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Autore: like    12/02/2013    1 recensioni
OK... questa storia parte dalla mente bacata mia e di una mia amica durante un pigiama party a base di Batman a casa sua, e parla di due ragazze che si trovano catapultate nell'universo di Nolan.
( è la prima storia che pubblico, quindi farà pena, però le recensioni sono sempre ben accette )
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Batman aka Bruce Wayne, Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio, Spaventapasseri aka Jonathan Crane
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGUE

L'attesa non era mai stata il mio forte, ma ogni tanto attendere era l'unica opzione. Questa era una di quelle volte; la mia migliore amica doveva darmi conferma per il nostro viaggio in America e, nonostante le mie valigie fossero già sul pavimento pronte ad essere riempite, non ero ancora sicura che i genitori della Ludo l'avrebbero lasciata partire con me. Per passare il tempo avevo iniziato a leggere, per l'ennesima volta, la graphic novel di Arkham Asylum che però venne abbandonata in fretta quando il mio telefono prese a squillare, le note di Anarchy in the UK si diffusero per la camera per qualche secondo prima che mi decidessi a rispondere alla mia migliore amica.
<< Dimmi che ti hanno detto di si! >>
 
<< In realtà, mi dispiace ma... mi dovrai sopportare anche in America! >>
<< Sì! Ca**o! Sì! Si va in America Ludo, renditene conto! >>
 
<< Calmati Sid! Aspetta di mettere piede sul nuovo continente prima di uscire completamente di testa! >>
Mi sfuggì un sorriso all'appellativo con cui mi aveva chiamata la mia amica, Sid era un nome maschile, ma chiunque mi avesse chiamata Sissi avrebbe passato un brutto quarto d'ora e con un nome come Silvia e la mia passione per i Sex Pistols, il soprannome Sid era sembrato il più adeguato. Non che me ne lamentassi, con Sid Vicious condividevo persino lo strumento musicale.
<< Ok, ok mi calmo, ci vediamo più tardi agli allenamenti. >>
 
<< A dopo >>
Decisamente soddisfatta dalla notizia appena ricevuta mi lasciai ricadere sul letto. Era da tre anni che progettavo un viaggio in America, dire che ero estatica all'idea di realizzare il mio sogno era un eufemismo. Mettere piede sul nuovo continente significava dare il via a una nuova serie di avventure ma, soprattutto, era una scusa per allontanarmi il più possibile da quella città e da quel paese che iniziavano a starmi decisamente troppo stretti.
Abbandonai la lettura del fumetto più o meno un'ora dopo, alzandomi dal letto e stiracchiandomi prima di iniziare a preparare il borsone per l'allenamento. Praticavo MMA da anni ma allenarsi era sempre un ottimo modo per liberarsi dallo stress e con un carattere come il mio ne avevo decisamente bisogno, sopratutto considerando che negli ultimi mesi il progetto a cui stavo lavorando per l'università mi aveva tenuto fin troppo impegnata e quindi non avevo potuto frequentare la palestra quanto avrei voluto. Gettai una veloce occhiata alla mia immagine riflessa nello specchio passandomi una mano tra i miei capelli neri e incredibilmente corti, un paio di occhi verdi, così spenti da fare quasi paura, ricambiarono il mio sguardo, scossi velocemente la testa notando di sfuggita la chiave di violino lievemente ammaccata tatuata dietro al mio orecchio.

Dopo essermi assicurata di avere il mio solito ghigno stampato in faccia mi decisi, finalmente, ad uscire di casa. Il cappuccio della felpa troppo larga che indossavo mi copriva tranquillamente gli occhi ma sapevo che il mondo esterno pretendeva che almeno facessi finta di essere felice e, con la prospettiva di partire per il nuovo continente, recitare il mio ruolo di essere umano completamente funzionante era più semplice del solito. Certo, le cuffiette che coprivano i rumori della realtà con le note del nuovo disco dei Bring Me The Horizon non potevano che aiutare quindi, almeno per un altro giorno, potevo far finta che tutto andasse bene, potevo fingere di non essere la solita ragazzina con troppi pensieri, e troppe voci, in testa.

2 Settimane Dopo...
Prendere l'aereo era sempre estremamente stancante, a partire dai genitori che insistevano per portarla in aeroporto tre ore prima della partenza fino ad arrivare agli addetti alla sicurezza che non appena vedevano una felpa larga e un paio di anfibi si sentivano in dovere di farla passare sette volte sotto il metal detector. Era fastidioso e, se non fosse stato l'unico modo di attraversare l'Atlantico, Silvia l'avrebbe evitato volentieri. L'unico modo per raggiungere il nuovo continente però era volare e quindi al momento sia lei che la sua migliore amica erano sedute sulle scomodissime sedie dell'aeroporto, entrambe si tenevano impegnate in modo diverso, la prima era impegnata a scribacchiare delle nuove canzoni sul suo block notes mentre la seconda controllava i suoi social network e messaggiava con il suo ragazzo. Tutto sembrava normale, quasi noioso a dirla tutta, quando entrambe vennero sbalzate via da quella che aveva tutta l'aria di essere un'esplosione e poi, il buio.
   
 
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