormentarlo dilungandosi in quel divertente combattimento. Un attimo di
distrazione, l’uomo aveva capito di non avere possibilità contro un simile
avversario ed è scattato verso di me trascinandomi
nello strapiombo della cascata. Zoro ha urlato più volte il mio nome, poi si è tuffato ma era ormai troppo tardi, ho provato ad afferrare
la sua mano ma ...- Il silenzio era calato nella stanza, Mika aveva lo sguardo
vacuo come fosse appena caduta in uno stato di trance.
-Come...fai
a sapere queste cose? Nemmeno noi conosciamo la verità su quel giorno...-
-Scusami-
si riprese dal torpore -Sicuramente avrò detto qualcosa di strano, ma tu non farci caso. La pressione si sta abbassando, tra un po’
inizierà a piovere- uscì di corsa dalla stanza tirando
fuori un libro dallo zaino e travolgendo i cinque ragazzi intenti ad origliare
fuori dalla porta.
-Avete ascoltato tutto?- domandò loro Robin.
-Si-
rispose Franky in un mare di lacrime che tentava di
asciugare con le enormi braccia.
-Ma allora
anche Mika si trovava su quella rupe quel giorno!!-
stupì Rufy che non aveva capito niente come al solito.
-Ora
capisco come mai quella testa d’alga si tormentava così tanto,
non è stato in grado di proteggere Nami-san!-
rimproverò il cuoco spegnendo il mozzicone di sigaretta con il tacco della
scarpa dopo aver picchiato il capitano.
-Possiamo
sperare......sembra che molto presto riavremo la
nostra cartografa tra di noi.- sorrise compiaciuta Robin spostando il bagaglio
della nuova arrivata sul letto un tempo appartenuto alla rossa.
Tirò fuori
il Log-pose dalla tasca dei pantaloni infilandolo al
polso insieme al bracciale dorato, la bandana nera intorno al collo e lo
sguardo alzato verso il cielo a studiare le nuvole nere. Avvertì una presenza
alle spalle, rumore di ferro, fendenti che tagliavano l’aria, una voce che
lentamente scandiva numeri in progressione; lo spadaccino era riuscito a
tornare alla nave e si era già immerso negli allenamenti mattutini. Ma quanto peso riusciva ad alzare su quella sbarra? Il libro
stretto al petto, cercava di contenere i respiri per non farsi trovare dal
ragazzo, aveva paura di come l’avrebbe guardata dopo ciò
che era accaduto, avrebbe visto nuovamente Nami in lei? La pioggia iniziò a
cadere inesorabile quando, una figura familiare, le
comparve alle spalle ringraziandola di averlo lasciato solo a sfuggire a degli
infuriati padroni di casa rientrati la mattina stessa dalla vacanza estiva. La maglietta bianca completamente bagnata di sudore e pioggia,
lasciava trasparire il fisico scolpito dagli allenamenti del ragazzo,
portandole alla mente immagini della sera precedente dove era stata sua
malgrado, a stretto contatto con quel petto. Indietreggiò per paura dei
sentimenti che le tormentavano il cuore, ma lo spadaccino ne impedì la ritirata
afferrandole un braccio, chiedendole spiegazioni sul bracciale dorato che
ostentava al polso. La reazione di Mika lo lasciò di stucco; lo sguardo vacuo,
rivide quella stessa mano che le carezzava dolcemente il volto la sera precedente,
uno strattone, si liberò dalla presa dello spadaccino portandosi la mano al
petto continuando ad arretrare. Si scusò per il gesto, un
piede in fallo, la scarsa conoscenza della nave, cadde all’indietro
urlando il suo nome, un braccio teso a cercare un appiglio:
-ZOROOO!!!-
Lo aveva
sentito nuovamente dopo tanto tempo, l’ultima cosa che lei aveva pronunciato
prima di cadere nella cascata risuonava nuovamente su quella nave.
Immediatamente si lanciò verso di lei per afferrarla, per impedirle di cadere di
nuovo ed andarsene ancora una volta lontano da loro, lontano da lui. Quell’infausto giorno che aveva segnato radicalmente le loro vite lui aveva esitato, la promessa stretta con Kuina gli aveva impedito di gettarsi immediatamente dietro
di lei, legandolo al suolo come una grossa fune cui faceva fatica liberarsi;
una gabbia di cui portava ancor oggi i segni impressi a fuoco nell’anima e
nell’orgoglio di cui andava orgoglioso. La strinse a se impedendole di piombare
violentemente contro le assi in legno atterrando
saldamente in piedi attutendone la caduta; non l’avrebbe lasciata andare
facilmente questa volta, non voleva assistere ancora una volta il corpo inerme
di una persona cara coperto da un lenzuolo bianco.
Appena si
rese conto della situazione che aveva causato, Mika si scusò ripetutamente con
il ragazzo che la guardava fisso negli occhi in segno di rimprovero e
ringraziandolo di averla protetta, posò un dolce bacio
sulle labbra bagnate dello spadaccino pregandolo di non vedere il volto di Nami
ogni volta che si specchiava nei suoi occhi; per lui voleva essere solo e
semplicemente Mika. Lo spadaccino allargò le braccia facendole compiere un volo
di trenta centimetri dritto contro il pavimento, e guardandola dall’alto con lo
sguardo più irritato del solito esclamò:
-Sei scema
o cosa? SEI TU NAMI!- Un pensiero le attraversò
improvvisamente la tempia, la ragazza non potè fare a
meno di chiudersi su se stessa tentando di contenere il dolore sostenendosi le
tempie che pulsavano follemente facendola impazzire. Non riusciva a capire
cos’erano quegli sprazzi di ricordi di cui non aveva memoria, continuava a
sostenere di chiamarsi Mika, la sua unica colpa era somigliare eccessivamente
ad una nota ricercata facilmente riconoscibile per via dei molteplici volantini
di cui erano affissi i muri delle città. Aveva dovuto tingere i capelli per
sfuggire ai cacciatori di taglie, indossare più volte bende per impedir loro di
riconoscerla in volto e non si era mai domandata come fosse giunta fino a
quella città priva di conoscenza.
-Torna da
me.- sussurrò talmente fievole Zoro, che aveva reso quella
parole possibile opera dell’immaginazione. Una lacrima solcò il viso
della giovane che non aveva nemmeno più la forza di tenere le braccia alzate:
-Non...ce
la faccio.....fà troppo
male..........pensare che centomila dei miei Berry
sono ancora tra le tue mani è straziante.-
-Bentornata……….
Aguzzina!-
=FINE=